Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Ricorda la storia  |      
Autore: calliste    18/12/2009    1 recensioni
strano sogno di mente malata... ^^
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
sogno Premessa: in questa storia si parlerà di vampiri. Ma non è e non vuole essere un riferimento a Twilight. Feci questo sogno nell'ormai lontano gennaio del 2005, quando ancora non sapevo dell'esistenza di quel libro.
Come ho già detto, la storia che sto per narrarvi è un sogno e, posso giurarvelo, me lo ricordo ancora molto vividamente. Ho deciso di riportarlo e di scrivere una storia ma, essendo appunto un sogno, è sempre un po' confuso.
Spero che commentiate in tanti e che, se ci dovesse esserci tra di voi, gentili lettori e recensori, un esperto di sogni, mi concederebbe un po' di tempo per scrivere una recensione su ciò che potrebbe significare (anche se ovviamente al primo posto vengono critiche e commenti).
Buona lettura a tutti! ^_^



Avevo caldo.
Stavo letteralmente morendo di caldo e non vedevo l'ora di uscire di casa.
Guardai l'orologio appeso al muro. Erano le tre e venticinque. Sarei dovuta andare da Julia alle quattro. E mancava ancora troppo tempo. Dovevo uscire di casa immediatamente.

Una parete di camera mia era occupata da un armadio gigante. I tre quarti dell'armadio erano occupati dai vestiti di mia madre. Avrei voluto metterci il più tempo possibile per scegliere i vestiti, così che i minuti sarebbero passati, ma purtroppo avevo ricevuto il dono della velocità di scelta: maglietta a righe bianche e azzurre e minigonna di jeans, classico abbigliamento estivo per festeggiare la fine della scuola.
Tre e trentasette. Julia abitava a cinque minuti di strada da me e io sarei arrivata in anticipo come al solito.

Per arrivare a casa della mia amica dovevo percorere un sentiero. Sulla destra c'era la metropolitana, poi la grande via che portava al centro della città, e poi ancora i palazzi, alti, imponenti, dai colori bizzarri tipici della periferia, rosso scuro, giallo, erano moderni. Sulla sinistra c'era un prato, con dei giochi per i bambini e un piccolo campo da basket.
Avevo cercato di rallenate il passo ma arrivai comunque in anticipo di un quarto d'ora. Con mio grande stupore la casa di Julia era già piena. Il salotto dove stavano tutti i ragazzi non era molto illuminato, ma l'ombra donava sollievo a quel giorno d'inizio estate. "Questa volta non sei la sola ad essere arrivata in anticipo" mi disse la mia amica sorridendo. Intorno a me in effetti c'erano molte persone, alcune sconosciute. Ridevano e chiacchieravano in quella atmosfera allegra e rilassata.
Ad un tratto un ragazzo mi si avvicinò. Era molto alto, coi capelli neri acconciati in tante piccole punte disordinate. I suoi occhi erano neri come il carbone, molto grandi ma dalla forma leggermente allungata. La sua pelle era chiara e contrastava col suo abbigliamento, rigorosamente nero. Era molto bello. O forse, più che essere molto bello, aveva semplicemente un fascino irresistibile. "Ciao. Io sono Alex" mi disse porgendomi un bicchiere di aranciata. "Victoria" sorrisi.
Persi totalmente la cognizione del tempo.

Quando uscii sul balcone con Alex per prendere un po' d'aria era già buio pesto. Ero entrata in una fase di intontimento. Non riuscivo a pensare a ciò che era successo quel pomeriggio. Rabbrividii quando scoprì che non riuscivo a pensarci perchè, in effetti, non ricordavo molto bene. Sapevo solo che avevo passato tutto il tempo con Alex. Solo allora mi accorsi che era tardi, che dovevo tornare, che il giorno dopo io e Julia saremmo partite. "Ora devo andare. E' stato bello conoscerti". Sapevo di essere stupida a provare quella sensazione di tristezza. Conoscevo quel ragazzo solo da poche ore, non potevo essermi già presa una cotta per lui. "Mi ha fatto molto piacere passare la giornata con te" mi disse sorridendo. Ora che lo guardavo bene, nella notte, illuminato solo dalla luce della stanza dietro di noi, non potei fare a meno di notare quell'ombra sinistra sul suo volto che mi fece rabbrividire. Lentamente, molto lentamente, Alex avvicinò il suo volto al mio.

Non riuscivo a capire come ero arrivata sul mio letto. Non ricordavo nulla, era come essere sotto l'effetto di una sbornia. Eppure ero lì, sotto le coperte, e mi girava la testa da matti. Doveva essere l'alba perchè la mia camera non era totalmente al buio, ma era immersa in una strana aurea grigiastra. In quel momento la porta di camera mia si aprì e tutto quello che vidi fu una figura sfuocata e grigia che si infilava nel mio letto, sotto le coperte con me. Forse era il mio ragazzo, Bob... no, era un sogno ne ero certa. La figura si sistemò accanto a te. Sapevo che anche nel sogno avrei dovuto essere terrorizzata, ma ero talmente stanca e frastornata da dimenticare ciò che avrei dovuto provare. La figura fissava il soffitto ed io crollai in un sonno profondo.

Il lato destro del mio collo era gonfio e bluastro. L'ematoma circondava i due forellini rossi. "Stupidi insetti" sibilai guardandomi allo specchio.

"Perchè hai preso due stanze separate?" chiesi a Julia, guardandola di sbieco. Lei mi sorrise "non si sa mai ciò che potrebbe succedere in vacanza" sogghignò. Sempre la solita. Alzai gli occhi al cielo "Julia, siamo in un paese sperduto tra le campagne. Qui la gente non va a divertirsi. Qui troverai al massimo qualche vecchino che gioca a carte in piazzetta o sulle panchine del parco. e soprattutto, siamo qui perchè a te servono nuovi scenari per le tue foto. Se volevi divertirti potevamo andare al mare!" quando finii eravamo già arrivate alle nostre camere. "Sta tranquilla Victoria" mi sussurrò abbracciandomi e sorridendo. Notò i miei forellini e mi guardò con sguardo interrogativo. "Insetti". La mia amica alzò un sopracciglio e si chiuse in camera.

Grandioso. La febbre. Proprio adesso doveva prendersi la febbre. Guardai la mia amica febbricitante giacere sul letto, tutta orssa in faccia con i denti che le battevano come martelli. Sbuffai e mi diressi verso il bar dell'albergo per prendere qualche bottiglia d'acqua da portarle. Quelli sarebbero stati i cinque giorni più noiosi, inutili e soffocanti di tutta la mia vita. Bloccata in un paese sperduto con la mia migliore amica con la fronte in fiamme. Stavo per uscire dal bar quando un ragazzo mi si parò davanti. "Alex?" ci mancò poco che non feci scivolare di mano le tre bottiglie d'acqua. "Ciao Victoria".

Tornai in camera mia barcollando, dopo aver passato due ore con Alex e aver portato le bottiglie d'acqua a Julia.
Quasi mi presi un colpo quando vidi che il letto non era vuoto: c'era un ragazzo. La testa, dai capelli castano scuro, era appoggiata sul cuscino. Gli occhi, gelidi, di un azzurro innaturale, mi fissavano. Il mio cupre fece una capriola quando mi accorsi che conoscevo quel ragazzo: era il fratello di Julia. Accesi la luce girandomi per un secondo ma, quando tornai a guardare il letto, Abe era sparito. Avevo forse avuto un'allucinazione? Sorrisi prendendomi gioco della mia stupidità e suggestionabilità.
Un senso di annebbiamento mi circondava. Cos'era successo nelle ultime due ore? Mi guardai  allo specchio ed impallidii quando vidi i due forellini sul mio collo ancora più rossi e profondi. Il livido bluastro che li circondava si era fatto più grande. Capii che non riuscivo a ricordare. La mia testa girava, ero confusa, stordita. Come quando sali su una di quelle giostre che girano velocemente e sembrano non smettere mai. E se tii guardi intorno non riesci a vedere delle figure nitide, ma solo immagini sfuocate dalla velocità. Era come se fossi appena scesa da una di quelle giostre.
Mi buttai sul letto e guardai il soffitto. Quando l'annebbiamento iniziò a diradarsi, senza comunque sparire, un'immagine fioca affiorò alla mi memoria. ero sulla terrazza dell'albergo con Alex e lui stava guardando il cielo stellato. Lontani dallo smog, sotto il cielo limpido di campagna, le stelle erano ben visibili e luminosi. Ad un tratto si voltò verso di me e mi sorrise. Piano, avvicinò il suo volto al mio.
Mugugnai qualcosa di incomprensibile e mi diressi a cercare Alex. mi doveva delle spiegazioni. Chi era? Cosa voleva? perchè si trovava lì?
Lo trovai nella hall seduto su una poltrona intento a leggere un libro. Immobile come una statua, il suo colorito sempre più pallido gli dava un'aria quasi da spettro, evidenziata dai suoi vestiti sempre rigorosamente neri. Quella sera portava un dolcevita, per ripararsi dall'aria fresca.
Gli arrivai alle spalle e lui sembrava non essersi accorto di me. nella mia gola si fermò un nodo e nel mio stomaco iniziarono a volteggiare farfalle. - Dobbiamo parlare - più che una voce normale, sembrava il suono di una gallina strozzata.
- Facciamo una passeggiata - rispose, senza nemmeno voltarsi a guardarmi.

- Sono un vampiro - mi disse lui.  Eravamo da soli che camminavamo in una via. Da un lato un muro doveva separare la strada da un campo, mentre dall'altra l'erba si innalzava formando una collina coperta solo da qualche albero. Dietro di noi la strada si mattoni rettangolari scendeva sotto un piccolo ponte che formava una strada per arrivare in cima alla collina. Non so perchè non rimasi stupita della sua affermazione. - Sono stato morso da un'altro vampiro. Ciò mi lascia poco da vivere. A meno che non morda un'umana per tre volte -. Come se mi avesse letto nel pensiero, rispose alla domanda che stavo per porgli: - Ti ho morso solo due volte -. Deglutii. Un rumore strano mi fece voltare nella sua direzione. La pistola era rivolta verso di me, nera, lucida. elemento mancante in uno scenario di terrore - posso fa apparire qualsiasi oggetto io voglia. Fatti mordere -. Più che un invito era una minaccia. Ma non so per quale motivo, sentivo di avere la situazione in pugno. risi a quell'assurdità, ma decisi di seguire il mio istinto: - no - dissi, la voce più ferma di ciò che mi aspettavo.
- Come? -
- No -
Lo vidi tremare. Tremava talmente forte che se anche avesse sparato in quel momento avrebbe avuto buone possibilità di mancarmi. Chiusi gli occhi e lo abbracciai. Lui gettò la pistola nella direzione della strada, ma ancor prima che potesse toccare il suolo era già sparita. - Tu non mi farai del male - sussurrai.
- Tu non puoi immaginare ciò che provo per te - il suo sussurro era perfino più debole del mio.

Avevo obbligato Julia a fare qualsiasi tipo di ricerca sui vampiri. Non capivo perchè, una volta raccontata la mia storia, non mi aveva preso per una pazza e non era scappata urlando. Tutt'altro, si era impegnata nella ricerca molto a fondo, anche se con pochi risultati. Io non avevo di certo fatto progressi. Avevo cercato invano un altro metodo di salvare Alex senza sacrificare la mia vita o quella di qualcun'altro, ma lui mi aveva avvertita che sarebbe stato inutile. e ora cominciavo a perdere le speranze.
Alex diventava ogni giorno più debole e ormai non si muoveva più dalla sua camera. Un giorno si era accasciato al suolo, con la schiena contro la parete bianca, gli occhi aperti e vuoti, e non si era più mosso, se non per mugugnare qualche frase senza senso. Io cercavo di stargli vicina il più possibile e quando me ne andavo era solo per trovare altri libri sui vampiri.
Ma non c'era più tempo. Alex stava morendo. Ero seduta davanti a lui e sfogliavo nervosamente le pagine di un libro, quando il mio sguardo si posò sui suoi occhi stanchi. in quel momento compresi che non sarebbe sopravvissuto al tramonto. Come una sciocca, come una stupida bambina, mi buttai sul suo petto e lo strinsi forte, con le lacrime che ormai scendevano copiose dai miei occhi. - Quando morirò, sparirò - mi disse lui, la voce era roca e rotta dal dolore - non spaventarti - risposi con un singhiozzo più acuto degli altri e rimasi lì, in attesa. In attesa di sentire il corpo della persona che amavo rarefarsi, diventare etereo, sparire.
Un'attesa che stava diventando troppo lunga. Guardai fuori dalla finestra. Il sole era sparito, ma c'era ancora molta luce, la tipica luce rossastra-dorata del tramonto. - Non sono ancora morto' - si chiese Alex con stupore. Si guardò intorno. - Ti senti meglio? -. Annuì.
- Victoria!! - l'urlo di Julia rieccheggiò nel corridoio. Si fiondò nella stanza - ho chiamato mio fratello -. Abe? Cosa c'entrava Abe in tutto questo? E poi capii. Capii il perchè della mia allucinazione, capii perchè Julia non si era stupita una volta sentito il mio racconto. Anche Abe era un vampiro. E a giudicare dal sorriso sul volto di Julia, aveva trovato la soluzione.
Julia si avvicinò a noi, la mia vista era ancora annebbiata dalle lacrime.
- Se il vampiro si innamorerà dell'umana che sceglierà di mordere, avrà salva la  vita -.
 


  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: calliste