Capitolo
79 – UN CARISSIMO AMICO
Il cavallo trottava, ballonzolando il cavaliere di qui e di là, mentre il bel giovane dai capelli rossi tentava di rileggere la lettera che gli era pervenuta.
Il suo segretario lo guardò. Era un giovane severo. «Messer Pico, volete davvero tornare a Firenze? Dicono che il potere non sia saldo…»
Il conte della Mirandola alzò gli occhi e fissò Cristoforo da Casalmaggiore con un sorriso gentile: «Certo! Il mio amico Agnolo si lamenta così tanto che mi pare di sentire la sua voce anche attraverso le lettere!» rise, facendo storcere la bocca al ventisettenne accanto a lui. Si portava un segretario da quando era tornato dalla Francia, anche per gestire le sue lettere. Il fratello di Cristoforo poi, gestiva invece le sue entrate e i suoi possedimenti.
«Devo proprio tornare a Firenze!» esclamò, ripiegando la lettera dell’amico e traendone un'altra dall’interno del giustacuore.
Cristoforo, alto e slanciato, finse di non notare quel gesto delle mani eleganti di Pico, ma sapeva di chi era quella missiva. L’unica persona di cui non gli permetteva di aprire le lettere. Girolamo Benivieni.
Con celato interesse lo sbirciò mentre leggeva. Il volto acceso dall’emozione.
“Mio caro, dolce, amico
Spero tu
stia bene dopo tutte le tue brutte disavventure! E sono felice di sapere che il
papa ti abbia perdonato.
Non è certo
da te l’eresia, amico dolce, ma proprio il contrario.
Mia forza, non vedo l’ora di riaverti a Firenze, anche se la città non è più la
stessa da dopo la morte di Lorenzo.
Mi spiace
dirlo ma Piero è un pusillanime, incapace di governare pensando oltre che a se
stesso.
Poliziano
si sta disperando dalla condotta dell’allievo, senza che questi, tuttavia, lo
ascolti. Anzi! L’ha costretto ad allontanarsi dalla corte, come hanno fatto
molti altri devoti a Lorenzo. Ma non mi dilungo oltre, di sicuro Agnolo te ne avrà parlato nelle sue lettere, dato che so quanto siete amici.
Mio dolce
amico, io vivo ancora nel convento di San Marco, e non vedo l’ora di rivederti ed abbracciarti, dandoti riposo dopo tante così grandi
fatiche. Vorrei che tornassi ritrovando il tempo di Lorenzo ma, riaverti qui
sarà un po’ ricrearlo insieme.
Mia luce,
mia gioia e mia vita, ti attendo con ansia, contando i
giorni che mi separano dal tuo arrivo.
La mia
anima è tua per sempre
Tuo Girolamo”
Pico trattenne la lettera, con mani tremanti, poi vi posò delicatamente sopra le labbra, come se baciasse il suo autore.
Quindi si voltò e disse: «Una volta arrivati a Firenze, sbriga tu le formalità, io devo andare a trovare un… Carissimo amico»
Cristoforo annuì, abbassando il capo con una celata smorfia di fastidio.
Chi era quel caro amico di cui parlava, se non l’uomo di cui baciava addirittura le lettere?
. Il suo signore, per quanto buono e gentile, era indubbiamente malato. Forse era stato corrotto proprio da quel Benivieni e dai frati che frequentava. Lui. Nella sua vita, ne aveva sentite talmente tante sui conventi, da far accapponare la pelle, e da invogliarlo a portare via messer Pico da quei luoghi.
Forse avrebbe fatto bene a parlare con il signore dei Medici, ed allontanare il suo signore da quei posto malsani, fosse anche con la forza!
***
L’arrivo in città fu peggio di come Pico si aspettava. La vecchia Firenze era totalmente cambiata da come la ricordava.
L’attività nelle strade c’era ancora ma, tutti si rinchiudevano in un mutismo esasperato, e gli sguardi che riceveva, dirigendosi verso la chiesa di san Lorenzo, erano di biasimo e severità.
Il conte della Mirandola non sapeva quale fosse il motivo di quegli sguardi ma, molti si ritiravano al suo passaggio, parlottando tra loro.
Sospirando decise che era inutile stare a pensarci troppo, e svoltò nel chiostro della chiesa di san Lorenzo.
***