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Autore: CassandraLeben    20/12/2009    21 recensioni
Questa storia è ambientata dopo Eclipse ed è stata elaborata prima dell’uscita di BD.
HO AGGIORNATO!!!!!!!
In breve: un racconto alternativo, avventuroso e romantico, nonché triste, di ciò che avevo immaginato potesse accadere dopo il fatidico “Sì” tra Edward e Bella.
Il ritorno dei Volturi, di Jack, Alec e Jane sconvolgeranno la vita dei novelli sposi
ATTENZIONE, PUò CREARE ASSUEFAZIONE E PROBLEMI CARDIACI! XD
< Isabella. > Una voce familiare risuonò nella camera. Sobbalzai. Non mi ero accorta della presenza di qualcuno nella stanza.
< Bella! Quanto tempo, desideravo con ansia rivederti. > Aro mi si avvicinò e mi prese la mano. Con gentilezza, me la baciò. Notai i suoi occhi guizzare sulla mia fede e poi incontrare i miei. Mi sorrise tranquillo e mi fece accomodare sul divano.
< Prego cara, siediti. Non avere paura. Non devi preoccuparti. > Sapevo che non potevo rifiutare. Tanto valeva stare al gioco. Magari sarei riuscita a sopravvivere un po’ più a lungo.
Genere: Romantico, Dark, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E mentre il sangue lento usciva e ormai cambiava il suo colore...

Edward’s Pov

< Non ho fame. >
< Liz, fammi il piacere. Mangia. >
< No. Non ho fame. >
< Elizabeth, per l’ultima volta, smettila di fare i capricci e mangia. >
Incrociò le braccia e chinò il capo. Ingoiai veleno e cercai di calmarmi. Non potevo adirarmi con Elizabeth. Non potevo. Dovevo mantenere un certo contegno, almeno di fronte a lei.
< Liz, ti prego, fallo per il papà. Mangia. >
< No. Non ho fame. >

Mi portai le mani ai capelli, ormai prossimo alla crisi di nervi. Quando, per l’ennesima volta, Liz allontanò il piatto da lei non ci vidi più. Sbattei il pugno con violenza sul tavolo. Un suono assordante. La porcellana frantumata volò per tutta la stanza insieme all’insalata e al pesce. Liz trasalì, sobbalzando sulla sedia, e il respirò le morì in gola. Le lacrime che le gonfiavano gli occhi scorrevano veloci sulle guance pallide. Esme la prese in braccio stringendola al petto mentre Emmett mi afferrò le spalle e mi costrinse a voltarmi. Feci appena in tempo a vedere come Liz si rifugiasse tra i capelli di Esme, avvinghiandosi al suo collo, prima di incontrare lo sguardo di mio fratello. Sentii il tavolo rompersi a causa del colpo che gli avevo assestato.
< Edward, niente stronzate. > mi intimò con un sussurro. < Non vorrai mica metterti a fare lo scemo in questo momento? Non credo che faresti il bene di tua figlia. E tu è questo che vuoi, vero? Che la bambina stia bene, vero? >
< Emmett, tu hai idea di ciò che sto passando? Elizabeth deve mettersi a fare la preziosa proprio adesso? > gli ringhiai contro pronto a tirargli un pugno sulla mascella. Lui mi bloccò i polsi e mi sibilò: < Edward, non ti permettere. Stiamo tutti soffrendo per ciò che è successo. Siamo tutti in apprensione, quindi cerca di darti una calmata altrimenti ce ne andiamo. Rose e io siamo pronti. Possiamo portare via i bambini in qualsiasi momento. Ed Esme è disposta a venire con noi. Sai che, nel caso le cose vadano per il verso giusto, dovremo portarli via. Finché puoi restare con loro, sta loro vicino. Fallo per Bella. > detto questo mi lasciò andare. Dietro di me, Liz ed Esme erano sparite. Andai in cucina e le trovai sedute al tavolo. Esme cercava di farla mangiare, tenendola sulle ginocchia e accarezzandola. Liz si rifiutava di anche solo socchiudere le labbra, limitandosi a nascondere il viso nella maglietta di mia madre.

So che è molto egoista da parte mia ma in quel momento l’unica cosa che sentivo di dover fare era correre al piano di sopra, dove Bella giaceva inerme e da dove il suo respiro spezzato e affaticato mi giungeva alle orecchie per trafiggermi il cuore. Carlisle mi aveva chiesto, implorato di scendere e andare da Liz, convincerla a mangiare qualcosa. Con estrema fatica mi ero allontanato da mia moglie, dopo averle stretto la mano un’ultima volta, ed ero andato dalla bambina. In ognuno di quegl’istanti che stavo passando lontano da Bella mi sentivo male. Avrei dovuto esserle vicino ed invece stavo sprecando il mio tempo con Liz che non accennava minimamente ad accettare il cibo. Che senso aveva cercare di convincerla quando il cuore di Bella faceva sempre più fatica a battere? Non potevano pensarci Rose e Alice? Emmett od Esme?
Cercai di ritrovare lucidità. Elizabeth era figlia mia.
Non Di Rose ed Emmett o di Alice.

Era figlia mia di Bella e in questo momento aveva bisogno di me, forse più di quanto non ne avesse bisogno mia moglie, per la quale non potevo far altro che attendere.

Respirai profondamente e feci qualche passo verso Esme e Liz. Lei, appena mi sentì, si voltò e mi fissò dritto negli occhi. E in quei suoi occhi verdi, così simili a quelli che erano stati i miei, rividi tutto l’orrore del giorno precedente. Il sangue, le botte, le urla…

Andai loro vicino e accarezzai il capo di mia figlia. Le sfiorai le cicatrici sul volto. Parevano vecchie di settimane ed invece solo il giorno precedente erano tagli sanguinanti. Il suo corpo si stava riprendendo velocemente. Più velocemente del suo animo.
< Liz, scusami. Lo sia che ti voglio bene. E proprio perché ti voglio bene, adesso ti voglio vedere mangiare. Fallo per me. > La feci scivolare tra le mie braccia e mi appoggiai al bancone della cucina. Afferrai un po’ di pane e glielo appoggiai alle labbra. Con le dita cercai di farglielo mangiare. Le accarezzai la fronte e gliela baciai, soffiandole tra i capelli.
< Papà, non voglio mangiare. Ho la nausea. >
< Liz, per favore. Anche il nonno ti ha detto che devi mangiare. Non fare così. È da ieri che non mangi niente. Lo sai che non va bene. >
Fissandola negli occhi, riuscii a socchiuderle le labbra e lei inghiottì un po’ di pane, masticandolo lentamente. Mi appoggiò la manina sulla guancia e mi disse: < Adesso posso andare dalla mamma? Adesso posso vederla? >

Le afferrai la manina stringendola tra le mie e le sussurrai: < Liz, non adesso. Quando starà meglio, ti accompagnerò da lei. Adesso però mangia qualcos’altro. > e così dicendo presi un po’ di torta fatta da Esme quella mattina. Le aveva preparato la sua preferita per invogliarla a mangiare. La spezzettai tra le dita prima di portargliela alla bocca. Lei, senza più opporre resistenza, cominciò a mangiare con il capo poggiato alla mia spalla. Jasper era appena entrato nella stanza e aveva esercitato il suo potere su tutti noi. Scossi la testa. Non volevo che mi annebbiasse la mente. Dovevo restare lucido.
Mio fratello si avvicinò a noi, accarezzo Liz che si rilassò ulteriormente, e poi pensò: “ I bambini dormono. Alice è con loro. Hanno appena finito di mangiare. ”
Annuii e strinsi la bimba a me prima di appoggiarla sul bancone per imboccarla. Dopo averle fatto mangiare tutto quello che Esme nel frattempo le aveva preparato, la affidai a Jasper che l’avrebbe portata in camera dai suoi fratelli.
Prima stringersi al collo di Jaz, Liz però mi accarezzò il viso e mi sussurrò:
< Ti voglio bene papà. >
Le baciai la fronte. < Anche io te ne voglio. Tanto. >

Mi sorrise e Jasper la portò al piano di sopra.
Incrociai lo sguardo di Esme. “ Edward, perché non resti qua un po’? Riposati un poco. Non devi per forza… ”
< Esme, non ce la faccio a stare qui senza far niente. > E me ne andai senza aggiungere altro.

Trovai Carlisle ad attendermi sulla porta della camera dove avevamo portato Bella.
Mi mise una mano sulla spalla prima di accompagnarmi dentro.
Mi sedetti affianco al letto e presi la mano di mia moglie.
Lei, tra le lenzuola madide di sudore, ansimava senza però dare altri segni di vita.
< Nessuno segno di recettività. Non risponde ai segnali luminosi o sonori, niente… è come se fosse in coma. >
< Cosa significa? > Chiesi quasi senza voce.
Non mi rispose ma con la mente vagò nei suoi ricordi più prossimi. I nostri occhi si incrociarono.
< Edward, adesso è inutile preoccuparsi. Fino a che il processo non sarà terminato,non potremo… >
Scossi velocemente il capo. Non volevo pensarci. Avevo paura del momento in cui il suo cuore si fosse fermato.
Non sapevo cosa aspettarmi. Non era normale. Il suo silenzio, la sua assoluta mancanza di reazioni…
Durante le prime ore, mentre il veleno le entrava in circolo, mentre Alice ed Esme le lavavano via il sangue rappreso e le infilavano un pigiama pulito, mentre la portavamo in camera, mentre io le sussurravo che le ero vicino, lei si era dimenata in silenzio senza un solo gemito.
All’improvviso però aveva rantolato come se le mancasse il fiato e poi si era rannicchiata su se stessa, immobile. Dopo non si era più mossa. Avevo passato l’intera notte tenendole le mani, accarezzandole il volto, massaggiandole i muscoli, chiamandola …
ma lei niente. non mi aveva risposto, non aveva reagito alle mie carezze, ai miei sussurri, ai baci con cui le avevo lambito le guance.
A darmi l’unica speranza che non fosse troppo tardi, il battito sempre più affaticato del suo cuore.

Mi chinai per appoggiare la mia fronte sulla sua.

Sentii dei passi fuori dalla porta, dei respiri, il cuore di Liz che batteva vigoroso e forte, sovrastando quello agonizzante della madre.
Esme la stava tenendo per mano… avevo riconosciuto il suo respiro.
Carlisle si avvicinò alla porta e prima di uscire mi sussurrò: < Vado di sotto. Se hai bisogno di me o se noti anche il più piccolo cambiamento chiamami. Verrò immediatamente. >

Quando però aprì la porta Liz sgusciò velocemente dentro la stanza. Quando capì cosa la circondasse si arrestò di colpo per poi indietreggiare di alcuni passi. Mio padre le si inginocchiò accanto e la prese in braccio. < Liz, non preoccuparti. Sta solo dormendo. >
Gli feci cenno di andarsene ma lui non mi ascoltò, anzi, mi venne vicino e, con mia figlia tra le braccia, si sedette accanto a me.

< Liz, quello che è successo… è stato orribile ma devi cercare di capire che quella ragazza, Jane, non diceva la verità. Qualunque cosa lei ti abbia detto, era solo una bugia. >
< Davvero? >
< Certo. >
< Non tornerà più a prendermi e a uccidermi? >

Mi voltai verso di lei e la fissai negli occhi. < Liz, lei non tornerà mai più. Hai capito. È una promessa. Lei non ti verrà mai a prendere. Tu resterai sempre con noi, al sicuro. E lei non potrà più farti del male. mai più. Te lo giuro. Non farà più del male a nessuno di noi. Non può più… >

 Tese le braccia ed io l’accolsi tra le mie. Si chinò poi in avanti e carezzò il braccio di Bella. Ritrasse presto la manina e si osservò le dita bagnate del sudore di Bella.

< Perché la mamma sta male? è per quello che le ha fatto la signora cattiva? >
La strinsi, incapace di risponderle. Fu Carlisle a parlare: < Vedi Liz, la tua mamma stava molto male ieri. Io e il tuo papà abbiamo cercato di farla stare meglio. E adesso dobbiamo solo aspettare e vedere se riesce a guarire. Bisogna avere pazienza. Potrebbe guarire e potrebbe non guarire. In qualunque caso, noi resteremo qui con lei. E faremo tutto il possibile per aiutarla. Ma non preoccuparti, vedrai che starà bene. >
< E se non guarisce? >
< Carlisle, basta così. >
< Edward, è inutile cercare di ignorare la realtà dei fatti. Liz è troppo in gamba per cercare di mascherarle la realtà. Le infieriresti solo un danno maggiore mistificando il mondo intorno a lei. >

Provai l’impulso di tirargli un calcio ma mi limitai a sibilare a voce bassissima:

< Carlisle, è mia figlia. Decido io cosa dirle e cosa non dirle. Non ritengo opportuno angosciarla inutilmente. Se Bella… > Facevo fatica a proseguire  < Se Bella non dovesse farcela, troverò un modo per spiegarle che le persone muoiono, che sua madre… che sua madre è morta. Ma fino a quel momento, e mi auguro che non venga mai,  lei deve credere che tutto andrà bene. >
< Preferisci illuderla? >
< è solo una bambina! > Sbottai alzandomi in piedi e ringhiando. Liz, confusa e disorientata, si aggrappò alla mia camicia. < Papà, per favore, non arrabbiarti. Ti prego. > Cercai di ricompormi.
< Scusami amore. Non volevo. Adesso ti porto di là. >
Le accarezzai i capelli e poi seguii il suo sguardo. Fissava il volto di Bella. Le coprii gli occhi con la mano e la portai fuori. Ad Esme sussurrai: < è stata una pessima idea lasciarla entrare. >

Una volta in camera, Liz si sedette sul letto e si afferrò le ginocchia con le braccia. Lo stesso gesto che faceva Bella quando si sentiva sola. Mi sedetti accanto a lei e le cinsi il corpo con un braccio.

< Papà… >
< Sì? >
< Se la mamma muore, per favore, non andartene anche tu… > Tremai ma cercai di mascherare la mia angoscia con uno sguardo rassicurante.
< Perché mi dici questo? >
< Perché l’ho sognato. Ho sognato che mamma non respirava più e che poi la nostra casa bruciava… e tu non uscivi più. E io ti aspettavo, ti aspettavo, ti aspettavo. Ti aspettavo ma sapevo che non saresti mai tornato da me. Ti prego, non andartene mai. >
< Non preoccuparti. Non succederà mai. te l’ho promesso. Adesso perché non cerchi di dormire un po’? > Scosse la testa ma quasi subito le palpebre le cedettero. Jaz, dall’altra parte della porta, stava facendo un ottimo lavoro. Le riboccai le coperte e le baciai le guance prima di andarmene.

Nel corridoio, cercai di ignorare Jasper ma lui non me lo permise.
< Edward, sento che sei confuso ma tu sai che non ce ne è motivo. I sogni di Elizabeth sono ancora più variabili delle visioni di Alice. E poi, ieri notte, Bella stava molto male… e tu eri… >
Con la mente ritornò alla notte precedente. Rividi nei suoi ricordi e poi nei miei Bella contorcersi per il dolore, la rividi dimenarsi, ansimare, rantolare, senza però aver emesso neanche un grido, un urlo, un lamento.
Strinsi i pugni e mi allontanai velocemente da mio fratello e dai suoi ricordi, inghiottii veleno e tornai in camera ignorando tutti quelli che mi circondavano. Mi sedetti e le accarezzai la fronte, cercando di concentrarmi sul suo cuore che, nonostante tutto, ancora batteva.

< Bella, Bella… > sussurrai sfinito, sprofondando con il capo nelle lenzuola. Ripensai a ciò che avevo promesso a Liz. Se davvero Bella fosse morta, avrei avuto la forza, il coraggio, di andare avanti senza di lei? Sarei stato in grado di convivere con il senso di colpa? Ce l’avrei fatta a guardare ogni giorno in faccia i nostri figli e rivedere il suo sorriso nei loro occhi? Il suo sguardo nei loro lineamenti? La sua vitalità nelle loro voci?
Alice mi cinse le spalle con un braccio. < Non piangere… > mi sussurrò.

E allora mi accorsi che il mio corpo, freddo e morto, tremava sconvolto da singhiozzi. Lacrime asciutte che laceravano, come fossero mille pugnalate, il mio cuore immobile.

 

 

Bella’s POV

Per tutta la mia vita ero stata debole.
Debole ed umana.
Sottomessa alla mia natura fragile.
Per tutta la mia vita avevo avuto paura della morte.

La morte avrebbe potuto separarmi dai miei cari: Da mio marito, dai miei figli, dai miei genitori, da Jake, dai Cullen…  Era per questo che l’avevo temuta così tanto.
Avevo tentato in tutti i modi di evitarla. L’avevo combattuta nelle segrete di Volterra, così come contro James, Victoria, Laurent…
Però in quel momento soffrivo troppo e morire non mi parve una così brutta prospettiva.
Quel dolore era troppo, troppo atroce. Insopportabile.
Era un dolore che non aveva niente a che fare con le ferite o le ossa sbriciolate.
No, quello era molto peggio. Dopo un primo istante in cui il calore dentro le vene mi aveva dato forza e mi aveva fatto credere che avrei potuto vivere, il mio corpo si era fatto sempre più debole e quel calore impossibile si era fatto fuoco.
Fuoco liquido che ardeva dentro di me, che mi consumava alimentandosi delle ultime gocce di vita che ancora scorrevano tra le mie vene, usandole come veicolo per propagarsi fino al più recondito angolo del mio corpo.
Ciò che però più mi distruggeva e minava la mia sanità mentale era l’atemporaneità. Stavo vivendo un attimo infinito di agonia. Sferzate di dolore e sofferenza che si accanivano su di me tramortendomi.
Insopportabile, ecco com’era… insostenibile.
Sapevo, mi rendevo conto, che il mio corpo era immobile, bloccato. Sapevo che dalle mie labbra a malapena sfuggivano dei respiri spezzati ed agonizzanti, sapevo che nessuno poteva sentirmi.

Eppure, con tutta me stessa, sperai che Edward riconoscesse il dolore inciso nel mio corpo.

Speravo che Edward comprendesse quel dolore e avesse pietà di me, che mi amasse abbastanza da trovare la forza di porre fine a quell’agonia insensata.
Volevo morire. Volevo strapparmi il cuore, pugnalarmi, spararmi.
Tutto purchè finisse. Che senso poteva avere la paura della morte se questa avesse significato la fine di tanta sofferenza?
E in quel mondo senza tempo, in quell’attimo senza inizio né fine, rividi quanti avevo amato… i miei genitori, i miei amici, Jacob, i Cullen,i miei bambini, Edward.
“ Oh, Edward… ” pensai “ Mi dispiace… mi dispiace per tutto. Ti amo ”.
Ecco, avrei tanto voluto dirgli quanto l’amassi. Sperai che fosse vicino a me. Desiderai che mi stringesse la mano. La mano che neanche più sentivo. Essa era perduta, insieme al resto del mio corpo, in quel mare di lava bollente che ormai aveva corroso ogni mia terminazione nervosa.

Oh, Edward…

Che cos’avrei dato per poter sentire il suo profumo, vedere il suo volto, ascoltare la sua voce!
In quel momento mi sarebbe stato tanto di conforto…e invece no. Ero sorda, cieca e insensibile al mondo esterno. Tutto ciò che veniva da oltre il mio corpo io non lo percepivo. Troppo consumata dal dolore che nasceva da quelle che io sapevo essere le mie stesse ossa, ma che mi parevano tizzoni ardenti, per poter anche solo percepire la sua presenza… Ero assordata dal battito del mio cuore e dal suono del sangue che veniva pompato nelle mie vene distrutte. Accecata dall’oscurità intorno a me…
Ma sapevo, in modo del tutto irrazionale sapevo, che lui era lì, vicino a me. Sapevo che non mi avrebbe abbandonata. Che avrebbe lottato sino
all’ultimo singolo battito del mio cuore agonizzante. Che non mi avrebbe mai lasciata. Che sarebbe stato più perseverante di me, come al solito.

Ma io stavo morendo. E forse, ne ero felice.

Certo, l’avrei deluso… l’avrei deluso dal momento che preferivo morire piuttosto che lottare. Ma sentivo anche che non avrei avuto la forza di sopportare ancora a lungo. Avrei rinunciato, smesso di combattere e mi sarei arresa.
E in quel modo avrei detto addio…
Senza una sola parola, senza un ultimo bacio, un’ultima carezza.
In silenzio me ne sarei andata abbandonando tutti.. Ecco cosa sarebbe accaduto. Sarei morta.
Passarono ore? Minuti? Secondi? giorni? Per quello che ne sapevo io poteva essere trascorso un secolo quanto un attimo. Il tempo era qualcosa che non aveva più importanza e il confine tra l’istante e l’eternità ormai era solo una parola nella mia testa: Adesso.

E in quell’adesso, quando sentii la morte sopraggiungere, nonostante l’avessi invocata, ebbi paura.
Era la consapevolezza dell’ultimo istante di lucidità prima del nulla a farmi tremare.
Non l’avrei più rivisto.
Né lui, ne nessun altro.

Sì, stavo proprio morendo. Incominciavo a non sentire più dolore.
Stavo morendo ed ero terrorizzata. Ed ero felice. Ero quasi libera.
Sola. Lontano dai miei cari, da Edward e dai miei bambini…
Sentii gli occhi (o per lo meno li riconobbi come tali) bruciarmi d’un dolore diverso da quello che mi attanagliava ancora il resto delle membra.

Erano bagnati?
Stavo piangendo?
Sì. Erano lacrime…

Le lacrime per i miei figli e per la vita che non avrei vissuto…
Per le albe che non avrei mai visto e per i tramonti che non avrei mai ammirato, per le notti in cui non avrei mai più amato Edward, per i giorni in cui non avrei potuto vedere i miei bambini crescere.
Per questo, ormai in punto di morte, piangevo.
Imprigionata in un corpo distrutto, in questo modo dicevo addio al mondo e alla persona che ero stata…
Ma almeno, la sofferenza era sempre minore. Respirare non era più  così doloroso e il cuore non mi tormentava più ad ogni battito. No, adesso che ci facevo caso, non mi tormentava più…

Il mio cuore non mi tormentava più… Intorno a me, oscurità, silenzio.

E dentro di me,silenzio…
Il sangue aveva smesso di scorrere e il mio cuore si era fermato.

Ed io, ero morta.

 
[ Il titolo del cap l’ho preso da una canzone -a cui ho però tolto una parola- di De andrè, l’unico ed inimitabile. anche se la canzone non c'entra niente con la storia -anche se dipende dalla chiave di lettura del libo Twilight e della relativa saga-, la frase ci stava bene. Alla prima che indovina quale canzone derubato, un piccolo premio (sempre che possa definirsi tale… il finale alternativo in anteprima…)
Tengo a specificare che il titolo della storia è tratto da “I was born to love you” canzone di freddie che ritornerà nell’ultimo cap ]

 Hem, ecco, lo so.
Non sono imperdonabile.
Peggio.
Non so nemmeno più da quando non aggiorno.
E se sapeste da quanto tempo continuo a rimaneggiare questo cavolo di cap innoridireste. Anche perché, visto che poi non è che lo abbia modificato poi molto dalla sua stesura originale e quindi avrei potuto pubblicarlo subito…
Vabbè, cmnq, ho cominciato l’univ e, davvero, non pensavo fosse così stressante e con degli orari così assurdi. Torno a casa a delle ore impossibili! 8 ore in un giorno, e sono lì dalle 8.30 alle 18.30 perché non sono tutte di fila (a volte sì ma comunque è stressante fare anche dalle 8.30 alle 16.30 senza pause…)

Credo di aver postato per l’ultima volta prima ancora di fare la maturità!!!!
ODDIO quanto tempo è passato!!! Mi sembra ieri! Mamma mia, non po’ essere vero che ho già fatto la matura!
Comunque, bando alle ciance. Mi scuso con voi tutte per quest’attesa e spero non me ne vorrete. So che questo avrebbe dovuto essere l’ennesimo ultimo cap ma sfortunatamente non è così. Portate pazienza please! E non me ne vogliate se non riesco a separarmi da questa storia.
Sappiate comunque che è davvero prossima alla fine. Solo che per sviluppare il finale ho bisogno di un po’ più di pagine. Queste 5 non mi bastavano! Spero di trovare il coraggio di postare questo cap…
Grazie e continuate a seguirmi. Prossimamente sui vostri schermi, il prossimo capitolo ( e questa volta lo giuro, non vi farò aspettare 6 mesi. Se riesco, prima di capodanno!)
Pss: sapete che in Irlanda mi hanno abbordato in un cimitero? Molto vampiresca come cosa XD
Psss: alle tante ragazze che mi hanno invito e-mail chiedendomi quando avrei postato, eccomi qui. grazie per i vosti complimenti!

A presto e buon natale

Erika (l’imperdonabile temporeggiatrice.)

 

                                         

  
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