E
mentre il sangue lento usciva e ormai cambiava il suo colore...
Edward’s Pov
<
Liz, fammi il piacere. Mangia. >
<
No. Non ho fame. >
<
Elizabeth, per l’ultima volta, smettila di fare i capricci e
mangia. >
Incrociò
le braccia e chinò il capo. Ingoiai veleno e cercai di
calmarmi. Non potevo
adirarmi con Elizabeth. Non potevo. Dovevo mantenere un certo contegno,
almeno
di fronte a lei.
<
Liz, ti prego, fallo per il papà. Mangia. >
<
No. Non ho fame. >
Mi
portai le mani ai capelli, ormai prossimo alla crisi di nervi. Quando,
per
l’ennesima volta, Liz allontanò il piatto da lei
non ci vidi più. Sbattei il
pugno con violenza sul tavolo. Un suono assordante. La porcellana
frantumata
volò per tutta la stanza insieme all’insalata e al
pesce. Liz trasalì,
sobbalzando sulla sedia, e il respirò le morì in
gola. Le lacrime che le
gonfiavano gli occhi scorrevano veloci sulle guance pallide. Esme la
prese in
braccio stringendola al petto mentre Emmett mi afferrò le
spalle e mi costrinse
a voltarmi. Feci appena in tempo a vedere come Liz si rifugiasse tra i
capelli
di Esme, avvinghiandosi al suo collo, prima di incontrare lo sguardo di
mio
fratello. Sentii il tavolo rompersi a causa del colpo che gli avevo
assestato.
<
Edward, niente stronzate. > mi intimò con un
sussurro. < Non vorrai mica
metterti a fare lo scemo in questo momento? Non credo che faresti il
bene di
tua figlia. E tu è questo che vuoi, vero? Che la bambina
stia bene, vero? >
<
Emmett, tu hai idea di ciò che sto passando? Elizabeth deve
mettersi a fare la
preziosa proprio adesso? > gli ringhiai contro pronto a tirargli
un pugno
sulla mascella. Lui mi bloccò i polsi e mi
sibilò: < Edward, non ti
permettere. Stiamo tutti soffrendo per ciò che è
successo. Siamo tutti in
apprensione, quindi cerca di darti una calmata altrimenti ce ne
andiamo. Rose e
io siamo pronti. Possiamo portare via i bambini in qualsiasi momento.
Ed Esme è
disposta a venire con noi. Sai che, nel caso le cose vadano per il
verso
giusto, dovremo portarli via. Finché puoi restare con loro,
sta loro vicino.
Fallo per Bella. > detto questo mi lasciò andare.
Dietro di me, Liz ed Esme
erano sparite. Andai in cucina e le trovai sedute al tavolo. Esme
cercava di
farla mangiare, tenendola sulle ginocchia e accarezzandola. Liz si
rifiutava di
anche solo socchiudere le labbra, limitandosi a nascondere il viso
nella
maglietta di mia madre.
So
che è molto egoista da parte mia ma in quel momento
l’unica cosa che sentivo di
dover fare era correre al piano di sopra, dove Bella giaceva inerme e
da dove
il suo respiro spezzato e affaticato mi giungeva alle orecchie per
trafiggermi
il cuore. Carlisle mi aveva chiesto, implorato di scendere e andare da
Liz,
convincerla a mangiare qualcosa. Con estrema fatica mi ero allontanato
da mia
moglie, dopo averle stretto la mano un’ultima volta, ed ero
andato dalla bambina.
In ognuno di quegl’istanti che stavo passando lontano da
Bella mi sentivo male.
Avrei dovuto esserle vicino ed invece stavo sprecando il mio tempo con
Liz che
non accennava minimamente ad accettare il cibo. Che senso aveva cercare
di
convincerla quando il cuore di Bella faceva sempre più
fatica a battere? Non
potevano pensarci Rose e Alice? Emmett od Esme?
Cercai
di ritrovare lucidità. Elizabeth era figlia mia.
Non
Di Rose ed Emmett o di Alice.
Era
figlia mia di Bella e in questo momento aveva bisogno di me, forse
più di
quanto non ne avesse bisogno mia moglie, per la quale non potevo far
altro che
attendere.
Respirai
profondamente e feci qualche passo verso Esme e Liz. Lei, appena mi
sentì, si
voltò e mi fissò dritto negli occhi. E in quei
suoi occhi verdi, così simili a
quelli che erano stati i miei, rividi tutto l’orrore del
giorno precedente. Il
sangue, le botte, le urla…
Andai
loro vicino e accarezzai il capo di mia figlia. Le sfiorai le cicatrici
sul
volto. Parevano vecchie di settimane ed invece solo il giorno
precedente erano
tagli sanguinanti. Il suo corpo si stava riprendendo velocemente.
Più
velocemente del suo animo.
<
Liz, scusami. Lo sia che ti voglio bene. E proprio perché ti
voglio bene,
adesso ti voglio vedere mangiare. Fallo per me. > La feci
scivolare tra le
mie braccia e mi appoggiai al bancone della cucina. Afferrai un
po’ di pane e
glielo appoggiai alle labbra. Con le dita cercai di farglielo mangiare.
Le
accarezzai la fronte e gliela baciai, soffiandole tra i capelli.
<
Papà, non voglio mangiare. Ho la nausea. >
<
Liz, per favore. Anche il nonno ti ha detto che devi mangiare. Non fare
così. È
da ieri che non mangi niente. Lo sai che non va bene. >
Fissandola
negli occhi, riuscii a socchiuderle le labbra e lei
inghiottì un po’ di pane,
masticandolo lentamente. Mi appoggiò la manina sulla guancia
e mi disse: <
Adesso posso andare dalla mamma? Adesso posso vederla? >
Le
afferrai la manina stringendola tra le mie e le sussurrai: <
Liz, non
adesso. Quando starà meglio, ti accompagnerò da
lei. Adesso però mangia
qualcos’altro. > e così dicendo presi un
po’ di torta fatta da Esme quella
mattina. Le aveva preparato la sua preferita per invogliarla a
mangiare. La
spezzettai tra le dita prima di portargliela alla bocca. Lei, senza
più opporre
resistenza, cominciò a mangiare con il capo poggiato alla
mia spalla. Jasper
era appena entrato nella stanza e aveva esercitato il suo potere su
tutti noi.
Scossi la testa. Non volevo che mi annebbiasse la mente. Dovevo restare
lucido.
Mio
fratello si avvicinò a noi, accarezzo Liz che si
rilassò ulteriormente, e poi
pensò: “ I bambini dormono. Alice è con
loro. Hanno appena finito di mangiare.
”
Annuii
e strinsi la bimba a me prima di appoggiarla sul bancone per
imboccarla. Dopo
averle fatto mangiare tutto quello che Esme nel frattempo le aveva
preparato,
la affidai a Jasper che l’avrebbe portata in camera dai suoi
fratelli.
Prima
stringersi al collo di Jaz, Liz però mi accarezzò
il viso e mi sussurrò:
<
Ti voglio bene papà. >
Le
baciai la fronte. < Anche io te ne voglio. Tanto. >
Mi
sorrise e Jasper la portò al piano di sopra.
Incrociai
lo sguardo di Esme. “ Edward, perché non resti qua
un po’? Riposati un poco.
Non devi per forza… ”
<
Esme, non ce la faccio a stare qui senza far niente. > E me ne
andai senza
aggiungere altro.
Trovai
Carlisle ad attendermi sulla porta della camera dove avevamo portato
Bella.
Mi
mise una mano sulla spalla prima di accompagnarmi dentro.
Mi
sedetti affianco al letto e presi la mano di mia moglie.
Lei,
tra le lenzuola madide di sudore, ansimava senza però dare
altri segni di vita.
<
Nessuno segno di recettività. Non risponde ai segnali
luminosi o sonori,
niente… è come se fosse in coma. >
<
Cosa significa? > Chiesi quasi senza voce.
Non
mi rispose ma con la mente vagò nei suoi ricordi
più prossimi. I nostri occhi
si incrociarono.
<
Edward, adesso è inutile preoccuparsi. Fino a che il
processo non sarà
terminato,non potremo… >
Scossi
velocemente il capo. Non volevo pensarci. Avevo paura del momento in
cui il suo
cuore si fosse fermato.
Non
sapevo cosa aspettarmi. Non era normale. Il suo silenzio, la sua
assoluta
mancanza di reazioni…
Durante
le prime ore, mentre il veleno le entrava in circolo, mentre Alice ed
Esme le
lavavano via il sangue rappreso e le infilavano un pigiama pulito,
mentre la
portavamo in camera, mentre io le sussurravo che le ero vicino, lei si
era
dimenata in silenzio senza un solo gemito.
All’improvviso
però aveva rantolato come se le mancasse il fiato e poi si
era rannicchiata su
se stessa, immobile. Dopo non si era più mossa. Avevo
passato l’intera notte
tenendole le mani, accarezzandole il volto, massaggiandole i muscoli,
chiamandola …
ma
lei niente. non mi aveva risposto, non aveva reagito alle mie carezze,
ai miei
sussurri, ai baci con cui le avevo lambito le guance.
A
darmi l’unica speranza che non fosse troppo tardi, il battito
sempre più
affaticato del suo cuore.
Mi
chinai per appoggiare la mia fronte sulla sua.
Sentii
dei passi fuori dalla porta, dei respiri, il cuore di Liz che batteva
vigoroso
e forte, sovrastando quello agonizzante della madre.
Esme
la stava tenendo per mano… avevo riconosciuto il suo respiro.
Carlisle
si avvicinò alla porta e prima di uscire mi
sussurrò: < Vado di sotto. Se
hai bisogno di me o se noti anche il più piccolo cambiamento
chiamami. Verrò
immediatamente. >
Quando
però aprì la porta Liz sgusciò
velocemente dentro la stanza. Quando capì cosa
la circondasse si arrestò di colpo per poi indietreggiare di
alcuni passi. Mio
padre le si inginocchiò accanto e la prese in braccio.
< Liz, non
preoccuparti. Sta solo dormendo. >
Gli
feci cenno di andarsene ma lui non mi ascoltò, anzi, mi
venne vicino e, con mia
figlia tra le braccia, si sedette accanto a me.
<
Liz, quello che è successo… è stato
orribile ma devi cercare di capire che
quella ragazza, Jane, non diceva la verità. Qualunque cosa
lei ti abbia detto,
era solo una bugia. >
<
Davvero? >
<
Certo. >
<
Non tornerà più a prendermi e a uccidermi?
>
Mi
voltai verso di lei e la fissai negli occhi. < Liz, lei non
tornerà mai più.
Hai capito. È una promessa. Lei non ti verrà mai
a prendere. Tu resterai sempre
con noi, al sicuro. E lei non potrà più farti del
male. mai più. Te lo giuro.
Non farà più del male a nessuno di noi. Non
può più… >
Tese le braccia ed io
l’accolsi tra le mie. Si
chinò poi in avanti e carezzò il braccio di
Bella. Ritrasse presto la manina e
si osservò le dita bagnate del sudore di Bella.
<
Perché la mamma sta male? è per quello che le ha
fatto la signora cattiva? >
La
strinsi, incapace di risponderle. Fu Carlisle a parlare: < Vedi
Liz, la tua
mamma stava molto male ieri. Io e il tuo papà abbiamo
cercato di farla stare
meglio. E adesso dobbiamo solo aspettare e vedere se riesce a guarire.
Bisogna
avere pazienza. Potrebbe guarire e potrebbe non guarire. In qualunque
caso, noi
resteremo qui con lei. E faremo tutto il possibile per aiutarla. Ma non
preoccuparti, vedrai che starà bene. >
<
E se non guarisce? >
<
Carlisle, basta così. >
<
Edward, è inutile cercare di ignorare la realtà
dei fatti. Liz è troppo in
gamba per cercare di mascherarle la realtà. Le infieriresti
solo un danno
maggiore mistificando il mondo intorno a lei. >
Provai
l’impulso di tirargli un calcio ma mi limitai a sibilare a
voce bassissima:
<
Carlisle, è mia figlia. Decido io cosa dirle e cosa non
dirle. Non ritengo
opportuno angosciarla inutilmente. Se Bella… > Facevo
fatica a proseguire <
Se Bella non dovesse farcela, troverò un
modo per spiegarle che le persone muoiono, che sua madre…
che sua madre è
morta. Ma fino a quel momento, e mi auguro che non venga mai, lei deve credere che tutto
andrà bene. >
<
Preferisci illuderla? >
<
è solo una bambina! > Sbottai alzandomi in piedi e
ringhiando. Liz, confusa
e disorientata, si aggrappò alla mia camicia. <
Papà, per favore, non
arrabbiarti. Ti prego. > Cercai di ricompormi.
<
Scusami amore. Non volevo. Adesso ti porto di là. >
Le
accarezzai i capelli e poi seguii il suo sguardo. Fissava il volto di
Bella. Le
coprii gli occhi con la mano e la portai fuori. Ad Esme sussurrai:
< è stata
una pessima idea lasciarla entrare. >
Una
volta in camera, Liz si sedette sul letto e si afferrò le
ginocchia con le
braccia. Lo stesso gesto che faceva Bella quando si sentiva sola. Mi
sedetti
accanto a lei e le cinsi il corpo con un braccio.
<
Papà… >
<
Sì? >
<
Se la mamma muore, per favore, non andartene anche tu…
> Tremai ma cercai di
mascherare la mia angoscia con uno sguardo rassicurante.
<
Perché mi dici questo? >
<
Perché l’ho sognato. Ho sognato che mamma non
respirava più e che poi la nostra
casa bruciava… e tu non uscivi più. E io ti
aspettavo, ti aspettavo, ti
aspettavo. Ti aspettavo ma sapevo che non saresti mai tornato da me. Ti
prego,
non andartene mai. >
<
Non preoccuparti. Non succederà mai. te l’ho
promesso. Adesso perché non cerchi
di dormire un po’? > Scosse la testa ma quasi subito
le palpebre le
cedettero. Jaz, dall’altra parte della porta, stava facendo
un ottimo lavoro.
Le riboccai le coperte e le baciai le guance prima di andarmene.
Nel
corridoio, cercai di ignorare Jasper ma lui non me lo permise.
<
Edward, sento che sei confuso ma tu sai che non ce ne è
motivo. I sogni di
Elizabeth sono ancora più variabili delle visioni di Alice.
E poi, ieri notte,
Bella stava molto male… e tu eri… >
Con
la mente ritornò alla notte precedente. Rividi nei suoi
ricordi e poi nei miei
Bella contorcersi per il dolore, la rividi dimenarsi, ansimare,
rantolare,
senza però aver emesso neanche un grido, un urlo, un
lamento.
Strinsi
i pugni e mi allontanai velocemente da mio fratello e dai suoi ricordi,
inghiottii
veleno e tornai in camera ignorando tutti quelli che mi circondavano.
Mi
sedetti e le accarezzai la fronte, cercando di concentrarmi sul suo
cuore che,
nonostante tutto, ancora batteva.
<
Bella, Bella… > sussurrai sfinito, sprofondando con
il capo nelle lenzuola.
Ripensai a ciò che avevo promesso a Liz. Se davvero Bella
fosse morta, avrei
avuto la forza, il coraggio, di andare avanti senza di lei? Sarei stato
in
grado di convivere con il senso di colpa? Ce l’avrei fatta a
guardare ogni
giorno in faccia i nostri figli e rivedere il suo sorriso nei loro
occhi? Il
suo sguardo nei loro lineamenti? La sua vitalità nelle loro
voci?
Alice
mi cinse le spalle con un braccio. < Non piangere…
> mi sussurrò.
E
allora mi accorsi che il mio corpo, freddo e morto, tremava sconvolto
da
singhiozzi. Lacrime asciutte che laceravano, come fossero mille
pugnalate, il
mio cuore immobile.
Bella’s POV
Debole ed umana.
Sottomessa alla mia natura
fragile.
Per tutta la mia vita
avevo avuto paura della morte.
La
morte avrebbe potuto
separarmi dai miei cari: Da mio marito, dai miei figli, dai miei
genitori, da
Jake, dai Cullen… Era
per questo che
l’avevo temuta così tanto.
Avevo tentato in tutti i
modi di evitarla. L’avevo combattuta nelle segrete di
Volterra, così come
contro James, Victoria, Laurent…
Però in quel momento
soffrivo troppo e morire non mi parve una così brutta
prospettiva.
Quel dolore era troppo,
troppo atroce. Insopportabile.
Era un dolore che non
aveva niente a che fare con le ferite o le ossa sbriciolate.
No, quello era molto
peggio. Dopo un primo istante in cui il calore dentro le vene mi aveva
dato
forza e mi aveva fatto credere che avrei potuto vivere, il mio corpo si
era
fatto sempre più debole e quel calore impossibile si era
fatto fuoco.
Fuoco liquido che ardeva
dentro di me, che mi consumava alimentandosi delle ultime gocce di vita
che
ancora scorrevano tra le mie vene, usandole come veicolo per propagarsi
fino al
più recondito angolo del mio corpo.
Ciò che però più mi
distruggeva e minava la mia sanità mentale era
l’atemporaneità. Stavo vivendo
un attimo infinito di agonia. Sferzate di dolore e sofferenza che si
accanivano
su di me tramortendomi.
Insopportabile, ecco
com’era… insostenibile.
Sapevo, mi rendevo conto,
che il mio corpo era immobile, bloccato. Sapevo che dalle mie labbra a
malapena
sfuggivano dei respiri spezzati ed agonizzanti, sapevo che nessuno
poteva
sentirmi.
Eppure,
con tutta me
stessa, sperai che Edward riconoscesse il dolore inciso nel mio corpo.
Speravo
che Edward comprendesse
quel dolore e avesse pietà di me, che mi amasse abbastanza
da trovare la forza
di porre fine a quell’agonia insensata.
Volevo morire. Volevo
strapparmi il cuore, pugnalarmi, spararmi.
Tutto purchè finisse. Che
senso poteva avere la paura della morte se questa avesse significato la
fine di
tanta sofferenza?
E in quel mondo senza
tempo, in quell’attimo senza inizio né fine,
rividi quanti avevo amato… i miei
genitori, i miei amici, Jacob, i Cullen,i miei bambini, Edward.
“ Oh, Edward… ” pensai “
Mi dispiace… mi dispiace per tutto. Ti amo ”.
Ecco, avrei tanto voluto
dirgli quanto l’amassi. Sperai che fosse vicino a me.
Desiderai che mi
stringesse la mano. La mano che neanche più sentivo. Essa
era perduta, insieme
al resto del mio corpo, in quel mare di lava bollente che ormai aveva
corroso
ogni mia terminazione nervosa.
Oh,
Edward…
Che
cos’avrei dato per
poter sentire il suo profumo, vedere il suo volto, ascoltare la sua
voce!
In quel momento mi sarebbe
stato tanto di conforto…e invece no. Ero sorda, cieca e
insensibile al mondo
esterno. Tutto ciò che veniva da oltre il mio corpo io non
lo percepivo. Troppo
consumata dal dolore che nasceva da quelle che io sapevo essere le mie
stesse
ossa, ma che mi parevano tizzoni ardenti, per poter anche solo
percepire la sua
presenza… Ero assordata dal battito del mio cuore e dal
suono del sangue che
veniva pompato nelle mie vene distrutte. Accecata
dall’oscurità intorno a me…
Ma sapevo, in modo del
tutto irrazionale sapevo, che lui era lì, vicino a me.
Sapevo che non mi
avrebbe abbandonata. Che avrebbe lottato sino
all’ultimo
singolo battito
del mio cuore agonizzante. Che non mi
avrebbe mai lasciata. Che sarebbe stato più perseverante di
me, come al solito.
Ma
io stavo morendo. E
forse, ne ero felice.
Certo,
l’avrei deluso… l’avrei
deluso dal momento che preferivo morire piuttosto che lottare. Ma
sentivo anche
che non avrei avuto la forza di sopportare ancora a lungo. Avrei
rinunciato,
smesso di combattere e mi sarei arresa.
E in quel modo avrei detto
addio…
Senza una sola parola,
senza un ultimo bacio, un’ultima carezza.
In silenzio me ne sarei
andata abbandonando tutti.. Ecco cosa sarebbe accaduto. Sarei morta.
Passarono ore? Minuti?
Secondi? giorni? Per quello che ne sapevo io poteva essere trascorso un
secolo
quanto un attimo. Il tempo era qualcosa che non aveva più
importanza e il
confine tra l’istante e l’eternità ormai
era solo una parola nella mia testa:
Adesso.
E
in quell’adesso, quando
sentii la morte sopraggiungere, nonostante l’avessi invocata,
ebbi paura.
Era la consapevolezza
dell’ultimo istante di lucidità prima del nulla a
farmi tremare.
Non l’avrei più rivisto.
Né lui, ne nessun altro.
Sì,
stavo proprio morendo.
Incominciavo a non sentire più dolore.
Stavo morendo ed ero
terrorizzata. Ed ero felice. Ero quasi libera.
Sola. Lontano dai miei
cari, da Edward e dai miei bambini…
Sentii gli occhi (o per lo
meno li riconobbi come tali) bruciarmi d’un dolore diverso da
quello che mi
attanagliava ancora il resto delle membra.
Erano
bagnati?
Stavo piangendo?
Sì. Erano lacrime…
Le
lacrime per i miei
figli e per la vita che non avrei vissuto…
Per le albe che non avrei
mai visto e per i tramonti che non avrei mai ammirato, per le notti in
cui non
avrei mai più amato Edward, per i giorni in cui non avrei
potuto vedere i miei
bambini crescere.
Per questo, ormai in punto
di morte, piangevo.
Imprigionata in un corpo
distrutto, in questo modo dicevo addio al mondo e alla persona che ero
stata…
Ma almeno, la sofferenza
era sempre minore. Respirare non era più
così doloroso e il cuore non mi tormentava
più ad ogni battito. No,
adesso che ci facevo caso, non mi tormentava più…
Il
mio cuore non mi
tormentava più… Intorno a me,
oscurità, silenzio.
E
dentro di me,silenzio…
Il sangue aveva smesso di
scorrere e il mio cuore si era fermato.
Ed
io, ero morta.
[ Il titolo del cap
l’ho
preso da una canzone -a cui ho però tolto una parola- di De
andrè, l’unico ed inimitabile. anche se la canzone
non c'entra niente con la storia -anche se dipende dalla chiave di
lettura del libo Twilight e della relativa saga-, la frase ci stava
bene. Alla prima che
indovina quale canzone derubato, un piccolo premio (sempre che possa
definirsi tale… il finale alternativo in
anteprima…)
Tengo a specificare che il
titolo della storia è tratto da “I was born to
love you” canzone di freddie che
ritornerà nell’ultimo cap ]
Non sono imperdonabile.
Peggio.
Non so nemmeno più da quando non
aggiorno.
E se sapeste da quanto tempo
continuo a rimaneggiare questo cavolo di cap innoridireste. Anche
perché, visto
che poi non è che lo abbia modificato poi molto dalla sua
stesura originale e
quindi avrei potuto pubblicarlo subito…
Vabbè, cmnq, ho cominciato l’univ
e, davvero, non pensavo fosse così stressante e con degli
orari così assurdi.
Torno a casa a delle ore impossibili! 8 ore in un giorno, e sono
lì dalle 8.30
alle 18.30 perché non sono tutte di fila (a volte
sì ma comunque è stressante
fare anche dalle 8.30 alle 16.30 senza pause…)
Credo di aver postato per
l’ultima
volta prima ancora di fare la maturità!!!!
ODDIO quanto tempo è passato!!! Mi
sembra ieri! Mamma mia, non po’ essere vero che ho
già fatto la matura!
Comunque, bando alle ciance. Mi
scuso con voi tutte per quest’attesa e spero non me ne
vorrete. So che questo
avrebbe dovuto essere l’ennesimo ultimo cap ma
sfortunatamente non è così.
Portate pazienza please! E non me ne vogliate se non riesco a separarmi
da
questa storia. Sappiate
comunque che è davvero
prossima alla fine. Solo che per sviluppare il finale ho bisogno di un
po’ più
di pagine. Queste 5 non mi bastavano! Spero di trovare il coraggio di
postare
questo cap…
Grazie e continuate a seguirmi.
Prossimamente sui vostri schermi, il prossimo capitolo ( e questa volta
lo
giuro, non vi farò aspettare 6 mesi. Se riesco, prima di
capodanno!)
Pss: sapete che in Irlanda mi
hanno abbordato in un cimitero? Molto vampiresca come cosa XD
Psss: alle tante ragazze che mi
hanno invito e-mail chiedendomi quando avrei postato, eccomi qui.
grazie per i
vosti complimenti!
A presto e buon natale