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Autore: Shirley Poppy    20/12/2009    4 recensioni
Quella cosa che entra nella tua vita di colpo, e la sconvolge come un cataclisma. Quella cosa che ti cresce dentro, e può portarti a compiere vere follie. Quella cosa che sta fuori da ogi regola, da ogni logica, e che non si può controllare. Quella cosa che è pura magia, quella cosa chiamata... AMORE.
Genere: Romantico, Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno a tutti

Buongiorno a tutti !!!!! (o buona sera , a seconda dell’ ora che è mentre leggete). Ecco finalmente il secondo capitolo della mia FF, sperando che sia gradito.

Eravamo rimasti al punto in cui la voce misteriosa intima agli studenti di consegnare Akane, e cosa succederà ora?

Capitolo 2°

VOCI NEL BUIO

E una luce si accende nel cuore

 

Ero pietrificata.

Avrei voluto correre, fuggire il più lontano possibile, ma le mie gambe non rispondevano ai comandi, così ero costretta a restarmene impalata davanti alla finestra del corridoio, fissando con gli occhi sbarrati il profilo della creatura che si andava delineando sullo sfondo di quella luce verdastra.

Se io ero immobile, in compenso il mio cervello lavorava febbrilmente per dare un senso agli avvenimenti di quegli ultimi minuti. Le parole che quella strana voce aveva pronunciato pochi attimi prima mi rimbombavano ancora nella mente, agghiaccianti nel loro significato.

 

DOV’ È? CONSEGNATEMELA!. CONSEGNATEMI AKANE TENDO!!!

 

 

Inutile dire che stavo morendo di paura, e non ero la sola.

Tutti gli studenti del Furinkan, che sentendo le urla erano corsi ad affacciarsi alle finestre, ora erano impietriti, gli occhi spalancati all’ inverosimile, fissando lo strano velivolo nero dal quale proveniva la voce.

Accanto a me, Ranma si era irrigidito in una mezza posizione di difesa, facendomi scudo con un braccio, probabilmente temendo un attacco improvviso.

Per un attimo mi ero chiesta il motivo che lo spingesse a proteggermi.

Era sempre così, quando mi trovavo in una situazione di pericolo. Ma probabilmente si divertiva solo a fare l’ eroe.

Comunque non era il momento per riflessione del genere, avevo ben altro di cui preoccuparmi.

Poi, senza che fosse successo nulla di preciso, la situazione cambiò di colpo.

Se prima non si muoveva nemmeno una foglia, all’ improvviso tutta la scuola aveva preso a correre e urlare, cercando di guadagnare l’ uscita più vicina, spintonandosi, cadendo, e poi rialzandosi e continuando a correre, senza smettere un’ attimo di strillare.

Solo io e Ranma eravamo rimasti immobili, gli occhi fissi sulla astronave (sempre che di questo si trattasse) non riuscivamo a muoverci.

O almeno, io non riuscivo a muovermi, infatti Ranma si era riscosso di colpo, e aveva preso a strattonarmi per un braccio, cercando di smuovermi.

“AKANE!!!” urlava, la paura riflessa negli occhi, eppure non lo avevo mai visto spaventato.

“AKANE! MUOVITI! VIENI VIA DA QUI!” Ma io lo sentivo appena, ero come ipnotizzata da quella strana luce verde.

Avvertivo le sue mani che ora mi stavano scuotendo con violenza, le urla dei miei compagni, le suppliche del mio fidanzato, ma non ne coglievo il significato.

Vedevo solo la luce.

Poi, un sibilo.

Degli strani ganci erano partiti dall’ astronave.

E si dirigevano verso di noi.

Verso di me.

E allora mi ero come svegliata, avevo capito, ero in pericolo, dovevo scappare.

Ma era troppo tardi.

I ganci mi avevano raggiunta, e si erano attorcigliati attorno alla mia vita, strattonandomi verso l’ astronave, fuori dalla finestra.

A nulla erano valsi i disperati tentativi di Ranma di liberarmi da quella stretta, presto era stato sbalzato indietro, contro il muro, e io ero stata trasportata a una velocità disumana verso un portellone secondario che si era aperto sul fianco del velivolo.

Avevo urlato, scalciando e dibattendomi, ma ero impotente contro gli arpioni che stringevano sempre più forte, rischiando di soffocarmi.

“AKANEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!”

Il grido di Ranma era stata l’ ultima cosa che avevo sentito, prima che tutto divenisse sempre più sfocato, i suoni ovattati, e lentamente ero piombata nel buio dell’ incoscienza.

***

Non ricordo per quanto tempo ero rimasta svenuta, ma quando ero rinvenuta ero avvolta dall’ oscurità assoluta, e questo non aveva di certo reso il mio risveglio piacevole.

Ero rimasta disorientata per un po’, prima che le immagini di quegli ultimi drammatici minuti mi tornassero alla mente, lenti, uno per uno, collegandosi tra loro come le tessere di un complicato puzzle.

Tastando con le mani lo spazio attorno a me, avevo realizzato di essere rannicchiata su un pavimento freddo, metallico, dello stesso materiale di cui era fatta anche la parete su cui poggiavo la schiena.

Avevo provato a muovermi, ma mi ero presto accorta che pesanti catene erano assicurate a polsi e caviglie, impedendomi  di alzarmi, e sfregandomi dolorosamente la pelle a ogni minimo movimento.

Mi ero raddrizzata lentamente, mettendomi seduta dritta, e cercando di ragionare.

Ma man mano che analizzavo la situazione, sprofondavo sempre di più nella disperazione.

Probabilmente ero all’ interno dell’ astronave, rinchiusa da qualche parte, totalmente sola, impossibilitata a fuggire.

Un’ improvvisa fitta al fianco mi aveva dato un motivo in più per preoccuparmi: mi dovevo essere ferita cercando di liberarmi, e ora il sangue mi inzuppava la divisa scolastica che ancora indossavo, mi sembrava impossibile di non essermene accorta prima, perché ora il dolore era veramente intenso.

Improvvisamente mi erano salite le lacrime agli occhi, non tanto per il male, quanto per la paura che provavo a stare li da sola, nel buio.

Non riuscendo a trattenermi, ero scoppiata in singhiozzi, nascondendo la faccia tra le mani.

Avevo pianto tutte le mie lacrime, finché anche quelle erano terminate, e io ero rimasta l’ rannicchiata, immobile, in una sorta di quieto intontimento che  mi proteggeva dalla realtà, almeno per il momento.

Non ho idea del tempo che era passato quando era successo: forse ore, forse solo pochi minuti, ma ad un certo punto avevo sentito qualcosa, finalmente un suono che rompeva quel silenzio innaturale, come un brusio indistinto, che si faceva man mano più nitido con lo scorrere dei secondi, finché non mi ero riscossa dalla mia trance,  tornando in me, e allora il rumore indefinito era diventato una voce, anzi,  più voci, a pochi metri da me.

Quando le avevo sentite mi ero spaventata, trasalendo, ( e procurandomi un’ altra fitta lancinante), poi le avevo riconosciute, e il mio cuore aveva perso un battito, per poi riprendere a palpitare, frenetico, quasi volesse salirmi in gola.

Non osavo crederci. Ma non mi potevo sbagliare.

Si, erano proprio loro…

Ma cosa ci facevano li?

 

Una voce femminile, dal tono carico d’ansia, aveva esclamato nel buio:

“Ragazzi?! Ragazzi dove siete? Mi sentite?...”

Un’ altra voce, questa volta maschile, l’ aveva interrotta, ostentando un tono calmo e rassicurante, ma udibilmente incrinata dalla tensione.

“Tranquilla, sono qui amore mio. Va tutto bene, calmati…”

“Tutto bene?!!!!” Aveva strepitato un’ altra ragazza dall’ accento fortemente cinese, in tono isterico.

“Non sapevo che “tutto bene”pel te significasse stale linchiusi in una cella nel ventle di un “coso” non ben identificato!!!!”

“Mia cara, non temere! Ti proteggerò da ogni pericolo…”

“Zitto, tu, papero! Non riesco a pensare!”

All’ udire quest’ ultima frase, era stato come se una luce mi si fosse accesa nel cuore.

Una luce calda, dolce,che mi avvolgeva tutta, e che non ero riuscita a spiegarmi.

Cos’ era in lui che mi faceva quell’ effetto strano? Cos’ era che mi faceva palpitare forte il cuore?

Avevo scosso la testa.

Di certo era il sollievo per aver sentito quelle voci familiari.

Si, non poteva essere che così.

Non c’era altra spiegazione.

Ora non avevo bisogno della vista per sapere che a pochi metri da me, sulla destra, stava una spaventatissima Ukyo,  accanto a Ryoga…. Ryoga che l’ aveva chiamata Amore!?!

Ne ero rimasta davvero colpita, non sapevo che i suoi sentimenti fossero mutati.

A me faceva piacere, s’intende, non mi era mai piaciuto vederlo soffrire per un amore che non avrei mai ricambiato, ero solo…  sorpresa.

Il tono che aveva usato era così dolce e protettivo… non l’ avrei mai associato al Ryoga che conoscevo.

Cos’ era stato capace di mutarlo così profondamente?

Un’ altra cosa che non capivo era come mai Mosse non si fosse ancora arreso all’ evidenza che Shampoo non lo amasse, e le stesse sempre accanto, a dispetto del modo freddo in cui lei lo trattava.

Come avrete ormai capito, erano proprio loro i proprietari delle altre due voci, e il quinto…

Il quinto era lui ovviamente, il ragazzo più testardo, orgoglioso e narcisista dell’ universo, il mio pseudo fidanzato: Ranma.

Al solo pensare il suo nome, il cuore aveva tentato di uscirmi dal petto.

*è solo lo stress della giornata* mi ero ripetuta.

*calmati Akane, non è il caso di agitarsi tanto*

Ma sapevo benissimo che era effettivamente il caso di essere agitati, dato che le voci che avevo sentito ( e che ora discutevamo animatamente) non erano decisamente frutto della mia immaginazione.

Li sentivo, vicini, ma loro a quanto pareva non si erano ancora accorti della mia presenza, così mi ero fatta coraggio e mi ero schiarita sonoramente la voce, o almeno era quello che avevo tentato di fare, infatti il risultato fosse assomigliato più ad un fievole lamento.

Nonostante questo, mi avevano sentita benissimo, e si erano zittiti di botto, immobilizzandosi, tesi come corde di violino.

“Chi è la?! Chi sei?!” Aveva esclamato Ryoga, volgendosi nella mia direzione.

Allora, un in bisbiglio appena udibile, avevo sussurrato solo due parole, esitanti.

Sono… sono io.”

Ne era seguito uno schianto, come di metallo spezzato, e avevo realizzato che qualcuno doveva aver spezzato le sue catene, con una forza sovrumana.

Poi, il tonfo attutito di pochi passi frettolosi nel buio, nella direzione dalla quale era venuta la mia voce, ed infine due braccia forti e calde mi avevano stretto con foga, e avevo sentito  la mia guancia premere contro il petto di qualcuno, inginocchiato accanto a me.

“Akane… oh Akane sei tu…”

Ranma.

Ranma che mi abbracciava nel buio.

Ranma che mi sussurrava quelle parole all’ orecchio, con voce rotta dall’ emozione.

Ranma che ora mi cullava lentamente avanti e indietro, sempre stretta a lui, dopo aver spezzato con un gesto brusco le mie catene.

 

Cosa ci facevo abbracciata a lui? Perché non reagivo a tanta improvvisa intimità? Perché non mi sottraevo a quell’ abbraccio?

Bhe, sapete una cosa?Avevo deciso che non mi importava.

Per le risposte ci sarebbe stato tempo più tardi, ora l’ unica cosa che contasse davvero era restare così il più a lungo possibile, perché mi sembrava tutto semplicemente… perfetto. Senza un vero perché.

Mi ero abbandonata all’ abbraccio, chiudendo gli occhi, mentre le lacrime ricominciavano ad inondare il mio viso, ma erano lacrime diverse, erano lacrime di gioia.

 

 Cosa ci fanno Ranma  compagnia prigionieri assieme ad Akane? Chi è il misterioso rapitore? Riusciranno i nostri eroi a cavarsela come sempre? Se volete saperlo, non vi resta che attendere che io posti il prossimo capitolo, e intanto… recensite numerosi!!!!

 

Shirley Poppy

  
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