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Autore: Aurora Barone    21/12/2009    1 recensioni
Ripropongo una storia che avevo scritto all' età di 14 anni, si può dire che è stata la mia prima storia, anche se prima ne esisteva un'altra versione, comunque questa è la versione che sto revisionando. Un crimanale e una ragazzina che subisce molestie dal padre adottivo si incontrano per caso in sgradevoli circostanze.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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Kyo:

Dopo un po' lei smise di abbracciarmi così anch'io smisi di stringerla, prima allentai la stretta e poi allontanai a malincuore le mie braccia dal suo corpo.
“Scusami, mi sono ecco...lasciata prendere dalla disperazione e così ti ho abbracciato senza rifletterci...” affermò imbarazzata.
“Non dovresti abbracciare gli sconosciuti...” affermai cercando di apparire freddo e distaccato.
“ Si, ma tu non sei uno sconosciuto...” balbettò osservandomi con un espressione cauta ma al contempo dolce.
“Che cosa sai di me?” le domandai lasciandola di stucco, perché era vero non sapeva nulla di me, neppure il mio cognome falso e figuriamoci quello vero.
“Tu sei la persona che mi ha salvato la vita, che mi ha consolato....questo è quello che conta” affermò flebilmente.
“Quindi non ti importa sapere chi sono?” le chiesi scettico.
“Si, però questo non potrebbe mai compromettere quello che hai fatto per me...” affermò abbassando lo sguardo per non incrociare il mio.
“Attenta, ragazzina a quel che dici...” la avvertii.
Yoko mi osservò perplessa e disse “Lo so, già che sei un malavitoso, non so quel che fai di preciso per vivere, ma non mi importa saperlo, ho vissuto con gente più sporca di te, che non si fa scrupoli neanche con una ragazzina come me...mentre tu hai quel po' di bontà e mi basta quella...”
“D' accordo, allora io sono Kei... cioè intendevo Kasinshi Kyo...”
“Ah, capisco” affermò scrutandomi con la coda dell'occhio.
Avrei voluto dirle la mia vera identità, ma mi vergognavo troppo per ammettere quella schifosa realtà e inoltre sapevo che se glie l' avessi detto non mi avrebbe più guardato con quello sguardo dolce, anzi di sicuro mi avrebbe odiato, ma perché mi importava così tanto non essere odiato da lei?
“Allora d'ora in poi sarò Kasinshi Yoko...” affermò sorridendo, poi però arrossii di botto.
Rimasi interdetto, che cosa intendeva dire con quell' affermazione, se aveva intenzione di fantasticare con la mente su matrimoni e famiglia con me, poteva anche scordarselo e notando la mia espressione non del tutto soddisfatta disse “Credo lei abbia frainteso...ecco io intendevo...che siccome ho un cognome brutto da portare, pensavo che il tuo..il suo... fosse meglio così...”
Mi stava dando improvvisamente del lei, ero diventato improvvisamente così vecchio ai suoi occhi,così non potendone più di sentirmi dare del lei, le dissi “Ho solo 22 anni, non c'è bisogno di darmi del lei...”
Non sapevo perché dessi tanto peso a quelle formalità, dopotutto lei sarebbe stata solo una piccola parentesi della mia vita che primo o poi sarebbe svanita, come una delle tante altre cose.
“ Sai riguardo ad oggi sono felice di esserti stata utile in qualche modo...” affermò sorridendo.
Quel sorriso, mi faceva sentire terribilmente in colpa l' avevo usata come ostaggio e lei invece di incazzarsi, era felice di essermi stata in qualche modo utile, di certo ragazzine più innocenti di lei non ne avevo mai incontrate.
Poi entrò improvvisamente mio fratello che ci guardava interrogativo “Che ci fate qui?” chiese.
“Le ho disinfettato la ferita....” affermai incerto, con un po' di agitazione, non volevo che sapesse dell' abbraccio tra me e Yoko, di sicuro si sarebbe fatto delle idee sbagliate.
“Ecco io dovrei andare al bagno, quindi se poteste uscire mi fareste un grandissimo favore!” affermò stringendo le gambe per trattenere la vescica.
A Yoko scappò una risata, notando che mio fratello, si stava facendo la pipi addosso,. lui invece la guardò con uno sguardo lievemente imbronciato, non gli piaceva sentirsi preso in giro.
Usciti dal bagno, ci recammo nella mia stanza, io mi adagiai nel letto, ero stanco morto, mentre lei si sedette nella sedia che si trovava vicino la scrivania della mia stanza.
Le dissi di prendermi il telecomando poggiato sulla scrivania, lei si avvicinò al mio letto per darmelo, così accesi la tv che era davanti al letto.
Lasciai un canale a caso, dove c'era il telegiornale, che parlava della scomparsa di Keitawa Yoko.
Si vedeva la troupe di giornalisti sotto casa di Keitawa, che non aspettavano altro che la sua uscita, ma lui si limitò a rimaneredavanti il cancello della villa dicendo che non volevo rilasciare alcuna intervista poiché la situazione era molto delicata e non voleva che i giornalisti usassero la scomparsa di sua figlia come mezzo per fare audience.
Minacciò i giornalisti sotto casa, gridandogli contro che li avrebbe denunciati tutti, era veramente furioso chissà perché si agitava tanto “il mio amato” padre e poi quelle parole così profonde, non erano da lui:“Non usate mia figlia per fare soldi, per fare audience o per qualunque altro secondo fine!” Osservai l' espressione turbata di Yoko, anche lei non riusciva a comprendere quella reazione di Keitawa.
Cercai di scorgere qualcosa dai suoi occhi neri come i miei e poi capii che forse stava nascondendo qualcosa riguardo Yoko, altrimenti perché era così interessato a lei, doveva per forza esserci qualcosa sotto.
“Sai perché è così interessato a ritrovarti?” le chiesi.
Lei con sincerità rispose “Non lo so...”
“Sei sicura di non saperlo?” le chiesi per accertarmi della sua sincerità.
“Lo giuro...non ne ho idea...” affermò con un groppo in gola temendo che non le avessi creduto.
Guardai il suo faccino, non scorgendovi neppure la traccia di una bugia, poiché se avesse mentito avrebbe di sicuro abbassato lo sguardo, oppure avrebbe guardato un punto imprecisato della stanza, invece no, mi osservava sicura di quel che diceva. Così fui certo che non mi stesse mentendo, perché una ragazzina non era in grado di mentire così bene.
Dopo però incominciai a pensare, che se per Keitawa Yoko era importante, per soddisfare un suo secondo fine, non si sarebbe fermato davanti a niente per ritrovarla, avrebbe fatto setacciare tutta Tokyo se fosse stato necessario e questo mi preoccupava non poco.
L' idea di doverci avere a che fare non mi piaceva per diverse ragioni, perché aveva rovinato la vita di Toshio ed anche la mia, a Toshio per le violenze, a me per il suo affetto ossessivo e poi mi ricatto anche quando scappai di casa: Se non fossi tornato a vivere con lui, mi avrebbe fatto espellere dalla scuola e persino dalla società, infatti fu così. Non potei più frequentare la scuola e neanche trovare un lavoro, poiché non appena tutti leggevano il mio cognome tutti si tiravano indietro dicendomi di non potermelo offrire, anche quando cambiai cognome avvenne la stessa identica cosa e allora capii che di nascosto mi controllava.
Per questo motivo io e mio fratello, ci ritrovammo a dover spacciare cocaina e a rapinare qualche banca per poter tirare a campare.
Ma una delle ragioni che più mi preoccupava nell' averci a che fare, era che lui era un politico potente, ricco e corrotto, mentre io e mio fratello eravamo solo due criminali da quattro soldi, quindi in un probabile scontro ci avrebbe fatto fuori in poco tempo con i suoi aguzzini.
Altra cosa che mi preoccupava più di tutte era Toshio, lui non avrebbe retto la vista di quell'uomo, dopo tutto il male che gli aveva fatto, non l' avrebbe sopportato, sarebbe stato troppo doloroso per lui.
Così mi trovavo tra due fuochi, aiutare Yoko correndo il rischio che Keitawa ci trovasse, oppure abbandonarla tirandomi fuori da quella brutta storia una volta per tutte.
“Io non credo che tu possa rimanere qui, lui ti sta cercando e non si fermerà di fronte a niente, per trovarti!” affermai perplesso.
“Sei un vigliacco” affermò furibonda, guardandomi con un espressione severa sul volto.
“Che diamine le prendeva così all'improvviso?” mi chiesi tra me e me.
Inoltre non mi piaceva il modo in cui mi avesse definito,era inappropriato, mentre la definizione più corretta era “egoista”, pensavo solo e semplicemente alla mia pelle e non alla sua, dopotutto che cosa poteva mai esserci di male in questo, tutti gli uomini pensano solo e soltanto a se stessi, quando avvertono il pericolo, si chiama istinto di sopravvivenza.
“Io non sono vigliacco, sono semplicemente egoista!” affermai cercando di mantenere la mia solita freddezza.
“ E non esserlo, potresti pentirtene...” affermò osservandomi con i suoi occhioni color nocciola lucidi e supplichevoli.
Mi alzai dal letto e mi avvicinai a lei, per guardare meglio la sua espressione, lei allora pianse dicendo “T prego farò tutto quello che vuoi...qualunque cosa, ma non mandarmi via....”
Mi sentivo in colpa, poiché l' avevo di nuovo fatta piangere, ma che cosa avrei dovuto fare, non avevo altra scelta che mandarla via, ma lei non si dava per vinta e con i suoi occhi tristi continuava a persuadermi.
Tirai fuori dalla tasca dei miei pantaloni un paio di fazzoletti, ne estrassi uno per poi poggiarlo sulle guance umide di Yoko, lei interpreto quel gesto come un“ puoi restare” e mi sorrise calorosamente.
Io non avevo ancora detto nulla, però lei mi aveva già fregato con le sue convinzioni che non mi andava di dover deludere, insomma ero caduto vittima di una ragazzina alla quale non sapevo dire no, perché non appena le negavo di restare in casa mia, lei piangeva afflitta ed il mio cuore si contorceva.
Forse avrei dovuto lasciare quel meschino compito a mio fratello, anche se lui era sempre stato il ragazzo dal cuore d'oro, ero certo che in quell' occasione non si sarebbe lasciato convincere con tanta facilità dalle lacrime di quello scricciolo e l' avrebbe cacciato subito fuori da casa nostra.
“Grazie grazie grazie grazie” ripeteva tutta contenta.
Io la osservavo rassegnato, ma dentro di me provavo una strana sensazione di benessere, nonostante sapessi che quella scelta avrebbe comportato non pochi pericoli, poi lei di nuovo parlò sorridendomi. “Non ti pentirai di questa scelta” affermò con entusiasmo.
“Invece me ne pentirò, perché quell'uomo farà fuori me e mio fratello e poi riuscirà a riprenderti”
Lei allora perse tutto l' entusiasmo e incominciò a tremare spaventata dall' idea che Keitawa potesse trovarla, così mi fece sentire ancora una volta in colpa.
Non sapevo più come comportarmi, così alla fine per tranquillizzarla mentii spudoratamente dicendo “Non potrà mai trovarti, qui sei al sicuro!”
Bastò quella semplice frase a farle tornare il sorriso, anzi sembrava ancor più contenta di prima,ma stranamente anch'io ero contento e sorrisi automaticamente come un ebete.
Avrei voluto controllarmi, ma era tutto inutile, non riuscivo a far a meno di sorridere come un idiota, mentre lei invece tornava ad assumere la sua solita espressione turbata.
Mi dispiaceva vederla così e senza pensarci troppo, mi avvicinai a lei per farle il solletico alla pancia, lei scoppiò a ridere, mentre con le dita le tastavo il suo morbido stomaco.
“Basta! Ti prego!” disse continuando a ridere di gusto.
Io continuavo a farle il solletico divertito dalla sua sonora risata,mentre lei tentava di acciuffare le mie mani con le sue per fermarmi e poi corse via ridendo, ma era tutto inutile la raggiunsi quasi subito e in quell' azzuffamento di solletico, senza accorgercene finimmo nel letto e in una posizione abbastanza ambigua.
Ero sopra di lei, sentivo il calore del suo corpicino sotto il mio e anche il suo viso era così vicino al mio, se mi fossi avvicinato di un altro solo centimetro, le mie labbra avrebbero sfiorato le sue.
Osservavo le sue labbra tentato dal desiderio di baciarle, ma non potevo farlo, era tutto così dannatamente sbagliato, pensavo mentre sentivo il mio cuore esplodere.
La sentii sussultare, così sollevai lo sguardo verso i suoi occhi, lei mi guardò imbarazzata dicendomi “Mi stai stritolando...”
“Scusami...” dissi subito alzandomi dal letto per liberare il suo corpo dal mio.
Ma quando meno me l' aspettassi, lei mi colse alle spalle per farmi il solletico sullo stomaco con le sue manine, mi uscirono le lacrime agli occhi per quanto risi.
Non ridevo così da troppo tempo, forse da quando Mayko era morta o forse ancor prima che lei morisse, un po' mi sentii come se fossi tornato bambino.
“Ti prego, adesso basta!” affermai continuando a ridere.
“No, questa è la mia vendetta!” disse giocosamente
“E va bene, allora non mi lasci altra scelta!” affermai scherzosamente, liberandomi dalle sue manine e riprendendo a farle il solletico, lei uscì dalla stanza correndo in giro per casa, io la seguii scontrandomi con mio fratello che ci guardava scioccato, non avendo idea di cosa stessimo combinando.


Yoko:

Le mie lacrime smisero di scorrere come per magia, era stato lui a farmi stare meglio, ma forse avevo commesso un errore, insomma mi era battuta fra le sue braccia, così senza pensarci troppo, così mi staccai dal suo corpo con imbarazzo.
Lui allentò la stretta e piano piano smise di avvolgermi con le sue forti braccia, mi scusai con lui per il mio comportamento e lui allora mi disse che non era una buona cosa abbracciare gli estranei.

“ Si, ma tu non sei uno sconosciuto...” balbettai, a causa del suo sguardo penetrante concentrato su di me.
“Che cosa sai di me?” mi domandò lasciandomi di stucco, dopotutto non sapevo davvero nulla di lui, neppure il suo cognome, ma avrei tanto voluto sapere ogni cosa di lui, però ero certa che se gli avessi chiesto chi fosse, lui di certo si sarebbe rattristato, perché anche lui come me doveva avere un passato difficile da accettare, così dovevo semplicemente accontentarmi di quel che sapevo ovvero che lui era il mio salvatore, dopotutto per me questa era la sola cosa che contava davvero, perché nessuno al mondo mi aveva masi salvato e fatto sentire così bene come lui.
“Tu sei la persona che mi ha salvato la vita, che mi ha consolato....questo è quello che conta” affermai flebilmente.
“Quindi non ti importa sapere chi sono?” mi chiese scettico.
“Si, però questo non potrebbe mai compromettere quello che hai fatto per me...” affermai abbassando lo sguardo per non incrociare il suo che mi metteva in estremo disagio, poi sentivo il mio cuore rimbombare così forte.
“Attenta, ragazzina a quel che dici...”disse sottovoce, con quella voce roca così sensuale.
Era la prima volta che mi sentivo così fortemente attratta da un ragazzo, poi per giunta era molto più grande di me, forse era questo mi piaceva di lui che fosse molto più maturo, ma può darsi che inconsapevolmente, stessi cercando un rimpiazzo alla figura paterna che mi era sempre mancata. Lo osservai incerta, non mi sembrava però una perfetta figura paterna nonostante mi avesse protetto, mi sarebbe sembrato difficile immaginarmelo come padre, poi mi soffermai sul suo avvertimento, che non mi aveva affatto preoccupato, non riuscivo a temerlo dopotutto quello che aveva fatto per me, avrebbe potuto dirmi qualunque cosa, ma nulla sarebbe cambiato, io le sarei sempre e comunque rimasta grata di tutto, perché nessun altro mi aveva mai difeso prendendosi a pugni con uomo di 90 kili, nessun altro mi aveva mai consolato nel modo in cui fece lui e nessun altro mi salvò mai la vita. Così affermai “Lo so, già che sei un malavitoso, non so quel che fai di preciso per vivere, ma non mi importa saperlo, ho vissuto con gente più sporca di te, che non si fa scrupoli neanche con una ragazzina come me...mentre tu hai quel po' di bontà e mi basta quella...”
Anche se rapinava le banche, non mi importava, anche se mi aveva puntato un coltello alla gola e mi aveva usata come ostaggio, anche quello non importava, anzi finalmente potevo in qualche modo ricambiare la sua generosità essendogli utile a qualcosa.
“D' accordo, allora io sono Kei... cioè intendevo Kasinshi Kyo...”
“Ah, capisco” affermai scrutandolo con la coda dell'occhio, perché mi sentivo il suo sguardo addosso che mi metteva a disagio, così evitai di guardarlo, ma sapendo che mi guardava arrossii.
Nella mia mente ripetei quel cognome Kasinshi e dire che mentre lo stava pronunciando, per un momento ebbi l' impressione che stesse dicendo qualcosa tipo “Kei” e conoscevo perfettamente un cognome che iniziasse con quelle lettere ed era quello del mio patrigno, ma pensai vabbè esistono tanti cognomi con “Kei” , Keiwa, Ketaka, ,Keitishuwa e via dicendo, quindi pensai nulla di strano, poi però si corresse dicendo quel Kasinshi, che mi fece stare più tranquilla, perché non amava i cognomi che cominciassero con “Kei”.
“Allora d'ora in poi sarò Kasinshi Yoko...” affermai sorridendo, poi però arrossii di botto, pensando di aver detto qualcosa che potesse essere perfettamente frainteso, infatti dalla sua espressione compresi che avesse capito male, mentre io avevo soltanto voluto dire che preferivo portare un cognome migliore rispetto a quello di Keitawa e che quindi mi sarebbe piaciuto appropriarmi di un cognome pulito come il suo. Così mi corressi dicendo "Credo che lei abbia frainteso...ecco io intendevo...che siccome ho un cognome brutto da portare, pensavo che il tuo..il suo... fosse meglio così..."mi ero inceppata per l' imbarazzo, anche a causa del suo sguardo incredulo e di sapprovazione verso quel che avessi detto un momento prima.”
"Guarda che ho soltanto un 22 anni, non c'è bisogna che tu mi dia del lei" disse infastidito dal fatto che lo avessi fatyto sentire vecchio.“ Sai riguardo ad oggi sono felice di esserti stata utile in qualche modo...” affermai sorridendo.
Poi entrò improvvisamente suo fratello che ci guardava interrogativo “Che ci fate qui?” chiese.
“Le ho disinfettato la ferita....” affermò con foga Kyo, sembrava per qualche strana ragione agitato.
“Ecco io dovrei andare al bagno, quindi se poteste uscire mi fareste un grandissimo favore!” affermò stringendo le gambe per trattenere la vescica.
Mi scappò una risata, notando che suo fratello, si stava facendo la pipi addosso,. lui mi guardò storto, così cercai di smetterla di ridere.
Usciti dal bagno, ci recammo nella stanza di Kyo, lui si stiracchio nel letto, sembrava stanco, dopotutto rapinare una banca doveva essere abbastanza stancante, io mi sedette nella sedia che si trovava vicino la scrivania della sua stanza.
Lui mi guardò dicendomi di prendergli il telecomando poggiato sulla scrivania, così in gran fretta cercai il telecomando e glie lo diedi avvicinandomi nel letto, ero disposta a fare qualunque cosa mi chiedesse, l' unica cosa che contasse per me era rimanere lì in quella casa dove Keitawa non avrebbe mai più potuto farmi del male.
Lasciò un canale dove c'era il telegiornale, che parlava della mia scomparsa.
Si vedeva la troupe di giornalisti sotto casa di Keitawa, che non aspettavano altro che la sua uscita, ma lui si limitò a rimanere sul cancello della villa dicendo che non volevo rilasciare alcuna intervista poiché la situazione era molto delicata e non voleva che i giornalisti usassero la scomparsa di sua figlia come mezzo per fare audience.
Minacciò i giornalisti sotto casa, gridandogli contro che li avrebbe denunciati tutti, era veramente furioso chissà perché si agitava tanto e poi quelle parole così profonde, non erano da lui:“Non usate mia figlia per fare soldi, per fare audience o per qualunque altro secondo fine!” Rimasi sconcertata dalle sue parole, forse si stava rendendo conto del male che faceva alla gente o forse gli mancava semplicemente il suo giocattolino preferito..
“Sai perché è così interessato a ritrovarti?” mi chiese Kyo.
“Non lo so...” gli risposi incerta, poi ci pensai su, cosa poteva mai volere da me, se non il mio corpo.
“Sei sicura di non saperlo?” mi chiesi per accertarsi della mia sincerità.
“Lo giuro...non ne ho idea...” affermai con un groppo in gola, pensando all' idea che mi volesse solo perché ero la sua bambola preferita con cui si divertiva a giocare ogni qualvolta volesse, ma non parlai a Kyo di questa mia mezza idea, perché sembrava che lui si aspettasse chissà quale altra risposta.
“Io non credo che tu possa rimanere qui, lui ti sta cercando e non si fermerà di fronte a niente, per trovarti!” affermò perplesso.
Dopo avermi salvato la vita,difeso e consolato, adesso si tirava indietro, dicendomi ancora una volta di sparire dalla sua vita, così come niente fosse ed io che mi ero illusa d aver trovato finalmente qualcuno di cui potermi fidare, così non riuscii più a gestire la rabbia, ma non ero furiosa con lui, ma più che altro con me stessa perché come al solito mi lasciavo ingannare.
“Sei un vigliacco” affermai furibonda, guardandolo con un espressione severa sul volto.
“Io non sono vigliacco, sono semplicemente egoista!” affermò freddandomi con il suo solito sguardo.
“Si, è vero sei egoista, ma ciò che mi fa più rabbia e che non lo sei stato sin da subito, prima mi hai mostrato la dolcezza, mi ha fatto capire che di te potevo fidarmi ciecamente anche senza gesti né parole ma con quei semplici sguardi, ma ora quando ti guardo capisco che non erano altro bugie” pensai tra me, però sapevo che se mi fossi arrabbiata e se avessi detto quelle parole che pensavo dentro la mia testa di certo non lo avrei persuaso a farmi restare, anzi mi avrebbe cacciato fuori a pedate, così mi calmai e ricominciai a tenere quel solito tono flebile e supplichevole.
Dopotutto ero veramente disperata, se mi cacciava via dove sarai andata?Cosa avrei fatto della mia vita? Non avrei potuto far nulla, anzi si qualcosa l' avrei potuta fare: suicidarmi senza alcuna interruzione.
“ E non esserlo, potresti pentirtene...” affermAi osservandolo con le lacrime che mi scendevano lungo il viso.
Kyo si alzò dal letto avvicinandosi a me, “Ti prego farò tutto quello che vuoi...qualunque cosa, ma non mandarmi via....”affermai continuando a supplicarlo con gli occhi lucidi.
Dopotutto ero sempre stata alla ricerca di un porto sicuro e adesso che l' avevo trovato, non volevo lasciarlo, lì mi sentivo al sicuro, a parte un graffietto sul collo, non mi era mai successo nulla di grave, né il fratello né Kyo avevano mai osato toccarmi e questo per me era già abbastanza.
Kyo Tirò fuori dalla tasca dei suoi pantaloni un paio di fazzoletti, ne estrasse uno poggiandolo con delicatezza sulle mie guance umide, così capii che lui non mi avrebbe abbandonato, perché non era egoista come credeva di essere, così improvvisamente la gioia si impossesso di me.
Avevo Finalmente avevo trovato qualcuno che tenesse veramente a me, dopo aver allungo cercato e aspettato quel qualcuno era arrivato, certo non era il classico belloccio che le adolescenti della mia età sognavano di incontrare, ma d'altronde io non amavo i soliti stereotipi, anzi mi sentivo attratta da lui, per il perfetto coordinamento delle sue imperfezioni: Mi piaceva il suo grande naso sembrava una grossa patata, mi faceva sorridere e poi si integrava perfettamente con il resto del viso.
“Grazie grazie grazie grazie” dicevo tutta contenta.
Poi aggiunsi con entusiasmo: “Non ti pentirai di questa scelta”
“Invece me ne pentirò, perché quell'uomo farà fuori me e mio fratello e poi riuscirà a riprenderti”
Rimasi turbata da quel' affermazione, dopotutto Keitawa era un uomo pericoloso, ricco e potente, era scontato che sarebbe riuscito a recuperarmi con l' aiuto dei suoi scagnozzi, quindi anche rimanendo a casa di Kyo, lui sarebbe primo o poi riuscito a rintracciarmi in qualche modo e poi avrebbe persno ucciso Kyo e Toshio a causa mia, perciò tanto valeva che sparissi dalla loro vita per non metterli in pericolo.
“Non potrà mai trovarti, qui sei al sicuro!”subirtto dopo disse.
Bastò quella semplice frase a farmi tornare il sorriso, poi sorrise anche lui, era strano quando sorrideva, perché era un evento abbastanza raro e quando avveniva sembrava che stesse arrivando la primavera, poi però pensai a Keitawa nonostante le parole rassicuranti di Kyo, ero certa che lui mi avrebbe trovata e in fondo lo aveva detto semplicemente per tranquilizzarmi, ma anche se fossi riuscita a sfuggirgli, non sarei mai riuscita a liberarmi di lui, perché il mio patrigno era dentro di me, nonostante volessi scacciarlo dalla mia mente, lui continuava a vivere nei miei pensieri e nei miei ricordi più brutti.
Ricordavo la prima volta che mi molestò, era stata la più brutta, ero stata così ingenua, lui mi aveva detto che aveva in serbo per me un bel gioco da fare insieme, io lo seguii lasciandomi ingannare dal suo sguardo falsamente affettuso, poi però quando entrai nella sua stanza, lui mi disse di togliermi i vestiti.
Io allora capii che c'era qualcosa di strano, ma lui nonostante mi rifiutassi di farlo, continuava ad insistere, così cercai di scappare dalla stanza, ma lui aveva chiuso la porta a chiave, poi tirò fuori un coltello dalla tasca con il quale mi strappò tutti i vestiti.
“Papà che stai facendo?” affermai coprendomi il seno con le braccia.
“Quante volte te l' ho detto di non chiamarmi papà, lo sai che non lo sopporto!” affermò con ferocia, poi mi trascinò per il braccio, cercai inutilmente di liberarmi ma era tutto inutile.
“Ti, prego mi fai male” affermai piangendo non riconoscendolo più, di solito era sempre stato gentile con me, ma da quel giorno in poi venne fuori la sua vera natura.

Lui continuava a stringermi forte il braccio, poi mi buttò giù nel letto e incominciai a sentire le sue sudicie mani sul mio corpo. “Grida quanto vuoi, tanto nessuno ti potrà sentire... e salvare da me” diceva divertito, poi rammentai quel dolore lancinante alle gambe, che avrei voluto tenere chiuse, ma lui continuava a tenermele divaricate con la forza come se volesse spezzarmele. Gridavo, mi disperavo cercando di liberarmi, ma era tutto inutile, ero troppo debole per riuscire a liberarmi da quel grasso corpo, così debolmente lasciavo che facesse ciò che volesse sperando che quelle interminabili ore dolorose primo o poi finissero, quando finii sentii una fitta nell' intimità che mi giunse sino allo stomaco, poi notai le perdite di sangue, gridai di paura e dal dolore, credetti di morire, sarebbe stato più semplice se fossi morta, purtroppo però rimasi viva. Poi credetti che fosse stato solo un incubo, perchè quando eravamo con altre persone mio padre era quello di sempre, si comportava come se niente fosse successo e tornava ad essere affettuoso, ma quando tutti se ne andavano, nella notte si infilava nel mio letto ancora per farmi del male, allora da quel momento capii che non era stato uno spiacevole incubo, ma che si trattava della realtà.
Kyo improvvisamente mi fece il solletico alla pancia, scoppiai a ridere, mentre con le dita continuava a tastarmi con insistenza lo stomaco.
“Basta! Ti prego!” dissi continuando a ridere di gusto, dimenticandomi di Keitawa e di quegli sgradevoli ricordi che mi aveva lasciato.
Tentai di acciuffare le sue mani per fermarlo, poi mi misi a correre continuando a ridere, non mi ero mai divertita così prima d'ora.
Lui mi raggiunse quasi subito e in quell' azzuffamento di solletico, senza accorgercene finimmo nel letto e in una posizione abbastanza ambigua.
Lui era sopra di me, sentivo il calore del suo corpo che avvolgeva il mio, era una bella sensazione, mi sentivo protetta, però allo stesso tempo avevo paura che anche lui volesse improvvisamente farmi del male, poi osservai il suo viso che era così vicinissimo al mio e poi vidi i suoi occhi guardarmi in un modo strano, dopo sentii il suo corpo premere sempre più contro il mio, mi stava schiacciando, così non potendone più dissi imbarazzata “Mi stai stritolando
“Scusami...” disse subito alzandosi dal letto per liberare il mio corpo dal suo.
Mi sentii in colpa per aver pensato male di lui anche solo per un istante, poi mi avvicinai a lui per fargli il solletico alla pancia.
“Ti prego, adesso basta!” affermò ridendo.
“No, questa è la mia vendetta!” dissi divertita.
“E va bene, allora non mi lasci altra scelta!” affermò scherzosamente, liberandosi dalle mie mani e facendomi lui il solletico, io allora uscì dalla stanza correndo in giro per casa e lui mi seguii.

In quel momento diventai una bambina, la bambina che non ero, perché il mio patrigno oltre la mia verginità mi portò via la mia innocenza, persi la voglia di giocare con le bambole, perché era come rivedere me in quei momenti dove ero impotente proprio come una bambola, poi persi lentamente ogni voglia di giocare e di divertirmi come tutti gli altri ragazzini.


   
 
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