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Autore: endif    21/12/2009    31 recensioni
“«Edward…» non mi accorgo neppure di avere sussurrato il suo nome, ma forse l’ho fatto perché lo vedo girarsi verso di me come a rallentatore. Il tempo si cristallizza qui, in questa stanza, in questo momento, restando sospeso a mezz’aria.
Sgrano gli occhi a dismisura quando capisco chi è tra le sue braccia.
No. Non può essere.”
Piccolo spoiler per questa nuova fic, il seguito di My New Moon. Ci saranno tante sorprese, nuove situazioni da affrontare per i nostri protagonisti. Un E/B passionale e coinvolgente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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La location qui e qui … tenetela presente.

Questo è per Francesca (Keska).
A te non potevo che dedicare IL CAPITOLO.

CAP.22

"How can I truly be angry with you?
All you want is to be part of me
You love like no human could
You love like no human should

Come posso davvero essere arrabbiato con te?
Tutto ciò che vuoi è essere parte di me
Tu sai amare come nessun umano può e dovrebbe amare."



              
(Mosquito – Ingrid Michaelson)  

EDWARD -My Immortal- Evanescence


La Libreria Rauner è sempre stata una delle mie preferite.
Quarant’anni fa mi rifugiavo qui ogni volta che potevo.
Nonostante a Dartmouth ci siano altre quattro fornitissime biblioteche, la mia predilezione è rimasta sempre per la più silenziosa, la meno frequentata e la più luminosa.
Avrei desiderato potermi sedere alle scrivanie del piano superiore, quelle vicino alle vetrate, in un giorno di sole, con la luce che filtrava attraverso le finestre e uno dei tanti libri speciali custoditi lì dentro tra le mie mani.
Quell’odore di antico e di consunto, lo sfrigolio delle pagine dei manoscritti più rari, mi ha sempre dato la chiarissima percezione del tempo che passa, degli anni che, uno dopo l’altro, scorrono comunque.
Inesorabilmente. Anche se non sembra.
Anche per qualcosa che pare immutabile, immortale.
Come un libro.
Come me.
A quest’ora del tardo pomeriggio la Rauner è quasi del tutto deserta. L’interno è illuminato in modo molto discreto, con diffusori a parete e con lunghe lampade per le scrivanie. I preziosi libri sono raccolti in atmosfera protetta, in una immensa “vetrina” che occupa l’intera parete proprio di fronte all’ingresso.
Questa quaranta anni fa non c’era.
Per il resto è rimasto tutto uguale.
Appena entriamo Andrea emette un sospiro di sollievo. In effetti all’esterno il freddo è davvero implacabile.
Ho chiamato Alice. Verrà a prendere la studentessa appena rientra dall’irrinunciabile shopping dell’ultimo momento.
Ovviamente Alice si era ricordata improvvisamente di non avere nulla di appropriato da indossare per il grande evento e ha deciso di fare una capatina a New York.
Rapida, aveva detto lei.
Inutile, avevo pensato io.
Emmett ha ritenuto opportuno allontanare Rose da casa sin da quella mattina. Per quanto ne sapevo, loro non erano a fare shopping …
Carlisle era in ospedale.
Esme e Jasper a caccia, un’accortezza in più di una madre per suo figlio.
Io, mio malgrado, mi ero dovuto improvvisare baby-sitter.
«Questa è la Libreria Rauner, una delle più antiche del college» spiego ad Andrea che si guarda intorno curiosa.
Lancio uno sguardo distratto ai pochi studenti che siedono alle scrivanie.
Il sopralluogo visivo è ovviamente inutile.
Bella non è tra loro.
Il suo odore avrebbe annunciato la sua presenza molto prima che i miei occhi riuscissero a posarsi sulla sua figura.
Sono impaziente. Vorrei subito parlarle della mia proposta di anticipare la trasformazione a prima della scadenza del termine previsto di un semestre di college. Ma devo ricordarmi dove sono, e devo ricordarmi che stiamo parlando della fine della vita di Bella da umana.
Non dell’anticipo di un rientro a casa da una vacanza deludente.
Ci vuole tatto, delicatezza.
E non voglio allarmarla facendole credere chissà cosa. In realtà i suoi problemi di salute non sono la ragione per la quale voglio trasformarla, non del tutto almeno. Sono solo un fastidioso fuori programma. Parlargliene non aiuterebbe affatto. Semmai peggiorerebbe le cose.
Le ho chiesto di riflettere. Su tutto. Spero vivamente che l’abbia fatto. Che da sola, nella sua stanza al dormitorio, sia giunta anche lei alla mia stessa conclusione.
Ossia che non ha più alcun senso aspettare.
In fondo è questo quello che ha sempre voluto. Ero io il reticente, quello che si doveva convincere … Bene, ora sono più che convinto.
Sono determinato.
Ma è ovvio che non possa parlarle di questo adesso. Non qui.
Aggrotto le sopracciglia pensieroso. Chissà di cosa lei vuole invece parlare con me …
Prima, a telefono, sembrava preoccupata. E sembrava che avesse da dirmi qualcosa di molto importante.
Grave direi, dal tono usato.
Sento gli occhi di Andrea fissarmi. Si sta chiedendo se ho sempre quest’aria tormentata o se sono solo infastidito dalla sua presenza.
«Alice e Jasper saranno qui a momenti» dico senza inflessione nella voce.
«Uhm, sì … beh faccio un giro» e con un dito mima un tondo nell’aria.
Annuisco e, mentre lei si allontana su per le scale che portano al piano superiore, io mi avvicino alla enorme vetrina in cui sono custoditi i libri più preziosi. In realtà è una vera e propria camera blindata che arriva fin sopra al soffitto. L’odore dolciastro, tipico del butinale polivinilico di cui il vetro è composto, raggiunge subito le mie narici.
D’altronde è ovvio. Questi sono vetri di sicurezza, spessi, infrangibili, antivandalismo, e testimoniano l’enorme valore di ciò che custodiscono.
Anche da qui giù riesco chiaramente a leggere i titoli dei libri più in alto disposti in ordine, perfettamente allineati gli uni agli altri.
So che Bella ama studiare qui. Lei stessa me l’ha accennato durante una delle nostre telefonate, quando la nostalgia era troppa e allora uno dei due chiamava e trovava l’altro già con il telefono in mano.
Scuse banali, solo per il piacere di sentire la voce amata …
«Ti dico che stava insieme a lei al Tandem …» un bisbiglio raggiunge le mie orecchie.
Il nome del locale che spesso anche mia moglie frequenta attira la mia attenzione. Si tratta di qualcuno alle mie spalle, terza scrivania da sinistra, a giudicare dalla direzione del suono.
Osservo il riflesso nel vetro.
Un ragazzo e una ragazza, entrambi dai capelli chiari, sono seduti e mormorano tra loro a voce impercettibile, una mano sulla bocca ad attutire i toni. L’aspetto del tipo mi ricorda qualcuno …
Mi sposto noncurante, facendo un passo alla mia sinistra. Nel movimento applico una leggera torsione al busto che mi permette di far entrare i due giovani nella mia visuale periferica per un centesimo di secondo. Nessuno potrebbe capire che questo gesto mi basta per memorizzare tutti i particolari, i colori, le forme, le espressioni dei visi che osservo.
E allora lo riconosco.
E’ il ragazzo che mi fissava al Tandem il giorno in cui ho incontrato Bella e lei si è sentita male. Ricordo perfettamente l’indecenza dei suoi pensieri che hanno accompagnato l’ingresso di mia moglie nel locale.
Il sapore del veleno comincia a solleticarmi la gola.
«Non può essere … ma l’hai visto? Che ci fa uno così al fianco di una come lei?!» il tono della ragazza è incredulo, carico di invidia.
Provo un immediato senso di fastidio per questa giovane, come se i suoi pensieri maligni potessero in qualche modo toccare me o la mia amata.
«Credo che sia un suo parente …» aggiunge lui con cautela «pallido come un cadavere, quel colore d’occhi … somiglia moltissimo a suo fratello»
L’argomento originario della discussione sono io.
E Bella.
Socchiudo le palpebre, mentre con un lieve movimento del capo mi riporto parallelo alla camera dei libri rari.
E adesso stanno parlando di Jasper. E’ l’unico che frequenta Dartmouth con noi e che può somigliarmi.
L’immagine che si forma nella testa del ragazzo mi conferma che è così. Frugo nella sua mente alla ricerca del ricordo di quando è potuto avvenire l’incontro tra mio fratello e questo sconosciuto. E’ lui che mi viene in aiuto con le sue parole.
«Una volta l’ho visto fuori lo studio di Jensen … la stava aspettando» dice elusivo e mi piomba addosso il ricordo del viso glaciale di Jazz.   
La ragazza muove il capo poco convinta e dice con voce scettica:«Mmm, non mi ricordo»
«Certo che non ti ricordi … Hai occhi solo per il tuo professore!» commenta beffardo.
Vedo attraverso di lui gli occhi fiammeggianti della sua interlocutrice.
Stronzo … sta pensando lei seccata.
«E’ lui che non ha occhi che per me. E se quella sgualdrina lo lasciasse stare si sarebbe già proposto» puntualizza acida.
Stringo i pugni fino a sentire le nocche tendere la pelle delle mani.
Se, come no … pensa il ragazzo.
«A me sembra l’inverso … non mi pare che lei gli sia proprio indifferente» dice lui con cattiveria nella voce.
«Non capisci niente Vik!» sbotta la ragazza piccata, il tono di voce alterato.
«Ti dico che Bella lo tartassa» esita un attimo e con voce aspra aggiunge:«lo so con certezza».
Il nome di mia moglie fra le labbra di questa persona è un pugno in pieno stomaco. L’aria mi manca come se davvero l’avessi ricevuto.
L’immagine di una porta socchiusa si forma nella sua mente e di riflesso anche nella mia. Scompare subito, così come è apparsa.
«Ma davvero?!» Vik è ancora scettico, ma curioso nello stesso tempo.
«Nell’ultima riunione, aveva l’incontro prima del mio … che pena!» comincia a raccontare lei con voce malevola, un lampo di sprezzo negli occhi «la porta era un po’ aperta e ho visto tutto. Ha tentato una scena di seduzione in piena regola» ammicca con il capo con aria soddisfatta.
Vik si zittisce, colpito.
Con un cenno della mano la invita proseguire.
Blocco il respiro senza nemmeno rendermene conto. Provo quella familiare sensazione di disagio di quando mi trovo ad ascoltare involontariamente i pensieri o le conversazioni altrui.
Ma nel contempo acuisco inconsciamente tutti i sensi. E’ un istinto incontrollabile pormi sulla difensiva, come se sapessi già di dovermi preparare ad affrontare una situazione spiacevole. Molto. Mi ci abbandono senza opporre resistenza.  
La ragazza si sistema meglio sulla sedia e inclina leggermente il busto nella direzione di Vik, pregustando l’effetto della sorpresa del racconto.
«Stavo aspettando che arrivasse il mio turno di lavoro con Eric» calca la voce sul nome del professore in modo da sottolineare una forma di confidenza tra loro «quando ho sentito una musica dallo studio»
«Musica?» Vik inarca le sopracciglia confuso.
Lei annuisce: «Classica. Di quelle sdolcinate. Dopo poco si è interrotta e ho visto che la porta veniva un po’ aperta» pausa, poi «allora mi sono avvicinata, perché pensavo che fosse il momento di entrare, e … li ho visti» la voce le si riduce ancora fino a diventare un sussurro «… si stavano baciando».
Nel medesimo istante l’immagine del ricordo della ragazza mi colpisce come un flash, accecandomi.
Una giovane dai capelli bruni di spalle alla porta.  
Jensen di fronte a lei che le tiene il capo fra le mani, con il viso inclinato sul suo in una posizione più che eloquente.
I palmi della ragazza appoggiati al petto di quell’uomo.
Mi basta un attimo per registrare ogni particolare degli abiti, dell’acconciatura, della sfumatura castana dei capelli, della morbidezza e dell’inclinazione di ogni curva del suo corpo e risalire a Bella. E al giorno in cui è avvenuto questo incontro.
Era il giorno in cui le ho chiesto di venire in ospedale.
Quello in cui lei si è opposta con fermezza, dicendomi che aveva da fare qualcosa di importante. Più importante di lei stessa, della sua salute.
Più importante di me.
L’illusione di un capogiro mi costringe a poggiare una mano di fronte a me.
E’ impossibile. Penso frastornato.
Chiudo gli occhi, lentamente. E mi lascio sommergere.


BELLA

I miei passi risuonano sul vialetto di ghiaia che dal dormitorio porta alla Rauner. Sono nervosi e affrettati. La neve intorno a me ne attutisce il suono, che tuttavia riecheggia prepotente nella mia mente ancora confusa.
Verde.
Nessuna linea rosa singola o doppia.
Ma un’unica, indistinta macchia di quel colore inquietante.
Ecco quale è stato il responso di quello stupido test che Helèna mi ha comprato.

Chiusa in bagno, ho eseguito scrupolosamente le istruzioni riportate sulla confezione. Le ho dovute leggere tre volte, le parole mi ballavano davanti agli occhi.
Ho poggiato quella stecchetta bianca sul bordo del lavandino e mi sono seduta a terra con la testa tra le mani ad attendere.
Tre minuti bastavano, ma ne ho impiegati quindici solo ad alzarmi in piedi. E solo dopo che Helèna ha bussato alla porta chiedendomi se stavo bene.
Intanto pensavo.
Incinta.
Non è possibile. I vampiri non possono procreare …
O possono?
Non mi sono mai posta una domanda del genere, mai. Ho dato per scontato che se fosse stato possibile Rose ed Esme avrebbero trovato il modo per farlo.
Edward mi ha ripetuto fino all’esaurimento che stare con lui avrebbe comportato solo rinunce, figli compresi. So che questa è stata una delle ragioni che tanto tempo prima l’hanno spinto ad andarsene ed ero ormai rassegnata a questo destino.
Non c’era sacrificio troppo grande che potesse dissuadermi dallo stare con lui per sempre.
E non ho mai seriamente pensato a quanto avrebbe pesato questa cosa nella mia vita.
La mia vita era lui. Tutto il resto era … niente.
Io ero niente.
Fino ad … ora.
Rannicchiata sul pavimento con le braccia strette intorno alle ginocchia, ho saputo che l’impossibile era diventato realtà. Non mi serviva un inutile test per averne la conferma … E, poi, i segnali c’erano tutti: nausea, vomito, debolezza. Avevo sentito dire che nei primi mesi era anche possibile che ci fosse una perdita di peso. Avevo attribuito a questo il fatto che il mio ciclo fosse diventato un po’ “ballerino”.
Mio figlio … il figlio di Edward …
Ripetevo queste parole nella mia mente in continuazione. L’effetto che mi facevano era … strano.
Ma ho continuato a ripeterle per tutto il tempo. E ogni volta mi sembravano più vere, più reali, più possibili.
Avrei dovuto sentirmi diversa?
Scioccamente avevo alzato la maglia e osservato la pancia.
Piatta.
Ci avevo premuto su un dito, per poi ritirarlo subito.
E se … gli avessi fatto male?
E’ stato in quel momento che l’ho sentito.
Uno spasmo, un movimento impercettibile, un lieve sussulto.
La mia mano è scesa a coprire il ventre, d’impulso. Ferma così, per un minuto intero, ho capito che la mia vita era cambiata. E anche quella di Edward.
Come una furia sono uscita dal bagno alla ricerca del cellulare.
Dovevo parlargli al più presto.
Durante la telefonata ho cercato di mantenere un tono tranquillo, ma mi sono accorta che la voce ha ceduto un paio di volte. E di certo a lui non sarà sfuggito.
Ogni tanto lanciavo un’occhiata ad Helèna che mi osservava, un sorriso compiaciuto stampato sul viso.
Ho riattaccato confusa e tremante, pronta a subire l’attacco verbale della mia amica e a cercare di convincerla che era possibile che si sbagliasse, che forse non avevo eseguito il test correttamente, che …
Helèna aveva interrotto il mio flusso scoordinato di pensieri e azioni. Sorprendentemente mi si era avvicinata e mi aveva carezzato una guancia dicendomi con dolcezza:«Andrà tutto bene». Subito dopo era sgusciata via dalla stanza non prima di avermi avvisata che sarebbe andata al Tandem e che avrei potuto chiamarla lì se ne avessi avuto bisogno.
Incapace di restare ferma in un solo posto, mi ero infilata sotto la doccia e avevo lavato i capelli. L’ora era volata.

Mi stringo nel cappotto.
Fa molto freddo. E nonostante l’impazienza, il tentativo di riempire il tempo che mi separava da Edward mi ha portato ad accumulare un certo ritardo.
Mentre cammino cerco di concentrarmi su quello che devo dire, sulle parole più appropriate da usare. La scelta della Rauner è stata istintiva. Lì mi sento al sicuro, è un luogo familiare. A quest’ora sarà anche tranquillo.
Mi sento su di giri. Sono confusa ed eccitata al tempo stesso. Milioni di domande si affollano nella mia testa, ma tutte impallidiscono di fronte alla potenza di ciò che sta avvenendo nel mio corpo.
Un miracolo.
Il nostro miracolo. Mio e di Edward.
Due nature così diverse che sono riuscite a fondersi e a generare una scintilla di vita.
La mente è come ovattata, avvolta in una specie di torpore. E’ come essere … ubriachi d’amore.
Un sorriso mi spunta sul viso, mentre salgo i gradini della Libreria Rauner.


EDWARD - Ingrid Michaelson – Mosquito

Riapro gli occhi lentamente e l’immagine di mia moglie tra le braccia di un altro uomo ritorna con prepotenza, più chiara di prima, di quando l’ho strappata alla mente ignara di questa ragazza che non conosco, ma che sembra conoscere perfettamente Bella.
E’ possibile che un ricordo rievocato possa essere così definito?
Mentre le immagini scorrono nella mia mente come un esasperante replay, sento quasi l’odore di Bella, l’odore del suo sangue, il profumo della sua pelle … misto a quello sconosciuto e acre di quell’uomo.
Eric Jensen …
Le carezzava il viso … nei suoi occhi la determinazione, il desiderio … la voglia di averla.
La stava toccando.
E lei toccava lui.
Le sue dita, piccole, gentili … che tante volte hanno sfiorato il mio corpo … erano contratte sulla camicia di quell’uomo, lo trattenevano a sé …
Bella.
La mia Bella.
Baciava un altro uomo.
Un umano. Come lei.
Come era giusto che fosse, come avrebbe dovuto essere fin dall’inizio.
Richiudo gli occhi.
Vik sta parlando con foga. E’ irritato. Chiede i particolari, pone domande.
Quella puttanella! E con me ha fatto tanto la schizzinosa … i suoi pensieri, volgari quanto lui.
Spalanco gli occhi e mi giro con uno scatto, in volto uno sguardo omicida.
Nessuno. Nessuno può parlare di Bella in questo modo.
Faccio un passo in avanti, al limite del controllo.
«… e quando in fine è uscita come una furia, mi ha quasi travolta». La ragazza sta continuando a raccontare.
Troppo presi dalle chiacchiere i due non si accorgono che mi sto avvicinando.
«Mia, secondo me esageri … » le dice lui con una punta di diffidenza «mi sembra tutto un po’ … troppo. La musica, il bacio, la fuga …» la sfida con sufficienza.
«E questo allora?» la mano di Mia brandisce un cd «l’ha perso mentre correva via.»
Mi blocco all’istante.
E’ il disco che ho inciso io.
Per Bella, per il suo diciottesimo compleanno.
E’ impregnato del suo odore. Lo sento fin da qui.
Vederlo nelle mani di questa ragazza mi turba. Mi turba sapere che qualcosa appartenente a Bella sia a contatto con degli individui così meschini e disgustosi come questi due ragazzi.
E, più di tutto, mi turba sapere che mia moglie ha condiviso con quell’uomo la nostra musica, le composizioni che mi ha ispirato e che ho raccolto per lei.
Deglutisco. Il veleno che invade la mia bocca mi sembra il più tossico degli acidi. Scende giù lento, graffiandomi la gola.
Penso a scatti. A scatti le immagini tornano nella mia mente per poi scomparire subito dopo. Come un’onda d’urto s’impattano nelle mia mente e mi lasciano frastornato.
Vik si accorge d’un tratto di me, impallidisce e da di gomito a Mia per zittirla.
«Ahi! Ma sei impazzito?!» chiede stridula, mentre si massaggia il braccio.
Con un lieve movimento degli occhi lui indica nella mia direzione.
Mia gira il capo seguendolo.
Il suo sguardo passa dall’imbarazzo, alla curiosità fino a farsi strafottente.
Con una specie di sorriso sul volto, simile per lo più ad un ghigno, si volta completamente nella mia direzione e con sfrontatezza dice:«Hai bisogno di qualcosa?»
Mi avvicino alla scrivania senza pronunciare nemmeno una parola.
Li osservo.
Vik comincia a tremare. Il suo cuore batte impazzito. Ha paura, glielo leggo in faccia.
Mia è intimidita, ma anche attratta inesorabilmente da quello che percepisce come un pericolo. La sua mente è volgare e lussuriosa.
«Avete qualcosa che non vi appartiene» la voce che esce dalle mie labbra non la riconosco. Non è la mia, ma una pallida eco di un ragazzo morto due volte.
Non so cosa sto facendo, cosa credo di ottenere. Agisco d’istinto.
Distendo il palmo verso l’alto e attendo.
La ragazza fronteggia il mio sguardo con insolenza, ma non accenna ad alcun movimento.
Il desiderio di ruotarle completamente la testa con un solo gesto è così prepotente che restare immobile mi costa uno sforzo enorme.
Non so cosa mi trattiene.
Ma la mia espressione deve essere terrificante perché dopo un breve attimo, Vik si alza dalla sua sedia e sfila rapidamente il cd dalle dita di Mia.
Ignorando lo sguardo feroce di quest’ultima mi allunga il dischetto per poi rifugiarsi di nuovo sulla sua sedia. Le sue mani tremano.
Jazz deve averlo terrorizzato.
Senza dir nulla mi volto e comincio ad allontanarmi lentamente da loro.
Questo cd è fuoco nelle mie mani e pesa più di una tonnellata.
«Ehi! Ma come ti permetti?» comincia Mia alterata rivolta alla mia schiena
«Shhh» fa il suo amico.
«No che non sto zitta!» risponde isterica la ragazza. E, poi, aggiunge con tono più contenuto «Sarà di sicuro un suo parente … stessa superbia»
Mi fermo. Un piede sul primo gradino della scalinata che porta al piano superiore.
Prendo un respiro profondo.
Un altro commento. Uno solo.
Sento Vik alzarsi di scatto. La sedia dietro di lui stride sul pavimento.
«Tu sei pazza!» dice con voce bassa e vibrante «ma l’hai guardato in faccia?!»
Evito di entrare nella mente di Mia. A questo punto sarebbe troppo anche per me. Ma dai rumori e dai respiri affrettati, capisco che Vik sta raccogliendo le sue cose.
«Muoviti, stupida. Andiamocene» e la trascina letteralmente dietro di sé.
Accolgo l’improvviso silenzio nella mia testa con sollievo.
Resto un secondo ancora così, con la mano innaturalmente appoggiata al corrimano, ai piedi della scalinata a chiocciola che termina nel piano superiore.
Ora che quei due non ci sono più, mi sembra di poter respirare, io che non ne ho bisogno affatto.
Scavo dentro di me, cerco di valutare i danni.
E’ tutto immobile.
Per la prima volta davvero, è tutto morto.
E’ così che si è sentita Bella quando l’ho lasciata? Può un’umana sopportare una cosa simile?
Dovrei provare rabbia, dolore, rancore? E contro chi? Ma poi, perché?
Il sollievo mi invade quando mi rendo conto che i sentimenti per Bella sono rimasti immutati.
Paradossalmente, forse, si sono rafforzati.
Se possibile, la amo più di prima.
Oh Bella!
Quando sono andato via da lei, almeno avevo il conforto di sapere che l’amavo, una certezza che mi ero portato a Rio, che torturava il mio animo, ma che cullava il mio freddo cuore.
A lei, ora, cosa resta?
Cosa, se non il senso di colpa?
Mi conforta sapere che mai, nemmeno per un istante, il mio istinto mi abbia suggerito di odiarla.
Perché la verità era che lei non avrebbe mai dovuto amarmi. Ed io l’ho sempre saputo. Per un certo periodo l’ho anche sperato.
Bella, Bella … hai voluto soffrire per forza … hai amato ciò che ti avrebbe distrutta, che ti avrebbe ferita.
Hai amato come un umano non avrebbe mai potuto, come non avrebbe mai dovuto …
Come posso avercela con te?
D’un tratto ogni tassello si posiziona al posto giusto.
L’ospedale, il suo sguardo sfuggente, le sue lacrime, le mezze verità … tutto, anche la sua malattia.
Riesamino le mie conoscenze mediche e attimo dopo attimo, ogni cosa mi sembra più chiara.
Le somatizzazioni, le malattie autoimmuni, persino le stimmate … persone talmente emotive che traspongono inconsciamente le proprie sofferenze in mortificazioni corporali.
Bella non ha nulla di fisico che non vada.
Il suo tormento è interiore.
Ed io ne sono la causa.
Mi stupisco di ritrovarmi al piano superiore. Non mi sono reso conto che le gambe hanno preso a muoversi da sole.
E’ deserto. Completamente.
C’è solo Andrea vicina alla vetrata più lontana dalle scale. Osserva i giardini attraverso l’enorme finestrone.
Quando sento la porta d’ingresso aprirsi al piano inferiore, non ho bisogno della conferma visiva per sapere che si tratta di Bella.
Chiudo gli occhi.
Sgombro la mente da ogni pensiero e prendo un respiro profondo.
Quando li riapro, non sono più lo stesso.


BELLA - Imogen Heap - Hide and Seek

L’interno della Libreria Rauner è caldo e accogliente.
Appena entro l’atmosfera intima e confidenziale mi da il benvenuto tipico di una cara amica, e sento subito le spalle rilassarsi.
Ho fatto bene a dare appuntamento ad Edward in questo posto.
Joshua mi aveva detto una volta che non c’era altro posto a Dartmouth degno di accogliere una idea geniale sul nascere. Io spero che sia il posto giusto per accogliere anche una notizia speciale, come quella di una prossima nascita.
Faccio qualche passo ed il rumore dei miei passi mi sembra un frastuono assordante.
Mi fermo esitante e mi guardo intorno.
Al piano inferiore Edward non c’è.
E’ strano, non è da lui tardare.
Alzo lo sguardo al piano superiore. Sembra deserto, fatta eccezione per una  ragazza vicina all’ultima vetrata.
Decido di salire. Da lì avrò una visuale migliore.
Mi avvio alla grande scala a chiocciola sulla sinistra e comincio a salire.
Sono all’ultimo gradino quando noto la sagoma familiare e tanto amata di mio marito. Il cuore mi balza alla gola. Pare che voglia rotolarmi via dal petto.
E’ di spalle e cammina verso l’estremo opposto al mio con calma innaturale.
Faccio un passo in avanti, trepidante. Il cuore ha preso a battermi all’impazzata, il sangue a scorrere così velocemente da sentirne il ronzio nelle orecchie.
Senza nemmeno accorgermene, avvicino con delicatezza il palmo aperto della mano al mio grembo. Un gesto innocuo, forse il tentativo di tranquillizzare il mio piccolo miracolo.
Edward si ferma nei pressi dell’ultima vetrata. Faccio un altro passo in avanti più decisa. Ora lo vedo con chiarezza.
Aggrotto le sopracciglia. E’ strano che non si sia ancora girato … che non mi abbia sentita arrivare?
Sta … parlando con qualcuno?
Non capisco, non riesco a vedere bene poiché mi copre la visuale con la sua figura.
Rallento, istintivamente sulla difensiva, fino a fermarmi completamente.
E poi, il mio cuore con un singulto strozzato fa una capriola.
Una torsione del busto di Edward cambia la scena che si presenta ai miei occhi. Accompagna il gesto con un movimento lento e studiato delle mani sulle spalle della persona che ha di fronte. Dalle spalle una mano si stacca e sale sul viso.
«Edward…» non mi accorgo neppure di avere sussurrato il suo nome, ma forse l’ho fatto perché lo vedo girarsi verso di me come a rallentatore.
Il tempo si cristallizza qui, in questa stanza, in questo momento, restando sospeso a mezz’aria.
Sgrano gli occhi a dismisura quando capisco chi è tra le sue braccia.
No. Non può essere.
Con dolorosa lentezza Edward inverte le posizioni precedenti. La ragazza, la stessa che avevo visto dal piano inferiore, una sconosciuta dal viso dolce e gli occhi attenti entra chiaramente nella mia visuale, ma mi da ora le spalle, mentre due immense profondità color dell’oro ghiacciato si puntano per un attimo sul mio viso, nei miei occhi.
E’ gelo quello che mi scivola addosso? Che mi trapassa la schiena?
O, forse, è solo paura?
Capisco che qualcosa di terribile sta per accadere.
Con ulteriore, esasperante lentezza, Edward inclina il capo verso quello della ragazza.
Si ferma giusto un attimo. Il tempo necessario affinchè il suo sguardo sfiori il mio viso, i suoi occhi si fissino nei miei occhi, enormi e spalancati.
Ed ancora è solo un attimo, ma lungo un’eternità, il momento in cui si abbassa e, con decisione, la bacia.



NOTA DELL’AUTRICE:  :si copre la testa con le mani:
Non mi uccidete … altrimenti non saprete mai come si evolvono le cose ù.ù  Una lettura più cauta del cappy vi permetterà anche di non linciare Eddy. Voglio specificare solo che non si sta vendicando. Non dovreste pensarlo nemmeno per un attimo, ma non si sa mai … :P
Credo di potervi dire con discreta sicurezza che penso che siamo giunti al famoso fondo (almeno spero, c’è sempre tempo per scavare un po’ di più :D … ginny89potter insegna XD), ma non so ancora dirvi quanto ci vorrà per cominciare a risalire.
Questo capitolo è stato una spina nel fianco e non so se sono riuscita a rendere appieno ciò che volevo. Dopo la trecentesima rilettura e correzione ho deciso di postarvelo. Siate pure spietati, non temete … :paura:
Ringrazio chi ha voluto commentare il teaser su fb: la soluzione era nel nome di Mia, personaggio chiave del capitolo.  Mia = aggettivo possessivo della lingua italiana (grammatica e vocabolario della lingua italiana).

00Stella00: Spero che l’anZia non sia aumentata con questo cappy… Per un groviglio che si scioglie, altri cento se ne formano … :P
Aleu: Non avete aspettato molto per sapere a chi si riferiva il prologo … e adesso?! Kiss XD
cloe cullen: Nuuu cara! Ma tu la notte devi dormire, mica che ti metti a pensare alla mia storia?! : ammicca soddisfatta: Come avevi già capito la studentessa c’entra, ma Bellina adesso? Non è proprio un fraintendimento quello che gli vede fare ad Eddy… eh eh eh… Ti bacio cara XD
tsukinoshippo: Tu. Mi. Fai. Morire. Te lo giuro… leggo la tua recensione con il sorriso ebete stampato sul viso… che ti rispondo? Ci vogliono altre venti pagine…*___* Come mi aspettavo, prevedi bene…ci saranno un sacco di guai. Ti prego solo di non fare una strage. In fondo Eddy è coglione fino ad un certo punto, nel prossimo cappy dovrebbe essere più chiaro. Alice non me la toccate. Pietà. Ti bacio e ti abbraccio *.*
francef80: Per una risposta data, vi regalo dieci domande… lo scambio mi sembra vantaggioso… Baci XDDD
lisa76 : Ehmmm FINALMENTE! Penso che la tua sia stata l’accetta che mi ha davvero lisciato lo scalpo … adesso credo che prenderai la mitragliatrice. Non oso pensare a quando ti armerai di bazooka. Baci XD
 RenEsmee_Carlie_Cullen: E no! Non ti distrarre !! Bellina ha detto che era”più o meno regolare”e poi, non dimenticare il contesto, la giornatina che aveva sulle spalle… BaciXD
_zafry_: All’inizio mi pareva che nel tuo commento avessi scritto “OMMICIDIO”, carina come cosa x dirmi che mi volevi MOLTO morta… adesso penso che di M in Omicidio ce ne metterai venti… XD
Sissi_Cullen: mi spiace cara … la mia natura sadica me lo impedisce … muhahahahahah XD
rodney: tesora … non credo che fosse questo ciò che ti aspettavi … :chiede perdono in ginocchio: nun mi uccidere!!! XD
vitti: yes, ma forse peggiora solo la situazione … XD
kikkikikki: mi sa che dovrò allestire una nota solo per questo capitolo … magari di 100 domande, tipo … in quanti modi vuoi che l’autrice venga soppressa?! Baci *.*
keska: Mi aspetto di trovarti fuori casa, appena apro la porta … spero senza un’accetta alla Shining. Ti abbraccio XDDD
grepattz: ehmm, delusa?! XD
silvia16595: Diciamo che forse siamo le sole che si sono sfregate le mani per il sadismo di cui è farcito il capitolo … ce le sfregheremo ancora. E no, no è una promessa. Ma una minaccia. *.*
Lizzie95: Grazie, grazie, grazie …XD Per ora mi accontento di sorridere con voi. :)
Piccola Ketty: Piccola … rialza la mascella da terra … e sii clemente, plissss!XD
sily85: Tesorina *_* :mette le mani dietro la schiena e si dondola: sei una perla. Grazie … XDDDDD
mine: Non credo pensassi a questo … spero di non averti delusa … sono sadica, ma non a questi livelli ù.ù Bacioni
arual93: *_* direi che Edward l’ho cucinato per bene … adesso mi tocca arrostire Bella. Baci XD
LOVA: Peccato che non abbiano ancora fatto il test x sapere se il pupo è un vampiro o un umano …ihihihih Xd

Per la prima canzone –My immortal- vi linko una traduzione italiana fatta abbastanza bene qui  
Vi consiglio anche Mosquito della Michaelson (citazione in introduzione e canzone per l’ultimo EPov) … spendeteci qualche secondino per leggere il testo … ne vale la pena.   
Mmmmm credo di aver detto tutto … :si tampona il sudore sulla fronte:
Non penso di riuscire a postare il prossimo capitolo presto, quindi vi faccio i miei auguri più sinceri per un Natale sereno.
A tutti voi :***
Grazie
M.Luisa

   
 
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