Who is your Master?
“I'm severing the heart then I'm leaving your
corpse behind
Not dead but soon to be, though.”
(Puscifer – The
Undertaker.)
Parcheggiò l'auto poco distante dall'ingresso e si mise ad osservare
con attenzione. All'apparenza non sembrava un covo, e anche l'energia che
emanava non era totalmente malvagia: però era intensa. Forse all'interno c'era
qualche Maestro.
Il pensiero di riuscire a far fuori uno di quei mostri assassini quasi
lo emozionava.
E forse prima di sbarazzarsene facendo un favore
all'umanità, sarebbe riuscito a sapere qualcosa del suo Maestro.
Spense il motore e scese, chiuse lo sportello e attraversò la strada
dirigendosi all'entrata del “Red By
Night”.
Un energumeno gli lanciò una rapida occhiata ma
non lo fermò: a suo giudizio era vestito adeguatamente.
L'interno non era niente di speciale, solite luci
rossastre, solita atmosfera fumosa, musica ripetitiva e gente ammassata
che beveva, parlava, ballava. Solo un piccolo
dettaglio rendeva quel posto particolare: almeno metà di loro
erano vampiri.
Individuò subito il Maestro: una specie di pappone afro-americano
seduto su quello che nelle intenzioni doveva essere un trono, attorniato da tre
belle ragazze che per essere lì dovevano essere della stessa razza infernale. Oltre alle signorine sanguisuga c'erano di guardia due bestioni
come quello incontrato poco prima; capì che per il momento il Maestro era
inaccessibile, e questa consapevolezza lo demoralizzò.
Si sarebbe accontentato nuovamente di qualche puttanella
che prima avrebbe tentato di sedurlo e poi di dissanguarlo a morte. Andò a
sedersi al bar, aspettando di essere abbordato: le vampire erano molto
intraprendenti.
“Cosa prendi, amico?” gli chiese il barista.
David lo guardò con attenzione e concluse che era un
umano vivo e vegeto.
“Una birra, per favore.” Il barista gli porse la birra, ma non fece in
tempo a portarla alla bocca che sentì qualcuno avvicinarsi.
“Ciao tesoro, posso sedermi accanto a te?”
A chiedergli ciò era stata una procace ragazza che all'apparenza aveva
non più di ventidue anni, ma poteva averne anche un centinaio. Anzi, ne aveva sicuramente un centinaio, i segni sul collo erano
scuri e molto piccoli, cicatrizzati da tanto tempo e mascherati da un banale
tatuaggio floreale.
“Certo che puoi bellezza, io mi chiamo David.”
si presentò tendendole la mano.
Lei stese la sua, pallida e magra.
Era fredda, rigida, e ghermì la mano di David come un artiglio.
“Piacere mio David, io sono Lora.”
David ritrasse la mano rapidamente, toccare quella pelle ghiacciata
gli dava i brividi, ma era un contatto che doveva per forza avere ogni volta,
dato che c'era il rischio di sbagliare obiettivo scambiando una normale squillo
per un demonio.
In un posto frequentato da quegli esseri non era raro che gli umani si impregnassero del loro inconfondibile tanfo, e l'energia
negativa tendeva ad espandersi.
“Posso offrirti qualcosa, Lora?” le chiese con gentilezza.
“Magari una birra.” rispose sporgendosi in
avanti con fare da civetta.
Era bella, se non fosse stata una di quelle creature ci sarebbe andato a letto per davvero. Ne aveva
incontrato alcune così belle e convincenti da farlo capitolare: era stato
fortunato, perché in quelle rare occasioni in cui non era stato il cervello a
comandare aveva incontrato vampirette lascive ma
innocue, e le aveva lasciate andare senza neanche spaventarle: ma era stato un
incosciente, perché potevano scoprirlo e da cacciatore sarebbe diventato preda,
e ciò non gli piaceva affatto.
“David, che ci fa un tipo così carino in posto come questo?” disse lei
bevendo un sorso.
“Potrei farti la stessa domanda: bella come sei non credo ti serva un
localaccio di periferia per trovare……..amici.”
Lora rise, mostrando denti troppo bianchi per esseri veri e canini
sporgenti.
- Questa di anni
ne ha duecento –
pensò David.
Avere denti acuminati anche in situazione di riposo significava essere
della vecchia guardia.
E più erano vecchi, più erano forti, lo sapeva bene: lui stesso ne era la prova.
“Beh sì, hai ragione: ho molti amici ma adoro
farmene sempre di nuovi. Sono una ragazza socievole, sai?”
concluse con un sorriso.
“Immagino. E io sarò il tuo prossimo amico?”
“Se ti fa piacere, certo. A me piacerebbe
moltissimo averti... come amico.”
Lora lo rendeva nervoso, meglio affrettare i tempi e liberarsene
subito.
“E dimmi dolcezza, ti andrebbe di
approfondire la conoscenza fuori di qui?” le chiese David ammiccando e
sfiorandole la mano con le dita.
“Certamente, ma… devo confessarti una cosa…” fece lei con uno sguardo malizioso.
“Dimmi tutto, sono qui per te.”
“Sai, io sono una studentessa che deve arrangiarsi come può, la mia
famiglia non ha molte possibilità e non voglio gravare su di loro. Tu sei molto
carino e verrei a fare una passeggiata con te in ogni caso….”
“Ma…?” la incalzò David, anche se aveva
capito benissimo cosa voleva dire.
“Ma sono costretta a chiederti un piccolo
regalo, in segno d’amicizia. Saprò ricambiare ampiamente la
tua generosità” dichiarò senza arrossire e allungando una mano sulla
coscia di David. Sentiva il freddo di quella mano attraverso la stoffa dei
pantaloni.
Ma quello che davvero lo preoccupava era la novità del pagamento
anticipato, non era mai successo, al massimo avevano chiesto i soldi arrivati
in camera, addirittura quelle con le quali era stato a
letto non li avevano neanche accettati.
Nessuna avevano preteso i soldi nel locale:
Lora voleva attaccarlo appena usciti fuori.
David non si scompose, infilò la mano dentro la giacca e la tirò fuori
stringendo alcune banconote: intanto pensava a cosa fare una volta fuori di lì.
“Capiscono benissimo, anzi ti ammiro: sai unire l’utile al
dilettevole. Sempre che io sia dilettevole per te..” la provocò avvicinando le banconote alla sua mano.
“Moltissimo, David. Sono sicura che saprai soddisfarmi in tutti i
sensi.”
- L’importante è crederci - considerò David ricambiando il
sorriso.
“Farò del mio meglio, puoi starne certa. Vogliamo andare?” la invitò alzandosi.
“Con molto piacere, caro.” rispose,
afferrando i soldi sul bancone.
David lasciò una banconota al barista e prese Lora sottobraccio. La
vide con la coda dell’occhio fare un cenno con la testa a qualcuno, il pappone
o chi per lui sicuramente.
Sulla porta incontrarono un’altra ragazza socievole e le due donne si
salutarono.
“Lora! Vedo che hai un nuovo amico, e anche carino..
ciao tesoro.
A David bastò un’occhiata per capire che si trattava di una creatura
relativamente giovane, i segni su quel bel collo erano vividi e profondi: non
più di sessant’anni, benché ne dimostrasse quaranta
di meno. Il loro capo aveva buon gusto e fiuto negli affari,
reclutava prostitute belle e molto giovani. O almeno tali
dovevano sembrare ai clienti.
“Mi dispiace tesoro, ma questo giovanotto è
tutto mio!” affermò decisa Lora.
L’altra, che il ciondolo al collo indicava come “Flora”, fece una
smorfia alla collega e si rivolse direttamente a David.
“Diglielo tu tesoro, che verresti a fare un
giro con me. Sono molto simpatica, sai?”
Lo sguardo di David cadde sul seno sporgente della bella sanguisuga.
“Sì, me ne sono accorto. Ma devi scusarmi, ho già un impegno con la
tua amica.”
“Se cambi idea, sai dove trovarmi, ciao
tesoro!” lo salutò agitando le dita affusolate.
- Anche se non sembri pericolosa come questa, verrò
a trovarti senz’altro - pensò lui.
Le due donne si salutarono e Flora raggiunse il bancone del bar
saltellando sorridente.
David pensò che probabilmente aveva non solo
guadagnato bene, ma anche mangiato.
Il contrasto tra luci del locale e buio della strada era quasi
inesistente, si accorse così che evidentemente all’interno avevano ridotto
l’illuminazione: ai vampiri piaceva il buio.
L’omaccione già visto in precedenza ignorò entrambi, e i due
attraversarono la strada sottobraccio. David si guardò bene
dal guidarla verso la sua auto, si diresse invece verso un vicolo più appartato
tra due palazzi. Lei non disse nulla, non aveva paura e non si chiedeva affatto
del perché il suo cliente la stava portando in un posto buio e isolato.
Una donna umana, anche se prostituta, avrebbe avuto almeno qualche
perplessità e si sarebbe rifiutata di seguirlo, ma in questa occasione
David era una potenziale vittima: ne era sicuro, la sorpresa l’avrebbe lasciata
sgomenta.
Senza dirsi nulla, l’una si staccò dall’altro, e Lora rimase indietro
di qualche passo.
David capì immediatamente il perché e senza farsi vedere inserì la
mano destra in una tasca interna della giacca, aspettando la prima mossa della
sua avversaria.
“Ehi David, ma dove mi stai portando, ragazzaccio?” la voce della
donna era cambiata.
Prima di rispondere, David estrasse dalla giacca la sua preziosa arma.
“Volevo mostrarti una cosa molto particolare, e al buio rende meglio…”
“Davvero? Anche io voglio mostrarti qualcosa.”
ribatté lei digrignando i denti.
“Lo so, ma prima guarda la mia!”
David si voltò di scatto, brandendo la sua micidiale arma: un pugnale
dalla lunga lama ricurva
che ricordava molto una falce. Si trovò davanti il volto trasformato di Lora,
che ora mostrava due fila di denti appuntiti e neri, i capelli folti e biondi
erano diventati una massa di rovi grigi, e la pelle prima pallida era diventata gialla
e sottile.
“Porca miseria quanto sei brutta, ecco perché
chiedi i soldi prima!” la insultò David.
Lora fissò lo sguardo sulla lama della falce,
sembrava quasi sbalordita.
“Sì, tua madre mi ha insegnato il mestiere prima
di crepare!” David rise.
“Però, che linguaggio per una fanciulla così
carina.” ma il mostro era totalmente rapito dalla sua
arma luccicante.
“Ti piace il mio giocattolo? Fatti avanti, puttana!”
Il mostro si riprese dallo stupore, e ringhiando si avventò contro
David, afferrandolo per le spalle e spingendolo contro un muro.
“Accidenti quanta foga! Quasi quasi mi fai eccitare!” esclamò, anche se in realtà era sorpreso
dalla sua forza. C’era decisamente qualcosa che non
andava: lui era più vecchio di quella megera, eppure era fortissima.
“Non hai idea di come lo sia io, stupido umano!” e fece per morderlo
sul collo. David prontamente la respinse con un pugno.
“Che villano! Alzare le mani su una povera
ragazza indifesa!”
“Infatti non voglio alzare le mani, brutta
troia. Voglio tagliuzzarti con questo!” e fece
scintillare la lama al riflesso di un lampione.
“Prima devi riuscirci, caro.” e lo attaccò
nuovamente, abbattendosi su di lui come una furia.
Con sua grande sorpresa, quella creatura infame
riuscì ad atterrarlo, mettendosi a cavalcioni su di lui: ma che cazzo stava
succedendo? Eh no, finire ammazzato da quella cosa mostruosa proprio no! Così
mentre la vampira spalancava quella bocca acuminata avvicinandosi al suo collo,
David invertì
le posizioni e la bloccò a terra, cercando di tenere ferme quelle dannate mani
munite di unghie affilate come coltelli. Il mostro si dimenava cercando di
graffiarlo, ma David aveva finalmente ripreso la sua consueta forza, e riusciva
a tenerla ferma abbastanza facilmente. La vampira
tentò di dargli un calcio all’inguine, ma lui si accorse del movimento e le
strinse le gambe tra le proprie.
“Ah-ah dolcezza! Vuoi distruggermi i
gioielli di famiglia?” il mostro sorrise emettendo un suono disumano.
“Tu non hai le palle, impossibile distruggertele.”
Per tutta risposta, David le assestò un pugno in piena faccia,
riuscendo a tenerle i polsi con una sola mano. Il mostro smise di ridere e
cominciò a mugugnare per il dolore. Un pugno da parte di David era una cosa da
evitare ad ogni costo. Peccato lei non lo sapesse.
“Se le donne fossero tutte come te, me le
taglierei io stesso! È un vero peccato che tu sia un
cesso senza pari, altrimenti ti farei vedere cosa so fare. Ti avrei reso
felice, sai puttana?” e le diede un altro pugno.
“Fottiti, stronzo!” inveì la creatura sotto di lui.
“Che linguaggio! Nel tuo secolo non era
permesso alle signorine di parlare così, vero? Quanti anni hai, tesoro?
Duecento? Trecento? Avanti, dì allo zio David da quanto tempo
infesti questo mondo!”
Il mostro trovò la forza di ridere ancora una volta. “Zio? Tu sei un
misero moscerino in confronto a me! Non sei niente!”
“Sì, okay. Ora dimmi quanti anni hai e chi è il tuo Maestro.” le chiese ancora una volta.
“ Fottiti!” fu la
sua risposta. Allora David le puntò il pugnale alla gola, premendo fino a farla
sanguinare. Un rivolo di sangue scuro cominciò a scendere lungo la lama.
“Cominci a stancarmi, vecchia baldracca. Rispondi alle
mie domanda e SUBITO!” la minacciò ringhiando.
“Sono nata nel 1762, in Europa, e il mio Maestro è morto oltre cento
anni fa, ucciso da un cacciatore.” cominciò
finalmente lei.
“Brava. Ora dimmi come si chiamava il tuo Maestro e da quale secolo
proveniva.”
Il mostro ritornò al suo silenzio, allora lui premette
ancora di più la lama contro la sua gola, facendola gemere.
“Ah! Okay, basta! Il mio maestro si chiamava Mauritius, ed era nato
nel 1703. È tutto quello che so! Non è che i Maestri
si dilunghino molto a parlare di loro stessi!”
David rifletté, concludendo che non era lui
il suo Maestro. Un altro buco nell’acqua.
“Brava ragazza, abbiamo finito.” le annuncia
e senza darle il tempo di reagire, la trafisse con quel pugnale antico.
“No!” urlò il mostro.
David di alzò immediatamente, allontanandosi
da lei: non doveva guardarla o i rimorsi lo avrebbero tormentato a lungo.
Dopo essere colpiti da quell’arma, i vampiri tornavano umani. Pochi
istanti prima della fine, ma tornavano umani.
La sentì lamentarsi, singhiozzare. La sua voce era
tornata normale, era tornata umana.
Resistette all’impulso di voltarsi a guardarla: non doveva farlo. Si incamminò per uscire dal vicolo, sbucò sulla strada e
dopo aver controllato che non ci fosse nessuno, uscì allo scoperto e si diresse
verso la sua auto, nascondendo di nuovo la sua arma nella giacca.
“Merçi, monsieur…”
sussurrò prima di spirare quella che una volta era stata una vampira.
David non la sentì, per sua fortuna. Non sarebbe
stato la prima volta che una di quelle cose lo ringraziava per averla
liberata. Lui non voleva la gratitudine di nessuno, tanto meno delle sue
vittime. Perché quello che faceva era puro egoismo.
Amava uccidere i vampiri, anzi preferiva di più il verbo sterminarli, lo faceva sentire meglio.
Non avrebbe potuto farli fuori tutti certo, ma sicuramente più di
qualunque altro cacciatore avesse mai fatto. Era la
sua missione, che durava da cinquecento anni. Non si sarebbe fermato mai, fino
alla fine. Niente rimorsi, niente pentimenti.
Raggiunse la sua auto e vi salì, mise in moto e prima di partire prese
il cellulare dalla giacca: aveva bisogno di fare il pieno.
“Charlie, sono io. Scusa per l’ora ma…. è
stata una serataccia… ho bisogno del tuo aiuto.”
“ Non c’è
problema David, ti aspetto.”.
David lo ringraziò e riattaccò.
Si disse di essere fortunato, per uno come
lui avere un amico come Charlie era una manna dal cielo, altrimenti non avrebbe
proprio saputo come fare. Sarebbe morto in poco tempo, lo
sapeva bene. Piuttosto che fare diversamente, si sarebbe lasciato
morire.
Ma per adesso, questo problema non era imminente, finché
c’era Charlie era tutto sottocontrollo.