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Autore: Serenetx    22/12/2009    0 recensioni
Cosi' scosto' una ciocca dei suoi capelli color carota e mi trafisse con quei suoi occhioni azzurri. Sentii per un istante il peso della sua attenzione gravarmi sulla coscienza ancor piu' di quanto lo facesse la sua etica invidiabile ed il suo bollente sguardo di ghiaccio passare in rassegna ogni mia singola curva.
«Sono curioso di sapere una cosa, bambolina ... »
Mi disse afferrandomi bruscamente il mento.
«Qual'e' il tuo vero nome adesso?».

Saro' molto felice di leggere ed accettare i vostri consigli, pareri, recensioni ecc. ecc.
Prende spunti da diverse storie piuttosto famose (non scritte da autori di questo sito) ed e' la prima copia (e' una storia da revisionare per bene, a partire dalla trama e tutto il resto; per questo se mi aiutaste sarei molto felice! Grazie lo stesso)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Incest, Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
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Era il fruscio del vento, il rumore dei passi, le fugaci occhiate alle vetrine di qualche negozio ed il movimento frenetico di un criminale per catturare un portafogli a mantenere in vita quella MeHight che definivano ancora una citta'.
La seconda Hiroshima per eccellenza stava cominciando a perdere la propria influenza su quei "sopravvissuti" chiamati abitanti; e non solo: le strade, ormai, erano buie, vuote e fredde, complici di chissa' quali crimini passati sotto silenzio. I lampioni morivano alle due di notte permettendo all'oscuirita' di impadronirsi delle abitazioni. Tutto resto era caduto sotto un terrore fomentato dai mass media e quella che definivano apparente tranquillita' non era altro che il ricettacolo di uno spinoso e crescente incubo reale.
Ben presto, dovetti ricredermi anch'io.
Non erano gli altri ad averla presa troppo seriamente, ma bensi' la sottoscritta ad aver sottovalutato tutta la faccenda e con il passare di quei giorni vuoti che spendevo nel centro citta', cominciai a rendermi conto di quale fosse la vera inquadratura di tale foto.
Una strana inquadratura! Si'! Anche folle!
E piu' ci rimuginavo sopra, piu' cominciavo ad apprezzare non solo quella fotografia cosi' friabile, ma anche la sua cornice, il suo colore, la sua negativita'.
Misi in tasca i miei pensieri e mi avviai verso casa, lasciandomi alle spalle un edificio nel quale si celavano i segreti che la stessa ed intera umanita' ignorava. Che cosa si poteva mai nascondere fra quattro mura in vernice bianca?

**

Era arrivato il momento!
Si'! Finalmente gli Stati Uniti avrebbero sfoderato la loro arma segreta contro quei criminali incalliti!
Il mondo sarebbe stato salvato ed era solo questione di secondi ...
L'ora tanto attesa era giunta ed anche l'orologio puntato sul dodici insisteva nel confermarlo. Pero' non era ancora arrivato nessuno.
Dinanzi a quell'edificio bianco non vi sostava alcuna forma di vita. Soltanto la sottoscritta vi aveva lasciato un'impronta di suola, ma nient'altro.
Tutto taceva avvolto nelle spire della notte ed il nervosismo del piccolo proprietario della casa cominciava a farsi sentire.
I suoi ospiti non avevano trovato l'abitazione? Che era mai successo ai suoi validi collaboratori? Perche' ci mettevano tanto?
Nella mente di quel piccolo protagonista, si insinuavano fugaci e distruttivi alcuni quesiti di questo genere, ma non sarebbe riuscito a sopportare tanta tensione ancora per molto.
Il ragazzino prese uno dei suoi tanti giochini sparsi sulle mattonelle e lo tiro' contro una parete, richiamando a gran voce un suo inquilino.

«KEYRU!»

La voce del dodicenne richiamo' l'attenzione dell'interessato. Un uomo alto, snello, sulla sessantina d'anni, si presento' al cospetto del piccolo ragazzino, mostrandosi piu' servizievole e paziente del dovuto.

«Mi dica, signorino. Che cosa la turba?»
«PERCHE' NON SONO ANCORA ARRIVATI!»

Urlo' a gran voce. Keyru si morse un labbro.

«Signorino, cerchi di calmarsi.. arriveranno a momenti»
«Ma si rendono conto che hanno un incarico piu' grande di loro? IL MONDO E' IN PERICOLO! E hanno anche la faccia tosta di prendersela comoda... DANNAZIONE!»

Questa volta, il bersaglio del piccolo proprietario fu la porta. Scaglio' la sua automobilina contro il legno pregiato dell'ingresso principale, senza rendersi conto di averlo graffiato. Keyru mosse qualche passo per raccogliere quel frammento d'ira infantile, ma non appena si avvicino' all'uscio fu costretto ad accantonare l'impresa.
Il dolce suono desiderato era giunto agli orecchi dei due individui. Gli ospiti erano finalmente arrivati.

«Apri la porta Keyru! Sono loro!»

**

«Capo, come se lo immagina lei "H"?»
«Eh, cosa? Dice a me?»
«Certo che dico a lei! Che domande!»

Un uomo dai capelli corvini, alto e giovane dette una pacca amichevole sulla spalla di quel che poteva sembrare un suo amico.
Sembrare ... esatto! Perche' darsi del "lei" non rientra in quella precisa fascia confidenziale, oppure mi sbaglio?

«Ma che sparate fai Matsuy?! Non hai bisogno di chiederlo! E poi, non e' sicuro parlarne cosi' apertamente.»

Rispose il collega accanto al "Capo".
Sorridente e burlone, si avvicino' a Matsuy per dargli uno schiaffo amichevole sulla nuca e una volta subita l'angheria di risposta, si passo' una mano sulla sua chioma color carota.

«Grazie Nick! E comunque lo so anche io che questa notte saremo gli unici a conoscerlo ... era per parlare!»

Ribadi' Matsuy in sua difesa a tutto il trio, ma non fece nemmeno in tempo a sorridere che il loro leader li zitti' con poca grazia.
Costui, con fare cerimonioso, fece cenno ai suoi due compagni di rimanere fermi dinanzi a quell'edificio bianco e di attendere il permesso d'entrata. Suono' piu' volte il campanello d'ingresso, sopportando nervosamente gli sguardi preoccupati dei suoi colleghi, ma, da bravo punto di riferimento qual'era, non perse la calma. Anzi! Egli si volto' e illumino' di serenita' i due individui con quei suoi occhi color del mare. Li osservo' per un attimo e disse loro:

«Volete davvero sapere come me lo immagino realmente?»

Una scintilla si accese nell'animo dei suoi amici e l'udito venne stimolato da quel pizzico di curiosita'.
Notando cio' il "Capo" scoppio' a ridere fragorosamente e fisso' le sue scarpe lucide, accorgendosi della troppa confidenza che stava loro concedendo.

«L'ho sempre immaginato come un uomo dalla complessa psicologia e dal forte temperamento. Tutto quello che possiede e' tutto cio' che ho sempre dovuto conquistare con fatica. Lui e' ... il modello da seguire»

L'uomo, non curante dell'espressione allibita dei suoi compagni, si infilo' una mano in tasca, tenendo il capo chino sul petto. Appoggio' delicatamente l'altra sulla maniglia del portone quando quest'ultima scatto' improvvisamente, facendo aprire la porta. I tre uomini balzarono all'indetro, fissando il nuovo protagonista della scena che, con fare sospettoso, li stava gia' studiando. Assomigliava ad un maggiordomo, la classica persona raffinata dai modi cerimoniosi.

«Salve! Finalmente siete arrivati! Mostratemi il vostro distintivo!»
«Con chi abbiamo l'onore di parlare?»

Chiese sospettoso il leader eseguendo l'ordine.

«Io sono Keyru, il braccio destro del vostro futuro capo. Piacere di conoscervi Nick, Matsuy e ... Claus. Lei dovrebbe essere il sovrintendente capo.»

Osservo' Keyru.
Claus annui' facendo cenno ai suoi colleghi di nascondere nuovamente i distintivi. Soltanto allora venne concesso loro di entrare all'interno dell'edificio.

«La polizia di MeHight e' sempre ben accetta qua. Prego. Da questa parte.»

I tre uomini vennero condotti attraverso un lungo corridoio dalle pareti nere come la pece. La carta da parati, evidentemente vecchia e maltrattata, pendeva sullo spigolo superiore del muro; alcuni frammenti giacevano a terra come strappati da un'ira implacabile e quel vuoto che sovrastava l'ambiente faceva risaltare ancor piu' la mancanza di qualche quadro.
Il tutto era reso ancora piu' serioso e professionale dalla presenza di qualche telecamera di sicurezza che tappezzava il soffitto qua e la'.
I poliziotti, attenti e preoccupati, camminarono pazientemente fino alla fine del lungo passaggio, fin quando si accorsero che ad attenderli in fondo al corridoio vi era soltanto una stanza buia chiusa a chiave. Claus cerco' con gli occhi il maggiordomo, che volle tempestivamente schiavare la serratura.
Quando Keyru spinse leggermente un'anta della grande porta, le luci si accesero spettacolarmente e dinanzi ai tre ospiti comparve la figura di un ragazzino. Quest'ultimo se ne stava in piedi, ben eretto, sicuro e fiero di se', della sua espressione e del nome che portava.

«Voi dovreste essere i miei rappresentanti di fiducia! E' un piacere conoscervi di persona!»

Esclamo' il bambino sedendosi nuovamente a terra.
Sotto gli sguardi scrutatori dei poliziotti, il piccolo prese un giocattolo e comincio' a torturarlo finche' uno dei tre ospiti intervenne deciso a chiarire i propri dubbi.

«TUOI RAPPRESENTANTI? Che stai dicendo? Scusami Keyru, ma che ci fa un bambino nel nostro nuovo quartier generale? E poi dov'e' Hideki?»

Il maggiordomo non disse nulla. Si limito' soltanto a fissare il piccolo individuo sorridente ancora seduto a terra assieme ai suoi giochini, fantasticando sui suoi possibili pensieri.
Claus, spazientito, stette per dar fiato alla gola, ma il piccolo lo precedette senza battere ciglio.

«Ma come ... non ha capito ancora?»

Il sovrintendente capo lo squadro' con fare perplesso, quando fu colto di sopresa da quegli occhi neri che colpirono violentemente il suo campo visivo.
Osservo' a lungo quelle dita bianche stropicciarsi ed arricciarsi quella chioma nera che metteva ancor piu' in risalto un paio di occhiaie e quel volto morbido gia' marchiato da una maturita' precoce. Lo studio' nei minimi dettagli, capendo che non era un tipo come tutti gli altri.
Il ragazzino, senza distogliere mai l'attenzione dall'uomo, lascio' cadere violentemente a terra il suo giocattolo e grido' le seguenti parole.

«IO SONO HIDEKI!»
  
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