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Autore: Bel Riose    23/12/2009    1 recensioni
II Empire Year 912: la Galassia è sconvolta da un devastante conflitto tra l'Unione, una coalizione di Stati capeggiata dal potentissimo Impero Terrestre, e la temibile Confederazione, la cui superiorità tecnologica sembra poter volgere a suo favore l'esito della guerra. Ma l'Unione sviluppa in segreto una nuova, micidiale arma: i Mobile Suits. E proprio al primo di questi prototipi viene affidata il tenente Sakura Ajiin, una giovane che a causa della Confederazione ha perso tutto. Lei, e tutti coloro che si ritroveranno coinvolti nello spaventoso conflitto, dovrà uscirne viva, e soprattutto con la propria umanità ancora intatta.
Genere: Drammatico, Science-fiction, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Uno strettissimo corridoio, illuminato fiocamente dalla sola, quasi inquietante, luce rossa degli allarmi, si stendeva dinanzi alla bambina, i cui occhi esprimevano chiaramente la durezza delle prove che stava affrontando, e la paura nell’affrontare il nuovo ostacolo.
L’uomo accanto a lei, alto, in uniforme di servizio della Flotta Imperiale, pose la mano sui lunghi capelli castano scuro, accarezzandola:- Ce la possiamo fare, manca poco, ormai.-
La bambina lo guardò per un attimo con gli occhini di un azzurro scuro e penetrante, e annuì appena.
Lui la prese per mano, quindi la condusse velocemente lungo il corridoio.
In lontananza si potevano udire urla di terrore, di sofferenza, sghignazzi, ed il continuo suono prodotto dai fucili laser.
I due udirono un tonfo improvviso alle loro spalle. L’uomo si girò, scrutò nella penombra.
Nulla.
Ripresero il cammino, stavolta più speditamente di prima.
Raggiunsero un piccolo portello a tenuta stagna, il soldato lo aprì e fece entrare la bambina, seguendola poco dopo.
Per un po’, i rumori tutt’attorno cessarono: niente più urla, niente più spari.
La calma più assoluta.
Poi, dopo un po’, un tremito sempre più forte li fece barcollare, quasi cadere.
Accelerarono il passo, attraversando diversi corridoi deserti.
Infine, giunsero in un hangar, anch’esso deserto, anch’esso immerso in quella oppressiva penombra striata di rosso.
Al centro dell’hangar, un piccolo caccia.
Lo raggiunsero, il soldato aprì l’abitacolo, quindi vi salirono.
Lui accese il velivolo, preparò i comandi, inserì i dati nel computer di navigazione.
Un altro fremito, molto più forte del precedente, li colpì.
-Abbiamo poco tempo.- sussurrò il soldato, tra sé e sé.
Accese il motore, quindi il velivolo si librò per qualche attimo.
I portelli dell’hangar erano chiusi.
Il pilota attivò il cannone principale del caccia, e sparò tre colpi.
I portelli andarono in frantumi, e l’hangar fu come sconvolto da un uragano. Il pilota accelerò al massimo, e pochissimi istanti dopo, erano fuori.
La bambina si volse indietro, a guardare l’astronave sconquassata dalle esplosioni.
Poco più in là, seminascosta alla vista dalla mole della prima, una seconda nave, un po’ più piccola, che sparava.
La bambina potè vedere sulla sua fiancata il simbolo inconfondibile della Confederazione: una stella circondata da tre anelli concentrici.
Tre puntini luminosi poco distanti, invece, rappresentavano altrettanti velivoli confederati in rotta di intercettazione.
- Stanno arrivando!-urlò la bambina al pilota.
- Non ti preoccupare.- fu la risposta:- Non ci prenderanno, te lo posso garantire.-
L’accelerazione del caccia aumentò, mentre il pilota si preparava il più celermente possibile alla velocità iperluce.
I sensori, nel frattempo, avevano anch’essi individuato gli inseguitori. Erano sempre più vicini.
- Ci siamo quasi…- il pilota digrignò i denti, mentre si reggeva forte per l’accelerazione.
- Tre- iniziò a contare:- Due…-
La bambina guardò davanti a sé. Il caccia stava come venendo avvolto da un sottilissimo strato di energia.
- Uno….-
Lo strato si fece più denso, come una cappa luminosa.
- Partenza!-
L’urlo del pilota si confuso con il rombo prodotto dal caccia che entrava in propulsione iperluce.
Per un attimo, un brevissimo istante, la bambina fu come avvolta dalla luce.

Sakura Ajiin si mise a sedere sul letto.
Respirava affannosamente. Si passò una mano sulla fronte: il sudore era freddo.
Stette qualche attimo così, immobile, cercando di recuperare la calma, quindi scese dal letto ed uscì dalla piccola camera.
In dodici anni passati ad essere tormentata da quell’incubo ricorrente, Ajiin aveva imparato che poteva solo fare una cosa, una volta svegliatasi: mettersi a passeggiare, per allentare la tensione.
E così fece.
Mentre attraversava i corridoio deserti dei quartieri residenziali dell’installazione, ripensò a ciò che aveva visto.
Quel sogno era il ricordo più vivido del suo passato. Le ricordava come aveva perso tutto: una casa, i propri genitori, gli amici.
Tutto.
Era accaduto durante l’evacuazione della base militare dell’Unione nel sistema Sabah.
Suo padre, un ufficiale dell’Unione, era stato uno dei primi ad essere inviato lì. E, come spesso accade quando si è distaccati troppo a lungo nello stesso luogo, lo aveva eletto a propria nuova casa.
Lì aveva conosciuto sua moglie, lì si era sposato, ed aveva avuto una figlia.
E da lì fu l’ultimo ad andarsene, con l’ultima nave di evacuazione, quando la Confederazione occupò Sabah.
Ma qualcosa era andato storto: una delle navi confederate di pattuglia attaccò il vascello dell’Unione, lo abbordò, e fece un massacro. L’equipaggio resistette eroicamente, ma inutilmente.
Vennero tutti quanti uccisi, militari e civili.
Lei venne portata in salvo da un pilota di caccia che era riuscito fortunosamente a scampare all’abbordaggio.
Loro due erano gli unici sopravvissuti.
Quando si venne a sapere di quanto era accaduto, per un po’ si credette che l’Unione avrebbe dichiarato guerra alla Confederazione. Ma ciò non avvenne.
L’Unione non si sentiva pronta, e la Confederazione, da parte sua, si limitò a dire che quella nave in realtà trasportava membri di una organizzazione terroristica.
Il massacro fu presto dimenticato.
Lei, però, non dimenticò, come non lo dimenticò il suo salvatore.
Lui la adottò, la allevò come fosse sua figlia, e la indusse a scegliere la carriera militare.
E lei aveva accettato di buon grado. La vita del militare ben si addiceva al suo temperamento forte, e soprattutto al suo desiderio di vendetta sulla Confederazione.
Anche se in effetti non si era ancora scatenata la guerra, all’epoca, non era un mistero che da anni l’Unione si andava preparando ad un conflitto.
Come il suo padre adottivo, Ajiin si arruolò come pilota. Le incredibili capacità che rivelò in seguito le permisero di scalare più rapidamente del previsto la carriera, e a soli diciannove anni era già tenente.
Per questo la scelta del comando su chi dovesse essere il primo pilota collaudatore dei nuovissimi Mobile Suits era scontata.
Ajiin venne inviata nel Settore delle Stelle Rosse poco dopo la sua promozione a tenente, ed assegnata alla I.S.S. Elkeryon, la prima nave, anch’essa un prototipo, destinata al trasporto ed al supporto dei Mobile Suits dell’Unione.
Tutto questo era accaduto circa una settimana dopo la dichiarazione di guerra alla Confederazione.
Per questo motivo Ajiin non fu per nulla soddisfatta della sua nuova assegnazione, desiderosa com’era di combattere in prima linea.
Ma lei era un ufficiale estremamente disciplinato, e sapeva come tenere a bada il suo proprio temperamento. Così, pur riluttante, aveva accettato ed era partita.
Nel Settore delle Stelle Rosse, in quella installazione segreta gestita dall’esercito e dalla Morningstar Company, produttrice dei Mobile Suits e fornitrice di armi dell’Unione, la giovane aveva fatto conoscenza dell’equipaggio della Elkeryon, e soprattutto del suo capitano, Daniel Tristan, che, come scoprì in seguito con suo grande stupore, era di soli cinque anni più grande di lei.
Sakura Ajiin era senza ombra di dubbio una splendida ragazza: i capelli castano scuro che le ricadevano sulle spalle incorniciavano un volto dai lineamenti eleganti, e gli occhi nerissimi, penetranti oltre ogni immaginazione, esprimevano tutta la forza d’animo, e anche la tristezza, di quella giovanissima ufficiale.
Ajiin raggiunse in poco tempo la sua destinazione: l’hangar di deposito dei Mobile Suits.
Usò la sua autorizzazione sul computer, ed entrò.
Si trovò su di una passerella, in alto, dalla quale poteva ammirare tutto il deposito.
Ma, soprattutto, poteva vedere il suo Mobile Suits, primo del lotto di cinque destinato ai test ad essere stato completato.
La ragazza ne osservò la mole: quello era l’YRI-73 Galaxy, definito dai più come Gundam Galaxy.
In quel Mobile Suit era condensata la potenza di fuoco di un intero incrociatore da battaglia dell’Unione, grazie all’immenso arsenale di cui era equipaggiato. All’occorrenza, esso poteva essere dotato di un equipaggiamento “specializzato” per determinate missioni: intercettazione, distruzione di bersagli di una certa entità(quali navi, o stazioni spaziali), ecc…
In pratica, teoricamente il Galaxy era capace di adempiere a qualsiasi missione di cui fosse stato incaricato.
Era quasi un mese che Ajiin lavorava sul Galaxy, testandone le capacità in ogni campo, e collaborando con l’equipe tecnica per metterlo a punto.
Ormai, il tenente conosceva bene quella macchina, ed aveva capito l’importanza del suo incarico, all’inizio tanto disprezzato.
Finalmente, aveva preso piena consapevolezza, specie dopo i rovesci militari subiti dall’Unione di recente, che solo il Galaxy le avrebbe permesso di raggiungere il suo scopo.

Il comandante Hermann Yalina si aggiustò il colletto dell’uniforme poco prima di entrare nel centro tattico.
Al suo ingresso, le guardie davanti la porta scattarono sull’attenti. I tre uomini che invece sedevano attorno al tavolo circolare posto al centro della stanza quasi completamente buia, illuminata dalla pallida luce del proiettore olografico sospeso sopra il tavolo, si limitarono a guardare il nuovo venuto.
- Scusate il ritardo.- disse freddamente il comandante:- Spero che la riunione non sia già iniziata.-
- Si figuri, comandante Yalina.- rispose uno dei tre uomini:- Stavamo giusto aspettandola.-
- Bene.-
Il comandante li raggiunse, si schiarì appena la voce, quindi iniziò:- Come sapete bene, signori, le nostre forze sono riuscite a penetrare piuttosto in profondità le linee dell’Unione. Attualmente, la 7° e l’8° flotta sono impegnate nell’assedio di Arakhos. Le forze dell’Impero Arakhosiano hanno subito ingenti perdite, e dalle nostre stime prevediamo non siano in grado, da sole perlomeno, di lanciare un qualsivoglia tipo di contrattacco.-
- Si…ma gli arakhosiani non mi pare combattano da soli, no?- dal tono di voce si evinceva un certo sarcasmi:- Qual è la situazione globale dell’Unione?-
Yalina non si scompose, ed il suo tono rimase freddo:- Dalle informazioni in nostro possesso, possiamo desumere che l’Unione è tutt’altro che sul punto di cadere definitivamente. Stanno disponendo le loro forze con la chiara intenzione di lanciare una nuova controffensiva. E sono abbastanza sicuri da non nascondere neppure i loro piani.-
- Inaudito!- esclamò un altro dei tre, come chi viene punto nel suo orgoglio:- Abbiamo inflitto una sconfitta dopo l’altra all’Unione. Non è possibile che pensino ancora di potercela fare.-
- Invece è tutt’altro che improbabile, generale Gheraz- replicò il comandante:- L’Unione rimane una potenza di tutto rispetto. Le nostre vittorie non devono condurci a commettere l’errore di sottovalutarla, o per noi la guerra si risolverà in una catastrofe.-
- Dunque, cosa ha intenzione di fare, comandante?- chiese l’uomo seduto alla destra di Gheraz.
- Dobbiamo colpire l’Unione con forze dove pensa di essere al sicuro. Un principio strategico antico quanto indiscutibilmente efficace, ammiraglio Losarga.-
- E quale sarà l’obiettivo di questa offensiva?- intervenne nuovamente Gheraz.
- Ritengo che la cosa più opportuna da fare sia dirigerci verso il Regno di Oceen, che in questo momento è sguarnito, dato che quasi tutte le sue forze armate stanno affiancando gli imperiali nel tentativo di difendere le colonie del sistema Therx.-
- Ma per arrivare ad Oceen, dovrà passare per il cuore dei territori dell’Impero Terrestre.- osservò Losarga.
- Non necessariamente.- Yalina attivò un comando del proiettore, e subito comparve a mezz’aria una mappa dettagliata dell’Unione.
- Passerò per il Settore delle Stelle Rosse.- disse , poi.
I tre uomini si guardarono l’un l’altro, quindi Gheraz si rivolse al comandante, quasi grugnendo:- Lei è consapevole del fatto che il Settore delle Stelle Rosse non fa parte dell’Unione? E’ solo un protettorato imperiale, ma è membro della Coalizione degli Stati Neutrali. Quindi, non possiamo attraversarne il territorio.-
- Si, generale, sono perfettamente a conoscenza di ciò. Ma so anche che le Stelle Rosse non posseggono forze armate capaci di contrastarci. Il nostro passaggio, gliel’assicuro, sarà rapido, e senza alcuna conseguenza che non sia lo stringersi attorno all’Unione di una tenaglia per essa potenzialmente mortale.-

  
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