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Autore: CowgirlSara    24/12/2009    9 recensioni
"Sapeva che a lei ci pensava, ogni tanto, si domandava come stesse e se pensasse a lui." Sono passati più di sei mesi, da quel caldo autunno, ma c'è ancora qualcosa di irrisolto... Seguito di "Autumn Song"
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Thunder road - 7
Ecco che dopo un milione di anni, anche io ritorno ad aggiornare… Dite la verità, non ci speravate più, eh? E, invece, eccomi qui. Non avete idea di quanto mi dispiace avervi fatto aspettare così tanto, ma ho avuto una grossa crisi d’ispirazione… Spero solo che questo capitolo non ne abbia risentito troppo… E spero anche di non aver perso troppi lettori per strada.
Questo è il penultimo capitolo della storia e mi auguro di potervi regalare il finale in tempi non epici… Per ora vi lascio alla lettura e aspetto i vostri commenti.

Ne approfitto per farvi gli auguri di un buon Natale e di un felice Capodanno, sotto l’egida di San Guglielmo e San Tommaso da Magdeburgo ^__- Divertitevi e non mangiate troppo! Baci!

Sara

Capitolo 7 ~ This ain't a love song

I thought you and me would stand the test of time
Like we got away with the perfect crime
But we were just a legend in my mind
I guess that I was blind
(This ain't a love song – Bon Jovi)

Era una notte cristallina. Una di quelle notti che, ai tropici, profumano di olio di cocco e brezza di mare. Una di quelle notti che Bill non amava passare da solo, a rimirare le proprie splendide mani disegnare cerchi nell’acqua trasparente della piscina vista oceano.
Lui voleva attenzione, coccole e seduzione, quella notte. Voleva la sua Pippi in acqua con lui, adesso.
Si voltò all’indietro, le spalle appoggiate sul bordo, e la vide uscire dalla grande porta finestra del lussuoso appartamento che occupavano in quel complesso turistico immerso nel verde tropicale. Era la loro prima vacanza insieme e Bill non aveva badato a spese.
Osservò la ragazza. Annika era bella. Gli piaceva quando si vestiva di nero, esaltava la sua pelle candida ed il colore di occhi e capelli. Certo che stare con lui le faceva proprio bene! Ogni giorno diventava più bella, femminile e sexy! La cura Bill era un toccasana!
I loro occhi s’intercettarono proprio mentre lui faceva uno dei suoi sorrisetti maliziosamente dolci. Annika sorrise a sua volta, poi tolse il pareo e si avvicinò alla piscina.
La guardò scendere piano nell’acqua, pregustando il contatto con la sua pelle bagnata. La ragazza si avvicinò e in pochi istanti le loro gambe erano intrecciate e lei gli sedeva in braccio.
Annika alzò una mano e gli carezzò la fronte con le dita fresche. Bill socchiuse gli occhi, gustandosi il piacere di quel contatto.
“Oggi hai preso troppo sole.” Disse lei, continuando il massaggio. “Devi stare attento, con tutti questi nei…”
Bill aprì gli occhi con uno sguardo furbo e brillante, scrutandola divertito. “A te sono spuntate le lentiggini, invece!” Esclamò poi.
“Scemo!” Ridacchiò la ragazza, dandogli un colpetto sul naso. “Lo so.” Aggiunse dolcemente.
“Ti amo.” Dichiarò quindi Bill, fissandola serio, ma senza che la luce nei suoi occhi si spengesse.
“So anche questo.” Ribatté scherzosa Annika, prima di dargli un bacio sul naso.
Il cantante, allora, mise su un falsissimo broncio, molto sexy e replicò: “C’è qualcosa che lei non sa, signorina Wögler?” Con un tono che fece ridere la ragazza.
“Vediamo…” Fece lei, mettendosi un dito sul mento. “…non saprei… Quanto ancora resisterai senza baciarmi?”
“Molto poco!” Rispose immediato lui, prima di acchiapparla per la vita, tirarla a se e coinvolgerla in un bacio appassionato.
“Pippi…” Mormorò Bill, quando si scostò per respirare, continuando però a baciarle il collo.
“Sì?” Ansimò lei, con le mani nei suoi capelli.
“Prima che continui… Tom e Claudia dove sono?”
“Non ti preoccupare.” Lo rassicuro Annika, scostandosi appena. “Sono andati in un locale qui vicino, avevano voglia di uscire.”
Bill, continuando ad abbracciarla, si fece pensieroso, poi la guardò e sorrise, come convinto di quello che stava per dirle.
“Sai, sono felice che ci stiano provando davvero.” Affermò infine. “Intendo a stare insieme.” La ragazza annuì.
“Si vogliono bene.” Rincarò poi.
“Già.” Confermò Bill. “Non potevano restare lontani ancora a lungo.” Quindi fece uno sguardo furbo. “Siamo stati dei bravi cupidi, eh?”
“Ma quali cupidi!” Sbottò divertita Annika, dandogli un piccolo pugno sulla testa, lui fece una smorfia allegra, con la lingua di fuori. “Hanno fatto tutto da soli!”
“Questo non è esattamente vero…” Protestò il cantante, alzando l’indice.
“Oh, ma sei un piccolo bugiardo!” Esclamò lei.
“No, sei tu che non ti ricordi le cose!” Replicò immediato Bill con tono sfrontato; Annika fece una smorfia offesa. “Dovrò punirti…” Minacciò allora lui, con aria lasciva.
“Ah, sì?” Ribatté la ragazza, lui annuì. “Dovrai prendermi prima!”
E detto questo, si divincolò dalle braccia del cantante e sgusciò via veloce, nell’acqua della piscina. Bill spalancò la bocca stupito e fintamente offeso, poi fece un’espressione pericolosamente maliziosa e la rincorse più veloce che poteva. Ma sapeva già che si sarebbe fatta prendere…

Al secondo moijto Tom e Claudia si erano già accorti che quel locale non faceva per loro. Troppe ragazze con abiti succinti e sguardi disponibili, per i gusti di Claudia. Troppi turisti volenterosi e armati di fotocamere, per i gusti di Tom.
Quando il ragazzo propose di andarsene, lei accettò di buon grado e, in pochi minuti, erano fuori.
Senza scambiarsi troppe parole s’incamminarono lungo la spiaggia, avvolti dalla notte resa azzurra dalla luna piena, accompagnati dalla musica sempre più lontana e dal frusciare delle onde.
Claudia indossava un abitino giallo che faceva risaltare la sua abbronzatura, i sandali dorati che penzolavano da una mano, mentre con l’altra avvolgeva la vita di Tom. Lui, una sigaretta nell’altra mano, la teneva per le spalle. Camminavano piano sulla sabbia umida della sera.
“Grazie.” Mormorò ad un certo punto la ragazza, senza alzare il viso.
Tom si fermò e la guardò perplesso. “Perché?” Le chiese infine, prima di buttare la cicca e spengerla sotto la scarpa.
“Per avermi portato qui, è tutto stupendo.” Spiegò la ragazza, sorridendogli.
“Scema…” Commentò lui con un sorrisino timido, poi la riprese per le spalle e ricominciò a camminare. “Non avrei mai fatto questo viaggio senza di te.” Affermò quindi.
“Anche se ci hanno beccato i paparazzi e, ormai, sui forum di mezzo mondo parlano della ragazza in costume azzurro che stavi baciando sul ponte di quella barca?” Soggiunse Claudia; Tom ridacchiò.
“Tanto prima o poi sarebbero venuti a saperlo comunque che ho una storia.” Dichiarò poi.
La ragazza fece una smorfia. “Non so se mi piace che lo vengano a sapere vedendo le mie chiappe al vento.” Sentenziò seria.
“Ma le tue chiappe non erano al vento!” Intervenne Tom convinto. “C’erano le mie mani sopra!”
Si guardarono per un secondo, gli occhi lucidi di ilarità trattenuta, poi scoppiarono a ridere, prima di riprendere a camminare abbracciati.
“E, ad ogni modo…” Riprese il chitarrista poco dopo. “…non puoi lamentarti, almeno avevi ancora addosso tutto il bikini…” E le lanciò un’occhiata maliziosa.
“Beh, grazie a Dio hai avuto la prontezza di spirito di portarmi dentro, prima di togliermelo!” Replicò lei fintamente offesa.
“La prossima volta: topless!” Esclamò lui con un sorrisino beffardo.
“Col cazzo!” Protestò Claudia. “Vuoi veramente che tutto il mondo veda le mie tette su un tabloid?!” Tom si fece pensieroso per qualche istante, poi si accigliò.
“Decisamente no!” Negò infine, con forza. Risero ancora.
Si sedettero poi sulla sabbia, in un punto abbastanza appartato. Non che avessero in mente chissà che, era già stupendo essere lì insieme, a godersi la notte, appoggiati l’uno all’altra, scambiandosi piccole carezze e baci.
“Sai…” Esordì Tom dopo un po’, fissando negli occhi Claudia. “…mi sembra ancora strano essere arrivato a questo punto, con te.”
“Perché?” L’interrogò lei, stringendosi tra le sue braccia.
“Beh, la nostra sembrava una storia senza futuro, iniziata per caso e invece…” Tentò di spiegare lui, distogliendo lo sguardo. “Adesso siamo qui e non riesco a pensare di stare senza di te.”
“Oh, Tom…” Mormorò la ragazza.
“Claudia, non devo certo dirti che, per molti anni, il pensiero di poter avere una storia seria non mi aveva nemmeno sfiorato.” Lei sorrise consapevole. “Mi ci è voluto tanto per capire quanto contavi, ma ora sento con sicurezza di poter dire di essere…”
“Non lo dire, Tom.” Lo bloccò lei, posandogli le dita sulle labbra; il ragazzo le prese la mano e se la scostò dal viso. Era serio.
“Devo dirlo, o continuerà a sembrarmi un pensiero folle che ho nella testa.” Protestò, guardandola intensamente. “Se lo dico, sarà vero e io voglio che lo sia.”
“Credo di aver paura che sia vero.” Confessò Claudia con espressione turbata.
“Non devi avere paura, perché io non ne ho.” La rassicurò Tom, lei annuì ancora incerta. “Io sono innamorato di te, Claudia.” Confessò infine, con uno sguardo intenso.
La ragazza, troppo emozionata per dire qualsiasi cosa, riuscì soltanto a sospirare commossa, mentre lui la stringeva forte a se. Tom sapeva di essere corrisposto, aveva sempre conosciuto i sentimenti di Claudia, ma ora era felice di essere riuscito finalmente a confessarle i suoi.
“Dai, andiamo a casa.” Le disse con dolcezza, poi, dopo averle dato un bacio sulla fronte, l’aiutò ad alzarsi.
Presero la strada del ritorno, sulla spiaggia, tenendosi per mano. La luna illuminava il mare. E loro non avevano più segreti, uno per l’altra.

Passarono i mesi, la primavera e l’estate volarono, sull’onda di un tour trionfale e delle nuove gioie di coppia per ognuno dei Tokio Hotel. Molti, anche all’interno dell’entourage del gruppo, stentavano a credere al cambiamento di Tom, ma lui è Claudia sembravano così felici che nessuno poteva avere dubbi. Tranne le sue fans, che imperversavano nella rete, creando blog, forum e siti contro la ragazza e prevedendo un’esigua durata della storia.

Era un giorno limpido dell’autunno del 2011, quando Annika, di ritorno da un week end con Bill, rientrò nell’appartamento che divideva con Claudia. Ci tornava sempre più di rado ultimamente e, anche quel fine settimana, il cantante le aveva proposto di tornare a vivere a casa sua. Annika si era ripromessa di pensarci seriamente.
La ragazza posò le proprie cose in camera, dopo essersi accorta che in casa c’era anche Tom: la sua giacca era abbandonata sul divano. Annika si diresse in bagno e intravide Claudia e Tom addormentati attraverso la porta scostata della camera dell’amica. Sorrise e fece per entrare nel bagno, ma il suo cellulare squillò.
Sospirò, pensando che Bill si fosse scordato di dirle qualcosa o avesse dimenticato qualche oggetto all’albergo, ma, guardato il display, si accorse che il numero era sconosciuto.
“Pronto?” Rispose incerta e un po’ sospettosa.
“Ciao Annika.” Fece una voce femminile che lei si stupì di riconoscere.
“Mamma?!”

Il bussare alla porta svegliò Claudia e Tom. Si guardarono stupiti, prima di riconoscere la voce di Annika che chiamava l’amica da fuori. Claudia s’infilò velocemente la maglietta di Tom e invitò l’altra ad entrare. Annika si fece avanti ad occhi bassi, era più pallida del solito.
“Scusate se vi disturbo, ma… è successa una cosa…” Esordì titubante.
“Bill sta bene?!” Scattò subito Tom, raddrizzandosi.
“Sì…Oddio, sì!” Esclamò lei, rianimandosi.
“Allora, cosa è successo?” Domandò Claudia con più delicatezza di quella mostrata dal suo ragazzo.
“Ecco… è… Il mio patrigno è morto.” Spiegò infine Annika. Entrambi gli amici spalancarono gli occhi, ma le reazioni furono diverse.
“Ah, allora Dio esiste.” Commentò soltanto Tom, scrollando le spalle.
“Cazzo, Tom!” Sbottò la sua ragazza, che poi lasciò in fretta il letto ed andò ad abbracciare l’amica, ancora ferma sulla porta. “Oddio, Annika… Com’è successo?” Le chiese poi.
“Ha avuto un infarto.” Rispose lei, lasciandosi stringere.
“Non si può dire che non se lo meritasse.” Sentenziò nel frattempo Tom.
“Ma la vuoi smettere, Tom!”
“Non smetto proprio per niente, quello era uno stronzo…”
Annika, mentre Claudia e Tom battibeccavano, pensava a quello che stava provando. Non era addolorata, non era felice, non sapeva se provava sollievo o pena. Pensava a sua madre, che era rimasta di nuovo sola. Pensava a se stessa, finalmente, veramente libera.
“Hai avvertito Bill?” Le domandò la voce dolce di Claudia; lei tornò presente e la guardo, negando col capo. “Penso che dovresti chiamarlo…”
“Oh, sì… adesso lo faccio…” Annuì Annika, ancora un po’ spaesata.
“Sicura che va tutto bene?” Le domandò preoccupata l’amica.
“Sì, tranquilla.” Tentò di rassicurarla lei con un’ombra di sorriso. “Adesso vado a chiamare Bill, vedrai che vorrà precipitarsi qui.” E detto questo, si allontanò dall’amica e uscì dalla stanza.
Claudia e Tom, rimasti soli, si scambiarono uno sguardo vagamente allarmato e poi sospirarono all’unisono.

Un cielo grigio uniforme, rettangoli d’erba ingiallita e radi alberi ormai spogli, facevano da contorno ad un isolato di palazzoni grigi e tristi, dall’aria depressa, che a Bill ricordavano immagini in bianco e nero di una Germania che lui non aveva conosciuto, ma che sembrava essere patrimonio genetico di ogni tedesco.
Guardò Annika, il suo elegante completo nero, i capelli legati, i grandi occhiali scuri. Non c’entrava niente con quel posto e gli sembrava impossibile che venisse proprio da lì.
“Tu vivevi qui?” Le chiese timidamente. Lei si sfilò gli occhiali e fece un breve sorriso triste.
“Sì.” Rispose poi.
“Non è un bel posto…” Commentò allora il ragazzo, occhieggiando gli edifici.
“Te lo avevo detto.” Affermò lei. “Andiamo.” Aggiunse, incamminandosi verso il palazzo che avevano di fronte. Bill annuì e la prese per mano.
Salirono al quinto piano con un ascensore che Bill si rifiutò di sfiorare in ogni sua parte, se non con le suole delle scarpe. Tom e Claudia erano rimasti ad aspettarli fuori, il chitarrista non ne aveva voluto sapere di lasciare la macchina incustodita.
Annika, arrivata davanti alla porta dell’appartamento, ebbe un momento di esitazione, ma Bill la incitò con uno sguardo rassicurante e lei suonò il campanello.
Quando la porta grigia si aprì, la donna che si trovarono di fronte non era quella che Annika ricordava: ingrassata, invecchiata, i capelli sciupati, senza trucco, vestita con un semplice maglione nero e jeans.
“Ah, sei tu…” Disse la madre alla ragazza, poi, senza aggiungere altro, tornò dentro la casa, lasciando la porta aperta. Lei e Bill la seguirono.
La porta si apriva su un corridoio, Annika seguì la madre verso sinistra e Bill, dopo aver dato un’occhiata intorno, fece altrettanto.
L’appartamento non era esattamente lussuoso: le piastrelle povere, le pareti che necessitavano di una pronta verniciatura e gli infissi di un buon falegname.
Il cantante si trovò in una stanza abbastanza larga, che era cucina e soggiorno. C’era odore di caffè. Guardò Anne (ricordava il suo nome) sedersi su una sedia presso il tavolo e Annika fermarsi davanti a lei. La osservava con sguardo triste.
“Mamma…” Mormorò la ragazza, posando le mani sulla spalliera di una sedia vuota. “…come va?”
La donna si accese una sigaretta, prese una lunga boccata e soffiò il fumo. “Come vuoi che vada?” Sputò poi, sulla difensiva, senza guardare la figlia. “La pensione di tuo padre mi basta a malapena per sopravvivere e Rudolf ha lasciato dei debiti.” Affermò con tono indifferente, scuotendo la cenere. “Dovrò vendere la macchina.”
Annika sospirò, chinando il capo. Bill le si avvicinò e, quando la ragazza se ne accorse, scambiò con lui un’occhiata seria, poi si rivolse nuovamente alla madre.
“Mamma.” Esordì piano. “Se sei in difficoltà e hai bisogno di soldi, io posso…”
“Non voglio la carità del tuo fidanzato ricco.” La interruppe la donna.
Bill la guardò sgranando gli occhi, vagamente offeso, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, Annika riprese a parlare.
“Io ho un lavoro, mamma.” Precisò severa. “Sarebbero soldi miei.”
Anne si voltò verso di lei, osservandola per la prima volta; diede una lunga occhiata al suo tailleur pantalone nero, ai suoi capelli biondi col taglio alla moda, al trucco sobrio.
“Ah, devi avere proprio un buon lavoro per permetterti tutto questo.” Commentò poi.
“Lavoro nello studio di un avvocato e… Mamma, non è questo il punto!” Riprese la ragazza, alzando il tono nella seconda parte della frase. Bill la guardò sorpreso.
“Certo che non lo è.” Mormorò Anne a testa china, poi l’alzò e fissò la figlia. “Se lo odiavi, si può sapere perché sei venuta?”
“Sono venuta per te.” Rispose Annika seria.
“E che cosa vuoi da me? Guardati: hai tutto dalla vita, cosa puoi volere da me?” Replicò la donna, con aria rassegnata.
“Sei mia madre.” Affermò lei. “E ti voglio ancora bene, nonostante tutto.” Bill sapeva che era sincera, ma si domandava se lo pensasse anche Anne. “Devi sapere che mi sei mancata molto e che ho sofferto, sapendo che non mi credevi.” La voce di Annika tremò e il ragazzo le fu subito accanto.
“E ora che lui è morto, pretendi di tornare a fare la figlia come se nulla fosse?!” Le domandò la madre con un certo astio. Annika fece appello a tutta la sua dignità, prima di rispondere.
“No, volevo solo che tu sapessi di averla, una figlia.” Le disse quindi, poi prese un lungo respiro e si girò verso Bill. “Adesso ce ne andiamo, il mio numero ce l’hai.” Aggiunse rivolta alla donna.
Bill prese Annika per la vita e uscirono dalla cucina, diretti alla porta; non sentirono Anne alzarsi e seguirli, almeno finché non chiamò la figlia. Si voltarono e la videro sulla soglia.
“Devo dirti una cosa, Annika.” Esordì la donna; per la prima volta da quando erano arrivati lì la sua espressione mostrava qualche emozione: era turbata, colpevole.
“Di che si tratta?” Le concesse la figlia, immobile davanti a lei, mano nella mano col ragazzo.
“Rudolf, prima di morire…” Iniziò titubante, tormentandosi l’orlo del maglione. “Sono riuscita a parlargli, in ospedale, prima del secondo attacco e… Ha confessato, Annika.” Esalò, infine.
Annika spalancò gli occhi, poi prese un respiro tremulo. Bill, completamente stupito, si girò verso di lei e la vide fissare la madre con aria sconvolta, allora guardò Anne.
“Veramente ha confessato?” Le chiese incredulo.
“Sì.” Rispose la donna, annuendo vigorosamente. “Ha ammesso tutto quello che ti ha fatto, Annika.” Continuò, tornando a guardare la figlia. “E io… Mi si è spezzato il cuore, in quel momento! Ho creduto a lui…”
“Mamma…” Mormorò Annika senza convinzione.
“Se non vuoi perdonarmi, posso capirlo.” Continuò la donna. “Avevo bisogno di credere a lui, era mio marito e tu ti comportavi in un modo…”
Bill si domandò se Anne si fosse mai chiesta perché, Annika si comportasse in quel modo.
“Mamma, basta.” La pregò la ragazza, ma lei non l’ascoltò.
“Non ho giustificazioni, quindi sei libera di odiarmi.” Concluse Anne ad occhi bassi.
“Non ti odio, mamma.” Affermò Annika, staccandosi dalla mano di Bill e avvicinandosi alla madre. “Non nego che ci vorrà del tempo, però, perché io possa andare oltre quello che è successo. Ho sofferto molto e spero che ora tu te ne sia resa conto.”
“Me ne rendo conto, Annika.” Ammise mesta la donna. “E non sai quanto mi dispiace.”
“Va bene così.” Le disse comprensiva la figlia, posandole una mano sulla spalla, si scambiarono uno sguardo. “L’importante è che adesso tu sappia e abbia capito.”

Il cielo sopra la città continuava ad essere grigio e non cambiava col passare delle ore: non migliorava, ma nemmeno rilasciava la pioggia.
I ragazzi si erano spostati al cimitero. Bill e Tom, vicini alla macchina, guardavano Claudia e Annika addentrarsi tra le lapidi.
I cimiteri avevano sempre depresso Bill, per fortuna li frequentava poco ed era stato sollevato dal fatto che Annika avesse chiesto la compagnia dell’altra ragazza, invece della sua, per quella visita.
Scambiò uno sguardo col fratello e bastò quello per sapere che Tom aveva perfettamente capito il suo stato d’animo; un sorriso amaro concluse quella conversazione muta e Bill tornò a seguire la figura bionda che si allontanava.
 
Annika fissava la lapide grigia davanti a se, le lettere dorate, il nome, le date. Il tempo passava talmente in fretta che le sembrava ieri il giorno in cui, bambina, aveva assistito alla sepoltura di suo padre. La sua vita non era stata più la stessa da allora.
Le mancava suo padre, ancora come allora. Ricordava un uomo sorridente, gentile, che la teneva per mano e le mostrava il mondo senza lasciarla sola. Era bastato un incidente, però, per perderlo, troppo piccola per conoscere la vita e con una madre troppo disperata e giovane per farcela da sola. Aveva capito solo ora che sua madre non aveva colpe, se non quella di essere una persona debole. Annika aveva imparato a combattere per se stessa e anche sua madre avrebbe dovuto farlo.
“Era molto giovane, tuo padre.” Mormorò sottovoce Claudia.
“Già.” Annuì seria Annika, continuando a guardare la lapide.
“Te lo ricordi?” Domandò l’amica.
“Lo ricordo benissimo e mi manca.” Rispose lei, alzando gli occhi per fare un piccolo sorriso triste.
“Capisco…” Commentò Claudia a corto di parole.
“Sai…” Riprese Annika. “…allora ero una bambina, ma ora che è morto anche Rudolf, vedendo la situazione di mia madre, ho capito che la vita è troppo breve per non seguire il proprio cuore.”
“Immagino che sia il posto giusto per fare certe riflessioni.” Intervenne l’altra. “E penso che tu le stia facendo per una ragione precisa.”
Annika annuì, prima di rispondere. “Bill mi ha chiesto ancora di tornare a stare da lui e… penso che lo farò, sempre se non è un problema per te.”
“Ma stai scherzando, vero?” Reagì Claudia, allargando le labbra in un sorriso felice. “Te lo dico da mesi, che devi tornare da lui!” Annika le sorrise e poi abbassò gli occhi.
“Anche tu dovresti seguire i tuoi sogni, Claudia.” Le disse poi, tornando a guardarla intensamente negli occhi. Le iridi scure dell’amica tremarono.
“A cosa ti riferisci?” Chiese incerta.
“Lo sai, parlo della borsa di studio in America.”
Claudia distolse lo sguardo da Annika, abbassò il capo e si voltò. L’argomento non era dei migliori e lo sapeva, ma Claudia avrebbe dovuto affrontarlo prima o poi.
“Non glielo hai ancora detto, vero?” Domandò la ragazza bionda all’amica.
“La verità è che non so nemmeno io cosa fare.” Confessò infine Claudia, tornando a girarsi verso Annika. “Cosa desidero di più? Sono pronta a fare questo passo, sono pronta a parlarne con lui?”
“Questo puoi saperlo solo tu.” Replicò l’altra. “Domandati cosa vuoi davvero e non avere rimpianti dopo aver deciso, ma soprattutto…” Si guardarono negli occhi. “…parlane con Tom.”
 
La discussione era stata a tratti veemente e andava avanti da giorni. Tra urla, porte sbattute, silenzi, riappacificazioni, spiegazioni pacate, sospiri arresi. La tensione, ad ogni modo, restava.
Claudia trafficava nell’armadio, sistemando le sue cose. Era stanca di dover spiegare le sue motivazioni, di dare ragioni per le sue decisioni, di tenere insieme il suo cuore spezzato.
Tom era seduto mollemente sul bordo del letto, ancora incredulo di quello che gli stava succedendo, nonostante ascoltasse Claudia da quasi una settimana. Le sue spalle erano curve, i gomiti sulle ginocchia, la bocca contratta in una smorfia amara, gli occhi persi nel vuoto.
“E noi due?” Domandò improvvisamente il ragazzo, senza cambiare posizione o girarsi verso di lei.
Claudia sospirò, lasciò il maglione che aveva in mano su un ripiano e si sedette sul letto, dalla parte opposta di Tom, dandogli le spalle.
“Potrei anche dirti «restiamo insieme, proviamoci», ma mi rendo conto che è un’utopia.” Affermò tristemente la ragazza. “Sono migliaia di chilometri, impegni che non si accordano, liti al telefono… non so se voglio tutto questo e poi…”
“Poi?” La incitò lui mogio.
“Mi sentirei in colpa a tenerti legato a me, a restare legata a te…” Ammise lei riluttante. “Siamo entrambi troppo giovani per sacrificarci così…”
“Ma io…” Soffiò Tom, torcendosi appena verso la ragazza. “Io ti amo, Claudia.”
“Anche io ti amo, Tom!” Esclamò lei, voltandosi completamente verso il chitarrista.
Si guardarono negli occhi, entrambi erano tormentati, indecisi, sofferenti. Per Claudia era terribile dover vedere il dolore nello sguardo di Tom, ma sapeva che lui vedeva lo stesso in lei. Gli prese la mano, stringendola nella sua. Era calda, un po’ sudata, mentre la sua era fredda, gelata.
“Noi due contiamo così poco?” Le chiese il ragazzo, aggrottando la fronte, con un’espressione tenerissima da cane bastonato. Claudia represse un singhiozzo.
“Cerca di capire.” Tentò poi di spiegargli. “Questo è quello che ho sempre sognato per me, è la mia opportunità e rinunciarci per dedicare la mia vita a te sarebbe…”
“Terribilmente ingiusto.” Concluse Tom, abbassando gli occhi.
“Sì.” Confermò Claudia.
“Quindi finisce così.” Sentenziò rassegnato il ragazzo, sempre a capo chino.
Tom sentì le mani di Claudia prendergli il viso e farglielo alzare. Gli occhi di lei erano grandi e lucidi, il suo sorriso piccolo e triste. Lui si morse il labbro inferiore.
“Sappi che ho il cuore in frantumi.” Mormorò la ragazza. Il chitarrista non seppe fare altro che abbracciarla e stringersela addosso con tutta la forza.
“Non smetterò di amarti solo perché te ne vai, capito?” Le sussurrò tra i capelli, Claudia si strinse di più a lui. “Non illuderti che ti dimenticherò tanto presto, così potrai avere meno sensi di colpa, perché io… Claudia…” E nel sussurrare il suo nome, la voce gli si perse e riuscì solo a socchiudere gli occhi contro il suo collo.
La ragazza, mentre sentiva Tom reprimere i singhiozzi nascosto in lei, lo abbracciò più forte che poteva, trattenendosi per non scoppiare a piangere a sua volta. E, tenendo per le spalle grandi quel ragazzo cresciuto troppo in fretta, pensava che quello che le sarebbe mancato di più di lui era proprio quel tepore così bello che aveva sempre, che la sapeva rassicurare e cullare, che profumava di buono e le dava pace.
Non era ancora sicura di aver fatto la scelta giusta, ma ormai l’aveva fatta. Ora voleva soltanto che le ultime settimane che avrebbe passato con Tom, fossero bellissime.

In quell’aeroporto faceva freddo. Era l’unica cosa che Claudia riusciva a pensare mentre i suoi amici la salutavano. Tra abbracci, promesse e baci, lei continuava ad avere freddo.
Qualcuno le prese le mani. Alzò gli occhi e vide Annika che le sorrideva gentile, in quel suo modo familiare e dolce che le sarebbe mancato da morire.
“Anche io ho le mani fredde.” Le disse l’amica. “Se ce le stringiamo, magari passa.”
“Oh, Annika…” Mormorò l’altra commossa, prima di abbracciarla.
Le due ragazze si strinsero; ad entrambe sembrava strano e meraviglioso che la loro amicizia, nata quasi per caso, le avesse portate fin lì, ad essere così importanti l’una per l’altra. Claudia alzò il viso e guardò Annika negli occhi.
“Non ti ho mai ringraziata per avermi sempre spronata a vivere la mia vita, a pensare con la mia testa.” Affermò dolcemente. “Se ora so cosa voglio, molto è merito tuo.”
“Sei sempre stata intelligente e forte, avevi solo bisogno di una spintarella.” Replicò l’amica sorridendo. “Ora puoi volare da sola.”
“Oh, Dio mio! Che discorsi fate!” Intervenne Bill, separandole. “Sembra che non vi dobbiate vedere mai più e non sarà così! Non ti libererai di noi tanto facilmente!” Aggiunse, allargando le braccia. “Vieni qui!” Invitò poi, abbracciando Claudia.
“Ma Tom non è venuto?” Domandò ingenuamente Effie, guardandosi intorno.
Il volto di Claudia, appena uscita dalle braccia di Bill, si rabbuiò e la ragazza di Georg si rese conto di aver fatto una domanda inopportuna.
“No.” Le rispose proprio il cantante.
“Ci siamo salutati ieri sera e… abbiamo deciso di risparmiarci scene patetiche in pubblico.” Precisò Claudia.
Tutti annuirono silenziosamente, intuendo il dolore dietro quell’affermazione che voleva essere leggera. Fu Gustav a stemperare il momento.
“Forza, finiamola con questi saluti, che l’aereo non aspetta certo noi!” Esclamò il batterista, strappando un sorriso a tutti i presenti.
Ci furono altri abbracci, altri saluti e promesse, poi Claudia prese il suo bagaglio a mano e, con un ultimo cenno della mano, si diresse verso il check-in.
Aveva superato il varco e i vari controlli e si trovava in un’area dove, oltre ad una parete a vetri, si vedeva ancora l’altra parte dell’aeroporto, quando lo vide.
Era lì, in piedi oltre la barriera trasparente, tutto vestito di nero, il viso serio e bellissimo, la bandana sulla fronte e le mani in tasca. La guardava assorto, muto.
Claudia sentì gli occhi inumidirsi, ma trattenne le lacrime, perché non voleva farlo stare ancora male. Ricordò il suo ultimo abbraccio, così caldo e confortevole. I baci. Le carezze. Ogni istante con lui. Tutto quello che lasciava.
Ma l’altoparlante chiamò il suo volo. Claudia si girò, guardando di sfuggita il monitor e il numero del suo gate. Doveva andare.
Tornò a guardare Tom, con gli occhi sempre lucidi. Lo vide sfilare una mano dalla tasca ed alzarla per l’ultimo saluto. Non la mosse, non la sventolò. Semplicemente le mostrò il palmo e accennò un mezzo sorriso storto e triste. E Claudia non poté che fare lo stesso.
Dopo, non le restò che guardarlo andare via con la coda dell’occhio, mentre raccoglieva la borsa e si dirigeva verso il proprio futuro.

CONTINUA

Un veloce ringraziamento a chi commentò (passato remoto) il precedente capitolo: la mia indispensabile compagna di filmini, Princess - jolly24 - la mia folle complice d’incursioni in territorio Kaulitziano, kit2007 - Lady Cassandra – Antonellina - RubyChubb, quanto tempo! -  sem0305 - angeli neri - Pulse - ruka88.
Siete sempre troppo gentili e spero che apprezzerete il regalo di Natale. Vi aspetto, sperando che la vostra speranza nell’aggiornamento non sia morta…-_- Grazie fin da ora!
   
 
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