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Autore: aki_penn    24/12/2009    4 recensioni
Si è sempre parlato di gente "sfigata" che vuole diventare bella ricca e famosa, ma a nessuno è mai interessato se qualcuno sta bene nel suo bozzolo da nerd con una catenella da gabinetto attaccata alla porta? Beh, mio fratello stava bene così. E finchè se ne è stato nel suo piccolo paradiso di 20 metri quadrati nessuno ha mai avuto da ridire (a parte mia madre ovviamente), ma poi è arrivata quella tipa , ed è cambiato tutto, a partire dalla catenella del wc,e a finire col cercare di farlo diventare una specie di latin lover! E io sapevo che avrebbe portato guai, io lo sapevo, ma figurati se qualcuno mi ascolta mai in questa famiglia!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I miei venti metri quadrati' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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I miei venti metri quadrati

Capitolo Diciannovesimo

La Superiorità dello struzzo

 

Ho sempre odiato il mio compleanno. E non perché non mi piacciano i regali, ma semplicemente perché nascere il 7 gennaio, notoriamente primo giorno di scuola dopo le vacanze di Natale, è davvero deprimente.

Da sempre avevo deciso che quando fossi andata a lavorare, il giorno del mio compleanno avrei preso le ferie.

Ogni anno, a farmi preoccupare però era Joyce, con le sue idee troppo vistose. Come neon di auguri fuori dalla finestra e altre trovate abbastanza trash.

Fui rincuorata quando alzandomi dal letto e andando in cucina l’unica cosa che vidi fu uno striscione con vari fili dorati come quelli che si mettono sull’albero di natale, con su scritto “Auguri Stronza Blu”.

Sospirai. Nulla di eccessivamente trash. Alzai le spalle e mi sedetti al tavolo della colazione.

“Tesoro, prima è passato Joyce…” disse mia madre.

“Sì, lo supponevo mamma” risposi infilando il naso nella tazza del latte.

“Tanti Auguri Tesoro”

“Grazie mamma”.

Tanti auguri a me, e alla mia maggiore età.

 

Quando Rachele mise piede nel cortile della scuola fu accolta da un’inaspettata mole di auguri e congratulazioni per i diciotto anni. Lei non si impegnò nemmeno a sorridere.

Sbottò qualche grazie scocciato. Come faceva tutta quella gente a sapere che era il suo compleanno?

Joyce si era perfino risparmiato manifestazioni nazionali e balletti imbarazzanti.

Sbuffò e si incamminò verso la sua aula mentre  in qua e in là qualcuno la fermava per farle gli auguri.

Deviò verso il bagno per stare da sola fino al suono della campanella quando in classe ci sarebbe stata la professoressa e nessuno avrebbe potuto abbracciarla con troppa enfasi. Tutte quelle manifestazioni di affetto le facevano venire il diabete.

Fu allora che lo vide: un foglio attaccato alla porta del bagno con il nastro adesivo con scritto Se incontri questa ragazza falle gli auguri, e sotto una sua foto in bianco e nero, presa da troppo vicino, e con un’espressione abbastanza idiota, tra lo stupito e l’arrabbiato.

“Joyce!”urlò voltandosi verso il corridoio alla ricerca del colpevole.

Joyce in fondo al suddetto drizzò le orecchie, individuando immediatamente Rachele che con un’espressione orribile lo fissava dall’altra parte del androne.

Batté la mano sulla spalla del ragazzo con cui stava chiacchierando, con aria paterna e disse “Mi piace molto la tua cravatta leopardata, ma temo che la mia amica abbia trovato una cosina che non le garba, quindi credo sia meglio che ora mi defili immediatamente, è stato un piacere parlare con te”. E così dicendo iniziò a correre  seguito da Rachele che lo insultava in malo modo. Passarono davanti a Mei che arrivava in quel momento e cercò di chiederle chi mai avesse riempito di volantini con la sua faccia, la scuola. Ma lei lo ignorò, allora lui alzò le spalle e si ficcò il volantino in tasca accartocciandolo, poi si diresse verso la propria classe senza farsi altre domande.

 

Joyce se ne stava appoggiato al muro ricoperto da piastrelle di ceramica del bagno delle ragazze quando Nikka entrò per risistemarsi il trucco.

Si fermò a metà della stanzetta dove stavano i lavandini per guardarlo perplessa.

Lui se ne stava con aria assente con la guancia appoggiata alla parete fredda e non l’aveva vista entrare.

“Beh?” fece lei. Lui sussultò e la guardò, in bilico su degli stivali col tacco, anche se fuori la neve aveva gelato costituendo un pericolo per tutti - Millie e la sua amica equina avevano rischiato la morte parecchie volte per venire a scuola quella mattina -  lei ricambiò lo sguardo, stringendo il mascara.

“Che ci fai qui?”chiese rinunciando a truccarsi.

“Mi nascondo da Rachele, credo voglia uccidermi” rispose lui stancamente, stava saltando le lezioni per eclissarsi.

“E ti nascondi nel bagno delle ragazze?” domandò perplessa.

“Beh, perché se mi cerca nella toilette dei maschi non mi trova”spiegò senza staccarsi dalle piastrelle.

Nikka alzò le spalle “Non è così sicuro date le tue evidenti ambiguità sessuali” disse alludendo al suo pellicciotto.  Joyce accennò un sorrisetto ma non ribatté.

“Come sta Mei? Non lo vedo da capodanno, sta ancora con quella tipa dal nome idiota?” chiese tutto d’un fiato con aria di chi si informa sugli ultimi pettegolezzi.

“Boh, direi bene…a capodanno era un po’ scosso. Ma se vuoi sapere qualche cosa di più preciso dovresti chiedere a mia sorella. Lei sicuramente lo saprà…” disse sedendosi per terra.

“Perché vuoi sapere di Mei?” domandò poi assottigliando gli occhi. Nikka gli aveva dato le spalle e si era messa a truccarsi “Te l’ho detto Joyce, è da un po’ che non lo vedo… era così, per sapere” spiegò con snervante naturalezza. Joyce alzò le sopracciglia poco convinto e lasciò che le gambe si allungassero sul pavimento, appoggiando la testa alla parete.

“Sai Nikka, credo che se gli chiedessi di prendere un caffè, oggi pomeriggio, lui non rifiuterebbe” disse con voce un po’ lasciva.

“Perché dovrei chiederglielo?” trillò Nikka passandosi il pennellino sulle ciglia “E poi oggi pomeriggio mi passa a prendere Cesar in auto”spiegò con semplicità.

Joyce alzò le sopracciglia stupito e ripeté “Cesar?” ma non fece in tempo ad aggiungere altro perché la porta del bagno si aprì rivelando lo stesso ragazzo con la cravatta leopardata che quella mattina stava amabilmente chiacchierando con lui.

“Credo che la tua amica stia arrivando e sembra anche piuttosto arrabbiata…”. Joyce ringraziò e si catapultò dentro un gabinetto, salì sul water per raggiungere la finestra e ne uscì.

Rachele entrò spingendo via il povero ragazzo mezzo leopardato e  urlando “JOYCE!” poi guardò Nikka che stava mettendo via i suoi cosmetici. “Dove è andato?” domandò.

Nikka silenziosa le indicò la finestra e la ragazza blu partì alla carica.

 

Essere distratti ogni tanto è una cosa che può capitare a ogni alunno, anche al più solerte, questo la professoressa Virgili lo capiva bene, ma la terza volta che Isabella Gigli rovesciò il caffè per terra iniziò a sospettare che fosse un modo per avere una scusa per uscire in corridoio a farsi i fatti propri. Quindi decretò che sarebbe andato il signor Federico Pavesi a prendere lo spazzone nell’armadietto del bidello per pulire il lago nero che si era formato sotto il banco della Gigli.

Mei si alzò di mala voglia, primo perché l’incauta professoressa l’aveva chiamato Federico, e la cosa non lo entusiasmava per nulla. Nessuno lo chiamava così, quasi non si ricordava quale fosse il suo nome vero, e quando qualcuno glielo ricordava si indisponeva.

Per di più doveva perdere tempo di lezione per ripulire i disastri pilotati della Gigli, quando era l’unico veramente interessato alla spiegazione.

Si incamminò per il corridoio vuoto verso l’armadietto blu del bidello, alto e stretto e completamente ripulito dalle scritte amorose dei ragazzi. Mei sapeva che sarebbe durato poco, ma il bidello ci sperava sempre che rimanesse lindo, almeno per una settimana.

Quando lo aprì senza tanti complimenti dentro non vi trovò lo spazzone, bensì Joyce sistemato in una posizione degna di un contorsionista.

“Che ci fai tu qui?” domandò accigliandosi. Joyce gli fece segno di fare silenzio. “Abbassa la voce, mi sto nascondendo da tua sorella!”disse lui con aria cospiratoria.

“E’ per i volantini? Li hai fatti tu, vero?” chiese lui tranquillo appoggiandosi allo sportello, come se parlare a uno che fa il contorsionista dentro a un armadio fosse la cosa più normale del mondo.

“Già, li ha scoperti…tra l’altro oggi ha anche gli anfibi con la punta rinforzata,causa neve…” disse con tristezza. Mei fece una smorfia pensando alla punta rinforzata che non doveva essere delicata.

Annuì, poi cambiò discorso “Come sta Nikka? Sai è da Capodanno che non la vedo…” cominciò come se l’argomento fosse stato scelto a caso.

Joyce sospirò e alzò gli occhi che aveva abbassato, per guardarlo. Ebbe una fastidiosa sensazione di déjà vu.

Fece una smorfia. Se prima era convinto che le piacesse Mei, ora c’era quel Cesar sputato dal nulla. Poteva essere un passatempo come Pallotti, o quell’altro tipo col cappello da mafioso, ma non poteva saperlo.

“Direi bene, si stava truccando l’ultima volta che l’ho vista…mi ha chiesto di te, e io le ho detto che se voleva poteva chiederti di prendere un caffè oggi pomeriggio” spiegò, Mei arrossì un poco, ma rimase immobile ad ascoltarlo.

“Ma lei ha detto che la veniva a prendere un certo Cesar.. che non ho idea di chi sia…” disse con un velo di stanchezza alla fine.

Mei sembrò risvegliarsi , ma Joyce fece lo stesso aguzzando le orecchie. “Senti rumore di passi, Mei?” chiese circospetto. Mei allungò il collo oltre lo sportello per vedere chi arrivava.

“ANFIBI RINFORZATI!!” urlò Joyce in un impeto che faceva tanto comandante in guerra e con uno scatto chiuse l’anta, per poco a Mei non venne portato via un orecchio.  Un secondo dopo si trovò spinto un metro più in là da sua sorella che aveva preso a tirare calci all’armadietto del bidello gridando “Prima o poi dovrai uscire da lì!”.

A quel punto Mei decretò fosse meglio defilarsi.

Passò il resto della lezione senza ascoltare e a guardare con aria svanita la lavagna. Chi era questo Cesar?

Joyce era riuscito a esaltarlo e smontarlo in meno di dieci secondi. All’uscita si fermò sul portone, intasando il traffico degli studenti, che gli assestarono parecchie gomitate e imprecazioni.

Nikka era arrivata in fondo al vialetto che il bidello aveva ripulito dalla neve, e stava parlando con un tizio dalla carnagione scusa, aveva un aria sud americana, e non era molto alto. Lo vide scendere dall’auto di corsa rischiando di scivolare sul ghiaccio con le scarpe di vernice per aprirle la portiera dell’auto lucida.

Sentì un groppo allo stomaco. E così quello era sicuramente il Cesar di cui parlava Joyce. Nikka riusciva proprio a stare da sola per molto. Allora cosa aveva visto la sera di capodanno per cui aveva lasciato Alsazia al suo destino?

 

Cesar pochi metri più in là scese dall’auto imprecando. “Nikka devo venirti ad aprire la portiera per farti salire?” sbottò rischiando di finire col sedere per terra.

“Non vorrai mica che metta il tacco in quel cumolo di neve vero?” ribatté lei antipatica.

“Te lo apro solo perché ho fretta, se tra dieci minuti non sono di nuovo al lavoro mi licenziano! E sarà colpa tua! Non potevi metterti degli anfibi?” continuò lui aprendole la famosa portiera e tornando dal lato del guidatore, rischiando nuovamente la vita sul ghiaccio.

“Secondo te io mi metto quelle schifezze? E poi non rompere le scatole, neanche tu te li sei messi!” replicò salendo mentre lui chiudeva la sua portiera e accendeva il riscaldamento.

“Ma io lavoro, Nikka! Devo andare sempre vestito di tutto punto, non posso fare un brutto effetto sui clienti!” spiegò lui. Nikka alzò le spalle “Cesar, non sei un avvocato, sei un barista, le scarpe rimangono dietro al bancone” fece notare saccente.

Cesar si incupì e partì pronunciando insulti a mezza bocca, e a Nikka parve di sentirgli dire mi tocca fare anche il babysitter, cosa si fa per amore di una donna!

 

Mei non aveva bene idea di cosa avrebbe fatto. Ma si trovò davanti a casa di Nikka, senza quasi volerlo. Le avrebbe chiesto di uscire a prendere un caffè, se lei ne aveva voglia. Magari un giorno in cui non ci fosse stata la neve. Magari avrebbe lasciato in fretta quel Cesar. Insomma, era un vecchio rispetto a lei. Forse aveva perfino trent’anni. Dodici in più di lei.

Sospirò e spinse l’indice sul campanello. Trattenne il fiato, finché la porta si aprì, non del tutto, perché era bloccata dal chiavistello. Vide l’occhio di Nikka in quello spiraglio, la vide fare una smorfia e dire “Ciao Mei, aspetta un attimo…MAMMA? CHI CAVOLO HA MESSO IL CHIAVISTELLO?”

La porta si chiuse e si riaprì come di dovere. Nikka era in tuta da casa con l’aria stanca e disinteressata che aveva la prima volta che si erano visti. Solo che quella volta stava fumando ed aveva un turbante. Gli aveva detto che non doveva dire in giro che fumava, se no sua madre lo avrebbe scoperto, e sarebbero stati cavoli amari per tutti.

“Che c’è?” chiese scocciata, “stavo appendendo un quadro insieme a Cesar”spiegò.

Mei sentì nuovamente il groppo che aveva sentito quella mattina quando aveva visto quel tipo riccio aprirle la portiera dell’auto. E i propositi di invitarla a uscire gli morirono in bocca.

“Oh, niente” disse mettendo il pilota automatico “ero passato a salutare! Non è che avessi qualche cosa da dire, ma sai che nel 2012  apriranno il primo hotel orbitante? I visitatori vedranno sorgere il sole quindici volte ogni ventiquattro ore, e faranno il giro della terra ogni ottantotto minuti…” disse poi bloccandosi, aggiunse poi “Tutti i posti sono già stati prenotati sai…

Dall’interno dell’appartamento si sentì un urlo soffocato e delle imprecazioni in spagnolo.

Nikka lo guardò perplessa “Grazie per l’infarinatura di cultura generale, ora vado ad attaccare il quadro” annunciò iniziando a chiudere la porta. Mei la fermò con la mano e dicendo “Aspetta”.

Mei pregò che gli venisse in mente qualche cosa di intelligente da dire, Nikka pregò lo stesso.

Rimase un secondo col fiato sospeso poi disse “Lo sai che uno struzzo corre più veloce di un leopardo?”

Nikka fece un sorrisetto tirato, che dimostrava tutta la sua insofferenza e lo salutò chiudendolo fuori.

Mei non desiderò mai più così tanto in tutta la sua vita di essere incenerito da un fulmine. Gli struzzi, gli struzzi!

Dall’altra parte della porta Nikka si appoggiò al muro con la schiena sospirando abbattuta.

“Allora era lui? Ti ha chiesto di uscire?” domandò Cesar con aria sofferente, seduto al tavolo della cucina.

“No, mi ha parlato di hotel orbitanti e struzzi…” sospirò lasciandosi scivolare per terra con aria rammaricata.

“E’ un idiota!” sbottò Cesar. Nikka alzò le spalle malinconica, “No… è solo un po’nerd…” lo scusò.

Cesar sbuffò “Bene, adesso che abbiamo appurato che il tuo amichetto è un incapace, che ne dici di andare a prendermi del ghiaccio, che ho scagliato il chiodo e mi sono martellato un dito?

 

 

Joyce era riuscito ad evitarmi per tutto il giorno, ma era ovvio che prima o poi sarebbe dovuto tornare a casa. Anche quando l’avevo bloccato dentro l’armadietto del bidello era stato salvato in extremis da quel suo amico con la cravatta leopardata, che mi aveva portata via di peso.

Entrai a casa Cumoli e rimasi sulla soglia per qualche secondo a guardare Joyce che se ne stava seduto sul divano con dei pantaloncini, un papillon e un cappellino da festa, tutti e tre rossi e paillettati.

Mi liberai degli anfibi con un calcio. Mia madre aveva cercato di rifilarmi delle scarpe col tacco, che a dir suo erano più carine, io le avevo di sì, e poi ero uscita vestita come un eschimese.

Joyce invece era imbarazzante. Con un ghigno idiota e una millefoglie in braccio.

Non mi tolsi il pile enorme che avevo scovato infondo all’armadio (probabilmente era di mio padre, non credo che Mei avesse la facoltà di decidere qualche cosa sul vestiario, mentre mio padre aveva sempre detto chiaro e tondo alla mamma quanto non gliene fregasse nulla dei suoi straccetti colorati)e mi lasciai cadere sul divano di casa Cumoli.

“Sono tutti fuori” disse Joyce con ari angelica. Io gli stappai il farfallino e lo cacciai alle mie spalle. Lui fece una smorfia e mi massaggiò il collo. “E non fare quella faccia. L’ho fatto per te. Ti metti queste cose e poi ti lamenti se la gente pensa che tu sia gay!

Joyce sbuffò poco convinto, poi accennò alla torta che aveva appoggiata sulle ginocchia. C’era una candela fatta a forma di numero diciotto. Bianca , coi contorni rossi.  Fissai la fiamma per qualche secondo senza dire nulla, poi soffiai, la spensi e la tolsi.

“Lo sai Joyce che mi devo vendicare per oggi, vero?”chiesi raggomitolandomi meglio nella mia enorme felpa di pile.

In effetti lo sospettavo” proferì lui un attimo prima che la millefoglie gli si schiantasse in faccia.

Lo vidi stringere gli occhi mentre la panna e la pastella gli scivolavano sul viso, sul petto e sulle gambe.

“Buon compleanno Rachele” pronunciò poi mentre cercava di togliersi la torta dalla faccia con le mani.

“Buon non compleanno Joyce” replicai io prima di allungarmi e appoggiare le labbra sulle sue.

 

 

 

E vai col sipario che cala su Rachele e Joyce… eheheh ( interpretate pure la mia risatina come volete).

Aggiornamento super veloce (per i miei standard ovviamente) è un po’ corto, e non succede poi molto, a parte che Mei e Nikka come al solito non si capiscono. Mi sa che in questo caso Mei è più pirla del solito. È troppo pirla anche per sé stesso… bah…. E Cesar, avevo promesso che si sarebbe visto poco… ma non  ho resistito… mi ci sono affezionata!

Forse avrei dovuto postare oggi il capitolo di Natale, ma almeno cui c’è la neve, spero che sia abbastanza natalizio!!!

Ma passiamo ai ringraziamenti meritatissimi, a tutti quelli che leggono, a chi ha la storia tra le seguite e le preferite!!

 The Corpse Bride: Davvero hai pensato a Daria? O.O anche io ci ho pensato! Allora è proprio uguale cavolo! Non l’ho fatto apposta, ma dopo un po’ che la usavo ho notato un po’ di somiglianza… sarà l’inconscio? A proposito di personaggi che somigliano ad altri, tra l’altro ho cercato di immaginarmi Effy coi capelli blu, e mi fa uno strano effetto O.O

Per quanto riguarda Joyce, a volte il caro stupisce anche me per come riesce a conciarsi, lo zio ha ragione!XD

E Nikka sembra non farcela proprio più a stare con qualcuno, tanto che adesso gira con quella povera anima del fidanzato di sua madre!! Ti ringrazio davvero tanto per il tuo commento, non sai quanto mi fai piacere! ^.^

DarkViolet92: ^.^ grazie mille per il tuo sostegno morale, spero che il capitolo ti sia piaciuto anche se è un po’ corto!!

Melisanna_: O.O davvero ti piace Emily? Oh, sono davvero felice, mi diverto tanto a manovrarla, è per quello che rompe sempre le balle ed è ovunque!! Mi fa anche piacere che apprezzi i personaggi secondari…di solito sono la parte che preferisco nelle storie…sia da leggere che da scrivere… l’unico problema che a un certo punto diventano troppi, e ho paura che non si capisca più nulla!!XD

Lucy Light:  Benvenuta (che forse sarebbe più adatto da dire a uno che entra in un ristorante più a qualcuno che lascia un commento a una tua storia…mmh ma lasciamo perdere, il web è immensamente complicato ç__ç)

Comunque ti assicuro che anche a me starebbe antipatica Nikka se la incrociassi per strada XD insomma, una che sceglie le sue compagnie per i vestiti mi farebbe venire l’ansia, se un giorno mia madre sbaglia il lavaggio in lavatrice e mette il rosso insieme ai bianchi, e mi trovo tutto rosa? Con che coraggio mi presento?O.O Mi sa che mi sono allargata e sto delirando, quindi è meglio se smetto di scrivere! Sono una cosa, curiosità sul tuo nick: è la fidanzata di Percy in Harry Potter? O.o

TheDuck: Oh, che bello sapere che il conto alla rovescia non è così male, mi preoccupava un sacco, non riuscivo ad essere obbiettiva sul risultato!! Beh, per Joyce e Rachele, non ci sono tanto perché i protagonisti sono Nikka e Mei… ma mi piacciono più loro, quindi faccio fatica pure io a stiparli nel loro angolo di narratrice e personaggio secondario!! e loro che si allargano! Infatti anche qui si sono presi tutto l’inizio e la fine del capitolo! Megalomani!

Uno dei motivi perché Alsazia è stata malamente cacciata è il suo nome. Lo odio! Facevo fatica a scrivere i pezzi dove c’era lei che faceva qualche cosa! Ma cosa avevo fumato quando l’ho chiamata così???

 

 

Dato che sono in ferie spero di poter aggiornare il prima possibile, sempre che sopravviva all’abbuffata di Natale e alla trasferta a Firenze in occasione della gara di lancio del cacio (si avete letto bene, ho scritto lancio del cacio…-.-).E per concludere un bacio e un Buon Natale a tutti!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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