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Autore: Beatrix Bonnie    26/12/2009    4 recensioni
Edmund non è un ragazzino normale: vive in un orfanotrofio e non sa nemmeno chi siano i suoi genitori, ma quello che è più preoccupante è la sua capacità di muovere gli oggetti con il pensiero e di parlare con i serpenti. Ama la solitudine e non ha nessun amico, tanto che il suo unico passatempo è divorare libri per accrescere la propria conoscenza.
Ma quando si lascerà convincere a frequentare il "Trinity college per giovani maghi e streghe", una bizzarra scuola di magia dove imparerà a fare incantesimi e a preparare pozioni, Edmund sarà trascinato dai suoi nuovi amici verso folli avventure, riguardanti alghe carnivore e stanze stregate, che gli insegneranno il vero valore dell'amicizia e del coraggio.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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CAPITOLO 5

Le acque del lago







Quando arrivò la fatidica sera, tutti gli studenti di prima sgattaiolarono fuori dai loro letti a baldacchino per recarsi sulle sponde del lago. I due Nagard che avevano presentato la prova di iniziazione erano già sul posto, armati di macchina fotografica.

«E quella a che serve?» domandò sospettoso Laughlin.

Il ragazzo rosso fece un sorrisetto beffardo. «Per immortalare i momenti più belli».

«Allora, chi va per primo?» domandò l'altro, scrutando una ad una le faccette preoccupati dei primini. Tutti fecero un passo indietro, perdendo improvvisamente ogni traccia di spavalderia.

«Vado io» esclamò Mairead d'impulso. Non era affatto sicura di volerlo fare però, se si fosse tuffata per prima, sicuramente sarebbe stata ricordata come la più coraggiosa. Almeno si sarebbe levata il pensiero dalla testa. Si avvicinò titubante allo scoglio che sporgeva sul lago, tra gli sguardi ora preoccupati, ora di ammirazione che le riservavano i suoi compagni.

«È pericoloso, nel lago ci sono le alghe carnivore!» sussurrò Henry Alabacor con uno sguardo di puro terrore quando Mairead gli passò davanti.

«Quella è solo una leggenda» rispose Ailis con l'aria di chi la sa lunga.

Mairead cercò di non pensarci. Arrivò sulla punta dello scoglio e guardò le acque nere e profonde del lago. Aveva paura, ma non doveva dimostrarlo. Prese un respiro profondo e si tuffò.


L'impatto con la superficie del lago fu terribile. In meno di un secondo le acque la avvinghiarono in una morsa di gelo, rallentando ogni suo movimento. L'oscurità la avvolse totalmente e per un attimo le sembrò di essere approdata in un nulla eterno. Nessun suono, nessun movimento, nessuna luce. Non riusciva a percepire nemmeno il suo stesso corpo, a causa del freddo che le intorpidiva le membra.

Poi il bisogno di aria le lacerò i polmoni, le esplose nella testa, la riscosse da quel tepore. Diede un colpo forte con le gambe per ritornare in superficie. Vedeva lo scintillio della luna oltre la patina d'acqua che la separava dall'aria tanto anelata.

Aprì la bocca, ma non entrò ossigeno.

Acqua, acqua dappertutto. Anche nella sua gola, nei polmoni.

Boccheggiò. Gli occhi le bruciavano. Il suo corpo era un fuoco.

Qualcosa la tirava verso il basso.

Scalciò, ma di qualunque natura fosse la cosa che si era avvinghiata intorno alla sua caviglia, non mollò la presa. La stava trascinando verso un abisso senza fondo, un oceano di oscurità che le annebbiava la mente. Annaspava, quel liquido freddo che le bruciava la gola, gli occhi spalancati in una fissità mortale.

Era la fine. I suoi muscoli, stremati dalla mancanza di ossigeno e dalla vana lotta contro quella voragine d'acqua, smisero di obbedirle.

E tutto divenne buio.


Edmund vide Boenisolius che si buttava nel lago per prima, sfidando i suoi compagni. Sciocca coraggiosa. pensò scuotendo la testa. Era un'iniziazione assurda, oltre che pericolosa, e se gli altri avessero avuto un minimo di sale in testa, si sarebbero rifiutati come aveva fatto lui. Li guardava da lontano, in disparte, per vedere quanti idioti avrebbero avuto il coraggio di buttarsi.

Suo malgrado si ritrovò a fissare la superficie cristallina del lago, in attesa di veder tornare a galla la ragazzina. I secondi parvero dilatarsi. Doveva essere là sotto da un pezzo, perché non tornava a galla?

Edmund si avvicinò di un passo. Poi finalmente vide un braccio sbucare dall'acqua: non l'avrebbe mai ammesso, ma si tranquillizzò quando seppe che era tutto a posto. Ma, improvvisamente, il braccio della ragazzina sparì sott'acqua, come se qualcosa l'avesse trascinata verso il fondo.

Edmund si spaventò.

Boenisolius non riapparve. Le acque tranquille del lago erano smosse e agitate nel punto in cui la ragazza era tornata a fondo.

Cominciò a diffondersi il panico: qualcuno urlava, altri corsero in cerca di aiuto, Maleficium strillò il nome dell'amica e cominciò a correre verso la riva. Ma era troppo tardi. Era più di un minuto che la ragazza non respirava e Maleficium non sarebbe mai arrivato in tempo.

Edmund sapeva cosa fare. Ma rimase immobile.

Non aveva mai fatto nulla per aiutare qualcuno di sua spontanea volontà, era sempre stato per conto suo. Non era il tipo che si preoccupava per quello che succedeva agli altri. Eppure una strana sensazione quella sera gli disse che era compito suo salvare quella ragazza.

Perché il male trionfi, è sufficiente che i buoni rinuncino all'azione.

Si ricordò all'improvviso della frase del filosofo che portava il suo stesso nome. Nessun altro sembrava in grado di tirarla fuori dalle acque del lago: da lui dipendeva la sopravvivenza di Mairead. Questo pensiero gli diede uno strano delirio di onnipotenza: poteva decidere della vita di qualcun altro.

E decise.


Aria.

Le bruciava la gola, ma quella era finalmente aria. Tossì, sputando tutta l'acqua che le aveva riempito i polmoni.

«Basta» disse una voce. Qualcuno che era chino sopra di lei, si allontanò leggermente.

«Si è svegliata» sussurrò un altro.

Mairead non ricordava più nulla dopo che l'oscurità delle acque del lago l'aveva avvolta. Aprì gli occhi quel tanto che bastava per permetterle di spiare quello che stava succedendo: c'era la sagoma di un ragazzo che le contava i battiti del cuore, tenendo fra le mani il suo polso. Non sembrava che fosse Laughlin. Il ragazzo si voltò all'improvviso, come se avesse percepito lo sguardo di lei.

Penetranti occhi azzurri.

Edmund Burke.

I loro sguardi si incrociarono per un solo secondo, ma Mairead non riuscì a leggere nessuna emozione negli occhi di Edmund. Sembrava fosse impassibile. Poi, senza preavviso, il ragazzo le lasciò andare il polso e si alzò da terra. Non pronunciò nemmeno una parola. Semplicemente se ne andò a gradi passi e sparì dalla vista di Mairead.

«Sei sveglia!» esclamò la voce chiara e squillante di Laughlin. «Grazie al cielo, credevo fossi morta!»

Mairead si voltò verso l'amico e vide che il suo volto era straziato dall'angoscia: doveva aver preso un bello spavento. La ragazza si mise a sedere, ma la testa le girava tanto forte che si mise una mano sulla fronte, nel tentativo di rimettere a posto le idee. Ebbe un brivido di freddo a causa degli abiti inzuppati e dei capelli bagnati.

Intorno a lei stavano in apprensione tutti gli studenti che avevano assistito al suo tuffo nel lago. «Ve l'avevo detto che era pericoloso! Nel lago ci sono le alghe carnivore» esclamò Henry Alabacor con la voce resa acuta dall'ansia.

«Mia mamma le usa per fare un'ottima pastasciutta. Dice che sono un po' difficili da prendere, però danno un sapore gustoso al sugo» rispose un altro ragazzetto che indossava la divisa dei Llapac.

Mairead lo guardò senza capire che stesse dicendo.

«Che cosa, Dedalus?» chiese Henry, evidentemente anche lui sorpreso da quell'uscita senza senso.

«Le alghe carnivore. Di solito ti risucchiano verso il fondo del lago, però se riesci a prenderle, sono davvero succulente» rispose quello con un sorriso: a quanto pareva non aveva inteso la gravità della situazione.

Mairead e Laughlin si guardarono perplessi: quel Dedalus non doveva avere tutte le rotelle a posto.

«CHE STA SUCCEDENDO QUI?» urlò una voce all'improvviso. Non ci volle molto perché gli studenti ne riconoscessero il timbro: la professoressa O'Connel.

Ora si trovavano tutti in grossi guai.

«Allora?» disse l'insegnante in un tono che non ammetteva repliche.

Finalmente Iulius si fece coraggio e raccontò la storia della prova di iniziazione, di come i due Nagard avessero tirato a tutti un brutto scherzo, visto che, appena le cose avevano cominciato a mettersi male, i due erano scappati a gambe levate. Poi disse, sempre in tono dimesso e con lo sguardo fisso a terra, che Mairead si era tuffata nel lago e per poco non era affogata.

Il volto della professoressa O'Connel si faceva ogni secondo più adirato, man mano che Iulius procedeva con il racconto. «Siete stati degli sciocchi creduloni, tutti quanti. Mi aspettavo un maggiore senso di responsabilità e un briciolo di coscienza in più in ciascuno di voi. Evidentemente mi sbagliavo. Saranno presi dei seri provvedimenti» sentenziò la vicedirettrice guardando i ragazzi in volto uno ad uno. «Ora Maleficium, accompagna la signorina Boenisolius in infermeria. Tutti gli altri nel proprio dormitorio, alla svelta».

Nessuno se lo fece ripetere: in pochi secondi tutti si dileguarono verso la propria sala comune, mentre Laughlin aiutò l'amica a rialzarsi.

Strada facendo le raccontò quello che era successo: l'avevano vista che si agitava nelle acque del lago, come se qualcosa le impedisse di risalire; allora lui aveva cercato di raggiungerla, quando qualcuno alle sue spalle aveva urlato una formula magica, lei era fuoriuscita dal lago come strappata dalle alghe che la tenevano prigioniera ed era atterrata dolcemente sulla riva.

«È stato Edmund a salvarmi con un incantesimo?» domandò Mairead perplessa. Quel Burke se ne stava sempre per conto suo ed era un tipo scorbutico e scontroso. Mairead dubitava che si sarebbe mai scomodato per aiutare qualcuno.

«Sì, e quando ha sentito che il tuo cuore non batteva più, mi ha ordinato di soffiarti dentro l'aria attraverso la bocca, mentre lui ti premeva ritmicamente il costato. Sinceramente, pensavo che ti avrebbe spaccato la cassa toracica, ma alla fine ha funzionato» rispose Laughlin.

Mairead meditò sulle parole dell'amico: sebbene la sua famiglia fosse magica, lei era cresciuta in mezzo ai Babbani e ne sapeva qualcosa di tecniche di primo soccorso perché gliele avevano insegnate alla scuola elementare; questo significava che anche Burke, se non proprio Nato Babbano, almeno era cresciuto a contatto con questi. Laughlin, invece, non sembrava avere la più pallida idea di cosa fossero quelle tecniche mediche Babbane, però l'aveva praticamente sbaciucchiata quando Burke glielo aveva ordinato.

«Tu mi hai fatto la respirazione bocca a bocca? Bleah, che schifo!» esclamò la ragazza, dando uno spintone amichevole a Laughlin. Fu una pessima mossa, visto che era l'amico ad aiutarla a reggersi in piedi: Mairead dovette appoggiarsi alla muro del corridoio per non cadere a terra.

Laughlin rise divertito. «Dovrei lasciarti lì, se non fosse che ti sta per venire un'influenza con i fiocchi» disse, osservando Mairead che respirava affannosamente con le spalle accostate alla parete. «Su, andiamo. Non siamo lontani».

Così dicendo le passò un braccio intorno alla vita per aiutarla a camminare e insieme si diressero verso l'infermeria.


Edmund si strinse nelle coperte e finse di dormire quando finalmente anche gli altri compagni di stanza rientrarono dall'avventura.

«Accidenti, cosa credi che ci faranno? Ci espelleranno tutti?» stava dicendo uno, di cui non ricordava il nome.

«Ma no, Brion. Mica possono espellere tutte le prime, ti pare?» rispose un altro, che gli pareva si chiamasse Iulius. «Tu che ne dici, Anneus?» continuò la stessa voce.

«Non lo so. Spero solo che non sia una punizione troppo grave» rispose il ragazzino interrogato, con un grande sbadiglio.

Edmund si rigirò nel letto, troppo perso nei suoi pensieri per riuscire ad addormentarsi. Quella notte, per la prima volta in vita sua, aveva agito non pensando solamente a se stesso ma aiutando qualcun altro. Era una sensazione strana. Aveva fatto del bene. Riflettendoci sopra, sgranò gli occhi per la sorpresa. Aveva sempre pensato che la solitudine fosse la sua unica amica, che nel suo mondo non ci fosse altro posto che per se stesso. Ma forse non doveva essere necessariamente così.

Qualcosa si era spezzato in lui, quella notte.



Edit: continua (molto a rilento) l'opera di risistemazione dei dialoghi.

B.B.

   
 
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