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Autore: ColdBlood     31/12/2009    2 recensioni
- Dobbiamo continuare ad avere speranza, Quinn. – sussurrò, guardandolo ancora negli occhi.
Il ragazzo tirò su col naso e annuì, rasserenato dal fatto di vedere il luccichio degli occhi di Bert. Erano pieni di vita.
Lo abbracciò e Bert si lasciò stringere.
- Si, continuare ad avere speranza. –
[Bert.Quinn]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bert McCracken, Quinn Allman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hope

 

Quinn si sedette sull’unica poltrona rimasta libera, in casa di Jeph, dove si stava svolgendo una festicciola tranquilla.

Jeph e Branden erano stravaccati sul divano addossato al muro a ridere con altri amici, quelli più cari. La musica era abbastanza alta, e gli dava leggermente fastidio, ma non avrebbe comunque detto nulla. Sembravano tutti così allegri, spensierati.

Jeph aveva deciso di dare quella festa per tirare su il loro morale, per fargli fare un bel sospiro di sollievo, perché il peggio era passato, il pericolo era passato.

Ora Bert stava bene, non c’era più da preoccuparsi.

Sospirò e prese un sorso dalla sua Red Bull. Gli alcolici erano proibiti, dato che la festa era per Bert.

Bert che però era chiuso nella camera da letto di Jeph da praticamente l’inizio della sua festa.

Quinn si era accostato più volte alla porta, ma non aveva mai avuto il coraggio di bussare, o aprire. Forse era stanco a causa della terapia che stava subendo. Forse aveva solo bisogno di star solo.

Allora era tornato in soggiorno e si era seduto, in attesa, ma nulla era successo.

Bert non era uscito dalla camera.

Iniziò a preoccuparsi. E se era svenuto? Se si era sentito male?

Gli fece quasi male il petto, a causa del cuore che batteva freneticamente. Terrorizzato.

Era terrorizzato.

Non c’era nulla da fare. Nessuna festa avrebbe potuto rincuorarlo.

Stava per perderlo. Era stato sul punto di perderlo.

Di perdere tutto quello che avevano costruito insieme.

Lasciò la sua lattina per terra, accanto alla poltrona, e si alzò velocemente tornando alla porta.

Provò a tirare giù la maniglia, ma essa si mosse a vuoto. Si era chiuso a chiave.

Il panico si fece strada dentro di lui.

Bussò con forza sulla porta, questa volta senza un attimo di esitazione.

- Bert! Bert, apri! – urlò.

Per un attimo sentì le voci provenienti dal soggiorno zittirsi, ma poi la voce di Jeph che gli invitava ad andare fuori, per un minitorneo a ping-pong.

Non ci pensò troppo. Bert non rispondeva, e l’ossigeno faticava ad arrivare ai suoi polmoni. Il battito impazzito del suo cuore gli riempiva le orecchie.

- Bert! Apri! – provò ancora, sbattendo ancora contro la porta.

Finalmente la serratura scattò e la porta si aprì, mostrando Bert assonnato e confuso.

- Quinn, che hai da urlare? – gli chiese, con voce roca, passandosi una mano nei capelli disordinatissimi. I suoi occhi blu erano gonfi di sonno.

Quinn si fiondò nella stanza, abbracciandolo e quasi tirandolo su da terra, mentre Bert, con gli occhi spalancati per la sorpresa, rimaneva a braccia aperte.

-  Mi hai spaventato! Dio Bert, non puoi chiuderti a chiave! – si allontanò e lo prese per le spalle, puntando i suoi occhi lucidi, su quelli ancora sorpresi del cantante.

- Cosa sarebbe successo se ti fossi sentito male eh? Sei un incosciente! –

Ebbe l’istinto di schiaffeggiarlo. Di punirlo per averlo fatto preoccupare.

Di punirlo per averlo fatto aspettare, impotente, seduto su quelle sedie di plastica scomodissime, che un medico venisse a dargli notizie.

Si, Quinn si era sentito impotente. Avrebbe voluto fare qualcosa, ma non c’era assolutamente nulla che lui potesse fare, per far star meglio Bert, per fare in modo che anche lui si sentisse meglio.

L’unica cosa che aveva potuto fare era piangere e pregare.

Pregare che lui si salvasse, perché era troppo giovane per morire.

Quel Dio che aveva iniziato a pregare, come poteva essere tanto egoista da prenderlo con se?

Con quale coraggio avrebbe potuto portarlo via da lui?

E il suo cuore si era spezzato in mille pezzi.

Aveva guardato con occhi pieni di lacrime quel medico uscire da una sala tutta bianca e dire a quella donna, quell’uomo, quei ragazzi, che non c’era stato nulla da fare, vostro figlio, vostro fratello, il vostro amico…è morto. Aveva visto il loro dolore.

La loro impotenza davanti a quanto gli stava capitando.

Aveva riflettuto tanto Quinn, seduto da solo sulle panche di legno scuro della cappella dell’ospedale.

Cosa avrebbe fatto se l’avesse perso? Come l’avrebbe affrontato?

Non lo sapeva. Non aveva trovato una risposta, forse perché non c’era.

Non c’era un perché, non c’era una spiegazione. Aveva solo pregato.

Perché non sapeva se quel Dio di cui tutti parlano, esiste davvero. Non sapeva se era tutta una grande superstizione sopravvissuta ai secoli, o se è davvero nostro padre.

Nostro padre che ha sacrificato suo figlio per amor nostro.

Non lo sapeva, e sapeva che non l’avrebbe mai saputo.

Ma aveva bisogno di crederci.

Aveva bisogno di credere che c’è del buono nel mondo, che anche se tante cose brutte succedono a chi meno se lo merita, c’è sempre speranza.

Speranza di guarigione. Speranza di felicità. Speranza in un futuro. Speranza di vita.

Speranza, quella parola c’era stata nella sua mente. Una luce quando tutto sembrava buio e tetro.

Perché Bert era la sua forza, quello che gli permetteva di andare avanti.

Poi c’era stato un peggioramento. Il medico iniziava ad essere un po’ imbarazzato, a non riuscire a trovare le parole.

Quinn si era ritrovato con il cuore spezzato.

Valeva poi la pena avere speranza? In un mondo in cui tutto sembra così instabile?

Dove tutto potrebbe finire da un momento all’altro?

Non ci aveva mai pensato Quinn.

Non aveva mai pensato al fatto che non è una sicurezza, quella di morire a novant’anni, con gli acciacchi dell’età e tutti i ricordi di una vita alle spalle.

La morte può prenderci ovunque, in qualsiasi momento, quando meno ce l’aspettiamo.

Anche quando ci sembra che la vita sia appena cominciata. Anche quando sentiamo il cuore scoppiare di gioia di vivere e voglia di amare.

Brutale e fredda, non lascia nulla dietro di se, se non lacrime e dolore.

Poi la cura ha iniziato a far effetto.

Bert stava migliorando, pian piano. Ci sarebbero voluti lunghi mesi di terapia. Ma alla fine se la sarebbe cavata, avrebbe avuto la meglio e avrebbe continuato a vivere.

Quinn aveva speranza in questo.

 

E ora Bert era li, vicino a lui, tra le sue braccia.

Che sorrideva, e lo prendeva in giro con lo sguardo.

- Ehi, non essere paranoico ora. Sto bene. Mi sono solo addormentato. –

Quinn abbassò lo sguardo ed annuì, facendo un sospiro di sollievo.

- Si, scusa. Hai ragione. Se sei stanco torna a dormire, io vado di la con gli altri. – disse, e fece per allontanarsi e lasciare Bert al suo riposo.

Però il cantante lo bloccò, prendendolo per il polso, e lo tirò in camera con se, chiudendosi la porta alle spalle.

Bert gli prese il viso tra le mani, dolcemente, e cercò i suoi occhi.

- Quinn, guardarmi. Sto bene. Non devi più preoccuparti. – gli disse, con un sussurro morbido.

Il biondino sospirò, e distolse nuovamente lo sguardo.

- Lo so. Lo so scusa, hai ragione. Sono ancora un po’ teso. – rispose, a bassissima voce.

Bert annuì lentamente – Lo vedo. – disse, poi sorrise – Ma rilassati ora. Non ho intenzione di andarmene tanto presto. – aggiunse, con tono ironico.

Quinn allora alzò di scattò la testa, rivelando i suoi occhi lucidi e gonfi di lacrime.

- Ma tu non puoi decidere nulla Bert! Nessuno di noi può! Ed è tutto così maledettamente ingiusto! – scoppiò, mentre i suoi occhi non riuscivano più a trattenere le lacrime.

Bert perse il sorriso, ma Quinn non lo vide né sorpreso né smarrito.

I lineamenti del suo viso si erano induriti, solo per sembrare più decisi e forti.

Lo sapeva Bert, sapeva tutto.

Ci aveva pensato anche lui, notte e giorno, rinchiuso da quelle coperte che sembravano essere più forti di qualsiasi gabbia di metallo.

Lo riprese per le spalle, e lo guardò negli occhi.

- Lo so Quinn. È ingiusto, ma è così. Ed è per questo che dobbiamo vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. Ed è quello che farò Quinn. – sorrise leggermente.

- Mi alzerò tutti i giorni con la voglia di vivere. Farò in modo di non avere rimpianti. Farò quello che mi rende felice. Starò con le persone che amo. Non perderò più un solo attimo della mia vita. E voglio che anche tu faccia lo stesso. – sollevò una mano dalla sua spalla e gli asciugò, con il dorso dell’indice, le lacrime che ancora bagnavano il suo viso.

- Dobbiamo continuare ad avere speranza, Quinn. – sussurrò, guardandolo ancora negli occhi.

Il ragazzo tirò su col naso e annuì, rasserenato dal fatto di vedere il luccichio degli occhi di Bert. Erano pieni di vita.

Lo abbracciò e Bert si lasciò stringere.

- Si, continuare ad avere speranza. –

 

 

 

 

 

 

 

Ciao. Non so bene cosa dire.

Ho avuto paura di non riuscire più a scrivere, dato che appena mi mettevo davanti ad una fic da completare, non ci riuscivo. Non riesco a fare un po’ di cose, ultimamente.

Come ascoltare una canzone degli Avenged, aprire la loro cartella su efp e quella su mio computer con tutte le foto e i cd.

Allora ho aperto una nuova pagina di word, perché ho pensato così tanto in questi giorni che avevo bisogno di liberare un po’ la mente.

Ho pensato che per spiegare al meglio le varie cose su cui avevo riflettuto e le rispettive risposte a cui ero arrivata, la situazione migliore fosse questa.

Bert e Quinn durante la malattia di Bert, intendo.

Spero di non aver fatto risultare tutto confuso e poco comprensibile. Se così fosse, mi dispiace.

Non c’è molto di slash, cioè, se voi volete vederli come coppia per me va benissimo.

Ma può essere visto anche come una panoramica sul loro rapporto, non so, fate voi.

Forse mi è venuta un po’ troppo ottimista. Cioè, io non è che sono proprio così ottimista. Anzi, forse è il contrario.

Ma avevo bisogno del lieto fine. Perché dato che a volte la vita non c’è lo da, io me lo prendo.

Lo creo con le mie mani e con la speranza.

 

E infine, per Jimmy, anche se l’ho detto e scritto tante volte. Mi mancherai, ci mancherai.

Ti voglio bene e rimarrai per sempre nei miei ricordi. Nel mio cuore.

 

 

 

 

Valeria

 

  
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