Anime & Manga > BeyBlade
Segui la storia  |       
Autore: Charlene    03/01/2010    12 recensioni
"Una facciata può benissimo essere solo una facciata. Sia che l'apparenza sia positiva, che negativa. Basta saper guardare." Kei è un galeotto tirato fuori di prigione dal padre di qualcuno che conosciamo... e da lì inizierà una nuova vita in un liceo esattamente del tipo che lui detesta. Se la caverà? E il resto lo saprete leggendo.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Rei Kon, Takao Kinomiya, Yuri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

DODICESIMO CAPITOLO:


Atterrarono al Domodedovo privi di voglia di fare qualsiasi cosa che non fosse riposarsi.

Il programma era di salire sul pullman che li aspettava appena fuori dall'aereoporto e arrivare all'albergo, che si trovava a nord di Mosca. Il tutto possibilmente senza morire congelati. In un'ora si sarebbero sistemati nelle rispettive camere, per poi cenare e riposarsi al caldo.

Era già quasi buio, Kei osservava la sua immagine riflessa sul vetro e il panorama. Boris si era seduto accanto a lui, fu come se si fossero tacitamente accordati.

Tutto aveva un che di familare; le distese innevate, gli alberi imbiancati, la sensazione di poter fare centinaia di chilometri senza arrivare mai da nessuna parte.

Non che ricordasse di essere già passato precisamente per quei luoghi, anche perché nel caso non li avrebbe mai saputi riconoscere, ma provò comunque la sgradevole sensazione di sentirsi a... casa. E non voleva, aveva sempre avuto intenzione di recidere ogni legame con quella città.


-Cosa mi devi dire, Kei? Sei davvero strano.-

Yuri lo guardava, seduto sul cornicione a gambe incrociate. Era una posizione abbastanza precaria, ma come al solito non gli importava molto.

Sembrava un falco desideroso di cambiare aria... adorava starsene appollaiato sul tetto ad osservare la neve cadere, i lupi che ogni tanto si avvicinavano al cancello, il sole offuscato dalla perenne coltre nuvolosa.

Kei aveva una benda sulla guancia che iniziava a macchiarsi nuovamente di rosso. Il taglio non voleva smettere di sanguinare.

-Stasera vado via.-

Il rosso alzò un sopracciglio, per poi ridere freddamente:

-Che scherzo stupido.-

Kei abbassò lo sguardo, per poi piantarlo sul compagno di stanza:

-Non sto scherzando. Mio nonno mi tira fuori. Vorkov è costretto ad essere d'accordo.-

Il silenzio si fece pesante come non mai, e a Kei parve che gli occhi di Yuri fossero attraversati da uno strano lampo.

-Yu...-

-Che c'è?-

-Tutto bene?-

Il russo scosse la testa, tormentandosi nervosamente le dita.

-Te ne vai. Ce l'hai fatta... sono felice per te, davvero.-

-Yuri, ho chiesto a mio nonno e a Vorkov di farvi uscire ma...-

-Oh. Mi sembravi più malridotto del solito, in effetti. Non hanno preso bene la richiesta?- chiese Yuri, serio.

-Esattamente. Ho insistito, ma è stato inutile.-

Yuri si morse un labbro, senza più guardare l'amico. La tensione era dolorosa.

-Boris lo sa?-

-Sì... non l'ha presa malissimo.-

-Meglio così.-

Kei non tollerò oltre quell'atmosfera che pesava come un macigno, e afferrò Yuri per un lembo della maglietta, tirandolo a sè:

-Se potessi rimarrei qui. Oppure porterei via anche te e Boris. O farei andar via te, e rimarrei io. Ma non posso... e odio non poterlo fare.-

Yuri non riuscì ad evitare che una lacrima gli attraversasse il viso. Non stava piangendo, lui non piangeva mai. Era una semplice reazione fisica.

-Si sentirà la tua mancanza, comunque.-


-Tutto ok?- gli chiese Boris, interrompendo bruscamente il sonno in cui era caduto.

-Nh? Sì... dove siamo?- rispose l'altro mettendo in pausa l'ipod.

-Sulla strada per Mosca... la Kanagi ha detto che avremmo impiegato un'ora in tutto.-

Kei non rispose, continuando a fissare la neve sul ciglio della strada. Ormai era totalmente buio, e la strada per quanto potesse essere larga era talmente poco illuminata che si chiese come facesse l'autista a non finire fra gli alberi. L'unica luce che distingueva era quella proiettata dalle lampade al neon all'interno del veicolo.

-Siamo già arrivati?- sbottò Sarah, dietro di loro assieme a Seto, sentendo che il pullman si era fermato di botto.

-Non penso...- rispose Boris perplesso.

-Perché ci siamo fermati?- insistette Kaori.

Kei vide Crawford alzarsi e andare a parlare con l'autista, allargare le braccia e schiaffarsi una mano in fronte. Si tolse gli auricolari quando la Kanagi raggiunse il collega per poi annuire e voltarsi verso gli alunni:

-Ragazzi, state zitti un secondo!!- esclamò.

-Che è successo? Siamo fermi in mezzo al nulla! E si gela!-

-Lo so, Hilary... c'è stato un guasto al motore. Sta cercando di farlo ripartire, state tranquilli.-

Kei seguì con lo sguardo l'autista che scendeva dal mezzo e andava a controllare qualcosa sul retro; doveva usare una torcia per via del buio.

Tornò dopo dieci minuti, in cui i ragazzi iniziarono a mostrare forti segni di irrequietezza, ma la sua espressione non faceva presagire niente di buono.

-Allora?- chiese Crawford.

-Nulla. È andato. Si sta accumulando troppa neve. Non sono riuscito a chiamare soccorso, le linee sono disturbate per via del maltempo dei giorni scorsi, ci sono state vere e proprie tempeste. Senza contare che non passa nessuno.- comunicò, sconvolgendo gli animi.

-... E che facciamo adesso?- chiese la Kanagi con un filo di voce.

-Aspettiamo che le linee vengano ripristinate.-

Crawford scosse la testa, cercando di trattenere il nervosismo.

-La finiamo congelati. Non possiamo passare tutta la notte qui dentro.- commentò.

-Lo so... e non possiamo usare l'aria condizionata a motore spento.- concluse l'autista.

-Oh cavolo... dai che sfiga, non ci posso credere!!- esclamò Mao tremando dal freddo, appoggiando la testa sulla spalla di Rei.

-Adesso non agitatevi, è peggio! Scusi, sa che posto è quello?- chiese la Kanagi, indicando qualcosa al di là del finestrino.

L'autista annuì: -È un monastero. Non ne so molto.-

Kei, imitato da Boris, si voltò di scatto. Strinse gli occhi per vedere meglio attraverso il riflesso sul vetro, e il suo cuore perse un battito, per poi iniziare a martellare furiosamente.

L'edificio scuro si stagliava alto ed imponente, cirondato da un muro che distava decine di metri dalla cupa struttura. Il cancello nero era serrato, e credette di distiguere due sagome scure, probabilmente due uomini di guardia.

Boris non riuscì a dire nulla, si limitò ad aprire leggermente la bocca mentre Kei si alzava in piedi e si avvicinava al vetro dall'altra parte, per vedere meglio. Si infilò nel sedile di Takao e Brooklin, che lo guardarono, incuriositi e perplessi.

Il ragazzo si shiacciò contro il finestrino, per poi rimanere immobile a fissare la sede della Borg.

-D'accordo... Ryo, dovremmo andare a chiedere se possono ospitarci per la notte.- propose la Kanagi, trovandola una buona soluzione. Rimanere lì era assolutamente impensabile.

Kei si voltò verso Boris, era difficile stabilire quale delle due espressioni fosse la più sconvolta. Scosse la testa, riferendosi a ciò che i professori avevano appena detto.

-State fermi qua.- disse Crawford scendendo dal pullman assieme alla Kanagi.

Kei si sedette accanto a Boris, senza spiccicare parola.

-Diranno di no, è ovvio...- mormorò il russo con una voce strana.

L'altro deglutì, appoggiandosi allo schienale e chiudendo gli occhi. Boris aveva ragione. Non era nello spirito di quella gente salvare dal gelo un'allegra scolaresca in difficoltà.

Erano passati cinque minuti quando i due insegnanti risalirono sull'autobus:

-Ok ragazzi, forse siamo salvi. Inutile che vi dica di starvene tranquilli, dobbiamo solo ringraziare di esserci fermati proprio qui davanti, siamo in mezzo al nulla.-

Kei e Boris non riuscirono nemmeno a scambiarsi un'occhiata.

-Non dovremmo andare lì.- se ne uscì Kei, cercando di mantenere un tono tranquillo.

-Ah, preferisci congelare?- chiese Crawford senza guardarlo.

-Sì.-

L'uomo rimase un tantino spiazzato dalla risposta, ma lo ignorò. -Muovetevi.-

Ad ogni modo Kei non se lo fece ripetere due volte; iniziava a sentirsi troppo oppresso. Aveva un forte bisogno di aria, il respiro iniziava ad accellerare senza che potesse controllarlo, così scese per primo seguito da Boris:

-Calmati un po'.-

-No, Boris. Lascia perdere.-

Il russo gli si parò davanti e lo afferrò per le spalle: -Adesso basta!-

Gli altri, ormai scesi tutti, li guardarono sconvolti.

-Spostati. Non ho intenzione di...- Kei sentì gli sguardi di quindici persone addosso, e decise di sfoggiare il suo bilinguismo: -Non ho intenzione di entrare lì dentro, Boris!!-

-Non abbiamo scelta, Kei. Se ti comporti così si faranno delle domande, pensi di raccontare tutto agli altri? A Crawford?-

Nonostante stessero parlando russo, all'insegnante non sfuggì il suo nome.

-Boris, io non... davvero, preferisco congelare!-

-Idiota, non ti lascerebbero mai fuori. Basterà che non ci facciamo notare...- rispose Boris, ma sembrava decisamente poco convinto.

-Ehi, che state dicendo? E tu da quando in qua parli il russo?- intervenne la Kanagi, preoccupata nel vedere che gli animi si stavano scaldando.

Kei la ignorò: -Ci sarà un altro modo, è impossibile che non si trovi un qualsiasi modo per chiamare qualcuno!-

-I cellulari non prendono, Kei!-

Takao intanto seguiva la scena, con un groppo in gola.


"Sono cresciuto in un posto in Russia, assieme a lui..."


Non era un asso con la memoria, ma quella frase se la ricordava. Gliel'aveva detto tempo prima. Qualcosa non andava.

-Kei...- mormorò, mettendogli una mano sulla spalla. Il ragazzo si voltò, e parve quasi rassicurato nel vederlo:

-Che c'è?-

-...Nulla... che ne dite se ci muoviamo? Si congela qui.-

Il ragazzo annuì, rassegnato.

-Io non so cosa potrò fare se me lo ritroverò davanti.-

-Lo so. Lo so benissimo, Kei.-

-Se avete finito... andiamo.- concluse Crawford.


Era esattamente come se lo ricordavano. Tetro. Angosciante. Opprimente.

Le due guardie li condussero oltre il grande portone dove li aspettavano altri uomini vestiti allo stesso modo, e uno sulla quarantina che si distingueva per il colore dei capelli (viola), lasciati scoperti, e un' espressione ancora più incattivita degli altri.

-Salve.- disse, in giapponese.

La Kanagi lo guardò sorpresa: -Parla giapponese?-

-Si signora. Sono Vladimir Vorkov, onorato.-

Lei gli strinse la mano, sollevata. Per come si era messa la situazione, stava iniziando a preoccuparsi davvero.

Fece conoscenza anche con Crawford, e mentre parlavano cordialmente i ragazzi si raggrupparono:

-Che cavolo... questo posto non mi piace.- mormorò Max, intimorito.

-Sono d'accordo... meglio qui che fuori a congelare però.- ribattè Mariam, che non vedeva l'ora di coricarsi.

Dopo poco Vorkov si dedicò a loro:

-Vi ho fatto preparare delle stanze. Fate come se foste a casa vostra, ma non andate in giro.-

Kei sentì un conato farsi strada nella gola, e lo represse meglio che poteva. Non riusciva a guardarlo. Con la coda dell'occhio vide Boris più o meno nelle stesse condizioni.

-Grazie mille.- disse Hilary a nome di tutti.

-Alcuni dei ragazzi che stanno qui vi indicheranno le camere.-

Quattro giovani russi li guardavano con espressioni ben poco amichevoli.

-Ragazzi, evitiamo casini e sistematevi come avevamo deciso per l'albergo, ok?- disse la Kanagi, senza ammettere repliche.

Il gruppo di ragazzi si avviò verso un cupo corridoio, passando davanti a qualche guardia e al "padrone di casa". Kei voltò la testa di lato, sperando di passare inosservato.

Si sentì gelare -nel vero senso della parola- quando una mano si posò sulla sua spalla.

Non aveva mai provato una sensazione di quel tipo. Certo, paura di prendere colpi, di soffrire, di ricevere frustate... lui la paura l'aveva sperimentata davvero. Ma era diverso. Quel contatto lo paralizzò totalmente; non era semplice paura, non era il tipo. Era inspiegabile. Si sentì come piantato a terra, il cuore che batteva a mille, il respiro bloccato.

Fu costretto a voltarsi.

-Oh. Ma che piacevole sorpresa. Il mondo è davvero piccolo, Kei.-

La sua voce gli giunse quasi ovattata. Cercò di ristabilirsi, doveva smetterla con quelle scenate.

-Sei cresciuto in questi anni, non c'è che dire.-

-Toglimi quella mano di dosso.-

Kei lo disse con una voce che non era la sua. Faticò a riconoscersi.

Boris intervenne, facendo un passo verso di loro:

-Meglio se lo lasci stare. Meglio se non ti avvicini a noi.-

-Curioso, c'è anche Huznestov... che assurda coincidenza. Quasi non ci credo.-

Crawford osservò la scena, particolarmente perplesso. Non gli sfuggì l'espressione assunta da Kei al contatto con quel Vorkov. Non che conoscesse bene quel ragazzo, o tenesse a lui in qualche modo. Ma sembrava davvero sconvolto.

-Ehi voi due. Sarete stanchi, domani dobbiamo alzarci a un'ora decente. Muovetevi.- disse, trascinando via Kei per un braccio con poca delicatezza.

Il ragazzo non si ribellò, rimettendosi inseme a Boris fra i compagni.

Alla fine si sistemò con Seto e Zane in una delle stanze assegnate, senza spiccicare parola.

-Questo posto dà i brividi. Davvero.- convenne Zane sedendosi sul letto.

-Già... sembra una prigione più che altro.- rispose Kaiba avvicinandosi alla finestra e notando le pesanti sbarre.

Kei fece lo stesso, sentendosi in trappola. Non avrebbe retto di quel passo. E lui non era tipo da cedere così. Ci aveva passato degli anni, un giorno in più non avrebbe fatto nessuna differenza. Così almeno insisteva a dire la sua parte razionale, quella che ragionava e spesso cercava di limitare quel brutto carattere rissoso e impulsivo che si ritrovava.

Si sedette per terra, vicino alla finestra; quella era stata per anni la sua stanza, che divideva con Boris e... Yuri. Pensò a lui solo in quel momento.

Si alzò in piedi e andò verso la porta, ignorando i due compagni di stanza:

-Dove vai?- chiese Seto, serio.

-Hiwatari, si può sapere che diavolo...-

Sbattè la porta, ritrovandosi nel familiare corridoio. La sensazione claustrofobica sembrò attenuarsi, e si guardò attorno, deciso. Nella stanza di fronte avrebbe trovato Takao, Rei e Max, ma non aveva intenzione di vedere nessuno se non Boris.


-Io voglio tornare a casa. Non mi piace come si stanno mettendo le cose.- sbottò Sarah tastando il letto, per poi sedersi e guardare le sue compagne di stanza.

-Nemmeno a me... e sono preoccupata per Kei... era strano.- rispose Kaori, pensierosa.

-Naa. Perché?- intervenne Mao.

-Non lo so. Sembrava... non lo so.-

Kaori abbassò lo sguardo, per poi rivolgerlo verso le sbarre alla finestra. In quel momento più o meno tutti osservavano colpiti quel dettaglio raccapricciante nelle loro stanze.

Takao per primo:

-Dio mio... ma che diavolo di posto è questo? Sembra un carcere...- aveva mormorato, incrociando lo sguardo di un altrettanto preoccupato Rei, che gli rispose, poco sicuro:

-Dev'essere una specie di collegio, non lo so. Non dovremmo esagerare con le preoccupazioni, le sbarre ci sono un po' dovunque, anche a Tokyo. Le abbiamo perfino nel sottopiano, a scuola.-

-Lo so, ma è l'atmosfera che non mi piace. Le hai viste le facce di quei ragazzi? Sembrava che volessero sbranarci.- insistette Takao.

-Li ho notati anch'io... per ora dobbiamo arrivare integri a domattina.- intervenne Max, la cui solarità era stata come spenta dall'aria tremendamente pesante che regnava in quel posto.

Nello stesso istante in un'altra stanza Boris e Brooklin stavano per venire alle mani.

E il povero Raul, gemello di Julia, era tentato dall'andare a chiamare aiuto, o semplicemente a cambiare stanza per non venire coinvolto.

-Quell'uomo ci ha detto di non uscire, quindi tu devi per forza uscire. Che logica impeccabile!- aveva detto Brooklin, osservandolo con indifferenza.

-Perché non ti fai i cazzi tuoi?! Non me ne frega niente di cosa dice quell'uomo!-

-E' grazie a lui che non siamo morti congelati.- gli fece notare, e Boris tirò un pugno al muro, facendosi male:

-Stai zitto. Stai zitto.- scandì, furioso.

Che poteva fare? Dire "Sì, è vero, viva Vorkov"? Oppure "No, quell'uomo è un pazzo criminale il cui scopo nella vita è tirare su perfetti killer?"

Nulla, non poteva dire nulla. Senza nemmeno guardare gli altri due aprì la porta e uscì.


Kei iniziò a camminare senza sapere dove stesse andando, affidandosi al suo istinto e ai ricordi marchiati a fuoco nella sua memoria.

Quei corridoi sembravano tutti uguali, ma lui aveva sviluppato in anni e anni la capacità di distinguerli.

-Mi sembrava ricordarti un po' più sveglio, Hiwatari.-

Kei si voltò di scatto, distinguendo la figura di Vorkov davanti a lui. Non rispose, limitandosi a fare un passo indietro.

-Indietreggi? Non ti riconosco più... Come mai in giro? Ci tenevi proprio a rivedermi, immagino...- gli disse con tono mellifluo.

-Non credo proprio.-

-E allora cosa ti porta qui? Non sarebbe stato meglio startene rintanato nella tua vecchia stanza...?-

Non aveva tutti i torti. Ma se si fosse ricordato bene, avrebbe saputo che Kei Hiwatari non era tipo da nascondersi. Gli diede le spalle, pronto a liquidarlo, ma fu bloccato da una presa sull'avambraccio, una stretta dolorosa.

-Non toccarmi.- ringhiò, tremando dalla rabbia.

-Ho sentito di tuo nonno. Mi dispiace, le mie più sincere condoglianze. Sai, ho avuto qualche problema, ultimamente... e così non ho ancora potuto verificare ciò che mi spetta dopo la sua morte.-

Kei sgranò gli occhi: -Ha lasciato tutto a me.-

-Non ne sarei così sicuro, ragazzo mio. I miei legali si stanno muovendo da fin troppo... ti farò sapere volentieri, non credo che ci vorrà ancora molto a... "mettermi d'accordo" con le autorità di Mosca.-

Continuava a stringergli il braccio, e lui non fece niente per liberarsi. La mente era altrove... doveva preoccuparsi? Cercò di tranquillizzarsi, sedando i sentimenti contrastanti presenti nel suo animo. Non ci sarebbe stato niente per cui angustiarsi, ormai era andato via dalla Borg. Vorkov non aveva alcun potere su di lui.

Sentì un forte formicolio su tutto l'arto, quella mano gelida gli stava bloccando la circolazione.

-Dov'è Yuri?-

Vorkov lo guardò per un momento, poi gli rise in faccia, letteralmente.

-Ivanov? Cosa ti fa pensare che sia ancora qua?-

Kei alzò un sopracciglio: -Il fatto che tu non lo lasceresti mai andare. Era il tuo preferito.-

L'altro rise di nuovo.

-Posso sapere cosa ci trovi di così esilarante?!-

-Non vorrei che tu ti ingelosisca, Kei.-

-Oh, già... ho sempre sofferto molto di questo.- rispose il ragazzo, ironico. Si liberò con uno strattone, sentendo il braccio pulsare tremendamente. Lo guardò dritto negli occhi neri:

-Dov'è?-

-Vorresti rivederlo, Kei? Per poi fare cosa... andartene? Non pensi a lui?- ribattè il russo fingendosi colpito dalla cosa.

-Cosa stai dicendo? Dimmi dov'è, altrimenti lo trovo da solo!- esclamò Kei, perdendo la sua solita calma e freddezza.

La risata di Vorkov iniziava a urtarlo; anzi, a farlo uscire di testa dal nervoso.

-Smettila.-

-Perché dovrei farti un favore, ragazzino?-

-Dimmi dov'è!!- sbottò Kei stiringendo un pugno.

Vorkov fece un passo avanti e lo afferrò violentemente per il colletto:

-Sentimi bene, piccolo bastardo... non osare mai più darmi ordini e usare quel tono con me.-

-Faccio quello che voglio adesso, maledetto figlio di puttana!!-

Il pugno nello stomaco arrivò all'improvviso, bloccandogli il respiro. Si accasciò a terra, boccheggiando.

-Non hai mai saputo tenere a freno quella maledetta lingua... è sempre stato il tuo difetto. C'era un solo modo per tapparti la bocca, ricordi?- gli chiese Vorkov, che chinatosi su di lui gli sollevò la testa afferrandolo per i capelli, mentre con l'altra mano gli teneva il mento.

-N... non mi devi... toccare.- ripetè, sconvolto.

-Sei patetico, Kei. Minacci, sbraiti, dai ordini... ma poi sei solo un ragazzino terrorizzato. Lo sei sempre stato.- gli sussurrò quelle parole nell'orecchio, graffiandogli nel frattempo il collo con una mano.

Perché non reagiva? Perché non riusciva a sollevarsi e tirargli un pugno in faccia??

Era un'assurda debolezza. Un'insensata sindrome di Stoccolma... perché lui lo odiava davvero. L'avrebbe voluto uccidere. E non si faceva mai mettere i piedi in testa da nessuno. Che senso aveva allora il suo comportamento?

Vorkov si sollevò, per poi gettargli un'ultima occhiata e sparire nel corridoio buio.




§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§

Sono in ritardo, ma ormai chi si stupisce più? E il bello è che avevo già scritto questo capitolo assieme al precedente, quindi era già pronto.

Ringrazio tutti per i commenti, scusate se non vi rispondo personalmente come al solito, mi rifarò con il prossimo capitolo, spero.

Mi sento solo di chiudere, almeno da parte mia, il discorso su dialoghi/descrizioni etc; ho capito i vari punti di vista e li accetto, rispondendo però che non li condivido.

Chiedo ancora scusa per l'aggiornamento in ritardo, soprattutto perché avrei potuto farlo prima, ma ho avuto una serie di problemi gravi e non sono riuscita ad aggiornare. Non so quando aggiornerò di nuovo, non so nemmeno se continuerò a scrivere.
Il tutto (specifico e ripeto visto il fraintendimento con Avly e Lexy che ringrazio molto per l'affetto), a causa di miei gravi problemi personali
Grazie per il vostro sostegno, un bacio a tutte quante, vi voglio bene <3

  
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > BeyBlade / Vai alla pagina dell'autore: Charlene