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Autore: Arya89    03/01/2010    0 recensioni
1 capitolo della storia. Buona lettura
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2: L'UNICO SUPERSTITE.
 

Quando Re Endacil lasciò andare la Regina, seppe a cosa ella andava incontro, lasciandola così andare incontro al suo destino.

Con le lacrime agli occhi la Regina prese suo figlio dalle tremanti mani di Bor e con voce tremante disse, infine, addio all'unico elfo che ella abbia mai amato. Le sue lacrime scendevano ormai copiose sul suo viso mentre cavalcavano via sulla starda maestra. Amdir che le era affianco la osservò, afflitto anch'egli dal dolore.

"Mia Signora! Non disperate! Prode e fiero è colui che cade!"

"Mio buon Amdir!" rispose la Regina senza arrestare le sue lacrime "Non sarà solo il Re di Làurinién a cadere, ma anche il suo popolo e la sua Regina. Questa è una marea troppo grande per far si che un misero scoglio, seppur protetto alla meglio, la possa fermare. Le onde provengono da tutti i lati oramai, persino da dinanzi a noi e la morte è con essa."

"Allora vuol dire che combatteremo per difenderci!" esultò Hathol.

"Non vi sono più forze nei pochi elfi rimasti. Se Endacil ha fallito, non vedo come voi sareste in grado di fermarla o prode Hathol! Ma non disperare! La tua vendetta sarà forse placata e allora, in futuro, qualcun'altro ne chiederà per te. Ma ora, Amdir, mi rivolgo a te, perchè di te il mio cuore si fida. So che nella battaglia anche tu hai perduto tuo padre ed i tuoi fratelli, ma mai te ne ho visti rimpianti..."

"No, mia Dama..." rispose Amdir interrompendola cortesemente "... di rimpianti ve ne sono, ma il prezzo da pagare per la mia vendetta era troppo alta, e ringrazio il cielo e benedico Bauglir che mi salvò dalla stessa morte dei miei cari. Ma adesso non posso più ricambiargli il favore. Essi sono stati uccisi dai Troll"

Hathol ascoltava il discorso ed osservava Amdir con ammirazione. Adesso capiva perchè il Re e la Regina avevano tanta stima di lui. Sapevano che Amdir, in quanto abile e forte in armi, avrebbe saputo porre dei limiti ai suoi dolori, tentando saggiamente di aiutare la Regina nel suo viaggio.

"Hai detto giusto Amdir. Per questo la mia stima nei tuoi confronti cresce, così che ho deciso di affidarti un compito, un compito fondamentale che dovrà essere eseguito solo se io non vi sia più."

"Dite mia Signora e non vi mancherò d'ordine. Qualunque cosa mi chiederete sarà fatta, anche se dovessi rimetterci la vita!"

"Bene! E' ciò che volevo udire. Ti chiedo, che se io dovessi morire, di prendere Ereinion e di nasconderlo il più lontano possibile dai nostri nemici. Ma se ti seguiranno fa si che non lo trovino mai. Dirigiti, com'era desiderio del Re, verso il grande fiume Hìrimos. So che lì tempo fa vi abitava un vecchio eremita. Non ti chiedo di cercarlo, perchè non sono sicura che viva ancora, ma almeno lì troverai un rifugio per mio figlio."

"Che sia come volete mia Signora!" fece Amdir portandosi una mano al petto.

Intanto Hathol aveva preso ad osservare inquieto la foresta intorno a loro. Aveva notato l'insolito silenzio, e ne era preoccupato, così taceva ed ascoltava. Ad un tratto un grande botto indusse la compagnia a voltarsi puntando gli occhi lì dove il loro Re tentava una scarsa difesa, e videro fuoco. Fuoco, polvere e freccie che fendevano il cielo per poi ricadere verso il basso. Teeribili ruggiti e grida si udivano, tanto da far accapponare la pelle. Il primo a riscuotersi dal terrore fu Hathol, che persuase con successo la compagnia a continuare a cavalcare nella foresta senza badare a ciò che accadeva dietro. Avevano ormai galoppato per un buon pezzo, ed erano ormai lontani da Làurinién, così Hathol fece rallentare l'andatura dei cavalli per procedere con più cautela.

"Dama Eledhewen!" disse una donna alle spalle della Regina.

"Dimmi Idryal! Ti ascolto!"

"Cosa ne sarà di noi? Perchè non vedo luce nella nostra via. E vi sono ombre orrende che non ci lasciano andare!"

"Purtroppo, mia cara Idryal, a ciò non so risponderti. L'unica cosa che sò è che noi abbiamo già perso, e la vittoria del nostro nemico è ormai giunta!" rispose la Regina.

Il cammino fu tranquillo per un'altro tratto, e il loro percorso si inoltrava in una buia e fitta foresta. Gli alberi erano vecchi. La foresta era vecchia in tutto e per tutto. Persino le pietre non ricordavano più da quanto tempo giacevano lì. L'erba cresceva solitaria ai piedi degli alberi e ad i margini del sentiero. Esso era spoglio. Non un solo fiore di Malloth vi cresceva, e quà e la i fusti degli alberi erano invasi dai rampicanti selvatici. Dal più profondo della foresta, una nebbia cominciò ad invadere la loro visuale, costringendoli ad avanzare con cautela e silenzio. Persino i cavalli non osavano nitrire.

"Codesto buio e silenzio non mi piacciono affatto!" disse Càno raggiungendo Amdir "Avrei affrontato più volentieri un sentiero costeggiato da lance e spade e popolato da lupi piuttosto che questa cupa nebbia."
"Forza e coraggio Càno! Non è con la paura che si affronta la morte. Che sul sentiero vi siano spade e lancie o lupi, essi non fermeranno il mio cammino."

"Sei rude! E ciò non fa per gli Elfi."

"E cosa dovrebbero fare gli elfi?" gli urlò Hathol "Nascondere la testa come conigli?"

"Tacete!" li richiamò la Dama Eledwhen. Un ringhio seguì le sue parole.

"Non siamo soli!" aggiunse Amdir estraendo la spada. Indi spronarono i loro cavalli ad andare avanti. Tale atto comportò l'attacco da parte del nemico, che come il cacciatore si avventa sulla sua preda.

"Sono i domatori dei lupi crudeli!" urlò un elfo di nome Neitham fuggendo assieme agli altri. Fu una lunga fuga nel buio ma i lupi, con i loro domatori, acquistavano terreno eliminando senza pietà gli elfi che raggiungevano.

"Correte! Emairth amra-ammen!" urlò la Regina "Hìrimos non è lontano! Amdir..." e attraversarono al galoppo due piccole grotte scure poste ai due lati del sentiero dal quale sbucarono un'esercito di orchi, che si avventarono sulla compagnia. Amdir, Hathol e la Regina, con il figlio, essendo i più rapidi sui loro destrieri, erano riusciti a transitare tra i nemici riuscendone incolumi, ma furono immediatamente inseguiti.

"Non fatevi scappare quei cani rognosi!" li rimbeccò un orrendo capo orco. Gli Orchi sono orrende creature dall'aspetto quasi umano con la pelle grigia e i capelli grezzi. Hanno una postura non eretta, la fronte bassa e un grugno porcino, con i canini inferiori sporgenti che richiamano le zanne di un cinghiale. Sono umanoidi aggressivi che depredano e combattono le altre creature che li circondano. Provano un odio radicato per gli elfi. Hanno pupille rosse e orecchie appuntite. Ora, all'ordine di Urkork, il capo orco, un'orda di orchi arcieri scoccarono frecce in direzione dei tre elfi.

"Idioti!" si lagnò Urkork appena vide ke solo una freccia era andata a segno uccidendo il cavallo di Hathol "Siete degli schifosi idioti incapaci" e estrasse un corno e la sua spada. Un suono orribilante fuoriuscì dal corno appena questi lo suonò, e nello stesso istante i lupi, con alcuni tra i migliori orchi arcieri, si lanciarono all'inseguimento di Amdir e di Dama Eledwhen che teneva stretta a se suo figlio. E mentre i lupi correvano Urkork si avventò su Hathol che tentò di difendersi inutilmente. Hathol ferì Urkork ad un arto ed egli si vendicò decapitandolo. Ciò distrasse Càno, che seppur provando disprezzo per Hathol, se ne dispiacque e abbassando le armi e le proprie difese venne trafitto dal suo nemico.

Quando Urkork e i suoi orchi finirono di sterminare la compagnia, inseguirono quelli che erano corsi avanti, fino a ritrovarli in una pianura attorniata dagli alberi immersi in un urlo di vittoria attorniando il corpo della Regina Elfica, mentre tre orchi facevano ritorno dall buio degli alberi dinanzi a loro. Infatti accadde che quando Amdir e Dama Eledwhen si voltarono dopo aver udito il trambusto proveniente dalle grotte ormai dietro di loro, videro Hathol cadere da cavallo e tutti gli altri elfi tentare di difendere le loro vite; Ma non si fermarono. Continuarono la loro corsa sapendo che i lupi e gli arcieri erano alle loro spalle. Avevano udito i loro gridi selvaggi, e proprio mentre attraversarono lo spiazzo, una freccia d'orchetto trafisse la Regina che si accasciò su Fanon il suo destriero.

"Amdir!!" gridò allora la Regina ormai in preda alla morte "Amidr è il momento!!"

Amdir si voltò terrorizzato. La scena era penosa ai suoi occhi.

"Muoviti!" gli urlò allora la regina. Da dietro di loro i lupi riacquistavano terreno a balzi.

"Mia Signora! Venite pure voi! Siete ferita ma potete guarire!..."

"Baw Amdir!" criticò Eledwhen nella propria lingua e consegnandogli Ereinion tra le braccia "Bennin!!"

"Ma..... Dama Eledwhen.....!"

"BENNIN!!!!" gli urlò allora Eledwhen "Avevi Giurato!! Mantieni la tua promessa!!"

I lupi erano ormai a un centinaio di metri, quando Amdir si decise a fuggire con Ereinion. In preda alle lacrime, udì il rumore sordo di un corpo che cadeva a terra. Non c'era bisogno di vedere. Eledwhen, Regina di Làurinién era morta come tutti i suoi abitanti, e lui? Lui non aveva potuto fare nulla per impedirlo, e se ne vergognava. Di cosa si doveva vergognare poi nessuno lo sapeva. Egli aveva solo obbedito all'ultimo ordine della sua sovrana. Avrebbe dovuto esortarla a salvarsi. Ecco la sua vergogna. Ma oramai era inutile pensarci. Doveva nascondere il piccolo Ereinion. I lupi avrebbero continuato la caccia, e con loro gli orchi, perchè non permettevano mai a nessuno di fuggire. E infatti alcuni orchetti lo inseguirono tra gli alberi.

Cavalcò ancora per un pò nascondendosi alla loro visuale. Adesso era più semplice tentare di sfuggire loro. Era solo. Così scese da cavallo. Adesso la povera bestia gli sembrava un facile punto di riconoscimento per gli orchi. Avrebbe proseguito a piedi, ed era un vantaggio ed uno svantaggio. Un solo lupo aveva continuato a dargli la caccia, ma quell'unico era seguito da una decina di orchi, e come può un'elfo fuggire a dieci abili cacciatori con un segugio? In ogni modo fuggì andando a zig zag tra gli alberi. Intanto alle orecchie di Amdir, giunse la leggera e sicura voce di Hìrimos, il Grande fiume che tanto tentava di raggiungere, e proprio quando le sue rive erano visibili, il Lupo gli si avventò contro facendolo cadere a terra. Con la mano libera estrasse la spada e nel momento in cui l'animale gli ripiombò addosso per far penetrare le sue fauci nel corpo dell'elfo, egli affondò la punta della sua spada nel ventre dell'animale che si accasciò immediatamente su di un lato. Scossosi dal terrore di finire sbranato, si precipitò immediatamente sule rive del fiume. Lì trovò un'atmosfera fredda, forse per la nebbia o per l'urgenza del suo incarico. Si osservò rapidamente intorno e notò una baracca di legno malmessa, che sporgeva, per metà distrutta, sopra il fiume. Aveva un'aspetto glaciale. Non vi erano porte nè finestre. Esse erano state fatte a pezzi. Dove un tempo pareva esserci un meraviglioso giardino, ora vi erano alte erbe selvatiche e alte canne di bambù. Tutto ciò ke rimaneva era un caos completo. Tra i massi e legnami vi erano stracci di stoffa anneriti e laceri e in terra vi erano scaglie di lame, lance o punte di freccie spuntate. Non vi erano cose preziose. L'abitazione, evidentemente, era stata più volte saccheggiata. Amdir vi entrò con cautela, guardandosi le spalle. Era buio, e non era un rifugio sicuro.

"Sono in trappola!" si disse Amdir e guardando il vorticare delle acque che si vedevano tra le assi rotte del pavimento disse: "Ha se vi fosse una barca!" tornò fuori e tra le canne notò una piccola conca che era per metà sommersa dai flutti di Hìrimos, e sotto di esso vi era uno strano luccichio. Amdir prese la conca, la svuotò dall'acqua e verificò che galleggiasse. Poi prese l'oggetto dall'acqua. Appena lo estrasse notò che era un pugnale dall'elsa dorata. Evidentemente era sfuggito ai saccheggiatori. L'elsa, dorata era ricoperta da incisioni minuziose, e la lama lunga non più di una dozzina di pollici era sottile e lucente ed adorna da un lungo solco ondulato. Era uno dei pugnali più belli e antichi che Amdir avesse mai visto, mai ne aveva ricordato uno così. L'arrivo degli orchi gli ricordò di non avere tempo per contemplare, ma non avrebbe voluto che nè il pugnale nè Ereinion finissero nelle mani degli orchetti, così adagiò il piccolo nella conca, che rimase a galla e vi nascose il pugnale in modo che non si scorgesse. Non spinse la conca nella corrente ma la imboscò tra le canne. "E io che credevo che nella baracca vi abitasse ancora il vecchio eremita! Che il fiume ti protegga Ereinion, Sire di Làurinién! Anarinya!"

Gli voltò le spalle e, con la spada sguainata corse incontro agli orchi gridando:
"In nome di Sire Endacil e di Dama Eledwhen!" Cinque dei dieci orchi caddero sotto la sua furia, il sesto e settimo furono feriti, e assieme agli altri tre riuscirono a sopraffare il povero elfo tramortendolo. Così gli orchi, concentrati a far baldoria se ne tornavano indietro trascinando l'elfo tirandolo per un piede. La loro marcia di ritorno era coronata da canti sgradevoli che appartenevano alla loro razza. Nessuno di loro si era preso la briga di accertarsi che Amdir fosse effettivamente morto, stà di fatto che, mentre lo trascinavano, trascurando sassi e legni, Amdir cominciò pian piano a riacquistare i sensi. Quando si riebbe vide un cielo nero come la pece e privo di stelle, come se qualcuno le avesse spente. Sentì la forte presa dell'orco sul suo piede e tentò silenziosamente di osservarsi attorno notando che erano tornati nella foresta. Adesso stavano percorrendo i resti di un'antica via in disuso da parecchio tempo. Essa era costeggiata da una fitta boscaglia di alberi neri e con grotte buie e sinistre poste su alcune pareti dei monti più vicini. Amdir notò che non portava la sua spada, ma mentre lo trasciavano si imbattè in un robusto e spesso ramo appuntito. Lo prese e con cautela piantò il bastone fra le costole dell'orco che lo trainava. L'orco lo lasciò subito andare con un grido orribile e con la sua lama voltandosi tentò di uccidere Amdir che lo scansò ma venne comunque ferito. Con rapidità Amdir riuscì a recuperare la sua spada, che era tenuta come segno di vittoria da un'altro orco, uccidendo l'orco che la teneva con lo stesso legno che aveva dato lui la salvezza, così uccise anche l'orco ferito, e fuggì tra gli alberi. Non gli piaceva quel posto, ma non poteva farci nulla. L'unico orchetto ancora in vita cercò di rincorrerlo, ma Amdir era già sparito, nascondendosi in una delle grotte, e presto si diede per vinto e tornò nello spiazzo dove gli altri attendevano. Mentre gli orhi tentavano di portare Amdir nello spiazzo dal capo orco, accadde che dall'altro lato del fiume da una fitta boscaglia di canne e piante selvatiche, sbucò un vecchio curvo su di un corto bastone nodoso. Era attento a non far rumore e fissava il punto in cui Amdir aveva nascosto al conca. Dopo essersi accertato, dalla posizione in cui egli si trovava e che gli orchi fossero spariti dai dintorni, fece uscire, dal suo stesso nascondiglio una Asina dal grigio pelame che di solito usava montare, si diresse poco più a Est della baracca. Infatti vi era un punto in cui era possibile guadare il fiume, ma nessuno, eccetto l'eremita, lo sapeva. Gli altri dovevano fare un giro lungo andando parecchie miglia più a Est della baracca dove era possibile attraversare Hìrimos su un solido ponte roccioso. Appena guadato il corso, il vecchio si indirizzò oltre la casa diroccata, verso il nascondiglio della conca, e scostando le canne la trovò. Al suo interno il piccolo aveva preso ad agitarsi. Il vecchio allora lo prese con se, e con se prese anche il pugnale, tornando dalla sua Asina riattraversò il fiume.

"Povero piccolo!!" disse il vecchio guardando teneramente ciò che teneva fra le braccia "Ora tu verrai a Hìros con il buono e vecchio Ettelen!! Credo che ti porterò da Meldon! Lui saprà cosa fare con te!" e con queste parole si allontanò dal fiume dirigendosi ora verso Sud.

   
 
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