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Autore: Abby_da_Edoras    04/01/2010    1 recensioni
Autrice: Lady Arien. Trama: la mia storia segue le vicende del film "King Arthur" di Antoine Fuqua, ma nella mia versione i cavalieri non muoiono nella missione contro i Sassoni e restano uniti a creare un nuovo Paese, la Britannia. Ho introdotto anche un amore omosessuale (senza scene hard) fra Tristano e Galahad, che sono i miei personaggi preferiti. Spero che la ff vi piaccia.
Genere: Drammatico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Tutto attorno fervevano i preparativi, sotto la sovrintendenza di Lancillotto

Tutto attorno fervevano i preparativi, sotto la sovrintendenza di Lancillotto. Artù, invece, appariva distratto: aveva notato in mezzo alle capanne un uomo anziano che pendeva da una catena, seminudo e con la schiena lacerata dalle frustate. Infuriato per quella vista, aveva chiamato uno dei servi di Honorius e chiesto notizie di quell’uomo. Galahad pensò che quello fosse il momento adatto per provare a parlare con Tristano di ciò che lo assillava; il loro comandante era impegnato in tutt’altra questione.

“In tutta sincerità, Tristano, tu cosa ne pensi di questa spedizione?” gli chiese, avvicinandosi a lui con il suo destriero.

“Cosa ne dovrei pensare? Mi limito a fare quello che mi viene chiesto.”

“Ma questa famiglia romana… questa gente… guarda laggiù, per esempio: Artù sta liberando quel vecchio che è stato ridotto in fin di vita per aver disobbedito ad un ordine di quel grasso e tronfio romano. E noi dovremmo rischiare la vita per una persona simile?” disse il ragazzo, seguendo con gli occhi la scena drammatica che si stava svolgendo poco lontano.

“Dobbiamo, se vogliamo avere le carte di affrancamento” rispose tranquillamente il compagno. Per Tristano, evidentemente, la vita era molto semplice e non si poneva tanti problemi. Ma Galahad non era ancora arrivato al punto che gli premeva. Vide Artù che, dopo aver liberato il vecchio torturato e averlo affidato alle cure di alcune donne, si stava ora avvicinando ad una strana costruzione in pietra, priva di finestre, che sorgeva presso le mura della tenuta padronale. Alcuni soldati cercarono di fermarlo, ma lui avanzò verso l’edificio, sguainando la spada per farsi largo.

“Cosa c’è qui dentro?” domandò a nessuno in particolare, poi continuò: “La porta è stata murata. Abbattila, Dagonet”.

Il cavaliere obbedì subito, sfondando il muro a furia di colpi della sua poderosa ascia. Dietro c’era un’altra porta murata e Dagonet schiantò anche quella.

“Artù, non abbiamo tempo” protestò Lancillotto, scendendo da cavallo e avvicinandosi al suo comandante. Tuttavia anche lui era attratto dall’apertura che si affacciava su uno strettissimo corridoio sul quale si aprivano diverse celle. L’odore là dentro era insopportabile.

“Entriamo!” esclamò Artù, facendosi luce con una torcia. Lancillotto, Dagonet e Gawain lo seguirono. Bors rimase fuori con la spada sguainata a tenere a bada i soldati di Marius, mentre Galahad e Tristano restarono in sella ai loro cavalli, senza prendere parte a quell’azione. Il ragazzo notò che il compagno appariva lievemente seccato da quell’interruzione.

“Artù, dovremmo sbrigarci ad andarcene di qui” provò a dirgli, ma il suo comandante lo ignorò. Ormai era già entrato nell’edificio con gli altri tre cavalieri.

“I Sassoni sono molto vicini, vero? Se non partiamo subito ce li ritroveremo addosso e Artù non dovrebbe perdere tempo così. Non trovi?” gli chiese Galahad, cercando di rientrare nell’argomento che gli premeva.

“Io gliel’ho detto” replicò Tristano, lasciando trasparire una leggera punta di irritazione. “Più di così non posso fare.”   

“E ti pare giusto? Voglio dire, la tavola rotonda e tutti i discorsi sull’uguaglianza e poi siamo stati costretti a seguirlo in missione fin quassù. E questo non basta ancora! Oltre alla famiglia romana, che i Sassoni se la portino, ci dovremo trascinare dietro uno stuolo di persone che ci rallenteranno nel cammino. Artù ha ascoltato il nostro parere? Neanche per sogno! Prima ti manda in ricognizione a sfidare chissà quali pericoli e poi non segue nemmeno i tuoi suggerimenti” continuò il giovane, dando finalmente via libera a tutte le lamentele che si era tenuto dentro dall’inizio del viaggio. Tristano, però, non gli dava molta soddisfazione.

“Sono io il miglior esploratore ed è logico che sia io ad andare in ricognizione. Se poi lui non vuole seguire le mie indicazioni sono affari suoi.”

“Eh no, sono affari nostri, perché se moriamo in questa missione…” riprese Galahad, sempre più infuriato. Stavolta, però, si interruppe, vedendo i cavalieri che uscivano dalla costruzione: Gawain e Lancillotto tenevano prigionieri due monaci dall’aria esaltata, Artù aveva in braccio una giovane donna e Dagonet un bambino, entrambi ridotti pelle ed ossa e quasi in fin di vita. I due vennero deposti delicatamente a terra e gli venne data dell’acqua. A quel punto intervenne Marius Honorius, fuori di sé dalla rabbia, seguito dalla moglie Fulcinia.

Cosa state facendo? Non avete il diritto!” ululò, ma Artù lo zittì subito.

“Là dentro ci sono decine di persone come loro, morte per la fame, la sete e le torture. Puoi spiegarmi questo, animale?” ringhiò.

“Sono solo pagani!” si giustificò Marius, molto poco opportunamente. Le sue parole scatenarono ancor di più la rabbia di Galahad.

“Lo siamo anche noi, e allora?” gridò, avvicinandosi pericolosamente al romano. Adesso quella missione gli sembrava più assurda che mai. Erano venuti lassù per salvare un pazzo fanatico che torturava e uccideva la gente per le sue convinzioni religiose? Perché non lo avevano lasciato a discutere di religione con i Sassoni?

L’uomo si rivolse con odio alla moglie.

“Sei stata tu, tu l’hai aiutata a restare in vita!” urlò, colpendola con un violento ceffone che la fece cadere a terra. Artù reagì subito con un pugno violento che mandò il tronfio romano lungo disteso nella polvere.

“Non la passerete liscia” esclamò Marius con odio. “Appena saremo al Vallo informerò il vescovo Germanus della vostra insolenza e la pagherete cara!”

Per nulla impressionato, il comandante sarmata si buttò su di lui, puntandogli la spada alla gola.

“Forse dovrei ucciderti subito e decidere così il mio destino, ma non voglio insudiciare la mia spada” sibilò. Poi lasciò cadere l’uomo nella polvere, rimise la spada nel fodero e diede ordine ai suoi uomini di disporsi per la partenza.

Il rullo dei tamburi dei Sassoni si faceva sempre più vicino.

 

La carovana si mise in marcia. I feriti erano distesi su un carro coperto da un telone; Fulcinia e Dagonet si occupavano di loro. Artù si avvicinava ogni tanto per chiedere informazioni sulla ragazza e il bambino. Il sentiero era stretto ed innevato e molte persone dovevano spostarsi a piedi, non avendo né un carro né un cavallo.

Lancillotto affiancò il proprio destriero a quello del suo comandante ed amico. Gettò un’occhiata alla giovane distesa nel carro, che si era ripresa ed osservava tutto con i suoi occhi neri e penetranti, poi si allontanò di nuovo, portandosi in testa alla fila di carri. Artù lo seguì, sperando in un’occasione propizia per parlargli, ma Lancillotto era ancora seccato.

“Questa gente ci sta rallentando. Se andiamo avanti così, presto i Sassoni ci saranno addosso” gli disse in tono polemico.

“Non lascerò questa gente qui a morire” ribadì seccamente Artù.

Lancillotto sorrise amaramente.

“Questa missione è veramente per Roma… o è per Artù?” domandò sarcastico, poi si allontanò senza attendere una risposta.

Rimasto solo, il comandante si guardò intorno. Si stava avvicinando una tormenta e probabilmente si sarebbero dovuti fermare per la notte. Una sosta avrebbe reso ancor più drammatica la loro situazione, anche lui sentiva il rullare dei tamburi sassoni sempre più vicino e sapeva che grave pericolo incombesse, ma capiva anche che molte persone sarebbero morte se avessero camminato tutta la notte sotto la neve. Lo addolorava che Lancillotto non comprendesse e che mantenesse l’atteggiamento ostile che aveva avuto fin dalla partenza. Non erano mai stati così a lungo senza quasi parlarsi.

Ben presto Tristano, seguito immancabilmente da Galahad, gli si avvicinò a cavallo.

“Prima che giunga la notte dovremo trovare una radura in cui accamparci, o questa gente morirà” gli spiegò Artù. “Tristano, devo chiederti di andare in ricognizione e informarci sulla posizione dei Sassoni.”

Il cavaliere annuì. Stava per partire, quando risuonò la voce di Galahad.

“E invece no! Artù, i Sassoni sono vicini e tu non puoi mandare così tranquillamente Tristano a rischiare la vita. Siamo noi i tuoi uomini e tu hai promesso di riportarci sani e salvi” si ribellò con veemenza. “Adesso però stai anteponendo questi sconosciuti a noi! E, in ogni caso, se i nemici ci attaccheranno, queste persone saranno comunque uccise”.

La protesta inattesa del suo guerriero più giovane lasciò per un attimo Artù senza parole.

“Come ti permetti di discutere un mio ordine? Io sto facendo quello che ritengo meglio per tutti e in ogni caso non devo dare spiegazioni a te!” lo rimproverò. Il tono era più infuriato di quanto avrebbe voluto, ma l’uomo era esausto, ancora sconvolto per ciò che aveva visto nella tenuta di Honorius e lacerato per la manifesta ostilità del suo migliore amico. Non poteva lasciare che la sua autorità sui cavalieri venisse meno.

E io non sopporto che sia sempre Tristano a dover rischiare la vita in esplorazione. Se proprio vuoi che ci vada, allora io andrò con lui! Non lo lascio solo!” continuò il ragazzo, meno polemico e più disperato.

Artù stava per controbattere nuovamente alle strane parole del giovane, ma fu Tristano a risolvere la questione. Si avvicinò al destriero di Galahad, posò affettuosamente una mano sul braccio del compagno e gli parlò con voce calma e rassicurante.

“Non mi succederà niente e tu non puoi venire con me. Te l’ho detto, sono il miglior esploratore fra noi e so come fare, conosco le strade e i nascondigli giusti. Se venissi anche tu, dovrei pensare a te e tenerti al sicuro e allora sì che saremmo entrambi in pericolo. Non ti preoccupare, tornerò presto.”

Le parole del cavaliere calmarono Galahad che, pur rabbuiato, annuì. Tristano lanciò il suo falco e partì al galoppo, seguendo il volatile.

Artù restò in testa al gruppo, guardandosi intorno alla ricerca di una radura per accamparsi. La neve gli sferzava il viso e mille pensieri gli turbinavano in mente. Non immaginava che esistessero persone, come Marius Honorius, che si consideravano investiti da Dio e con questa scusa asservivano i più poveri e torturavano chi non obbediva loro. Era questa, dunque, la vera Roma? Forse Lancillotto aveva ragione a criticare sempre i romani. Avrebbero dovuto parlarne, in questo modo magari anche la frattura fra loro si sarebbe ricomposta. E Galahad, poi? Aveva rifiutato quella spedizione fin dal principio, ma non si era mai ribellato ad un suo ordine prima di allora. E lo aveva fatto perché temeva per l’incolumità di Tristano, non per se stesso. Artù non si era mai accorto che i due cavalieri fossero tanto legati e aveva trovato singolare anche il comportamento del suo esploratore, che aveva calmato Galahad con poche parole affettuose. Cosa stava accadendo attorno a lui? Il comandante dei Sarmati si sentiva confuso e non era più sicuro di cosa fosse meglio fare.   

 

   
 
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