IV
Alle nuove reclute non venne dato nemmeno il tempo per riposare dopo il viaggio.
Secondo il generale Gawer, dovevano subito capire come andavano le cose lì. Non
esisteva la noia, non esisteva l’ozio, non esisteva la pigrizia. La prima
regola che venne loro insegnata fu “chi non lavora non
mangia”.
-bene, ora che avete capito questo, allineatevi. In fretta!
Tutti i giovani, forse un po’
intimoriti da tanta autorità, si allinearono in pochi secondi. Gawer passò
davanti a loro e li scrutò uno ad uno con il suo occhio critico ed esperto.
-porgetemi le vostre pergamene.
I ragazzi non se lo fecero ripetere
due volte; subito tirarono fuori le pergamene, senza nemmeno sapere cosa vi
fosse scritto. Era, infatti, stato proibito loro di aprirle. Il generale le
lesse una per volta e divise i ragazzi in piccoli gruppi.
-medici, alla mia
destra: Anthea e Arizona; arcieri, alla mia sinistra: Basir, Gerian, Maira,
Tirsi e William; gli altri tre, soldati con la spada, sono Arida, Islanda e
Kiril. Bene,
possiamo andare adesso. Seguitemi.
Le dieci nuove reclute si incamminarono a passo svelto dietro il generale Gawer, il
quale le condusse verso un edificio di pietra color ambra e con una grande
finestra circolare al centro, da cui si sporgeva un grosso gatto bianco. I
giovani non sapevano da che parte guardare, tante erano
le cose attorno a loro così diverse dalla bella accademia. Entrarono in
silenzio e quasi con riverenza nell’edificio arancione e si arrestarono in
mezzo a una sala con il pavimento in marmo e arredata
in modo spartano ma abbastanza accogliente. I dieci si accorsero di essere osservati
e alzarono lo sguardo verso i balconi che davano verso l’interno della sala,
dai quali erano affacciati i volti di altri ragazzi di
circa la loro età che li guardavano con sguardo acceso e curioso. Gawer non
diede loro tempo per chiedersi cosa ci facessero lì tutte quelle persone,
subito prese a parlare con la sua voce baritonale.
-quelli che vedete sono i vostri
nuovi compagni. Alcuni di loro sono giunti qui oggi,
come voi, da un’altra accademia; gli altri sono arrivati qualche settimana o
mese fa, alcuni anche un anno fa. Saranno i vostri compagni, i vostri amici, la
vostra famiglia e forse alcuni di loro in futuro saranno i vostri capi o voi
sarete i loro. Rispettateli e vi rispetteranno. Le liti, se ce ne saranno,
saranno risolte al di fuori di questo edificio. È
inutile dirvi che non abbiamo bisogno di ragazze gravide tra le nostre schiere,
quindi condividete pure tutto tra di voi, tranne i
letti. Chi infrange queste semplici regole… beh, non infrangetele perché la
punizione non è delle meno severe. Ora andate a
sistemarvi nelle vostre camere al piano di sopra, troverete sulle porte i
vostri nomi quindi non c’è bisogno che nessuno vi
guidi come bambini. Arcieri in fondo al corridoio, spadaccini
nel primo corridoio a sinistra e i medici in quello a destra. Vi aspetto
qui tra mezz’ora.
Senza nemmeno lasciare a qualcuno il
tempo di fare domande o ribattere Gawer girò i tacchi e uscì dall’edificio.
Aveva sorpreso le nuove reclute con quel discorso pacato
e allo stesso tempo minaccioso e le aveva lasciate lì con uno strano amaro in
bocca. Forse nessuno di loro aveva mai pensato alle cose da
lui dette.
Anthea e Islanda si lanciarono uno sguardo preoccupato, all’idea di non stare
nello stesso corridoio, Gerian invece, che già se lo aspettava, prese sul ridere
il discorso del generale. Tutti i ragazzi, dopo un attimo di smarrimento,
salirono le grandi scale di marmo che portavano al piano di sopra, per poi
dividersi a seconda della loro ripartizione. Islanda
girò a sinistra ed entrò in un corridoio lungo una decina di metri, con delle
porte sistemate a distanza regolare tra loro su entrambi i lati del corridoio.
La ragazza-tigre scorse le porte una ad una e finalmente in cima ad una porta
sulla destra lesse i nomi Amanda Eliha Islanda. Islanda bussò timidamente a
quella porta e le aprì Eliha. La ragazza un po’ spaesata si ritrovò di fronte
una ragazzina bassa e con una nuvola di capelli rossi e ricci in testa. I
capelli erano sicuramente la prima cosa che saltava
all’occhio. Studiandola un po’ meglio, Islanda notò anche gli occhi
azzurri e leggermente a mandorla, la carnagione chiarissima e delle evidenti
efelidi sulla faccia e le spalle. Nel frattempo le presentazioni erano fatte.
Bastò un sorriso delle nuove coinquiline per far sciogliere la tensione della ragazza-tigre.
Anche Amanda si presentò in modo cordiale alla nuova
arrivata, così Islanda poté studiare fisicamente anche lei. Era più alta di Eliha, i capelli erano neri ed erano tenuti insieme da
una treccia che arrivava a stento alle spalle della ragazza; gli occhi erano
grandi e scuri come i capelli. Anche la sua carnagione
era molto scura, quasi mulatta. Era insomma, dal punto di
vista fisico, completamente diversa da Eliha.
-allora Islanda, da dove vieni?
Era stata Eliha a parlare, con una
vocetta perfettamente adatta alla sua statura e a tutta la sua persona in
generale.
-dalla scuola di Benn, quella a sud
della città. Voi?
-io dall’accademia di
Iridia, una città vicino la costa, ci sei mai stata?
-no, non l’ho mai sentita come città.
È molto lontana da qui?
-beh abbastanza. È sul mare! È una
città bellissima e la prima cosa che ti insegnano all’accademia
è a combattere sott’acqua! Tu lo sai fare?
-no, non mi hanno mai insegnato una
cosa del genere. A Benn non c’è il mare e nemmeno un piccolo lago in realtà…
anche se a casa mia…
-oh, che peccato! Se vuoi allora un
giorno di questi ti insegno! C’è un lago appena fuori
la città! Vuoi che ti insegni allora? Vedrai che ti
divertirai un sacco! Allora?
Islanda era sommersa dalla petulante
parlantina di Eliha e non riuscì nemmeno a collegare
le idee per creare una frase di senso compiuto. Fortunatamente, in suo aiuto
intervenne Amanda.
-calmati Eliha. È appena arrivata,
lasciale il tempo di ambientarsi e di riprendersi da tutto questo. Penserai
dopo a insegnarle a combattere sott’acqua.
La voce di Amanda
era ben diversa da quella di Eliha. Era calda e confortante, piacevole per le
orecchie frastornate di Islanda, come un cucchiaio di
dolce miele in una zuppa amara. Con lo sguardo la
ragazza-tigre ringraziò Amanda e con un fil di voce riuscì a pronunciare una
domanda che le premeva da qualche minuto.
-voi che ci siete già passate, cosa
vuole adesso il generale Gawer da noi? Perché vuole
che scendiamo tra poco?
-oh non preoccuparti, vi deve solo
dare le vostre divise. Anche con noi aveva fatto così!
Fa tanto il misterioso, ma deve solo spaventarvi un po’. Tra un paio di giorni
vedrai che tu e tutte le altre nuove reclute vi affezionerete
già a lui.
-ahah! Sì vedrai,
vedrai! E poi lui è così bello!
Eliha in quel momento aveva un’aria
trasognata da principessa in un castello, più che quella di una guerriera.
Islanda non poté fare a meno di alzare le sopracciglia scure con aria sorpresa.
Amanda la tirò fuori da quel momento di imbarazzo.
-adesso sei troppo spaventata dalla
sua uniforme per poterti accorgere del suo aspetto fisico, cosa che invece ha
già fatto da tempo la nostra Eliha.
Nella calda voce di
Amanda c’era una vena non tanto sottile di rimprovero e disapprovazione,
ma solo guardando il sorriso sognante della sua compagna, tutto il rimprovero
si trasformò in un semplice sguardo d’ilarità.
Effettivamente l’aspetto fisico del
generare non era male. Profondi occhi grigi che sembrava guardassero
sempre verso l’infinito, capelli castani tagliati molto corti probabilmente per
comodità. Aveva labbra carnose, ma che avevano un’espressione perennemente
triste e assorta, come se fossero d’accordo con gli occhi. I lineamenti in
generale erano severi, ma molto affascinanti più che belli. Il tutto era poi
corredato da un perfetto fisico atletico e un portamento militare che concludeva magnificamente il quadro. Insomma, non era
proprio un uomo da passare inosservato.
Dopo circa venti minuti di
chiacchiere con le sue nuove compagne di stanza, riguardo il
generale, i combattimenti sott’acqua e altri argomenti banali, Islanda si
decise a scendere di sotto in attesa di ricevere dal generale la sua divisa. A una prima occhiata alle due ragazze che avrebbero diviso
la stanza con lei, non si era accorta che indossavano entrambe gli stessi
vestiti.
Puntuale come si doveva al suo rango,
Gawer entrò nell’atrio dove aveva lasciato precedentemente
le nuove reclute. Questa volta era accompagnato da un ragazzo più giovane che
trasportava un carrello di legno con impilate delle divise militari. Notando lo
sguardo un po’ sorpreso dei ragazzi, subito spiegò loro di cosa si trattasse.
-beh, non penserete di certo di
potervi vestire come vi pare! Indosserete esattamente le stesse divise di tutti
gli altri: queste divise.
Detto questo, fece un cenno al
ragazzo del carrello e questi subito si mosse e distribuì le divise a seconda delle misure a tutti i ragazzi. Consegnate
le divise, il generale congedò tutti i ragazzi avvertendoli di non fare
tardi per il pranzo. Islanda subito si ricongiunse ad Anthea e Gerian per
sapere come fosse la loro situazione in camera. L’espressione di Gerian non era delle più felici.
-ho in camera uno zotico di quelli
pazzeschi! A momenti non mi faceva entrare in camera perché non mi voleva!
Mancava poco che buttassi giù la porta!
-che esagerato che sei! Magari non è così
male come pensi…
-sì invece! Tu vedi sempre il buono
nelle persone, io no!
Sentendo i due amici bisticciare
così, a Islanda tornò in parte il buon umore. Anthea
intanto, non curandosi più del cattivo umore di Gerian, iniziò a descrivere la
sua compagna di stanza. Era una ragazza silenziosa e all’apparenza timida, con
i capelli biondi tagliati corti come un ragazzo, gli occhi castani un po’
troppo ravvicinati e un nasino piccino come quello di un bimbo. Insomma, era
una ragazza ordinaria, che a vederla non la si sarebbe
certamente detta una guerriera, né tanto meno un medico adatto ai campi di
battaglia. Il suo nome era Isidia, forse un nome un po’ troppo esotico per una
persona dal viso così comune.
-e invece lo zotico in camera con te
come si chiama? Almeno gli hai chiesto il nome?
-sì, si chiama Iago. Almeno credo, da
quello che ha borbottato mentre cercavo di sbattere le sue cose giù dal mio
letto!
-carino come nome!
Proprio mentre ne parlavano, spuntò
dalla cima delle scale Iago. Inizialmente i ragazzi videro solo le spalle
larghe e il viso abbronzato, poi quando scese le scale per raggiungerli,
poterono osservarlo bene. Non aveva l’aspetto di uno zotico, era un bel giovane
sui vent’anni, con i capelli biondo cenere e gli occhi
azzurro chiaro, quasi grigi.
-ehi, Gerio! Aspettami! Abbiamo
iniziato con il piede sbagliato noi due!
La sua voce non era
sgradevole, era ancora una voce da ragazzino un po’ immaturo.
-mi chiamo Gerian, razza di zotico!
-adesso però sei tu lo zotico,
Gerian!
Islanda aveva riportato alle buone
maniere il suo amico.
-perdonalo, a volte
è un po’
sgradevole.
-io? Sgradevole? Avete sentito come
mi ha chiamato?
Iago, che non era ancora abituato ai
battibecchi dei tre amici, sorrise un po’ imbarazzato e le guance gli si infiammarono mentre chiedeva scusa a Gerian.
-e va bene, scuse accettate. Ma non chiamarmi mai più Gerio!
Iago sorrise, mostrando una fila di bei denti
bianchi, che per un secondo riuscirono a incantare Anthea.
-volete che vi accompagni a fare un
giro?
-sì, perché no!
Gli altri tre erano entusiasti.
Avevano proprio bisogno di una guida. Sentendo quello che stavano
per fare, dalle scale corse giù anche Amanda.
-aspettatemi! Vi accompagno anche io!
La ragazza allora salutò Iago e si
unì alla compagnia. Gli occhi scuri di Gerian lampeggiarono un attimo
nell’incontrare quelli ancor più scuri della nuova arrivata.