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Autore: jellyfish    05/01/2010    0 recensioni
Dal capitolo 2: "Distolto lo sguardo dallo specchio entrò nella vasca e si lasciò cullare dolcemente dall’acqua calda e stordire dal vapore. Era in momenti del genere che la sua mente iniziava a vagare verso una direzione ben precisa. Ripensava a Islanda. Nonostante il tempo passato, gli mancava come se si fossero separati il giorno prima, la sua era una ferita ancora aperta e dolorosa..."
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IV

IV

 

Alle nuove reclute non venne dato nemmeno il tempo per riposare dopo il viaggio. Secondo il generale Gawer, dovevano subito capire come andavano le cose lì. Non esisteva la noia, non esisteva l’ozio, non esisteva la pigrizia. La prima regola che venne loro insegnata fu “chi non lavora non mangia”.

-bene, ora che avete capito questo, allineatevi. In fretta!

Tutti i giovani, forse un po’ intimoriti da tanta autorità, si allinearono in pochi secondi. Gawer passò davanti a loro e li scrutò uno ad uno con il suo occhio critico ed esperto.

-porgetemi le vostre pergamene.

I ragazzi non se lo fecero ripetere due volte; subito tirarono fuori le pergamene, senza nemmeno sapere cosa vi fosse scritto. Era, infatti, stato proibito loro di aprirle. Il generale le lesse una per volta e divise i ragazzi in piccoli gruppi.

-medici, alla mia destra: Anthea e Arizona; arcieri, alla mia sinistra: Basir, Gerian, Maira, Tirsi e William; gli altri tre, soldati con la spada, sono Arida, Islanda e Kiril. Bene, possiamo andare adesso. Seguitemi.

Le dieci nuove reclute si incamminarono a passo svelto dietro il generale Gawer, il quale le condusse verso un edificio di pietra color ambra e con una grande finestra circolare al centro, da cui si sporgeva un grosso gatto bianco. I giovani non sapevano da che parte guardare, tante erano le cose attorno a loro così diverse dalla bella accademia. Entrarono in silenzio e quasi con riverenza nell’edificio arancione e si arrestarono in mezzo a una sala con il pavimento in marmo e arredata in modo spartano ma abbastanza accogliente. I dieci si accorsero di essere osservati e alzarono lo sguardo verso i balconi che davano verso l’interno della sala, dai quali erano affacciati i volti di altri ragazzi di circa la loro età che li guardavano con sguardo acceso e curioso. Gawer non diede loro tempo per chiedersi cosa ci facessero lì tutte quelle persone, subito prese a parlare con la sua voce baritonale.

-quelli che vedete sono i vostri nuovi compagni. Alcuni di loro sono giunti qui oggi, come voi, da un’altra accademia; gli altri sono arrivati qualche settimana o mese fa, alcuni anche un anno fa. Saranno i vostri compagni, i vostri amici, la vostra famiglia e forse alcuni di loro in futuro saranno i vostri capi o voi sarete i loro. Rispettateli e vi rispetteranno. Le liti, se ce ne saranno, saranno risolte al di fuori di questo edificio. È inutile dirvi che non abbiamo bisogno di ragazze gravide tra le nostre schiere, quindi condividete pure tutto tra di voi, tranne i letti. Chi infrange queste semplici regole… beh, non infrangetele perché la punizione non è delle meno severe. Ora andate a sistemarvi nelle vostre camere al piano di sopra, troverete sulle porte i vostri nomi quindi non c’è bisogno che nessuno vi guidi come bambini. Arcieri in fondo al corridoio, spadaccini nel primo corridoio a sinistra e i medici in quello a destra. Vi aspetto qui tra mezz’ora.

Senza nemmeno lasciare a qualcuno il tempo di fare domande o ribattere Gawer girò i tacchi e uscì dall’edificio. Aveva sorpreso le nuove reclute con quel discorso pacato e allo stesso tempo minaccioso e le aveva lasciate lì con uno strano amaro in bocca. Forse nessuno di loro aveva mai pensato alle cose da lui dette.

Anthea e Islanda si lanciarono uno sguardo preoccupato, all’idea di non stare nello stesso corridoio, Gerian invece, che già se lo aspettava, prese sul ridere il discorso del generale. Tutti i ragazzi, dopo un attimo di smarrimento, salirono le grandi scale di marmo che portavano al piano di sopra, per poi dividersi a seconda della loro ripartizione. Islanda girò a sinistra ed entrò in un corridoio lungo una decina di metri, con delle porte sistemate a distanza regolare tra loro su entrambi i lati del corridoio. La ragazza-tigre scorse le porte una ad una e finalmente in cima ad una porta sulla destra lesse i nomi Amanda Eliha Islanda. Islanda bussò timidamente a quella porta e le aprì Eliha. La ragazza un po’ spaesata si ritrovò di fronte una ragazzina bassa e con una nuvola di capelli rossi e ricci in testa. I capelli erano sicuramente la prima cosa che saltava all’occhio. Studiandola un po’ meglio, Islanda notò anche gli occhi azzurri e leggermente a mandorla, la carnagione chiarissima e delle evidenti efelidi sulla faccia e le spalle. Nel frattempo le presentazioni erano fatte. Bastò un sorriso delle nuove coinquiline per far sciogliere la tensione della ragazza-tigre. Anche Amanda si presentò in modo cordiale alla nuova arrivata, così Islanda poté studiare fisicamente anche lei. Era più alta di Eliha, i capelli erano neri ed erano tenuti insieme da una treccia che arrivava a stento alle spalle della ragazza; gli occhi erano grandi e scuri come i capelli. Anche la sua carnagione era molto scura, quasi mulatta. Era insomma, dal punto di vista fisico, completamente diversa da Eliha.

-allora Islanda, da dove vieni?

Era stata Eliha a parlare, con una vocetta perfettamente adatta alla sua statura e a tutta la sua persona in generale.

-dalla scuola di Benn, quella a sud della città. Voi?

-io dall’accademia di Iridia, una città vicino la costa, ci sei mai stata?

-no, non l’ho mai sentita come città. È molto lontana da qui?

-beh abbastanza. È sul mare! È una città bellissima e la prima cosa che ti insegnano all’accademia è a combattere sott’acqua! Tu lo sai fare?

-no, non mi hanno mai insegnato una cosa del genere. A Benn non c’è il mare e nemmeno un piccolo lago in realtà… anche se a casa mia…

-oh, che peccato! Se vuoi allora un giorno di questi ti insegno! C’è un lago appena fuori la città! Vuoi che ti insegni allora? Vedrai che ti divertirai un sacco! Allora?

Islanda era sommersa dalla petulante parlantina di Eliha e non riuscì nemmeno a collegare le idee per creare una frase di senso compiuto. Fortunatamente, in suo aiuto intervenne Amanda.

-calmati Eliha. È appena arrivata, lasciale il tempo di ambientarsi e di riprendersi da tutto questo. Penserai dopo a insegnarle a combattere sott’acqua.

La voce di Amanda era ben diversa da quella di Eliha. Era calda e confortante, piacevole per le orecchie frastornate di Islanda, come un cucchiaio di dolce miele in una zuppa amara. Con lo sguardo la ragazza-tigre ringraziò Amanda e con un fil di voce riuscì a pronunciare una domanda che le premeva da qualche minuto.

-voi che ci siete già passate, cosa vuole adesso il generale Gawer da noi? Perché vuole che scendiamo tra poco?

-oh non preoccuparti, vi deve solo dare le vostre divise. Anche con noi aveva fatto così! Fa tanto il misterioso, ma deve solo spaventarvi un po’. Tra un paio di giorni vedrai che tu e tutte le altre nuove reclute vi affezionerete già a lui.

-ahah! Sì vedrai, vedrai! E poi lui è così bello!

Eliha in quel momento aveva un’aria trasognata da principessa in un castello, più che quella di una guerriera. Islanda non poté fare a meno di alzare le sopracciglia scure con aria sorpresa. Amanda la tirò fuori da quel momento di imbarazzo.

-adesso sei troppo spaventata dalla sua uniforme per poterti accorgere del suo aspetto fisico, cosa che invece ha già fatto da tempo la nostra Eliha.

Nella calda voce di Amanda c’era una vena non tanto sottile di rimprovero e disapprovazione, ma solo guardando il sorriso sognante della sua compagna, tutto il rimprovero si trasformò in un semplice sguardo d’ilarità.

Effettivamente l’aspetto fisico del generare non era male. Profondi occhi grigi che sembrava guardassero sempre verso l’infinito, capelli castani tagliati molto corti probabilmente per comodità. Aveva labbra carnose, ma che avevano un’espressione perennemente triste e assorta, come se fossero d’accordo con gli occhi. I lineamenti in generale erano severi, ma molto affascinanti più che belli. Il tutto era poi corredato da un perfetto fisico atletico e un portamento militare che concludeva magnificamente il quadro. Insomma, non era proprio un uomo da passare inosservato.

Dopo circa venti minuti di chiacchiere con le sue nuove compagne di stanza, riguardo il generale, i combattimenti sott’acqua e altri argomenti banali, Islanda si decise a scendere di sotto in attesa di ricevere dal generale la sua divisa. A una prima occhiata alle due ragazze che avrebbero diviso la stanza con lei, non si era accorta che indossavano entrambe gli stessi vestiti.

Puntuale come si doveva al suo rango, Gawer entrò nell’atrio dove aveva lasciato precedentemente le nuove reclute. Questa volta era accompagnato da un ragazzo più giovane che trasportava un carrello di legno con impilate delle divise militari. Notando lo sguardo un po’ sorpreso dei ragazzi, subito spiegò loro di cosa si trattasse.

-beh, non penserete di certo di potervi vestire come vi pare! Indosserete esattamente le stesse divise di tutti gli altri: queste divise.

Detto questo, fece un cenno al ragazzo del carrello e questi subito si mosse e distribuì le divise a seconda delle misure a tutti i ragazzi. Consegnate le divise, il generale congedò tutti i ragazzi avvertendoli di non fare tardi per il pranzo. Islanda subito si ricongiunse ad Anthea e Gerian per sapere come fosse la loro situazione in camera. L’espressione di Gerian non era delle più felici.

-ho in camera uno zotico di quelli pazzeschi! A momenti non mi faceva entrare in camera perché non mi voleva! Mancava poco che buttassi giù la porta!

-che esagerato che sei! Magari non è così male come pensi…

-sì invece! Tu vedi sempre il buono nelle persone, io no!

Sentendo i due amici bisticciare così, a Islanda tornò in parte il buon umore. Anthea intanto, non curandosi più del cattivo umore di Gerian, iniziò a descrivere la sua compagna di stanza. Era una ragazza silenziosa e all’apparenza timida, con i capelli biondi tagliati corti come un ragazzo, gli occhi castani un po’ troppo ravvicinati e un nasino piccino come quello di un bimbo. Insomma, era una ragazza ordinaria, che a vederla non la si sarebbe certamente detta una guerriera, né tanto meno un medico adatto ai campi di battaglia. Il suo nome era Isidia, forse un nome un po’ troppo esotico per una persona dal viso così comune.

-e invece lo zotico in camera con te come si chiama? Almeno gli hai chiesto il nome?

-sì, si chiama Iago. Almeno credo, da quello che ha borbottato mentre cercavo di sbattere le sue cose giù dal mio letto!

-carino come nome! 

Proprio mentre ne parlavano, spuntò dalla cima delle scale Iago. Inizialmente i ragazzi videro solo le spalle larghe e il viso abbronzato, poi quando scese le scale per raggiungerli, poterono osservarlo bene. Non aveva l’aspetto di uno zotico, era un bel giovane sui vent’anni, con i capelli biondo cenere e gli occhi azzurro chiaro, quasi grigi.

-ehi, Gerio! Aspettami! Abbiamo iniziato con il piede sbagliato noi due!

La sua voce non era sgradevole, era ancora una voce da ragazzino un po’ immaturo.

-mi chiamo Gerian, razza di zotico!

-adesso però sei tu lo zotico, Gerian!

Islanda aveva riportato alle buone maniere il suo amico.

-perdonalo, a volte è un po’ sgradevole.

-io? Sgradevole? Avete sentito come mi ha chiamato?

Iago, che non era ancora abituato ai battibecchi dei tre amici, sorrise un po’ imbarazzato e le guance gli si infiammarono mentre chiedeva scusa a Gerian.

-e va bene, scuse accettate. Ma non chiamarmi mai più Gerio!

Iago sorrise, mostrando una fila di bei denti bianchi, che per un secondo riuscirono a incantare Anthea.

-volete che vi accompagni a fare un giro?

-sì, perché no!

Gli altri tre erano entusiasti. Avevano proprio bisogno di una guida. Sentendo quello che stavano per fare, dalle scale corse giù anche Amanda.

-aspettatemi! Vi accompagno anche io!

La ragazza allora salutò Iago e si unì alla compagnia. Gli occhi scuri di Gerian lampeggiarono un attimo nell’incontrare quelli ancor più scuri della nuova arrivata.

 

  
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