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Autore: likeasong    06/01/2010    2 recensioni
-Perdonami, non mi sono presentato. Sono J.. Justin.- disse il moro, allungando una mano verso di lei. Lily prese la sua mano riluttante e si presentò, mentre fissava per la prima volta negli occhi il suo vicino, le sembrò quasi di averlo già visto, ma sicuramente era un’allucinazione dovuta alle luci del bancone. Prese a giocherellare con il bicchiere fra le sue dita: faceva sempre così quando sentiva che c’era qualcosa che non andava.
New York. I Jonas sono cresciuti e cambiati, ma nuovi incontri trasformeranno la loro vita.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Salve a tutti,
mi chiamo Dalma. Ho 16 anni bla bla bla
Questa long ha come rating giallo perchè potrebbero esserci alcune parolacce sparse qua e là e qualche riferimento all' alcool, al sesso e alla droga.
Purtroppo non potrò aggiornare troppo spesso, una volta a settimana se tutto va bene, causa scuola e altri impegni.
Beh, buona lettura. ;D
Hope you like it.
Questo scritto non è a fini di lucro e i Jonas Brothers non mi appartengono (chissà). Tutti gli altri personaggi sono di mia invenzione, quindi mi appartengono. =D
Capitolo 1.
Everything is moving so fast and  you can’t stop it.
Can you feel it now?
These walls that they put up
To hold us back
Will fall down
It's a revolution
The time will come for us to finally win
We'll sing hallelujah
We'll sing hallelujah, oh
Taylor Swift - Change
Ventotto. Ventotto anni della sua vita che stavano esplodendo nel petto. Ventotto anni sprecati per aver fatto sempre ciò che voleva sua madre. Ventotto anni buttati nel cesso.
Lily passeggiava sul tetto di quel grattacielo, senza saper neppure bene come si era ritrovata lì, con una sigaretta tra l’indice e il medio. Aveva smesso di fumare da un paio d’anni, ma si sa, una persona non perde mai del tutto il vizio, rimane intaccato nel profondo delle nostre anime nell’attesa di ricomparire nel momento opportuno. Questo era il momento. Era crollata di nuovo in una delle sue crisi paranoiche. Lily aveva tutto dalla vita, ma chi ha tutto si lamenta lo stesso perché vorrebbe avere di più di quello che ha.
Il rumore dei tacchi riempiva il silenzio assordante che c’era a quell’altezza: era quasi impossibile immaginare che a qualche centinaio di metri da lì, il caos assordante del traffico di New York delle sei e mezza avrebbe fatto tappare le orecchie addirittura ad un sordo.
Si appoggiò al muro, buttò quel che restava della sigaretta a terra e la schiacciò con il piede. Rimase a fissare l’orizzonte, coperto da qualche grattacielo, ancora per qualche minuto e poi si ridestò.
Passò una mano sulla giacca beige per togliere l’eventuale polvere che si era andata a posare, risistemò la seria acconciatura e si diresse decisa verso la porticina che portava all’ultimo piano.
Il suo passo risuonava deciso nel corridoio infinito che portava alla porta del suo capo. Bussò e senza attendere risposta entrò.
-Buonasera, mi aveva fatto chiamare?- chiese Lily, puntando uno sguardo all’uomo che osservava oltre la finestra. La sua sagoma scura in controluce, con quelle spalle larghe e una mole tutt’altro che piccola, avrebbero messo inquietudine a chiunque ci avesse gettato anche solo uno sguardo, ma non a lei. Conosceva quell’uomo da quando era nata e, grazie all’amicizia con la madre, le aveva procurato quel posto nella redazione della sua rivista scandalistica. Non aveva neppure frequentato il college, una delle cose che rimpiangeva di più. Il suo sogno, Yale, era stato infranto dalla madre dopo il diploma, dato che non voleva che la figlia perdesse tempo sui libri, quando poteva mettere in pratica subito il suo talento. Talento, secondo lei, sprecato a cercare di raccontare gli errori e gli amori di attori famosi che tutti ricordavano più per gli scandali che per i film.
-Sì, Lily, circa 20 minuti fa.- decretò girandosi verso di lei.
-Stavo lavorando, signor Howard.- rispose in tono di scuse, ma tutti e due sapevano che non era realmente così. Se fosse stato per Lily avrebbe dato le sue dimissioni già da un pezzo, ma sua madre era una costante nella sua vita. Inoltre, odiava il modo in cui il suo capo si rivolgeva a lei in quel tono poco formale, come se volesse cercare un approccio più profondo; tuttavia, lei cercava di mantenere le distanze continuando ad usare un tono formale.
-Volevo darti un nuovo compito.- incominciò, facendole cenno di accomodarsi di fronte all’immenso tavolo coperto da vecchi premi al merito e sue foto con personaggi famosi, -qualcosa di più difficile rispetto alle altre volte.- continuò con aria misteriosa, sedendosi sul bordo del tavolo, proprio di fianco a dove si trovava lei.
Il signor Howard era sempre stato uno sciupa femmine e Lily, in quel momento, capiva come mai molte donne cadevano ai suoi piedi: la sua voce, quel suo sguardo, sapevano incantarti e persuaderti fino a portarti in un abisso profondo, tecnica indispensabile, diceva, per chi vuole fare un lavoro come il suo. Probabilmente, tra quelle donne c’era stata anche sua madre e al solo pensiero un rivolo di disgusto gli pervase lo stomaco.
Lily accavallò le gambe, stirandosi con le mani la gonna e tornando a concentrarsi sul suo capo: -Di che si tratta?- domandò con aria seccata. Odiava i giri di parole, le persone dovevano arrivare dritte al punto.
-Conosci un certo Joe Jonas?- chiese con un sorrisino sarcastico.
-Spero stia scherzando?- sbottò Lily –Io non farò nessun servizio su di lui. Non merita alcun riguardo. Ricco, legato ancora alla mamma e verginello.-
L’uomo aspettò che finisse di parlare e continuò: -No, voglio che tu faccia di meglio. Vediamo se riesci a trovare qualche particolare di lui che nessuno sa, in modo tale da rovinarlo.-
-Qualcosa che nessuno sa? La sua fedina penale sembra la Bibbia, la sua vita non ha un minimo di mondanità e le ragazze scarseggiano. Cosa dovrei trovarci di scandaloso?-
Howard si avvicinò e sussurrò: -Cerca qualcosa, qualsiasi cosa. Inventa se necessario, ma dobbiamo rovinarlo.-
Lily alzò un sopracciglio, chiaramente confusa: -E il motivo sarebbe.. ?-
-Lui e i suo fratelli stanno rovinando l’immagine delle star: alchool, sesso e droga è quello che cerchiamo. Non inni alla purezza. Continuando a comportarsi così, gli affari scarseggiano. Chi comprerebbe un giornale che parla di Chiesa, amore e famiglia? Nessuno. Quindi, Lily, diamoci da fare e indaga.- sentenziò sedendosi sulla sua sedia, dall’altra parte del tavolo. –Ti do un mese di tempo.-
E con questo le fece segno di andarsene.
Lily prese la borsa da terra, si avviò verso l’uscita e mentre attendeva che le porte dell’ascensore si aprissero cercò di trovare una soluzione per quell’articolo.
-Al diavolo..- sbottò, tirando un pugno al segnale luminoso che indicava che l’ascensore era ancora occupato.
Quando finalmente riuscì ad uscire da quel grattacielo, si avviò lungo le vie illuminate della Grande Mela, cercando di non fare caso alle luminarie di Natale che già incombevano sulla città. Un mese, un mese. Come faceva a trovare qualcosa di scandaloso su quel ragazzo nel giro di un mese? E per completare il tutto, tra un mese era addirittura Natale. Si strinse nella sciarpa e allungò il passo, il freddo ormai era diventato pungente. Pochi minuti dopo, entrò in quello che era considerato l’albergo più lussuoso della città, ovvero il luogo dove risiedeva la sua cara mamma, dato che si rifiutava di andare a vivere in una casa di riposo nonostante i suoi sessantacinque anni suonati. Salutò con un cenno il portiere e si diresse nuovamente verso un altro ascensore. Rimpiangeva di non essere tornata nella sua casa, un bilocale anonimo ai bordi dell’Upper East Side, ignorando le cinque chiamate senza risposta della madre che aveva ricevuto nell’arco di una sola mezz’ora.
Bussò alla sua camera, o per meglio dire suite, e attese risposta.
Quando, dopo pochi secondi, quel volto noto le aprì la porta, si precipitò dentro senza neanche salutare: -Allora? Cosa succede? Perché mi hai chiamato?-
-Lily, calma. Togliti il cappotto e sediamoci un attimo, volevo fare due chiacchiere con te.- rispose lei calma, utilizzando al minimo il movimento delle labbra, colpa del botulino utilizzando da quando aveva raggiunto l’era degli anta.
-Due chiacchiere? Solo quello? Io avrei fatto tutto di corsa per parlare con te? E’ proprio l’ultima cosa che voglio fare. Allora, se permetti, me ne torno a casa mia.- esclamò la figlia.
-Cara, aspetta. Volevo parlarti del tuo futuro in quella redazione.-
-Del mio futuro? Tu ti permetti di dire una cosa simile? Non ti sei resa conto che da quando sono nata hai programmato la mia vita fino alla morte? Cosa vuoi che ti dica? Grazie? Bene, grazie per avermi rovinato la vita.- e così dicendo corse fuori e sbatté la porta, facendo sobbalzare alcuni vasi in porcellana che se ne stavano sistemati su delle mensole all’ingresso.
Mary Brown, vedova dell’ultimo marito ma ricca fino alla testa grazie ai profitti dei suoi ultimi divorzi, si appoggiò al bancone della sua cucina e con una solo sorso buttò giù un bicchiere di scotch con ghiaccio. Non era la prima volta che accadeva una scena del genere, decise che per quella sera avrebbe lasciato, di nuovo, correre il comportamento dell’unica figlia, probabilmente colpa dello stress da lavoro, e si sarebbe dedicata alla riunione con il suo club di finanza, uno dei tanti a cui faceva parte, ma di cui non ricordava neppure i soci.

Sentire il profumo della propria casa è sempre rilassante dopo una lunga giornata di lavoro, come lo fu per Lily nel momento esatto che fece scattare la serratura.
Posò le chiavi su un mobiletto, sciolse i capelli e guardò la sua immagine riflessa nella specchio. Non poteva dire di essere brutta, anzi tutt’altro, ed era quella tipica donna che tutti vorrebbero avere al proprio fianco: capelli color mogano leggermente mossi le ricadevano sulle spalle; la prima cosa che notavi della sua faccia erano gli occhi di un verde accesso e dopo ti ritrovavi a fissare un volto che forse non doveva appartenere a ques’epoca, ma a quelle più antiche; il suo colorito era pallido e per questo detestava l’estate, stagione in cui tutti si abbronzano fino a bruciarsi; inoltre, non solo appariva bella fisicamente, era ambiziosa, carismatica e avrebbe fatto di tutto per chi amava. Perfetta, cos’altro dire? Invece, come tutte le persone normali, aveva anche lei dei difetti: odiava il suo razionalismo, ragion per cui pensava sempre con la testa e mai con il cuore; non vedeva davanti a sé alcun futuro positivo, dato che la madre glielo aveva programmato e lei aveva perso tutte le speranze di essere qualcun altro, a partire dal fatto che non aveva neppure frequentato un college; e aveva perso tutte la fiducia che aveva riposto nell’amore eterno, dopo essere stata delusa un paio di volte.
Appese il cappotto e si distese sul divano dopo essersi fatta una tisana. Aveva decisamente bisogno di rilassarsi. Accese la tv e fece zapping su alcuni canali, ma trovo le solite banalità da prima serata. Quando, un programma colse la sua attenzione: una foto di un ragazzo moro, la stessa che le aveva mostrato il suo capo quel giorno, e una scritta sotto “No more Jonas?
Decisamente un buon spunto per cominciare la sua ricerca.
  
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