Innamorato per
Caso
There’s nothing I can say to you
Nothing I could ever do
to make you see
What you mean to me
All the pain the tears I cried
Still you never said goodbye
and now I know
how far you’d go
I know I let you down
but its not like that now
This time I’ll never let you go
I will be – Avril Lavigne
*****************
Il tempo passa. Anche quando sembra impossibile.
Anche quando il rintocco di ogni secondo fa male come il sangue
che pulsa dietro una ferita.
Passa in maniera disuguale, tra strani scarti e bonacce prolungate...ma passa.
Persino per me.*
Ed è
così che sono trascorsi questi ultimi giorni: in maniera lenta e impossibile.
Le ore seguivano i minuti, che si succedevano ai secondi, scandendo un tempo
noioso e assolutamente prevedibile.
Ma in fondo cos’è
che ho fatto, in questi giorni? Ho allenato Dranzer
tutto il tempo e ho ricevuto le visite dei miei amici. Si,
i miei amici; quelle persone che, uno dopo l’altro, mi scongiuravano di non
partire.
Non ho
dato ascolto a nessuno di loro.
Poi ho
mangiato e dormito, ma solo quando il mio stomaco brontolava per la fame o
quando minacciavo di stramazzare al suolo per il troppo sonno.
“Signore,
quando desidera andare all’aeroporto?” si informa
Alfred, entrando nella mia stanza.
Io mi
volto verso di lui, poi guardo l’orologio. “Tra due ore possiamo partire.”
Lui annuisce.
“I suoi effetti personali sono tutti stati raccolti, signore?
Visto che ha voluto pensarci lei non ho controllato…”
Io
faccio un cenno con la testa come a scacciare una mosca. “Si,
non preoccuparti.” Borbotto. “Puoi andare, Alfred.”
Lui fa
un breve inchino. “Con permesso, signorino.” Poi si chiude la porta della
stanza alle spalle.
Quando
mi ritrovo nuovamente solo, caccio un sospiro profondo e mi prendo la testa tra
le mani; in valigia ho messo tutto quello che mi importa.
Tutto
tranne una cosa, e non è che non mi importi, anzi.
Alzandomi, vado verso il mio letto, lì dove ho posato un
grosso libro rilegato in pelle: un raccoglitore di foto: ho intenzione di
lasciarlo qui in modo da gettarmi tutti i ricordi alle spalle, ma non è facile. Proprio per niente. E’ il mio raccoglitore personale, che
non ho mai fatto vedere a nessuno, quello che contiene le foto più importanti
che, di nascosto, ho fatto io.
Come
richiamato da una forza invisibile, lo apro. Inutile dirlo,
tutte queste foto hanno un soggetto in comune: lei.
Le
prime fotografie sono state scattate da nonno Jay, e ritraggono il nostro
gruppo l’anno in cui lei ne è entrata a far parte.
“Ragazzi,
vi va una foto?”
Takao alza
gli occhi al cielo. “E dai, nonno, no!” protesta,
sbuffando.
“Oh,
andiamo!” fa Hilary, contrariata, un sorriso raggiante sulle labbra. “Non
fatevi pregare!”
Max,
Rei e il prof si posizionano davanti l’obbiettivo, di
buona lena, Takao ci va sbuffando; Hilary fa per
andare quando nota una cosa. “Ehi, nonno Jay, aspetta!” poi corre verso un
ragazzo dai capelli bicolore. “Kaiiii!” cinguetta,
sulle note di una canzone; sbatte gli occhi in maniera teatrale.
Il
ragazzo alza lo sguardo come a chiederle cosa diavolo
vuole, ma la ragazza non si lascia intimidire, anzi. La guarda negli occhi e
sorride. “Allora, dai! Non farti
pregare!”
Il
ragazzo la guarda come se non gliene importasse nulla, ma non è così; in realtà
quando gli occhi della ragazza si sono posati su di lui, ha sentito una
piacevole fitta allo stomaco, ma morirebbe piuttosto che ammetterlo.
Quando
la ragazza gli porge la mano con un gesto fluido e dolce, lui la afferra senza
nemmeno pensarci; come una furia, allora, lei lo trascina verso gli altri,
ridendo e tenendolo sempre stretto, le sue dita intrecciate a quelle del
ragazzo.
Quando
poi nonno Jay si accinge a scattare la foto, la ragazza scioglie la presa della
sua mano per stringersi al suo braccio e il ragazzo, in un lampo, pensa che, se
fosse possibile, vorrebbe fermare il tempo.
Ma non può,
e lo sa bene. La sola cosa che può fare – e lo farà! –
è far di tutto per accaparrarsi quella foto.
Ero già
innamorato di lei, ma non lo avevo ancora realizzato pienamente; mi ostinavo a
fare il cretino, a nascondere la testa sotto la sabbia, a cantarmi la
filastrocca del ‘oh,-ma-guarda-che-cose-strane-che-mi-succedono-quando-c’è-lei-nei-dintorni’.
A fare
il coglione, insomma.
Ed ecco
il risultato: io qui, da solo, come uno sfigato, –
perché si, io sono uno sfigato, accidenti! –, e a piangere sul latte versato, in procinto di tornare in patria
per dimenticarla.
Se solo
non avessi fatto l’idiota il pomeriggio in cui lei mi dichiarò il suo amore,
magari lei non avrebbe smesso di amarmi, magari saremmo ancora insieme, magari
in questo momento la starei baciando, magari saremmo ad allenarci insieme a beyblade, a ridere e scherzare…
Basta.
Basta pensare a lei. Basta.
Ma, non appena lo
dico, lo sguardo mi cade sul raccoglitore di foto, e vedo tutte le fotografie
che le ho scattato di nascosto, quelle in cui il primo piano è solo il suo: lei
che sorride, lei che serra le labbra, lei che scoppia a ridere, lei che pensa,
lei che canticchia sottovoce… Lei.
Lei in tutte le sue sfumature e contraddizioni. Lei in tutti i suoi lati.
Lei con
i suoi fluenti e setosi capelli castani che sono lisci al tocco; lei con il suo
viso ovale che diventa tondo quando gonfia le guance, infastidita; lei con le
sue labbra carnose praticamente perfette che sanno di
cioccolata e sono morbide e delicate; lei con il suo naso piccolo e dritto che
arriccia quando è contrariata; lei con i suoi occhi grandi e bellissimi, che
usa per sorridere, radiosa, e per incantare la gente.
Con un
tonfo, chiudo immediatamente il raccoglitore, prima che possano tornarmi alla
mente altri ricordi. Si, forse è la cosa migliore
lasciarlo qui, così almeno lì in Russia non avrò niente con me, che possa
ricordarmi lei.
Se devo
fare una cosa, devo farla al meglio, ed è inutile
andare a Mosca se poi c’è il suo viso che posso vedere quando voglio.
Prendo
il raccoglitore come se fosse qualcosa che scotta e lo metto nel primo cassetto
della scrivania che c’è nella stanza in cui mi trovo: una volta in Russia darò
istruzioni affinché le venga spedito via posta.
Passo
in rassegna la stanza, e i miei occhi si posano sui un mobili
e i muri che la compongono, che non mi dicono alcunché, perché per me non
rappresentano nulla.
Ho
vissuto in questa villa per qualche anno e, in questo periodo, solo per
quest’ultima settimana, ma non posso di certo dire che mi abbia fatto piacere.
Semplicemente, mi trovo in un posto che, per me, non significa nulla.
Guardo
l’orologio: ancora un’ora e mezza e poi posso pure andarmene, lasciarmi tutto
alle spalle per sempre. O almeno, lo spero vivamente.
Il
trillo del campanello mi fa a dir poco saltare in aria, concentrato nei miei
pensieri come sono. Mi sporgo dalla finestra vicina e alle mie labbra si
affaccia un sorriso malinconico quando vedo tutti i miei amici. Per fortuna, lei non c’è…
Bussano
anche alla porta della stanza in cui mi trovo. “Signorino, sono arrivati i suoi
amici.” Mi annuncia Alfred.
Io
annuisco, congedandolo; poi mi appresto a scendere le scale.
Quando me li ritrovo tutti davanti, mi sorprendo a
sorridere amaramente: ci sono davvero tutti, e reggono in mano uno striscione:
KAI, CI MANCHERAI.
“Ooooh, eccolo!” chioccia Mao, non appena mi vede; regge in
mano una scatola rettangolare.
“Guarda, amico.” Ammicca Takao, un
sorriso enorme sulle sue labbra, nemmeno gli avessero
annunciato che avrebbero potenziato Dragoon fino
all’inverosimile. “Le ragazze ti han preparato un sacco di cose buonissime!”
“Da mangiare
sull’aereo.” Precisa Mariam, tutta
sorridente, stretta nell’abbraccio di Max.
Io
afferro la scatola che Mao mi porge e, quando la scoperchio, sorrido. Ci sono
due polpette di riso, due muffin, due succhi di frutta e due fette di crostata
alla crema. Il due è ridondante, si ripercorre sempre… Chissà perché non ne
hanno preparato tre o addirittura una sola cosa…
Nemmeno dovessi viaggiare con un’altra persona!
“Allora? Che ne
dici?” chiede Daichi, sbavando praticamente
alla vista di tante cose da mangiare. Ho la vaga idea che se non fosse vicino a Mao, e quindi alle sue ammonizioni, si butterebbe a
pesce sulla scatola.
Li
guardo ad uno ad uno, poi sospiro. Non sono mai stato
un granché con le parole, anzi; ma adesso è il momento di non fare il cazzone: sto dicendo addio ad una
parte della mia vita, lasciando il Giappone. Non posso limitarmi a ringraziare
e basta. Devo fare un discorso. Lungo, possibilmente. “Non so che dire.”
Inizio, la voce incerta. “Grazie, davvero. Per ogni
cosa.” Okay, sono un disastro. “Se poi un giorno passerete
da Mosca…”
Max fa
un sorriso a trentadue denti. “Ne approfitteremo per poterti scassare le palle un pochino, come ai vecchi tempi.” Tutti ridiamo, alla
sua battuta. “Ma credo proprio che questo non sia affatto un addio, Kai.
Non so se mi spiego.” Aggiunge sornione.
Ha un
tono che mi fa stranire e, alle sue parole, tutti si voltano a guardarlo,
stizziti. Mariam gli allunga un calcio negli stinchi
che lo fa saltare in aria; è come se avesse detto qualcosa di troppo.
Okay,
adesso basta: so che me ne sto andando, che probabilmente non li vedrò più per
un po’ di tempo, ma ora la devono piantare di
raccontarmi stronzate. “Avete qualcosa da dirmi?” dico,
deciso.
Tutti
si voltano a guardarmi e, inspiegabilmente, sono sorridenti, felici. “No, no.”
Dicono, quasi in coro.
Non mi convincono affatto. “C’è qualcosa che mi tenete nascosto.” Dico, duro.
I loro
sorrisi non si spengono, anzi, si fanno addirittura più marcati; ciò mi fa
dubitare anche del loro affetto nei miei confronti: diavolo, possibile che
siano contenti che io me ne vada?! Qui c’è qualcosa
che non va, anzi, c’è più di una cosa.
“Kai, non preoccuparti.” Mi dice Rei, avvolgendo le spalle
di Mao in un abbraccio protettivo. “E’ nostro dovere di amici assicurarti che
tu stia bene e sia felice.”
E
questo che diavolo vorrebbe dire?!
Li
guardo uno ad uno, e più li guardo, meno ci capisco.
Questa situazione sta cominciando a darmi incredibilmente sui nervi, accidenti.
Che cosa possono aver escogitato? C’entra lei,
forse?
Takao mi guarda,
sorride gongolante ai miei evidentissimi crucci mentali, poi scrolla le spalle.
“Beh, allora noi andremo…”
Tutti
annuiscono, qualcuno arrotola lo striscione e lo porta con sé, altri scrollano
le spalle, io, invece, sono allibito: e se ne vanno così? conoscendoli,
mi sarei aspettato almeno una pacca sulla spalla da parte di ognuno di loro e
un abbraccio stritolante firmato Mao, inondato dalle sue lacrime commosse. Che
diavolo sta succedendo?!
“Ciao, Kai! Buon viaggio!” mi dice Max,
strizzandomi l’occhiolino e andandosene con gli altri.
Io
rimango per un po’ sulla soglia della porta, assolutamente frastornato, mentre
guardo i miei amici andarsene via. Sapevo che erano un po’ strani e pazzoidi,
ma non avrei mai immaginato che lo fossero fino a questo punto.
Scrollando
le spalle, rientro in casa: qualunque sia la cosa che li fa contenti, suppongo
lo saprò, prima o poi. In Russia, possibilmente.
Salgo
le scale con la scatola che mi hanno dato quei pazzi: non so nemmeno io il
perché, ma lo faccio automaticamente. Apro la porta della mia stanza e poso la
scatola sulla scrivania, sospirando forte e puntellando con i polpastrelli il
legno della scrivania.
È un
altro sospiro, un sospiro che non è il mio, a farmi
voltare di scatto e, non appena lo faccio, sgrano gli occhi.
Ecco,
adesso si che ho le allucinazioni: grandioso, mi mancava solo questo, davvero.
L’ha
mai detto nessuno, però, che le allucinazioni sembrano così… reali, accidenti?!
Seduta
sul mio letto, con le gambe accavallate, c’è lei.
È bellissima, con i capelli lunghi che le ricadono sulle spalle e un sorriso
dolce sulle labbra. Ma è solo un miraggio, lo so.
Anche
se è strano che i miraggi siano così belli e si vestano con una
mini gonna.
Bah, si
saranno modernizzati, che posso dire?
“Kai…” i miraggi, per caso, implicano anche i suoni? Credo
proprio di si, visto che l’ho appena sentita parlare…
Si alza
in piedi con un unico movimento fluido e aggraziato, e allora noto diverse
cose: che la lei dei miei ricordi è appena più tornita;
questa qui è troppo magra. E poi che quella della mia testa non ha queste occhiaie allucinanti sotto gli occhi che le
conferiscono un’aria stanca.
Ed è
quando i nostri occhi si incrociano che lo capisco:
non è un’illusione, un miraggio, un ologramma… E’ lei, è veramente lei.
“Hilary!”
annaspo, come se uscissi dall’acqua dopo aver tenuto la testa sotto per cinque
minuti.
Lei non
smette di sorridere, e mi si avvicina; ed ecco che il suo profumo comincia a
darmi alla testa. “Kai.” Dice, risoluta ma dolce.
“Non partire.” Sussurra, appoggiando le mani sul mio petto.
Malgrado
mi sembri di essere appena stato trasportato in un’altra dimensione, mi sforzo
di guardarla negli occhi in maniera decisa. “Perché?”
domando, con un groppo alla gola.
“Perché
ti amo.” Ammette, sorridendo; poi arrossisce deliziosamente, ma non smette di
sorridere.
Le sue
parole hanno il potere di darmi alla testa, ma mi sforzo di rimanere serio. “E Sonny?” chiedo, duro.
Lei
sospira, scompigliandosi i capelli con una mano. “Beh, sai
quando ti dicevo, testarda e ostinata, di amarlo? Avevo torto. E sai
quando l’ho scoperto? Quel giorno al belvedere, quando l’ho sorpreso a
tradirmi.” Dice, tutto in un soffio, come a sfogarsi,
come a non darmi un attimo di tregua. Fa una risatina amara. “Figurati: in due
secondi ho capito un sacco di cose: che non amavo lui, ma te; che io, per Sonny, provavo il cosiddetto ‘senso di attaccamento’,
perché lui era stato il primo a farmi sentire bella, dopo che tu mi hai rifiutata. E così stavo con lui e gli perdonavo tutto,
provando una gratitudine immensa, perché mi illudevo
di amarlo e di essere ricambiata. Ma quel giorno… Quel
giorno mi sono caduti tutti i veli dagli occhi, e ho anche capito chi è che
continua a far battere il mio cuore. Ed ecco perché, non so se te ne sei
accorto, ero così depressa: perché piangevo per l’umiliazione
ma, al contempo, scoppiavo in lacrime ancor di più quando incontravo il tuo
sguardo, perché mi dicevo che non era giusto, che non potevo essere ancora
innamorata di te. Quel giorno… E’ stato un inferno, psicologicamente parlando, giuro.”
Man
mano parla, i ricordi cominciano a susseguirsi nella mia mente; ecco perché
l’aveva presa così male, e perché, quando mi guardava, piangeva ancora di più.
“Ecco
anche perché, quando Mao mi propose di andare a fare una passeggiata, accettai
al volo: avevo un bisogno dannato di sfogarmi.”
“E
poi?” la mia voce suona roca, l’ho trovata a fatica. Incredibile a dirsi, ma
sono emozionato.
Lei mi
sorride. “E poi immagina la mia faccia quando Mao ha vuotato il sacco riguardo
tutta la storia dal tuo punto di vista!” fa, ironica; poi prende il mio viso
tra le mani. “Kai: davvero hai rinunciato a me perché
pensavi di non amarmi?”
Questa
volta il sospiro è mio, e vale più di qualsiasi risposta affermativa.
“Ti
giuro che quando Mao me l’ha detto avrei voluto
tornare indietro e prenderti a calci!” sibila scherzosamente. “Ma poi lei mi ha detto che aveva in mente un piano per una
vendetta contro di te e contro quella vipera di Frannie
contemporaneamente. Ma non aveva voluto dirmelo,
sai?Vedrai, rispondeva alle mie domande. Vedrai.” S’interrompe,
caccia fuori una risatina. “Lo scoprii con te, in cosa
consisteva la vendetta. E quando tu ti prestasti deliberatamente a quel
piano assurdo, capii che Mao mi aveva detto la verità,
raccontandomi quello che mi aveva confessato precedentemente. E così
cominciarono quei giorni.” Ridacchia, piano, abbassando gli occhi. “Ma non potevo sapere che presto quel piano si sarebbe
ritorto contro di me.” Mi guarda di nuovo negli occhi sorridendo, sensuale.
“Ogni volta che mi prendevi tra le braccia, che mi
baciavi…” inspira profondamente, chiudendo gli occhi, poi li schiude
lentamente.
“Ti
sentivi come mi sentivo io.” Concludo
inaspettatamente; le mie labbra si sono mosse senza il mio consenso.
Lei annuisce
lentamente. “Ho passato dei giorni straordinari, Kai,
anche se mi hanno a dir poco logorata… Quando ho rivisto Sonny,
quella sera, al ristorante, e lui mi ha invitata a
ballare con la certezza di potermi riavere, io ho accettato per avere una prova,
una conferma: l’ho avuta. E sai che tipo di conferma? Una volta crollate tutte
le illusioni, ciò che rimaneva per me di Sonny era la
figura patetica di un coglione a dir poco, un pirla
con cui ho speso due anni della mia vita. E puoi immaginare che, quando ho
visto che te ne sei andato e quindi avevi frainteso, mi è venuto un colpo. Che dire di quando mi hai urlato quelle cose?” dice, guardandomi
tristemente.
Io
capisco. “E’ per questo che, in questi giorni, hai
fatto il possibile per riuscire a parlarmi?”
Lei
annuisce. “Dovevo dirti la verità, dirti che ti amo…” sussurra, accarezzandomi
la guancia con il dorso della mano. “E alla fine ci sono riuscita, anche se per
farlo ho avuto bisogno dell’aiuto di tutti…”
Sorrido.
“Ti sei infilata qui mentre io scendevo le scale?”
Lei fa
un sorriso furbastro. “Ti sono passata proprio sotto il naso, signor Hiwatari!” poi ridacchia, infine sospira e mi guarda dritta
negli occhi. “Per farla breve: ho passato dei giorni stupendi con te, Kai. Sei stato il miglior finto fidanzato del mondo. Il problema è che…” fa un’adorabile smorfia con il naso. “Io
non voglio più che tu sia finto…”
A
quelle parole sento il cuore implodere, e mi ritrovo a sorridere. Mi sento come
se fosse la mattina di natale, come se avessi mangiato
un elefante, come se fossi in paradiso.
“Beh,
credo proprio che se ne possa parlare.” La voce mi diventa roca per l’emozione.
Lei
arrossisce e abbassa la testa, poi i nostri occhi si incrociano,
le nostre dita si allacciano.
Ed è un
attimo: la attiro a me e le nostre labbra si incastrano
alla perfezione, e si muovono, le une sulle altre, come disperate. E mentre la
bacio e le cingo la vita, mi accorgo che, si, sto
respirando. Sto respirando perché lei, finalmente, è qui con me. È qui con me e
non la lascerò più andare via.
“Signo-ah!”
Io e Hilary quasi
saltiamo in aria a quella esclamazione, e ci separiamo per vedere Alfred, uno
dei miei maggiordomi, che mi guarda, sconvolto: probabilmente si sta chiedendo
da dove sia sbucata fuori Hilary…
Il
cameriere tossisce, imbarazzato, poi si ricompone. “Signorino, la macchina è
pronta: possiamo caricare i bagagli?”
Hilary
mi guarda, io le passo un braccio attorno alle spalle,
attirandola a me. “Alfred… Smonta tutto. Io resto
qui.” Alle mie parole Hilary caccia un urletto che ha
il potere di far sobbalzare il mio domestico, e mi abbraccia di slancio. Io
completo l’abbraccio, inalando a pieni polmoni il suo profumo.
“Ahem… Come desidera.” E potrei giurare di aver visto un
sorriso sulla bocca del mio maggiordomo, mentre se ne andava via dalla stanza.
Quando
rimaniamo soli, Hilary alza la testa e mi sorride; a me, guardandola, non
sembra vero, ma è successo, è successo.
Ed è
solo dopo qualche minuto che mi accorgo che ci stiamo baciando di nuovo, mentre
lei mi cinge il collo con le mani.
Quando
la guardo nuovamente e i nostri sorrisi sprofondano l’uno in quello dell’altra,
mi accorgo che, nella vita, puoi fare il duro quanto ti pare, ma quando ti
accade una cosa bellissima che aspettavi da tempo,
allora si: il sorriso lotta pur di uscire dalle tue labbra e far vedere a tutti
che è lì. Ed è questo che mi sta accadendo, adesso. Non posso fare a meno di
guardarla, osservare il suo sorriso luminoso, i suoi occhi che brillano per me
e sorridere.
“Allora
adesso sei mia?” le sussurro, labbra contro labbra.
Lei mi
dedica un sorriso furbastro. “No. Sei
tu che sei mio.”
Vero.
Mi
bacia sporgendosi verso di me più che può, e giurerei che, di quant’è bassa, si
sta alzando sulle punte dei piedi. Io, allora, stufo di farmi venire la gobba,
ma non di baciarla, la prendo praticamente in braccio,
e lei sghignazza.
“Dovremmo
dirlo ai ragazzi.” Mi sussurra.
“Più
tardi.”
Lei si
scosta, poi ridacchia. “Scemo che sei!”
Io
sospiro, decidendo di sorprenderla. “Eh, si. Lo so.”
Lei
sbatte gli occhi. “Ah, lo sai?” io annuisco, serio. “Oh, Dio.
E com’è possibile che tu lo stia ammettendo?!” mi
chiede, divertita.
Io la
guardo. “Perché se non lo fossi stato, avrei fatto questo tre anni fa.” E la
bacio ancora più appassionatamente di prima.
Le sue
labbra sulle mie, le sue mani tra i miei capelli… Tutto ciò è come un sogno. E,
mentre lo penso, vedo scorrere, davanti ai miei occhi chiusi, tutte le
avventure che insieme abbiamo affrontato. Tutte le sensazioni, i sentimenti che
ci siamo procurati a vicenda.
È stato
un lungo percorso, quello intrapreso da me e Hilary; un lungo viaggio che ha
previsto l’incrociarsi di strade che si separavano per poi ricongiungersi
nuovamente, e più tardi separarsi ancora. Ma adesso, tutto ciò che posso
vedere, è che le nostre strade, le strade della nostra vita, si sono finalmente
incontrate, e davanti a noi c’è una strada lunga,
tutta unica, piena di buche e sassi che salteremo a piè pari. E tutto ciò che
posso dire – perché ne sono certo – è che questa strada unica la percorreremo
ridendo e scherzando, tra un bacio e l’altro. Mano nella mano.
Insieme.
Fine.
* Citazione
tratta da New Moon, di Stephenie Meyer
Ed eccoci all’ultimo capitolo; scrivere questa storia è
stato tanto complicato quanto bello e divertente.
Non avevo mai scritto da un punto di vista maschile, e
cominciare proprio con il nostro Russo preferito è stata davvero una sfida…
beh, forse con la “S” maiuscola. xD
Vorrei davvero ringraziare tutti coloro
che mi hanno aiutata, sopportata, supportata e mi hanno dilettato con le loro
bellissime recensioni. Grazie davvero. =)
Darth Harion: “Beh, il tuo commento è stato quello che mi ha messo più in
crisi e, insieme, uno di quelli che mi ha fatto più piacere; perché è raro che
una persona si accinga a leggere del genere romantico che, mi rendo conto, non
a tutti può piacere. Quindi aspetto con ansia e sottolineo ANSIA
(xD) l’iper-recensione da
te promessa. Non vedo l’ora di leggerla. Davvero. *__* Grazie per avermi
seguito. ;)”
Lexy90: “Mi sono messa a ridere leggendo la tua
recensione. xD Beh, Kai non cambierà mai… un
masochista è sempre un masochista, che vuoi farci?
Beh, che dire? Spero davvero di aver concluso in
bellezza, e… voglio sapere cosa ne pensi, eh! Ci vediamo con la prossima fan
fiction! ;)”
Avly: “Oramai Mao era disperata, come avevi
detto tu, gli aveva dato tanti imput e Kai… nulla. -.- Come se non bastasse si era
messo a fare il masochista ascoltando il cd… Però meno male che a queste cose
ci pensano le donne, se no… xD Io spero davvero che
il tuo signor finale sia stato servito. Fammi sapere, mi raccomando, eh! Buon
anno a te. Un bacione.”
Chibilory: “Tu avresti strangolato Kai? xD
Donna, io ti adoro, riesci sempre a farmi morire dalle risate! In effetti, se
il russo vuole dimenticare la bella Hilary, ascoltare il suo cd non è proprio
la mossa più saggia del mondo… Ma Kai è un blader, mica l’uomo del monte! XDDD E, in più, è un
maschietto, ha un pezzo di cervello in meno: perdoniamolo. U.u xD Anyway, gioia, spero davvero di non averti
deluso. (si vede che sono nervosa? Nooooo!
XD) Ti faccio gli auguri di buon anno, anche se in ritardo, un bacione, alla
prossima.”
Giuly_pattinson: “Io spero che con questo capitolo tu
abbia capito cosa avevi azzeccato e cosa no. xD
Certo, leggere lo scorso capitolo con il sottofondo di sere nere, io mi sarei
impiccata alla prima trave disponibile! O.o
non so davvero come diavolo tu abbia fatto! Ad ogni modo, spero davvero ti sia
piaciuto il capitolo finale, io mi sto cagando sotto dalla paura che a nessuno
piaccia. =s (non si vede, vero? xD)
Comunque, ci vediamo alla prossima fan fiction, spero.
=) un bacione, buon anno.”
Violettamiciomiao: “Mao ha cercato di farlo ragionare e non
c’è riuscita.
E, come hai potuto notare, è tornata con i rinforzi. xD un bacione, gioia.”
Ria: “Come vedi, il nostro prode idiot- ehm…
* Fede si guarda intorno* volevo dire… cavaliere, alla fine, aiutato dalla sua
schiera di amici, è riuscito nella sua impresa. Alleluja.
XD Ha sofferto un bel po’ all’inizio, ma sono i risultati quelli che contano,
alla fine, no? ;) un bacione.”
Mizuki96: “Beh, appurato che Kai
è proprio scemo, meno male che certe volte ci mettiamo lo zampino noi ragazze,
no? ;) E tranquilla se questo è l’ultimo capitolo, mi presenterò
con un’altra storia, presto. Prometto. Non vi libererete di me. xD Grazie per avermi seguito, un
bacione. =D”
Kaifan91: “Mao è una tosta. Yeah. xD E ottiene Sempre quello che
vuole. Scherzi a parte, dimmi cosa te ne pare di questo capitolo, e non
preoccuparti, perché non ti libererai di me tanto facilmente. ;) un bacione e grazie per il supporto.”
Ringraziati tutti ad uno ad uno,
non mi resta che augurarmi di avervi reso un po’ più dolce il ritorno a scuola
di domani (=____=) e pregarvi di… recensire. Perché non vedo l’ora di sapere
com’è l’ultimo capitolo della mia creatura. ;)
Un bacio a tutti e alla prossima.
Hiromi