Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice
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Autore: _Pan_    09/01/2010    3 recensioni
Mikan è al suo primo anno di superiori, ma niente si prospetta come lei lo aveva immaginato: tra l'amore, inganni, e addii, la sua permanenza nella Alice Academy si preannuncia molto movimentata.
La storia tiene conto del manga (a tratti da capitolo 51 in su), quindi ci sono spoiler disseminati un po' ovunque. Inoltre, sarà raccontata alternativamente sia dal punto di vista di Mikan che che da quello di Natsume, ma non ci saranno capitoli doppi, nel senso che uno stesso capitolo non sarà raccontato da entrambi.
Coppie principali: Mikan/Natsume, Hotaru/Ruka (accennata)
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hotaru Imai, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Ruka Nogi
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 9 – Sconvolgenti cambi di personalità
(Mikan)

Mi guardai intorno, prima di fare anche solo un altro passo: non volevo che qualcuno mi vedesse, in fondo se mi avessero beccata e portata da Jinno, chissà che punizione avrei potuto subire. Rabbrividii al solo pensiero di ripulire un'altra volta cestini vaganti.
Erano appena le sei del mattino e io ero già in divisa; gongolavo pensando che, se avesse potuto vedermi, Hotaru non se lo sarebbe mai aspettato. Ma quello non era un giorno qualsiasi, era speciale: era San Valentino, il giorno preferito delle ragazze. Sì! Quello in cui tutte le fanciulle innamorate regalano qualcosa di speciale al ragazzo dei loro sogni. Beh, ancora non avevo chiaro in mente cose dovessi regalare io al mio, ma non era la cosa che mi premeva al momento.
Di nuovo, mi guardai intorno, circospetta: davanti alla sua camera non c'era nessuno, per fortuna. Voltai la testa sia da una parte che dall'altra prima di rischiare di aprire la porta, nel caso avesse architettato chissà cosa per tenere lontano le ragazze, che lui chiamava poco carinamente “scocciatrici”. Ma ben presto mi sovvenne che lui non era Hotaru, e che era più da lei fare una cosa del genere. Mi intrufolai nella stanza, in completo silenzio, e stavo quasi gioendo per il fatto che non stessi facendo neanche il più piccolo, minuscolo rumore, quando inciampai nella sedia della scrivania – ero troppo occupata a gridare vittoria che neanche stavo prestando attenzione a dove mettevo i piedi – e caddi dolorosamente per terra.
«Ahio!» strillai, mettendo le mani avanti per non rompermi qualcosa. Sentii Natsume mugolare di fastidio. Forse stava dormendo. Ops...
Mi morsi un labbro, consapevole che mi avrebbe guardata malissimo e sarebbe tornato a dormire, senza neanche chiedermi che ci facessi lì, facendomi capire che, se proprio dovevo restare, avrei dovuto fare meno confusione, in modo da permettergli di dormire. Sì, questo era decisamente da lui.
«Mikan,» mi chiamò, senza sedersi, senza guardarmi e senza ignorarmi. Alzai lo sguardo verso il letto, sorpresa. «che fai qui?» mi alzai da terra, cercando di assumere una posizione più comoda. «Sono venuta da te perché è San Valentino!» gli ricordai. Possibile che se lo fosse dimenticato? Insomma, era importante solo per me?
Lo sentii sospirare ed emettere un gemito infastidito, probabilmente era perché oggi era il giorno più temuto dagli studenti maschi di tutta l'Accademia. Nessuno poteva sapere cosa sarebbe successo dopo aver mangiato il cioccolatino. «E allora?» si limitò a girarsi dall'altra parte. Mi sedetti sul letto vicino a lui, incredula.
«Come sarebbe “e allora”?» proruppi, stupefatta. Non poteva reagire così, ora che gli avevo detto che era San Valentino: era la festa degli innamorati per la miseria!
«Cosa non hai capito?» sollevò la testa dal cuscino. Aveva l'espressione stanca e i capelli tutti arruffati. «È solo una stupida festa il cui unico scopo è far comprare la cioccolata alle ragazze.» certo che, a sentirlo parlare così, sembrava la festa più inutile del mondo. Si ributtò sul cuscino senza degnarmi di un'altra sola parola. Aveva un talento naturale a sminuire tutto quello che a me, invece, sembrava di vitale importanza.
Poi, all'improvviso mi balenò in mente un'idea che mi fece contorcere le budella per la paura. «Ti hanno mandato in missione, per caso?» sembrava così distrutto! Lui dissentì con un mugolio e mi tranquillizzai un pochino. «E allora che è successo?»
«La riunione con le abilità Pericolose è durata più del previsto, credo di essere andato a dormire tre o quattro ore fa.» replicò, prendendo la sveglia in mano per guardare l'orario. A quelle parole, mi ricordai che doveva fare qualcosa col Preside, anche se non ricordavo bene cosa, a dire la verità non ci avevo capito molto con quella storia del futuro.
«E che ti ha detto il preside?» chiesi, curiosa. Sperai che non fosse niente che implicasse il rischio della vita. Lui mi guardò, e solo dopo diversi secondi, vidi comprensione nei suoi occhi.
«Non c'era.» mi informò, sbadigliando e stiracchiandosi. «Stava predisponendo tutto quanto perché vuole andare a fare una visitina alla Alice Academy di Londra, prima della fine dell'anno prossimo. O almeno così ci ha detto Persona, quando ci ha spiegato che non sarà molto presente da oggi in poi, alle riunioni. Ha detto anche che non lo vedremo più tanto in giro» si stropicciò gli occhi, e mi pentii di essere arrivata così presto a svegliarlo. «Mai stato più felice di sentire qualcosa da quella spazzatura.» sospirai di sollievo: in un certo senso era meglio così. Perlomeno, non avrebbero avuto molto tempo per parlare e se era qualcosa di pericoloso, sarebbe stato il più tardi possibile.
«Mi dispiace, avevo dimenticato...» cominciai, contrita. Mi dispiaceva seriamente che non avesse dormito quanto gli serviva.
Lui mi fece un gesto con la mano, come a dirmi che era poco importante. «Fa niente.» mi interruppe, infatti. «Piuttosto, se sei qui hai qualcosa per me, no? Considerato che mi hai anche svegliato per ricordarmi che è San Valentino.» rimasi pietrificata un momento: ecco... veramente...
«Ma io non ho ancora fatto niente per te!» confessai, mentre le guance mi si imporporavano per la vergogna: sapevo che la cioccolata va preparata almeno il giorno prima, però io avevo un Alice praticamente inutile in situazioni come questa – esattamente com'era stato inutile a Natale –, che se ne faceva di una cioccolata con dentro l'Alice dell'annullamento? Che effetto avrebbe avuto? Avrebbe evitato di fondersi per via delle sue fiamme? Beh, dubitavo che avrebbe potuto essere di qualche utilità.
Lui inarcò un sopracciglio, guardandomi storto. «E allora perché mi hai svegliato?» sbattei le palpebre un paio di volte, prima di rispondere. Beh, come spiegargli che speravo che sarebbe stato un pelino più entusiasta del fatto che fosse San Valentino?
«Ecco... io...» tentai, in imbarazzo. Lo sentii sospirare, per poi ributtarsi a letto, mentre io lo guardavo esterrefatta. Che aveva ora, da lamentarsi?
«D'accordo, forse è meglio che io non sappia.» magari, non aveva tutti i torti, e si sarebbe anche arrabbiato. Mi dispiaceva dirgli che l'avevo svegliato perché volevo che mi dicesse “Buon San Valentino”, anche perché credevo che mi avrebbe cacciata fuori a pedate. Deglutii al solo pensiero, e non avevo neanche cercato di formulare un'immagine nella mia testa. Supponevo che fosse meglio così.
«E allora che facciamo?» chiesi, e dal modo in cui mi guardò, capii che era stata una domanda abbastanza stupida. Cercai di sorridergli.
Lo vidi roteare gli occhi. «Fai come vuoi, Mikan. Io ho sonno: dormo.» beh, incredibilmente aveva proposto di dormire, come potevo rifiutarmi? E poi, il suo letto era infinite volte più grande del mio; avremmo avuto tutti e due uno spazio ragionevole. Sì, era proprio il genere di offerta che non si può proprio rifiutare.

Le lezioni, da sempre, erano preoccupanti per i ragazzi, il giorno di San Valentino, ma solo perché era il momento perfetto per consegnare loro i regali. Natsume, al contrario di tutti gli studenti maschi dell'Accademia, normalmente diligenti, quella mattina mi fece capire che potevo dire quello che volevo agli insegnati o a chi per loro, ma che lui non si sarebbe mosso dalla stanza a meno che qualche invasata – così aveva detto – non gli avesse tirato una bomba dalla finestra o dal buco della serratura, o qualcosa che avrebbe emesso un gas che gli avesse fatto perdere il senno. Come spiegazione era stata abbastanza chiara e avevo anche tutto il tempo di preparargli qualcosa e fargli una sorpresa, e poi, come mi aveva fatto notare Hotaru a suo tempo, lui saltava spesso le lezioni, per cui nessuno si sarebbe messo a fare domande. Essere un genio doveva essere in qualche modo noioso: come avrei potuto spendere il mio tempo, la mattina, se non andando a lezione dove si trovavano tutti i miei amici? La sola prospettiva per me era impensabile!
Quando entrai in classe, non c'era nessun professore, e tutti i miei amici parlavano, eccitati, riuniti a gruppetti. Mi avvicinai ad Hotaru che, come al solito, mangiava cervello di granchio. Questo era forse l'unico momento in cui sentivo il bisogno di allontanarmi da lei.
«Non mi guardare in quel modo,» esordì, dato che, sicuramente, apparivo terrorizzata come ogni volta che faceva scorpacciate di quella roba. «dovresti mangiarla anche tu. Dicono che faccia diventare più intelligenti.»
«Ma tu non potresti essere più intelligente di così, Hotaru.» osservai, pensierosa. Lei alzò le spalle, con noncuranza, mentre infilava di nuovo il cucchiaino nel barattolo, per poi mangiare. «Sei già la più intelligente di tutti, no?»
«Detto da te, non è che sia poi così attendibile.» replicò, andando a buttare la scatoletta, ormai vuota. «Oggi i professori non ci sono, quindi immagino che abbiamo la giornata libera, penso che tornerò in laboratorio.» la guardai, sbigottita. Che storia era? Niente professori?
«Che significa?» volli sapere, confusa. Le lezioni non erano mai state sospese per il giorno di San Valentino, quindi la cosa mi sembrava estremamente strana.
«Qualcuno ha dato della cioccolata ai nostri professori,» mi spiegò, brevemente, mentre prendeva la cartella e si dirigeva verso l'uscita dell'aula. Io, però, ancora io non ci trovavo niente di male. «e sono a letto con la febbre alta. Se trovassi l'autore di questa bravata, potrei anche picchiarlo con la mia arma anti-idiota. Accidenti, avrei usato questo tempo più proficuamente, per esempio, studiando per gli esami, piuttosto che venire qui a non fare niente per mezz'ora.»
«Quindi... che facciamo?» chiesi, sperando che mi proponesse una gita a Central Town. Insomma, anche se diceva di dover studiare, lei di sicuro non ne aveva bisogno. Si limitò a guardarmi, esasperata.
«Fai quello che vuoi, io vado a studiare.» alzò le spalle, freddamente. Deglutii. «Sai, abbiamo gli esami tra poco più di una settimana, non so se te lo ricordi.» una settimana? E basta? Non ce l'avrei mai fatta ad arrivare preparata per gli esami di matematica! Dopotutto, il programma era difficilissimo e per capirlo mi ci voleva un sacco di tempo! Il sabato prima, che io e Natsume avevamo passato a studiare insieme, per esempio, avevamo quasi fatto mezzanotte e lui era arrivato quasi al punto di chiedermi pietà, dopo un pomeriggio totalmente infruttuoso. In parole povere, non avevo capito niente di tutto quello che aveva tentato di spiegarmi e il terrore per l'esame di matematica si faceva sentire sempre di più.
«Pensi che dovrei studiare anch'io?» il suo parere era determinante. Lei mi fissò, annoiata.
«Tu che ne pensi?» rispose, di rimando, mentre mi lasciava con lo stesso esatto dilemma. Non mi aveva neanche dato una risposta! Sospirai, sconsolata, ma i miei infelici pensieri vennero interrotti da Anna e Nonoko, che mi guardavano curiose.
«Che c'è?» mi rivolsi a loro, sperando di poterle aiutare. Prima di aprire bocca, si guardarono e annuirono, titubanti.
«Sai... puoi anche non rispondere, non sono affari nostri, ma...» era stata Nonoko a prendere la parola. «volevamo sapere... ecco... se avevi dato la tua cioccolata a Hyuuga.» le guardai anch'io. Perché volevano saperlo? Beh, dopotutto non c'era niente di male.
Scossi la testa, lasciandole ancora più stupite. «Non l'ho fatto per via del mio Alice. Insomma, non avrebbe alcun effetto sulla cioccolata, capite che intendo?» mi sentivo quasi a disagio a raccontare una cosa del genere. Non l'avevo detto neanche a Hotaru o Natsume.
«Mikan!» esclamò, con tono di rimprovero Nonoko, come se le avessi appena detto che ero stata sulla Luna ed ero tornata sulla Terra in quindici nanosecondi. «Perché non sei venuta da me quando ti sei accorta che la tua cioccolata non avrebbe avuto alcun effetto particolare?» non avevo capito il nesso tra la cioccolata e andare da lei, quindi mi limitai semplicemente a guardarla confusa. «Ricordi che faccio parte delle Abilità Tecniche? Perché non sei venuta da me? Avremmo fatto dei cioccolatini con delle caramelle con una certa qualità.» spalancai gli occhi: aveva ragione! Come avevo fatto a non pensarci da sola?
«Accidenti!» mi maledissi per la mia stupidità: come potevo essere così sciocca? Perché gli altri dovevano sempre dirmi cose che, una volta esposte, risultavano ovvie anche a me? «Se solo ci avessi pensato prima, adesso...»
«Adesso cosa?» mi interruppe, afferrandomi per la manica del maglione della divisa. Lei e Anna sorridevano. «Non abbiamo lezioni e possiamo preparare i tuoi dolcetti, no? Anna ci aiuterà con la parte più tradizionale.» Anna annuì, convinta. Apprezzavo tutta questa gentilezza, da parte loro, però...
«Mi darai solo le indicazioni, Anna, vero?» chiesi, speranzosa. Il regalo doveva essere mio, no? La tradizione voleva che la cioccolata fosse preparata a mano dalla ragazza che aveva intenzione di regalarla e venire meno alla tradizione avrebbe voluto dire privare del suo significato la festa di San Valentino. Non potevo permettere una cosa del genere!
Lei si fece pensierosa. «Sì, dopotutto hai ragione.» replicò, comprensiva. Saltellai, eccitata: avrei fatto della cioccolata per Natsume! Era il primo anno che facevo qualcosa per San Valentino per una persona sola.
«Oggi è tutto così diverso!» sospirò Nonoko, sognante, mentre camminavamo in direzione del suo piccolo laboratorio. Le guardai: forse si riferivano all'atmosfera romantica che anch'io sentivo aleggiare dovunque.
«Già, pensa che oggi anche Central Town è aperta per tutta la notte!» replicò Anna, eccitata. Drizzai subito le orecchie: Central Town aperta fino a tardi? Era la cosa più bella che avessi mai sentito! Anche Nonoko parve stupita.
«Sul serio?» si informò, infatti. Spalancò la bocca, raggiante, congiungendo le mani a quelle di Anna. Cominciarono a saltellare insieme. «Vuoi dire che... ci sono anche gli autobus per andarci?»
Anna annuì. «E hanno detto che un locale darà una festa speciale per gli innamorati. Non è romantico?» Era una notizia sensazionale!
«Davvero?» volli sapere, estasiata. Non ci potevo credere! Meglio di così non sarebbe potuta andare! «Credo che ci porterò Natsume, allora!»
Loro smisero di saltellare per prestarmi attenzione. «Tu credi che vorrà uscire?» Nonoko sembrava davvero stupita. Anna le diede un colpetto sul braccio e, come al solito, mi risultava un mistero il perché. Si picchiavano spesso quando parlavamo di Natsume.
«Ma ti sembrano domande da fare?» la rimproverò, indignata. Nonoko sorrise, imbarazzata, stringendosi nelle spalle.
«Scusa, Mikan.» sussurrò, guardandosi le scarpe. Mi stavo chiedendo il motivo per cui sentisse il bisogno di farmi le sue scuse, dato che non avevo idea di cosa loro pensassero. Perché Natsume non avrebbe dovuto voler uscire? «Non dovrei farmi gli affari vostri così.»
«Non ti preoccupare!» la rassicurai, parlando sinceramente. Non aveva detto niente di male, dopotutto. «Non c'è niente per cui chiedere scusa.» lei mi fece un sorriso, prima di aprire la porta del laboratorio. Appena entrammo, Nonoko buttò la sua borsa a terra e ci invitò a fare altrettanto.
«Io ho portato il fornellino.» ci informò Anna, tirando lo strano oggetto fuori dalla borsa. Non avevo mai visto una cosa del genere: era uno stranissimo coso rettangolare con due fornelli. Mi chiesi in che modo potesse funzionare. Tirò fuori dalla borsa anche il cacao in polvere e il latte. «Meglio iniziare subito, così finiamo prima!» annuii, non vedendo l'ora di iniziare.
Passammo praticamente tutta la mattina, fino all'ora di pranzo, a mischiare latte e polvere di cacao per poi metterci qualche caramella con la particolare caratteristica di far recuperare le forze a chiunque avesse mangiato i miei cioccolatini. L'avevo scelta perché quella mattina Natsume mi era parso un po' giù e volevo che si sentisse meglio. Dopo, li avevamo messi in una specie di forno – anche quello era stato portato da Anna –, ma che non era un forno perché, da quello che avevo potuto capire, serviva a solidificare più in fretta i cioccolatini. Finalmente, a quel punto, ci concedemmo un po' di meritato riposo, buttandoci sul divanetto.
«Sei stata abbastanza brava, Mikan.» mi lodò Anna, coricandosi. «Di solito io ci impiego più tempo.» ricordavo che a casa, dal nonno, ero io quella che cucinava più spesso, perciò avevo solo un po' di dimestichezza con i fornelli e cercavo di non far bruciare le cose: il nonno era molto sensibile all'odore di bruciato. Comunque, non sentivo di essere stata così brava, pensai, dato che eravamo dovute ripartire circa tre volte perché non mescolavo o nel modo giusto o nel giusto verso. La seconda volta che avevamo dovuto ricominciare dall'inizio era stato perché avevo rovesciato tutto per terra. Per fortuna lì con noi c'era Nonoko, che si era offerta di pulire, altrimenti chissà quanto altro tempo avremmo perso.
«Davvero?» domandai, stupita, sbadigliando. Preparare dolci, avevo scoperto, era una cosa veramente stancante. «Quando saranno pronti?»
«Dieci minuti.» rispose Anna, mentre Nonoko rimetteva a posto il barattolo con le caramelle. «Poi potrai portare i cioccolatini al tuo bello.» ridacchiò, facendomi arrossire. Adesso che tutti sapevano che stavamo insieme e non parlottavano più, era tutto più semplice, però mi sentivo sempre in imbarazzo quando le mie amiche ne parlavano. Le sentii ridere entrambe, mentre il mio imbarazzo cresceva.

«Natsume!» strillai, felice, spalancando la porta della sua camera. Era seduto sul divano che aveva sotto la finestra. Lo vidi sobbalzare, mentre il libro di matematica stava quasi per cadergli di mano. Mi guardò infastidito. Lo fissai, confusa: non sembrava molto buono come inizio.
«Finalmente!» sbottò, irritato, mentre il suo sguardo mi metteva i brividi. Perché mi guardava in quel modo truce? «Pensavo che non avessi intenzione di degnarmi della tua presenza! Quando mi hai chiesto di farti da tutor credevo che, perlomeno, mi avresti fatto la cortesia di presentarti in orario. Sto spendendo il mio tempo per te, ricordi? E devo studiare anch'io.»
L'avevo dimenticato! Avevamo ripetizioni quel giorno. Lo guardai, colpevole. «Mi dispiace.» sussurrai, contrita. «Ecco...» non potevo dirgli che mi era passato di mente, perché sicuramente mi avrebbe risposto che, dato che lo ritenevo poco importante, potevamo anche finirla. Sapevo bene che lui non aspettava altro che scaricarmi, che ero un fastidio non indifferente, ma senza di lui non avrei mai passato il test di matematica. «...scusami.»
Lui roteò gli occhi, facendomi poi segno di andare a sedermi vicino a lui. «Dai, non farla tanto lunga.» lo guardai, pensando che avrei dovuto immaginarmelo. Ero io quella che la faceva lunga? Prima mi faceva sentire in colpa e dopo, quasi, se ne dimenticava. Lui, però, aveva di nuovo concentrato la sua attenzione sullo studio.
«Ho una cosa per te.» sventolai il pacchetto che io e le mie amiche avevamo confezionato sotto al suo naso. Era venuto piuttosto carino: viola con le stelline, l'avevo scelto io. Lui alzò lo sguardo dal libro di matematica, di nuovo, e mi guardò con un sopracciglio inarcato. Era diffidente. Non credeva forse nelle mie doti di cuoca?
«Non dirmi che è quello che penso.» il suo tono era quasi supplichevole. Mi domandai perché tutta questa allergia alla festa degli innamorati. «Non dirmi che sono cioccolatini per San Valentino.» ma cosa c'era di male?
Sbuffai, contrariata. «Se non vuoi non te lo dico, anzi.» replicai, sedendomi esattamente dove mi aveva indicato. «Li mangerò io se tu non li vuoi.» aprii la scatola, pensando che questo avrebbe suscitato in lui qualche tipo di reazione. Una qualsiasi mi sarebbe andata bene, beh... forse non proprio tutte.
«Fai pure.» ecco, come questa. Come poteva dirmi di fare come se niente fosse, con quella tranquillità, mentre aveva il naso ancora sui logaritmi?
«Natsume!» lo colpii sul braccio, al che lui mi guardò malissimo, facendomi ritirare un po', fino a che, quasi, non mi raggomitolai vicino ad uno dei due cuscini. Faceva paura quando mi guardava in quel modo.
«Cosa?» mi incitò, spazientito. Lo guardai, come se mi avesse fatto l'affronto più grande che potessi ricevere o, almeno, questo era l'intento. Lo vidi distogliere lo sguardo per un secondo, prima di sbuffare. «Ti avviso, ne mangerò uno solo, e soltanto perché credo che tu abbia fatto tardi per prepararli. Dico bene?» io annuii, orgogliosa, ma dal suo sguardo potei capire che lui non lo era altrettanto. Prima di allungargli il pacchetto, però, avevo bisogno di dirgli qualcosa:
«Buon San Valentino.» lo abbracciai per poi dargli un bacio sulla guancia. Lui sospirò spazientito, alle mie parole, ma mi strinse a sé, avvicinando le sue labbra alle mie. Per poco il sacchetto non mi cadde dalle mani, in modo che tutti i cioccolatini finissero per terra. Era incredibile che perdessi sensibilità a tutto il corpo tranne che alle labbra quando mi baciava.
Quando ci separammo, mi prese dalle mani i miei cioccolatini, come se stesse per andare al patibolo. «Se mi uccide,» parlò, tenendo il mio cioccolatino in mano, confermando il mio dubbio. «lascio tutti i miei averi a Youichi e Ruka.»
«Ti odio.» gli avrei volentieri svuotato la bustina in bocca, solo per sentirmi dire, alla fine, che erano buoni. Ma, probabilmente, sarebbe morto soffocato nel tentativo. Lui si limitò a guardarmi scettico. «Avanti, mangia.»
«Sì, sì.» obbedì alla mia richiesta, senza aggiungere altro. Masticò per un po' prima di ricominciare a parlare, forse sapendo che, in quel modo, mi teneva sulle spine. «Non è male.» dunque, arrivati a questo punto, le reazioni potevano essere molteplici. La prima: avrei potuto ucciderlo molto dolorosamente; la seconda: avrei potuto sorridere e ringraziarlo; la terza: avrei potuto rinfacciargli che ero una brava cuoca per il resto dei suoi giorni. Beh, poteva anche funzionare.
«Hai visto, malfidato, che non è sempre tutto nero come lo dipingi?» gli feci notare, completamente compiaciuta della mia vittoria. Sì, insomma, non succedeva spesso; dovevo godermi i miei momenti di gloria. «Così la prossima volta che ti propongo qualcosa da mangiare, potrai fidarti» e mi stavo riferendo al mio primo mochi dell'anno, che alla fine era andato nello stomaco di Ruka-pyon invece che nel suo. Ma non ebbi tempo di continuare a mettere il dito nella piaga, perché mi prese la mano tra le sue, senza dire nulla, così gentilmente che rimasi pietrificata. Forse stava per dirmi qualcosa di estremamente romantico, così mi sporsi verso di lui: adoravo quando la sua personalità romantica prevaleva sulle altre. In quei momenti, l'atmosfera cambiava radicalmente.
«Mikan...» sussurrò, con una voce strana. Non ricordavo che cambiasse anche voce con il cambio di personalità. Comunque sembrava davvero che volesse dirmi qualcosa di estremamente importante: aveva la stessa espressione di qualcuno che vuole scappare clandestinamente con l'amore della sua vita, ma non credevo che volesse fare una cosa del genere; o, perlomeno, non me ne aveva mai parlato. «Mikan...» lo guardai negli occhi e mi sembrò come ubriaco, ma io non l'avevo mai visto bere, anche perché non era permesso portare alcolici all'interno della scuola, e lui era anche troppo giovane.
«Natsume... stai bene?» gli chiesi, mentre mi guardava adorante. Natsume Hyuuga guardava me adorante, quando di solito era il contrario. Dunque, ebbi la mia risposta: non stava bene, per niente.
«Sto benissimo, piccola mia.» mi contradisse, baciandomi la mano che aveva preso poco prima. Questo non poteva essere tutto merito della personalità romantica, cioè... cambiava personalità piuttosto spesso, ma non si allontanava mai troppo dall'“originale”. «Ci vorrebbe...» si guardò intorno, in cerca di qualcosa che sapeva solo lui, mentre io ero concentrata su di lui, del tutto spaesata. Non credevo che ci fosse un incantesimo che, a San Valentino, trasforma tutti i ragazzi scontrosi in sensibili romanticoni. Scossi la testa, al solo pensiero, catalogandolo come impossibile. «Dai, vieni.» mi trascinò con sé, giù dal divano, verso la porta.
«Ehi!» protestai. Dopo tutta la ramanzina che mi aveva fatto! «Non dovevamo studiare matematica?» Natsume si voltò verso di me, con un sorriso smagliante che riuscivo a vedere solo di rado.
«Matematica?» mi pose questa domanda come se gli avessi appena detto una parola inventata. «Che importanza ha la matematica? Oggi è San Valentino, Mikan!» sbattei le palpebre, incapace di controbattere, mentre mi trascinava dietro di sé, come un sacco vuoto. «Per te,» mi porse una rosa, che aveva preso da uno dei vasi nel corridoio. Di solito, il giorno di San Valentino, le rose erano dappertutto nei vasi dell'Accademia. «perché sei la mia principessa.» mi ritrovai ad arrossire: mi lusingava certamente che mi dicesse cose del genere, ma... era davvero Natsume il ragazzo che avevo davanti?
«Ecco... ti ringrazio...» mi trovai in difficoltà, tanto da non sapere bene cosa dirgli. «Sei sicuro di stare bene?» lui mi rivolse un altro sorriso.
«Non sono mai stato meglio, te lo assicuro.» mi rispose, con leggerezza. Si guardò intorno, mentre io mi limitavo a fissarlo, sentendomi un inutile pezzo di carne. Questo suo nuovo comportamento mi confondeva come nient'altro sarebbe stato in grado di fare. Lo vidi armarsi di rose da un altro vaso per andare da due ragazze delle medie e offrirgliele. Loro strillarono eccitate, quando lui disse: «Oh, leggiadre fanciulle, permettetemi di offrirvi questo fiore come omaggio alla vostra bellezza.» e all'improvviso mi sentii assalire dalla rabbia. Poteva anche comportarsi come voleva, con me, ma di sicuro non potevo permettergli di fare il cascamorto con le altre!
«Natsume!» gridai, contrariata e allibita nello stesso tempo. Lui si girò verso di me, guardandomi con uno sguardo così innocente che, se non l'avessi visto coi miei occhi, avrei davvero creduto che non avesse fatto niente di male.
«Mikan, mio leggiadro fiore di campo, come puoi pensare che io ti faccia l'onta di tradirti?» non riuscivo a capire neanche metà delle parole che usava. «Non c'è ragione di essere gelosa.» non so con che espressione lo guardai, ma ero... non c'era un aggettivo preciso per descrivere il mio stato d'animo, ma avevo la sensazione di voler scappare il più lontano possibile da quel tipo. O forse mi sentivo fuori posto semplicemente perché stavamo parlando di Natsume. Non credevo, comunque, che mi sarei più lamentata del suo scarso romanticismo o entusiasmo per qualcosa. E aveva irritantemente ragione. Come al solito, d'altronde: era perfetto com'era. Ragionai un attimo su ciò che avevo appena pensato e ridussi gli occhi a due fessure, guardandolo con fare indagatore.
«Tu lo stai facendo apposta, non è così?» esposi la mia teoria, con le mani sui fianchi, indignata. «Per farmi ricredere sui tuoi difetti, dico bene? Allora puoi smettere. Ho capito.» lo fissai, orgogliosa del fatto che per la prima volta nella mia vita, ero riuscita a capire il suo piano. Aspettavo solo che lui mi rispondesse qualcosa di raggelante. Ero pronta a subire, ma il suo sguardo si intristì e non ne capivo la ragione.
«Perchè è codesto il tuo parlare?» mi chiese, addolorato, con lo stesso tono di un attore da teatro. «Mio dolcissimo bocciolo di rosa, quale meschinità è mai potuta accadere per portarti a rivolgermi sì dure parole?» alla fine sospirò, posandosi il dorso della mano sulla fronte. Rimasi pietrificata, senza essere in grado di articolare un suono comprensibile. In più, mentre io cercavo di ricominciare a utilizzare nuovamente tutte le mie funzioni cerebrali, per interpretare la frase che mi aveva detto, lui aveva già individuato la sua nuova preda: Hotaru.
«Oh, dolcissima Imai, sei radiosa quest'oggi.» dichiarò, con l'onnipresente rosa in mano. Lei, prima di dire qualcosa, fissò me, chiedendomi tacitamente se Natsume stesse bene o no. «Accetta questo fiore come pegno del mio amore.» e non credevo ai miei occhi quando anche a lei toccò la stessa sorte di quelle due ragazzine. Gli avrei volentieri strappato di mano quella rosa.
«Togliti di mezzo, Hyuuga.» fu tutto quello che disse Hotaru, senza fare una piega e senza rivolgergli ulteriore attenzione. «Dovresti rinchiuderlo, Mikan. Potrebbe essere pericoloso.» aggiunse, scuotendo la testa. Nessuno parlò, finché Hotaru non scomparve dalla nostra vista.
«Dove ti dirigi, perfetta Imai?» sembrava che gli stessero portando via i viveri e io non riuscivo a muovere un muscolo o a parlare. Ero troppo sconvolta. «Oh, Mikan...» aveva il tono di quello che si accorge di una cosa dopo molto tempo. Si avvicinò a me, prendendomi di nuovo una mano tra le sue, appoggiando l'altra dietro la mia schiena. «i miei appartamenti sono qui vicino. Perché, dunque, non andare a sfogare le nostre passioni così a lungo soffocate?»
Credevo che sarei riuscita a contenere la rabbia, sotto il suo sguardo oltremodo innamorato. Lo credevo davvero. Beh, mi sbagliavo: lo schiaffeggiai con tutta la forza che avevo. «Prima fai il cascamorto con tutte quelle che passano per questo corridoio, e adesso ti permetti di farmi una proposta del genere?» strillai, sdegnata e offesa. «Sei un maiale!»
Cominciai ad andarmene nella direzione opposta. «Mikan... dove vai, amore mio?» la sua voce mi raggiunse quando, per fortuna, ero troppo lontana per vederlo e tornare indietro a massacrarlo con qualcosa di veramente pesante. Non sapevo esattamente dove dovevo andare, avevo soltanto bisogno che qualcuno mi aiutasse. La prima persona che mi venne in mente fu proprio lui, ma era il problema principale, quindi dovetti subito scartare l'opzione. L'unica altra persona disponibile il giorno di San Valentino che mi venne in mente era Hotaru, ma lei doveva studiare. C'era una sola altra possibilità.
Cominciai a correre, dirigendomi verso il suo laboratorio. Arrivai alla porta col fiatone e la spalancai. «Ho un disperato bisogno di aiuto!» gridai, con le lacrime agli occhi. Nonoko, con una mano sul petto, forse nel tentativo di tranquillizzarsi, mi guardò, senza capire. «Natsume...»
«Che è successo?» volle sapere, preoccupata, mentre ci sedevamo sullo stesso divano dove avevamo aspettato la cottura dei biscotti. «Racconta.» tirai su col naso, depressa.
«Era tutto normale, poi gli ho rinfacciato le mie ottime doti di cuoca, dato che non si fidava a mangiare il cioccolatino e... puff...» mossi le braccia per rendere meglio il concetto, come se simulassi un'esplosione. «è cambiato tutto. Anzi, no! Lui è cambiato del tutto. Ci provava con tutte, Nonoko! Anche con Hotaru, e la cosa mi ha sconvolta perché neanche si parlano!»
«E prima si comportava normalmente?» mi chiese, pensierosa. Io annuii.
«Sì, lui stava masticando il cioccolatino e...» pensai a che altro avevamo fatto, dopo. «...niente. Dopo è soltanto saltato fuori con quello stranissimo comportamento. L'ho anche schiaffeggiato, sai?» oh, se l'avevo schiaffeggiato!
«Oh... oh...» corse all'armadietto dove teneva le sue invenzioni. «Oh... che cavolo!» sospirò, battendosi il palmo della mano sulla fronte. «Sono un'idiota, Mikan. Mi dispiace.» girò il barattolo verso di me. «È per il cambio di personalità. Personalità opposta.» un po' ermetica come spiegazione, ma quadrava perfettamente con ciò che era successo a Natsume.
«Co... come?» chiesi, scioccata. L'avevo preso a schiaffi per... i miei cioccolatini? «E...» avevo quasi paura a formulare le due importantissime domande che mi erano appena saltate in mente. «e... ecco... quando precisamente recupererà la sua personalità? E... ricorderà... tutto quanto?» Nonoko mi guardò, insicura.
«Non ne ho idea.» confessò, titubante. «Non l'avevo ancora mai provata.» oh, no! Non sapevamo neanche se sarebbe tornato come prima. Che cosa avrei dovuto fare? «Comunque sia non c'è tempo da perdere. Dobbiamo trovarlo e metterlo in un posto dove non lo trovi nessuno. Chissà che potrebbe combinare! Potrebbe sedurre una ragazzina delle medie, ci pensi?» spalancai gli occhi, incredula. Ma a che cavolo stavo pensando quando l'avevo lasciato solo? Mi diedi almeno dieci milioni di volte dell'idiota per non averci riflettuto prima.
«Dobbiamo assolutamente sbrigarci!» ero così agitata che mi tremava anche la voce. Non sapevo come avrei reagito se davvero ciò che aveva detto Nonoko si fosse avverato. «Ma come posso riuscire a convincerlo a venire con me?»
«Beh...» ci pensò per un attimo, finché non le si illuminò il viso. Doveva essere proprio una grande idea. «tenta di sedurlo tu.» che cosa aveva appena detto?

Quando lo trovammo, dopo circa mezz'ora di ricerche, eravamo nel corridoio dei dormitori femminili. Mi chiesi se avessi dovuto aspettarmelo. Stanche, col fiatone, ci appoggiammo al muro, mentre lui era pericolosamente vicino a Sumire, ma noi non lo eravamo tanto da sentire che cosa dicevano, almeno nel momento in cui eravamo arrivate. Col sangue che mi ribolliva nelle vene, mi avvicinai a loro, mentre Sumire lo guardava sognante. Chissà che promesse da marinaio le stava facendo quel maiale! «Certo, Sumire cara,» stava dicendo, con voce persuasiva e suadente. Quel tono mi fece indignare anche di più. «sei l'unica padrona del mio cuore.»
«Oh, Natsume!» sospirò lei, sorridendo, completamente persa nei suoi occhi. «Ho sempre desiderato sentirti dire queste parole!» gli gettò le braccia al collo e quando stava quasi per baciarlo non potei più resistere, per quanto potesse dispiacermi infrangere il sogno della mia amica.
«Natsume che stai facendo?» chiesi, con le braccia incrociate al petto. Vidi entrambi pietrificarsi. Natsume allontanò le sue braccia dalla vita di Sumire e la spinse via, per poi rivolgermi un sorriso smagliante.
«Mikan, amore mio, sei di nuovo davanti ai miei occhi!» mi salutò allegro, come se non stesse per tradirmi davanti al mio naso. Necessitava di tornare quello di prima, o sarei impazzita. «Cosa c'è? Non riuscivi a sopportare che ci separassero infinite mura?»
«Mi sembra che tu ti sia consolato in fretta, invece!» gli rinfacciai, non resistendo, anche se sapevo perfettamente che non era in sé. Lui si voltò indietro, a fissare Sumire che lo guardava fiduciosa, chissà che le aveva promesso.
«Ti inganni, bocciolo.» quasi mi rimproverò, come se avessi sbagliato a dargli così poca fiducia. «Stavo soltanto consolando una fanciulla in difficoltà.» lo fissai, scettica. «Non rivolgermi codesto sguardo, sole della mia vita. Sei a conoscenza di essere l'unica donna per me.»
«Che cosa?» chiese Sumire, stupefatta. «Ma... ma...» balbettò, guardandolo come se l'avesse tradita. «ma tu mi avevi promesso che l'avresti lasciata per me!» che... sporco bugiardo!
«Non prestarle ascolto, luce dei miei occhi,» Natsume si rivolse a me, mentre Sumire era sempre più sconvolta. «non ho mai pronunciato parole simili. Te lo giuro.» era così teatrale che sarebbe stato benissimo su un palcoscenico. «Mi sembra di aver già dichiarato di aver dedicato a te il mio nobile cuore.»
«Da-davvero?» chiesi, cercando di sembrare naturale. Beh, non ero una grande attrice ma, perlomeno, contavo di riuscire a fregare questo Natsume-non-Natsume. Se io e Nonoko dovevamo portarlo in un luogo sicuro era l'unica strada e io dovevo seguire il consiglio della mia amica, anche se ancora non sapevo se ce l'avrei fatta. Dovevo fidarmi di lei. «E come pe-pensi di di-dimostrarmelo?» respirai profondamente, mentre balbettavo, cercando di superare l'imbarazzo per riuscire a dire quella frase. «In... ca-ca-camera t-tu-tua?» serrai gli occhi, arrossendo immediatamente per la proposta appena fatta, soprattutto perché lo stavo facendo in un corridoio e davanti a Sumire, che chissà che stava pensando.
Natsume mi sorrise maliziosamente. «Ogni tuo volere è un ordine, mia amata.» detestavo che mi chiamasse con tutti quei nomi. Mi sovvenne solo in quel momento quanto adoravo il mio Mutande-a-Pallini e mi dispiacque quando vidi Sumire correre via, in lacrime.
Nonoko mi mostrò i suoi pollici. «Sei stata grande!» mi lodò; ma prima che potesse arrivare ad abbracciarmi, Natsume si frappose fra noi e si inginocchiò per terra.
«Qual bellezza si staglia davanti ai miei occhi, sono incantato!» proferì, giungendo le mani, e porgendole quella maledettissima rosa. Non avrei più voluto vederne in tutta la mia vita. Ribollii per l'indignazione. Era solo un pervertito che illudeva le ragazze.
«Ehm... ecco...» balbettò Nonoko, in imbarazzo. Guardò prima me, e poi di nuovo Natsume. Prese la rosa. «Ehm... grazie.» gli fece un sorriso tirato e poi mi afferrò il braccio. «Portiamolo via, subito.» io mi limitai ad annuire.

«Ti siederesti su quella sedia... per me?» gli chiese Nonoko. Lui le sorrise, facendo un mezzo inchino; mi sentivo così fuori luogo.
«Ma certo, raggio di sole. Il mio agire dipende dalle tue splendide labbra.» e così eseguì l'ordine. Nonoko si affrettò a legargli le mani, in modo che non potesse muoversi. «A che gioco vuoi giocare, mia dolce donzella?»
«Natsume... sei... sei un maiale.» ripetei, sdegnata. Lui mi sorrise, ammiccante, mentre mi veniva voglia di schiaffeggiarlo di nuovo. «Parlo sul serio.»
«Non c'è ragione per la quale tu debba essere gelosa, ragione della mia vita.» replicò, con naturalezza. «Stavo solo rendendo omaggio alla bellezza delle fanciulle di quest'Accademia il giorno di San Valentino. Qualcuno doveva pur farlo.» provai di nuovo a resistere. Ci provai davvero, esattamente come poco prima. Ma non ci riuscii, com'era prevedibile, tanto che si ritrovò con il segno della mia mano stampato sulla guancia. Potevo dire di averlo colpito molto più violentemente di prima, nonostante avessi creduto di avergliele suonate con tutta la mia forza. «Maledizione, Mutande-a-Pallini, hai finito di prendermi a schiaffi?»
«Sei un maniaco e te lo meriti!» risposi, quasi gridando, mentre cercavo di contenere la rabbia. Lui mi guardò negli occhi e il suo sguardo raggelante mi mise i brividi, ma... «Natsume...? Sei tu?»
«Chi pensi che dovrei essere, razza di stupida?» sbottò, di rimando, senza abbandonare quello sguardo omicida, che rivolse dieci volte peggiore a Nonoko, che deglutì.
«Beh... Mikan... io... vado. Ci vediamo... ehm... domani.» con queste parole, Nonoko fuggì letteralmente dalla stanza. Quando tornai a fissare Natsume, scoprii che si era liberato di qualunque cosa la mia amica avesse usato per legarlo.
Cominciò ad avvicinarsi a me, e io a indietreggiare, finché non incontrai l'ostacolo del muro. Mi ritrovai intrappolata fra quel malefico pezzo di cemento e il mio ragazzo. «Mikan,» il mio nome suonò terribilmente minaccioso pronunciato con quel tono. Rabbrividii di nuovo e sentirsi in trappola com'ero io non aiutava molto a sentirmi a mio agio. «fammi un altro scherzo del genere, e ti prometto che la prossima cosa a cui darò fuoco saranno le tue mutande a pallini.» mi minacciò. Sembrava che i suoi occhi potessero perforarmi. «Sono stato chiaro...» alzò un braccio e io mi chiesi che intenzioni avesse, finché, come al solito, non mi alzò la gonna. «Mutande-coi-Girasoli?» tentai di riabbassarla, senza guardarlo. Avevo le lacrime agli occhi e pensavo che se le avesse viste si sarebbe comportato anche peggio. Dopo che combinavo guai, detestava vedermi piangere. «Non c'è bisogno di frignare.» la solita delicatezza da tritarifiuti.
Mi passai una mano sugli occhi. «Lo so...» risposi, tirando su col naso. «è solo che non sapevo più cosa fare per farti tornare normale. Mi sono confusa.»
«Pestarmi è stata una magnifica idea, in effetti.» faceva anche lo spiritoso. Non mi ero mai ingelosita o arrabbiata tanto in tutta la mia vita come in quel giorno. Era proprio un San Valentino da dimenticare. «Te lo dico a titolo informativo: non mangerò più cioccolatini a San Valentino. Non cucinarmi più niente, ti prego.» feci una smorfia: non era stata una cosa intenzionale, ma non credevo che fosse il momento adatto per mettersi a discuterne.
«Come vuoi.» risposi, mogia. Beh, allora addio tradizione di San Valentino, Capodanno e tutto il resto. «Ma per i cioccolatini non è stata colpa mia...» tentai di giustificarmi, ma quando lo guardai di nuovo non sembrava più arrabbiato.
«Non è stato divertente fare quelle cose, capire di farle e pensare che fossero giuste. Santo cielo, ero disgustoso!» la sua espressione confermava in pieno le sue parole, e mi fece sorridere. «Se la prossima volta, e spero seriamente che non ci sia, dovesse ricapitare e tu non dovessi riuscire a farmi recuperare la lucidità, ti prego... ammazzami.» sapevo – o almeno era quello che speravo ardentemente – che non parlasse sul serio.
«Non dire così.» lo rimproverai. Lui mi sorrise, furbo, e io seppi che stava per dire qualcosa di imbarazzante, come sempre.
«Allora, dimmi,» si morse un labbro, compiaciuto. Non potei reprimere un sorriso. «sono così male?» che grandissimo... idiota.
Sbuffai, mentre ancora non si decideva a lasciare andare la mia gonna. «Ti piace proprio sentirtelo dire, eh?» osservai, senza, però, particolare convinzione. «Però... no... non sei poi così male.» questo gli avrebbe fatto molto bene, almeno.
«Era ciò che volevo sentirmi dire, dopotutto.» ammise, abbassando la testa per baciarmi. In effetti, non vedevo l'ora che lo facesse, dal momento che avevo passato tutto il pomeriggio con un altro Natsume. E quando mi ritrovai le sue labbra sulle mie, lo attirai di più verso di me per non permettergli di allontanarsi neanche per un secondo, in qualche modo questo mi dava la certezza che era tornato quello di sempre. Mi accorsi solo vagamente che mi stava sciogliendo i capelli.
Quando ci separammo, avevamo il fiato corto. «Allora...» cominciò, riprendendo a respirare. «che si fa?» solo in quel momento mi venne in mente che c'era un posto dove volevo assolutamente andare.
«Portami a Central Town.» fu la mia proposta. «I locali sono aperti fino a tardi.» lo vidi sorridere, nel buio della camera.
«Devo forse noleggiare una moto, Mutande-coi-Girasoli?» mi domandò, baciandomi leggermente le labbra. Io annuii, sorridendogli.
«Smettila di chiamarmi così...» era davvero irritante la mancanza totale di sicurezza nella mia voce, come anche suscitare quel sorrisetto che era comparso sulle sue labbra, al suono delle mie parole.

«Okay, ora lo so.» constatai, mentre mi toglievo il casco dalla testa. «Io e le moto non ci capiamo.» mi sistemai il vestito che mi ero messa per l'occasione. Più precisamente, era quello che Tsubasa-senpai e Misaki-senpai mi avevano regalato per il mio compleanno. Avevo rischiato di rimanere senza la metà inferiore per più di una volta. Di norma non sarebbe stato divertente, ma chissà perché avevamo riso per tutto il tragitto.
«Quanto la fai lunga.» commentò Natsume, scompigliandosi i capelli. «Lo sapevi che una gonna ampia come quella non è adatta per questo genere di viaggi. Io ti avevo consigliato di metterti i pantaloni, ma tu hai la zucca vuota e non mi ascolti mai.» gonfiai le guance, offesa.
«Smettila!» protestai, incrociando le braccia al petto. Lui, per tutta risposta, sorrise e mi strinse la vita con un braccio. Mi morsi un labbro per non sorridergli di rimando, ma non riuscii comunque a reprimerlo.
Lui mise su un espressione pensierosa e si guardò intorno, in cerca di qualcosa. «Allora, dov'è questo magnifico posto dove volevi andare, Mutande-coi-Girasoli?»
Io gli feci la linguaccia, senza proferire parola. Lo trascinai nella direzione delle luci, dove c'era un sacco di gente; di sicuro eravamo nel posto giusto. Lo sentii sospirare, e gli scoccai quella che voleva essere un'occhiataccia, ma che non ebbe l'effetto sperato, almeno dato il modo rilassato e innocente con cui mi guardava. Fece una smorfia, appena ci fermammo davanti all'entrata. «E ora che hai?» domandai, girandomi nella direzione in cui stava guardando per capire quale fosse il problema.
Lo vidi sul punto di sbuffare, per poi trattenersi. «Niente...» replicò, distogliendo lo sguardo. «troppa gente, tutto qui.»
«Beh, è logico!» commentai, stupefatta. Insomma, se eravamo andati a Central Town: l'unico altro luogo dove gli studenti dell'Accademia potevano andare, oltre ai dormitori. Che cosa si aspettava di trovare se non un'immensa folla? «È San Valentino!»
«Guarda chi si vede!» la voce di Ruka-pyon mi arrivò alle orecchie e mi girai verso la direzione da cui proveniva, scorgendo Hotaru con le braccia conserte. Erano due settimane, ormai, che Ruka-pyon aveva potuto riprendere a camminare da solo di nuovo: ero felice per lui, almeno non si era perso i festeggiamenti. «Anche voi qui per la festa di San Valentino?»
Io annuii. «Oh, sì. Giusto per concludere la giornata in bellezza.» ma fu Natsume a parlare. Abbassai lo sguardo, colpevole. Non potevo ripensare a quello che era successo quel pomeriggio.
«Sono quasi felice che tu sia tornato normale Hyuuga.» fu il distaccato commento di Hotaru. «Sarebbe potuto essere un problema per Mikan se tu fossi rimasto in quelle condizioni.» continuavo a trovare tremendamente interessanti le mie scarpe: non potevano cercare un altro argomento di conversazione?
«Volevi entrare in quel locale, Mikan?» mi chiese Ruka-pyon, indicandomi la fonte di tutti i problemi del mio ragazzo. Io annuii, di nuovo, contrita per via della discussione che Hotaru e Natsume avevano intrapreso. «A noi hanno dato due biglietti omaggio. Sono bibite gratis.» lo guardai, riconoscente.
«Sicuro che a voi non servano?» gli domandai, prima di prendere qualcosa che potesse servire loro. Ruka-pyon, però, scosse la testa.
«Non ti preoccupare...» cominciò, ma Hotaru lo interruppe, mettendogli una mano sulla spalla. Lui le restituì uno sguardo curioso, come doveva esserlo il mio.
«Ovviamente,» spostò i suoi occhi raggelanti su di me. «dovrete pagarci.» vidi Ruka-pyon alzare lo sguardo al cielo, divertito.
«Smettila di scherzare, Hotaru.» anche se lei non aveva l'aria di quella che scherza. O meglio, io sapevo che Hotaru non scherzava mai quando c'erano di mezzo i soldi. Beh, diciamo che era una delle mie poche, solide certezze. «Sono in omaggio, non è carino che paghino per averli.» la mia amica si limitò a sbuffare, mentre Ruka-pyon sorrideva. Com'erano carini insieme!
«Grazie Ruka-pyon!» esclamai, abbracciandolo. Circa cinque secondi dopo, sentii qualcuno tirarmi indietro.
«Okay, basta.» era la voce di Natsume; e sembrava anche piuttosto irritato. «L'hai ringraziato abbastanza, andiamo.» e, detto questo, cominciò ad avviarsi verso l'entrata del locale. Rimasi lì impalata per un po', fissandolo mentre si allontanava da noi.
«Natsume!» lo chiamai, costernata. Ma che gli prendeva, all'improvviso? Sospirai, desiderando ardentemente che il momento in cui fossi riuscita a capirlo davvero arrivasse il più presto possibile.
«Non c'è di che, Mikan, comunque.» Ruka-pyon mi riscosse dalla mia temporanea, totale assenza di pensieri. Per tutta risposta, io annuii, per la terza volta in dieci minuti, ancora senza parole.
«Ma che gli prende?» chiesi, sperando che uno dei due avesse una risposta per me.
«Niente di preoccupante, Mikan.» Hotaru mi diede una pacca sulla spalla, mentre cominciavamo a incamminarci anche noi. «Direi che è solo marcio di gelosia.»
«Davvero?» beh, sapevo che era irrimediabilmente geloso, ma non credevo che lo sarebbe stato anche se avessi abbracciato un amico. «Lo raggiungo...» mi misi a correre, fino ad arrivare dov'era lui, prendendolo a braccetto. «Sono felice.» confessai, appoggiandomi al suo braccio.
«Per forza, ci sono io.» fu il suo commento. Mi limitai a ridere: era inequivocabilmente lui, per fortuna.

*****

Spero che questo capitolo vi abbia risollevato un po' il morale dalla depressione che, almeno per me, ha portato la fine delle vacanze ;(. Voi avete ricevuto gli auguri per il giorno della Befana? Io sì XD.

Risposte alle recensioni:

_evy89_: ho cercato di essere il più fedele possibile, perché adoro questi personaggi e non riesco ad immaginare, ad esempio, Mikan in un modo diverso dall'ingenua ragazzina che è XD o una Hotaru diversa da un pezzo di marmo, anche se lei nel manga si sta ammorbidendo un po' XD. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto ^^
marzy93: beh, ti faccio un piccolo spoiler: nel prossimo capitolo si sveleranno parte dei piani del preside e non sarà proprio una cosa piacevole specialmente per Mikan e Natsume, ne vedremo delle belle XD.
nimi_chan: magari è anche l'ideale mio XD ecco perché lo descrivo così, anche se in certe situazioni, se fossi Mikan, lo strangolerei XD. Tanti auguri anche a te, a proposito ^^

Inoltre, ringrazio tutte le persone che hanno inserito la mia storia tra i preferiti:

1. bella95
2. Erica97
3. Kahoko
4. mikamey
5. piccola sciamana
6. rizzila93
7. smivanetto
8. marzy93
9. nimi_chan
10. sakurina_the_best
11. _evy89_
12. cicci89
13. Luine
14. Yumi-chan
15. Veronica91
16. lauretta 96


E in particolare le new entry:

17. EkoChan
18. Silli96
19. stella93mer

E anche chi ha inserito la mia storia tra le seguite:

1. Mb_811
2. punk92
3. naruhina 7
4. MatsuriGil
5. Miki89
6. _evy89_
7. tate89
8. Janika Criselle

  
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