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Autore: Juu_Nana    10/01/2010    2 recensioni
Spilli di ghiaccio macchiavano di bianco il cielo del 25 dicembre.
Carta luccicante e nastri colorati splendevano sotto l'albero di Natale.
E le schegge di vuoto che schiaciavano il suo cuore martoriato sanguinavano nero dolore.
Ma correndo su quel manto di candida neve incontrerà chi mai si sarebbe aspettato.
Qualcuno gli farà capire che per riuscire a superare il passato si può solo guardare al futuro.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L, Mello
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Verrò

Gli occhi tremolarono sotto le palpebre e poi si socchiusero piano, subito feriti da un sole brillante, anomalo per la mattina di Natale.
Mello si tirò lentamente a sedere, facendo scivolare a terra la leggera coperta che lo aveva scaldato. Il fuoco doveva essersi spento da un bel po’, la luce che bagnava la stanza traspirava dalle veneziane alzate e l’orologio appeso sopra il camino ticchettava le nove e sette minuti. Disorientato dal non trovarsi nella sua camera e con in corpo la sensazione che mancasse qualcosa di tremendamente fondamentale, si massaggiò la guancia indolenzita dall’aver dormito sulla pelle del divanetto senza un cuscino.
Solo allora notò un involucro di carta dorata poggiato sul tavolino di vetro davanti a sé.
Il bambino tese la mano, lo afferrò, lo girò un paio di volte tra le mani, senza capire.
Accanto a dove fino a un attimo prima sostava l’oggetto, era posato un biglietto ottenuto ripiegando semplicemente un qualunque foglio bianco da fotocopia.
In quella si aprì la porta, che lo fece girare di scatto per lo spavento.
- Mello! Allora era qui, accidenti! -
Un agitato Roger entrò a grandi passi nella stanza.
- Cosa ti è venuto in mente di fare? Tutta la scuola ti sta cercando. Hai idea dello spavento che hai fatto prendere a tutti quando abbiamo visto il tuo letto vuoto, razza di irresponsabile! -
Il biondino sbattè un paio di volte le palpebre, frastornato, mentre i frammenti della notte passata iniziavano finalmente a ricompattarsi, man mano che il torpore del sonno scemava.
- Io… io mi sono svegliato… e ho sentito dei rumori - iniziò, ancora mezzo addormentato
- Sono venuto qui e c’era L, con un computer… -
A questo punto gli si spalancarono gli occhi di scatto, mentre il sonno spariva e il vuoto che percepiva finalmente acquistava un nome.
- Roger! - quasi urlò saltando oltre lo schienale del divano per trovarsi faccia a faccia con il suo, ora sorpreso, direttore.
- L! Dov’è andato L?! - chiese Mello, colto da un’ ansia improvvisa dettata da un non ben definito istinto più che da effettivi motivi di preoccupazione.
Fu il turno del povero Roger di aprire e chiudere gli occhi, disorientato dall’improvviso guizzo di vitalità del suo allievo.
- B-beh… Mello… - titubò quando riuscì a formulare un pensiero compiuto.
- Temo che il signorino L ormai sia andato via, aveva parecchi impegni e non poteva trattenersi molto oltre, aveva un volo previsto per… -
Roger continuò a parlare, ma già da “via” il bambino non lo stava più ascoltando.
Provò una sensazione orrenda a livello dello stomaco, come se, salendo una rampa di scale al buio, al posto del gradino successivo dall’indubbia presenza non avesse trovato che il vuoto.
Sibilò tra i denti una parola che certo gli sarebbe costata uno schiaffo, se il direttore l’avesse capita, prima di scattare verso la porta.
Si ritrovò di nuovo a correre per i corridoi della Wammy’s House con tutta la forza che aveva in corpo, a sbandare a ogni angolo, a rischiare di scivolare ad ogni curva per i pavimenti cui mai una volta fu risparmiata una dose eccessiva di cera.
Quando infine intravide il portone scuro era ormai senza fiato, ma non rallentò quando lo spalancò con una spallata.
Fuori il silenzio era sovrano.
La luce danzava sui fiocchi di neve, che brillavano come gemme, un uccellino solitario trillava il suo richiamo da un albero.
Il bambino scattò a destra e a sinistra con lo sguardo, ansando, ma non vide nessuna macchina che rassomigliasse almeno lontanamente alla limousine che aveva intravisto la sera prima.
Scese più veloce che poteva i gradini che portavano al giardino, affondando in un soffice manto che gli arrivava alle caviglie, mentre i capelli dorati gli oscillavano davanti alla faccia.
Spalancò il cigolante cancello di ferro, mentre la paura che gli opprimeva lo stomaco via via si trasformava in puro panico.
Girò su se stesso, disperando di scorgere il luccichio della cappotta nera in lontananza, mentre scendeva dal marciapiede fino ad invadere la strada che da ore ed ore non veniva attraversata da una vettura.
Ma dopo aver setacciato con lo sguardo chiaro ogni singolo brandello di quel orizzonte immobile, Mello dovette arrendersi all’evidenza.
L se n’era andato.
E non lo aveva nemmeno salutato.
Sentì qualcosa pizzicargli a livello degli occhi, ma si costrinse ad ignorarlo, mentre piano sentiva montargli dentro una rabbia frustrata.
Si era fidato, ci aveva provato di nuovo a credere in qualcuno, ci era cascato di nuovo e ora ne doveva accettare le conseguenze.
Si era dileguato, volatilizzato, dissolto.
Sparito.
E lui era rimasto là, solo come un cane.
Di nuovo.
Piano piano serrò la mano sinistra, al culmine della delusione.
Giusto per accorgersi che nella destra ancora stringeva il pacchetto dorato che aveva trovato sul tavolo.
Lo alzò a livello degli occhi, colto da un accenno di nuova curiosità.
Era molto sottile, ora che lo esaminava meglio, di forma rettangolare e molto leggero.
Un debole barlume di speranza gli si riaccese nel petto, mentre girava e rigirava quel dono dal quasi sicuro mittente tra le manine già intirizzite, senza riuscire a decidersi ad aprirlo.
- Mello! -
Per la seconda volta in neanche cinque minuti Roger gli fece saltare il cuore in gola per lo spavento.
- Cosa fai in mezzo alla strada? Torna dentro prima di essere investito da una macchina! - gli urlò l’uomo, che iniziava già a pentirsi di non aver chiesto la pensione per regalo di Natale.
Il biondino non se lo fece ripetere e ubbidiente come un agnellino lasciò che il suo direttore gli rifilasse un sonoro ceffone sulla nuca, brontolando mille improperi mentre andava a dare il “cessato allarme” a tutti coloro che lo cercavano e che non lo avevano visto sfrecciare per i corridoi come se avesse un branco di lupi alle calcagna.
Il bambino aspettò di vederlo girare il primo angolo per rifarsi di corsa tutta la strada che aveva fatto un minuto prima. Al doppio della velocità. Praticamente ad ogni metro doveva urlare di togliersi di mezzo a tutti quei ragazzi che iniziavano a riversarsi fuori dalle camere.
L’ultimo corridoio lo fece praticamente tutto in scivolata, e si agganciò con le mani ai bordi della porta per arrestarsi del tutto. Quasi non riusciva più a respirare, gocce di sudore gli rigavano le tempie e sentiva il cuore batteva all’impazzata dalle parti del pomo d’Adamo.
E non era certo solo a causa della velocità che per poco gli faceva superare il muro del suono.
Entrò, richiuse la porta alle spalle. Il biglietto era lì, esattamente dove lo aveva lasciato.
Scoprì la sua mano tremare mentre si allungava e prendeva il pezzo di carta, non sapeva cosa aspettarsi, e questo aumentava la sua tensione.
Iniziò a leggere le parole battute al computer, senza chiedersi come fossero state stampate, mentre si sedeva sul divano dove aveva passato la notte.
Il suo sguardo saettava frenetico da una lettera all’altra, capendo il senso di una frase su due, riponendo in quelle poche righe la speranza che per L non fosse solo un inutile fastidio averlo incontrato.
Quando arrivò alla fine risentì il pizzicore agli occhi, molto più forte questa volta.
Scosse violentemente la testa, stizzito dal suo infantile comportamento.
Riprese in mano il pacchettino che aveva abbandonato davanti a se sul ripiano e afferrava un lembo di quella sottile carta metallica.
Con un unico gesto svolse per metà la luccicante carta stagnola, scoprendo purissimo cioccolato fondente, diviso in grossi quadrati.
Ne addentò violentemente l’estremità, soffocando a stento un gemito. Strappò due cubetti e mezzo con un unico morso, masticò appena due o tre volte prima di avventarsi di nuovo sul suo regalo.
“Ho capito fondamentalmente due cose questa notte: che devo imparare a relazionarmi di più con gli ospiti della Wammy’s House e che come narratore faccio schifo. Per ovviare alla prima mancanza, credo che tramite computer potrei sentirvi più spesso senza rischiare di venire ucciso per sbaglio da troppa adorazione. Per la seconda, temo ahimè che non ci sia altra soluzione se non quella di smettere di raccontare. Lascio questo biglietto perché non so cosa potrei dire prima di salire sulla macchina di Watari e forse non tornare più. Non ho mai affrontato certe situazioni e preferirei non doverlo fare mai. Spero di non aver deluso troppo nessuno… “
Mello masticò senza ritegno altri tre quadretti, prima di inghiottirli rumorosamente.
Al morso successivo, al forte sapore di cioccolato si sommò il gusto salato delle lacrime.
“ Quello che ti lascio è un qualcosa che non darei a chiunque, l’ho scelto personalmente tra i miei dolci personali. Penso che potresti trovarlo utile, in un certo senso “
Contro ogni suo proposito, il  bambino si mise a piangere sempre più rumorosamente. Si accartocciò su se stesso, mentre singhiozzi sempre più forti gli squassavano il petto.
“Questo è cioccolato. Contiene zuccheri, che aiutano la concentrazione. Mangiane tanto, combatti, cresci, raggiungimi e quando verrà il momento prendi il mio posto. Io ti aspetto”
- Ne mangerò, ne mangerò a quintali! - singhiozzò Mello tirando su con il naso.
Lo aveva trovato.
Contro ogni aspettativa aveva trovato un motivo per andare avanti, un motivo per cui rialzarsi dopo ogni caduta, un qualcosa che temeva ormai di aver perso per sempre quella sera di Natale di tre anni prima. Si portò al viso la mano che ancora stringeva la lettera, premendola contro il volto e inzuppandola involontariamente nei fiumi che correvano irrefrenabili da suoi occhi.
- Diventerò il migliore, vincerò sempre! - mormorò tra i singhiozzi, rivedendo nella mente ogni singolo istante dei pochissimi momenti in cui erano stati insieme, accelerati come in un film.
Probabilmente in modo del tutto involontario, L era riuscito a diventare in poche ore la nuova cosa più importante del suo mondo, un modello, un motivo di vita, tutto. Il fatto che fosse lontano e che probabilmente non sarebbe più tornato era massacrante, ma sapere che anche per lui quegli esigui minuti avevano significato qualcosa fu per il piccolo Mello motivo di grande sollievo, come se gli avessero tolto un pesante macigno dallo stomaco.
Era forse per la crudele contrapposizione di queste due situazioni che piangeva e urlava in modo tanto disperato.
“Io ti aspetto”
- Verrò. Te lo prometto -

***

E gente, ora è finita! Un super mega grazie a Umpa_Lumpa e a Flagiu_Mustang che mi hanno seguito dal primo capitolo, a Fairy_Wings, a Regina_di_Cuori che sta ancora recuperando e a Cellina che ha recensito il primo episodio.
Scusate il ritardo, gente, problemi e problemi... ^^"
Ci sentiamo a presto con la prossima storia, intanto, Buona Notte a tutti!!

Juu_Nana
  
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