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Autore: Sklupin    10/01/2010    3 recensioni
Uno scorcio d'estate a casa Potter raccontata da un Sirius sedicenne e confuso, che inizia ad avvertire i primi sconvolgimenti ormonali e la prima sbandata verso qualcuno a cui non aveva mai pensato in certi termini. Figuracce, palpitazioni e sospiri per una fanfic al sapore di miele.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: James Potter, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti amici, fan, lettori, commentatori e curiosi di passaggio

Salve a tutti amici, fan, lettori, commentatori e curiosi di passaggio!

Eccomi qui con la seconda e definitiva parte “Temporale d’agosto”, piccola storiella pre-slash, che vede il nostro amato Sirius alle prese con il “risveglio dei sensi” del suo giovane corpo in pieno sviluppo.

Il povero James è dovuto restare a casa con le ziette, lasciando Sirius e Remus soli soletti.

Cosa’accadrà fra i due baldi giovini??

Lo scoprirete presto dedicandovi alla lettura del qui presente capitolo, scritto dopo lunghe e faticose riflessioni.

 

Sklupin lascia il palcoscenico, le luci si spengono in sala e lo schermo proietta l’immagine di due ragazzi a passeggio nella campagna.

 

 

Seconda parte.

 

Ci eravamo incamminati da un buon quarto d’ora, seguendo il sentiero che da casa Potter costeggiava Godrics Hollow, per poi proseguire attraverso il bosco.

Avevamo ammirato i vivaci colori delle casette (o meglio, lui le aveva ammirate, mentre io cercavo di smettere di fissare il suo profilo delicato, ma questi sono dettagli).

Personalmente ce l’avevo messa tutta per interagire in maniera normale, e per il momento mi sembrava di aver fatto un discreto lavoro.

Gli avevo chiesto se aveva già terminato i compiti e, ovviamente, se mi avrebbe gentilmente aiutato a finire i miei.

Ordinaria amministrazione.

Peccato che non fossi minimamente preparato alla contromossa dell’avversario.

 

Alla mia domanda, che tutt’ora ritengo perfettamente naturale, lui si fermò di botto.

Colto di sorpresa andai a sbattere contro la sua schiena, schiacciandomi il naso.

-Ehi, perché ti sei fermato?!- protestai coprendomi la parte lesa con una mano.

Si voltò e l’espressione sul suo viso mi frastornò.

Le sopracciglia leggermente arcuate, gli occhi socchiusi e la bocca tirata il un sorriso sgembo.

Emanava un fascino sottile, malinconico e irresistibile.

Restai in contemplazione della visione come un bambino davanti alla vetrina di Mielandia.

La visione parlò, ricordandomi che ero nel mondo reale.

-Padfoot, con me puoi smettere di fingere, sai?- domandò con quella delicatezza che gli era propria.

Rimasi interdetto, chiedendomi a quale finzione si stesse riferendo.

Sperai vivamente non si trattasse di quella che mi ero autoimposto, per impedirmi di arrossire e di iperventilare come un imbecille, ogni volta che incontravo i suoi occhi.

Aggrottai la fronte in un’implicita richiesta di spiegazione.

Stavolta fu Moony a sospirare, tirandosi indietro la lunga frangia con la mano.

Cercai di ignorare la piccola goccia di sudore che dal viso, gli scese giù per il pomo d’Adamo, addentrandosi nel colletto della camicia di lino.

-So che sei scappato di casa e che sei stato ufficialmente diseredato; me lo ha scritto Prongs un mese fa. Perciò mi chiedevo se intendi esplodere, a forza di tenerti tutto dentro-

 

Era incredibile.

Ancora oggi mi chiedo come facesse.

Forse era un Legilimens.

Se fosse così non sarebbe stato carino tenermelo nascosto.

Beh, ma forse sto divagando.

Dicevo che era incredibile, come facesse a leggermi le preoccupazioni dentro, neanche fossi uno tanti tomi con cui si dilettava quotidianamente.

Mi ritrovai a sperare che la perspicacia di Remus avesse delle limitazioni, soprattutto riguardo le strane reazioni fisico/emotive, che avevano deciso di manifestarsi proprio quel giorno nel mio corpo.

Non mi accorsi di essermi incurvato, preso da distorte elucubrazioni mentali.

-Oggi non ti capisco Paddy… Per caso non ti fidi più di me?- mi chiese evidentemente preoccupato.

Alzai il capo strabuzzando gli occhi.

-Cosa?! Oh, no! Sei fuori strada Moony, io mi fido di te, figuriamoci. Non te ne ho parlato subito per non rovinarti le vacanze- mi affrettai a spiegare, cercando di rassicurarlo.

Non riuscii tuttavia ad impedirmi un tono leggermente ansioso, che chiaramente tenne in allarme l’astuto lupacchiotto davanti a me.

Era palese che non avesse bevuto una parola di quanto gli avevo appena detto, ma mi concesse il beneficio del dubbio stirando le labbra in un sorriso d’incoraggiamento.

A cui chiaramente abboccai come un pollo, rilassandomi appena osservando il cielo.

Qualche timida nuvola fece capolino dalla cima della montagna nebulosa, gettando un’ombra sottile su di noi.

 

-Ho capito, ma adesso sono qui. Puoi raccontarmi tutto senza preoccuparti di rovinare nulla- insinuò accondiscendente, come farebbe un professore che vuole indurre a confessare l’ennesima bricconata ad uno studente problematico.

Tornai ad irrigidirmi, guardando ovunque tranne che nella sua direzione.

Mugugnai qualcosa d’intelligibile.

-Sirius Black! Per amore di Godric vuoi dirmi che accidenti ti è passato per la testa quando te ne sei andato di casa?! O vuoi farmi crogiolare sadicamente nel dubbio fino alla morte!?- sbottò Remus in una versione che non vedevo da parecchi anni, e che sinceramente non mi mancava affatto.

Mai fare incazzare un lupo mannaro, precetto numero due dei Malandrini (il primo era sbeffeggiare Snivellus sempre e comunque).

Decisi di vuotare il sacco, per il suo e soprattutto per il mio bene.

 

-Quella mattina mi ero alzato con l’intenzione d’informare i miei egregi genitori della decisione di abbandonare la famiglia Black. Era da un bel po’ che ci pensavo, sapevo che James mi avrebbe accolto a casa sua senza emettere un fiato, perciò non vedevo l’ora di svignarmela. Ma non volevo scappare di nascosto, inscenando una fuga da smidollato- iniziai a raccontare camminando in tondo attorno all’albero a cui Moony era appoggiato.

L’estrema serietà con prestava nell’ascoltarmi, mi fece sorridere interiormente.

Mi schiarii la gola e proseguii.

-Ho atteso il pranzo, unico momento in cui saremmo stati tutti nella stessa stanza. Ho spiattellato la bella notizia tra il secondo e il dessert. A mio fratello è andato di traverso il succo di zucca, mio padre è rimasto impassibile, mia madre ha posato la forchetta e ha ordinato ad un elfo domestico di sbattermi fuori dalla proprietà dei Black. Si è anche premurata d’informarmi che mi avrebbe cancellato dall’albero genealogico di famiglia, prima che me ne andassi di mia iniziativa, voltando le spalle al bel quadretto- conclusi ghignando beffardo.

Strappai una foglia d’acero e l’abbandonai per terra, così tanto per fare qualcosa.

Le mie stesse parole mi risuonarono nella testa come un’eco lontana.

Rividi le facce arcigne e disgustate di Orion e Walburga Black, rivolgermi occhiate astiose, gelide e aride di sentimenti.

Il viso di mio fratello Regulus, contorto dalla tosse per via del succo andatogli di traverso.

Le mani tremanti con cui aprii il portone nero di Black Manor per l’ultima volta.

Nelle orecchie gli insulti di quell’elfo invasato di Kreacher, seguirmi fino al grande cancello.

Strizzai le palpebre e riaprii gli occhi, avvertendo il peso dell’assenza di suoni, di voci, di urla, di rumori.

Il silenzio mi stava facendo impazzire.

Non osavo guardare Remus.

Stupida paura irrazionale.

Lo sguardo fisso al suolo, notai distrattamente che la luce era notevolmente diminuita.

Anche l’aria sembrava essersi rinfrescata.

Ma non m’azzardavo a muovermi dal lato opposto del tronco, divenuto improvvisamente un muro invalicabile al quale mi aggrappavo per non cadere.

Pensai di esordire con una frase sdrammatizzante del tipo: “Era uno scherzo! Sono ancora un fottuto Black”, malgrado avessi seri dubbi sull’effetto che avrebbe avuto.

 

D’improvviso un braccio mi cinse le spalle;  il tocco soffice e profumato dei capelli di Moony mi sfiorò la guancia.

Avrei riconosciuto ovunque quel profumo, come di miele, di cioccolato e di fresia.

Eppure fino a quell’istante non l’avrei mai pensato.

-Mi dispiace… Verrà il giorno in cui si accorgeranno di quello che hanno perso- sussurrò lieve al mio orecchio.

Gli argini che mi ero inconsciamente costruito attorno al cuore, crollarono come un castello di carte.

Non c’era spazio per nessuna ironia; non avevo battute con cui smorzare il senso di opprimente solitudine che le parole di Moony avevano scovato dentro di me.

Gli occhi mi s’inumidirono e non feci in tempo a riprendere il controllo, che le lacrime oltrepassarono le ciglia, rigandomi le guance.

Istintivamente ricambiai la stretta, avvolgendogli la schiena con le braccia.

Se qualcuno fosse passato di lì, avrebbe visto due ragazzini singhiozzare abbracciati.

E sinceramente non penso me ne sarebbe importato granché.

 

Ad un tratto qualcos’altro, oltre alle mie ormai finite lacrime, mi schizzò la faccia.

-Credo stia piovendo-

Quella semplice constatazione, mise fine al momento, proiettandomi nuovamente nella realtà.

Equella mi piovve letteralmente addosso con la sua potenza.

In una manciata di secondi realizzai che stavo abbracciando il mio amico Remus, che avevo appena pianto sulla sua spalla e che non avevo la più pallida idea di cosa fare.

 

Moony mi facilitò parzialmente le cose, discostandosi gentilmente ed evitando di guardarmi negli occhi.

Gliene fui immensamente grato.

Non credo che avrei retto se avessi incrociato il suo sguardo.

Dovevo essere proprio sconvolto, perché rimasi lì impalato sotto l’albero, a prendermi l’acqua in faccia senza l’apparente intenzione di muovere un muscolo.

O, almeno questa suppongo fosse l’immagine che Remus ebbe di me, in quel preciso momento.

Interiormente invece una movimentata lotta stava animando i miei poveri neuroni fuori allenamento.

-Sarà meglio cercare un riparo più efficace, non ha l’aria di smettere tanto presto- osservò intelligentemente Moony, scrutando le grosse nubi che nel frattempo avevano oscurato il cielo.

Come un automa mi avviai verso l’ingresso del bosco, facendogli cenno di seguirmi.

Conoscevo bene la zona, grazie alle numerose avanscoperte fatte con James e sapevo che poco lontano c’era una roccia sporgente, dove avremmo potuto ripararci.

 

La vegetazione era fitta, ricca di arbusti e cespugli piuttosto grossi che intralciavano il cammino.

Ma io procedevo rapido e sicuro, scavalcando abilmente gli ostacoli che mi si paravano dinnanzi.

Camminare mi piaceva, in particolare quando ero nervoso.

Mi aiutava a districare i pensieri, a calmarmi.

Ed era appunto quello che confidavo avvenisse.

Avevo appena saltato un sasso insidioso, quando una voce familiare m’indusse a fermarmi.

-Paddy, aspetta! Ahia!-

Mi voltai di scatto e vidi Moony rannicchiato per terra, le mani che stringevano una caviglia.

Volai al suo fianco con un unico balzo, chinandomi per accertarmi del danno.

-Ti sei fatto male?! Porca Morgana, è colpa mia, andavo troppo veloce!- iniziai a farfugliare, scostando le sue mani dalla caviglia infortunata.

Era gonfia e leggermente violacea.

-N-non è niente, adesso mi alzo- si affrettò a dire lui, con sofferenza malcelata.

Questo vizio di minimizzare ogni cosa che lo riguardasse per non impensierire il prossimo mi dava sui nervi.

Avrei voluto che si lamentasse una buona volta.

Averi voluto che lo facesse almeno con me.

Gli misi un braccio sotto le ginocchia e con l’altro gli circondai le spalle; lo sollevai senza troppo sforzo.

-Padfoot! Mettimi giù, sono ancora autosufficiente e…-

Un tuono spaventoso ruggì fra gli alberi, coprendo le sue rimostranze, che comunque mi ero già premurato d’ignorare bellamente.

Una pioggia scrosciante cominciò a cadere fitta, filtrata appena dalla foresta.

Presi a correre più forte che potei, con Remus abbarbicato attorno al mio collo e le sue urla nelle orecchie.

Fu un’esperienza incredibilmente elettrizzante e divertente a dire il vero.

Una risata canina mi partì spontanea, mentre con un salto schivavo un cespuglio di rovi; le unghie di Moony conficcate nella mia spalla e un brivido d’eccitazione lungo la schiena.

Un paio di passi e fummo al riparo, sotto la roccia.

 

Mi sedetti e scossi il capo per scrollarmi l’acqua dai capelli.

-Ehm, ti dispiacerebbe smetterla? E’ fastidioso!- proruppe Remus, il viso a pochi centimetri dal mio.

Sorrisi malandrino e strofinai la chioma inzuppata contro la sua faccia.

-MnfffSirius, giuro che ti pesto a sangue se non la pianti subito! Dannato cagnaccio puzzolente!- protestò nuovamente, col tono giocoso di quando eravamo soliti scherzare ad Hogwarts.

Risi sguaiatamente a quella minaccia infondata, aprendo le braccia e sfidandolo a mettere in atto i suoi propositi.

Gli occhi di Moony brillarono e senza neanche troppo sforzo mi portò schiena al suolo.

Sentivo il suo peso morbidamente adagiato su di me.

Il suo petto si alzava e si abbassava contro il mio, le sue mani poggiavano leggere sulle mie spalle, i nostri bacini combaciavano perfettamente.

Frastornato da una miriade di sensazioni diverse, non mi accorsi subito di ciò che stava accadendo la in basso.

Vidi un rossore diffondersi sulle sue gote, colorandole in maniera deliziosa.

Credo di aver trattenuto il respiro, per paura di spezzare l’incantesimo che ci avvolgeva.

Lo scrosciare della pioggia giungeva ovattato, rumore lontano, sfondo di una melodia che era solo nella mia testa.

Nessuno dei due si era mosso.

E segretamente speravo di rimanere così ancora a lungo.

Occhi negli occhi, respiri affannati, cuori in corsa.

Poi Moony si mosse: avvicinò di qualche millimetro il suo viso al mio.

I nostri nasi quasi si toccavano e qualcosa in fondo al mio stomaco fece le fusa.

Ero terribilmente agitato, confuso e, diciamolo, parecchio eccitato.

Un fulmine cadde a poca distanza da noi, illuminando la grotta per un secondo.

Sussultai e con quel piccolo movimento, le mie labbra vennero in contatto con qualcosa di morbido.

Fu un istante e non ebbi tempo di capire nulla.

Un attimo dopo Remus era seduto accanto a me, il capo chino e il volto coperto dai capelli.

Rizzarmi a sedere e rendermi conto di avere un’erezione insoddisfatta nei pantaloni fu un tutt’uno.

L’unica cosa che mi venne in mente fu di metterci lo zaino, giusto per darle tempo di smorzarsi.

Sentivo il suo respiro vicino a me, il calore che emanava il corpo del mio amico, chiamarmi a sé.

Rischiai di soffocare immaginando un contatto diverso, pelle contro pelle.

 

Una schiacciante consapevolezza mi cadde addosso.

Il terrore uccise l’eccitazione con un colpo solo.

Provavo attrazione verso uno dei miei migliori amici, un maschio.

Maledissi gli ormoni impazziti, l’adolescenza, le zie di James, la pioggia, la foresta, la roccia sporgente che ci aveva offerto riparo.

Strinsi i denti e mi conficcai le unghie nei palmi, cercando di convincermi che si trattava di un disturbo momentaneo da stress.

-Ha smesso-

Chi? Di chi stava parlando?

Mi voltai lentamente, ben attento a tenere gli occhi bassi.

-Il temporale dico, è passato- proferì pacatamente l’oggetto dei miei tormenti.

 

Assurdo come una constatazione tanto banale, potesse cambiare l’atmosfera.

Diedi un’occhiata attorno: il terreno era fangoso, qua e là c’erano pozzanghere grandi quanto laghetti e dalle fronde gocciolavano pigri gli ultimi residui d’acqua.

L’idea di camminare e uscire da lì mi diede la forza di rialzarmi.

Porsi la mano al mio compagno d’avventura.

-Vieni Moony, andiamo a casa- dissi.

Lui mi guardò negli occhi e mi sorrise titubante, prima di afferrare la mia mano e issarsi in piedi.

-Okay, ma questa volta voglio camminare. Solamente, tu… Restami accanto, in caso dovessi cadere- mormorò distogliendo lo sguardo.

Gli strinsi appena la mano, annuendo.

Iniziammo a camminare, io e Moony, fianco a fianco, un passo dopo l’altro senza proferir parola fino alle prime abitazioni del paese.

A quel punto il sole spuntò fra le nuvole, illuminandoci la strada.

Ricominciammo a scherzare, come ad esorcizzare quel fantasma che aleggiava su di noi da quando avevamo messo piede nel bosco.

Non ricordo cosa ci dicemmo, probabilmente frasi stupide e senza senso.

Rammento però ciò che pensai prima che c’incamminassimo per il ritorno.

“Non ti preoccupare, sarò sempre accanto a te

                                              

                                                    Fine

 

Spazio per l’autrice.

Un grazie speciale a tutti coloro che hanno inserito “Temporale d’agosto” fra i preferiti e fra le seguite.

Troppo buoni, veramente.

Comincio a pensare che valga la pena sclerare come una psicopatica per scrivere un pezzo decente.

(Sklupin sorride ebete, asciugandosi il sudore dalla fronte).

Per tutti coloro che invece attendono con ansia il prossimo capitolo di “Lezioni di seduzione” mi scuso per questa pausa un tantino lunga, cercherò di accontentarvi questa settimana. Promesso!

E ora le risposte ai commenti:

 

Mizar: la tua costanza nel commentare ogni mio lavoro mi commuove e mi stimola a crearne di nuovi e migliori. Sono felice che tu abbia apprezzato come ho descritto i personaggi; ero parecchio timorosa per la scelta di Sirius protagonista e della prima persona. James invece mi è venuto abbastanza facilmente, anche se l’ho liquidato subito con la storia delle zie. Poverino…

Spero che la seconda parte sia di tuo gradimento, un bacione maxi!

 

Eruannie87: mi fa piacere che questa coppia ti piaccia tanto, anche se qui non c’è un vero coronamento d’amore. Diciamo che ho voluto preparare il terreno. Come si dice? Se son rose fioriranno… Intanto grazie del commento e buona lettura!

 

 

 

 

 

 

  
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