Salve a tutti amici, fan, lettori, commentatori e curiosi di
passaggio!
Eccomi qui con la seconda e definitiva parte “Temporale d’agosto”,
piccola storiella pre-slash, che vede il nostro amato
Sirius alle prese con il “risveglio dei sensi”
del suo giovane corpo in pieno sviluppo.
Il povero James è dovuto restare a casa con le ziette,
lasciando Sirius e Remus
soli soletti.
Cosa’accadrà fra i due baldi giovini??
Lo scoprirete presto dedicandovi alla lettura del qui presente
capitolo, scritto dopo lunghe e faticose riflessioni.
Sklupin lascia il palcoscenico, le luci si
spengono in sala e lo schermo proietta l’immagine di due ragazzi a
passeggio nella campagna.
Seconda
parte.
Ci eravamo incamminati da un
buon quarto d’ora, seguendo il sentiero che da casa Potter costeggiava Godrics Hollow, per poi
proseguire attraverso il bosco.
Avevamo ammirato i vivaci
colori delle casette (o meglio, lui le aveva ammirate, mentre io cercavo di
smettere di fissare il suo profilo delicato, ma questi sono dettagli).
Personalmente ce l’avevo messa tutta per interagire in maniera
normale, e per il momento mi sembrava di aver fatto un discreto lavoro.
Gli avevo chiesto se aveva
già terminato i compiti e, ovviamente, se mi avrebbe gentilmente aiutato
a finire i miei.
Ordinaria amministrazione.
Peccato che non fossi
minimamente preparato alla contromossa dell’avversario.
Alla mia domanda, che tutt’ora ritengo perfettamente naturale, lui si
fermò di botto.
Colto di sorpresa
andai a sbattere contro la sua schiena, schiacciandomi il naso.
-Ehi, perché ti sei
fermato?!- protestai coprendomi la parte lesa con una
mano.
Si voltò e
l’espressione sul suo viso mi frastornò.
Le sopracciglia leggermente
arcuate, gli occhi socchiusi e la bocca tirata il un
sorriso sgembo.
Emanava un fascino sottile,
malinconico e irresistibile.
Restai in contemplazione
della visione come un bambino davanti alla vetrina di Mielandia.
La visione parlò, ricordandomi
che ero nel mondo reale.
-Padfoot, con me puoi smettere di
fingere, sai?- domandò con quella delicatezza che gli era propria.
Rimasi interdetto,
chiedendomi a quale finzione si stesse riferendo.
Sperai vivamente non si
trattasse di quella che mi ero autoimposto, per impedirmi di arrossire e di iperventilare come un
imbecille, ogni volta che incontravo i suoi occhi.
Aggrottai la fronte in
un’implicita richiesta di spiegazione.
Stavolta fu Moony a sospirare, tirandosi indietro la lunga frangia con
la mano.
Cercai di ignorare la piccola
goccia di sudore che dal viso, gli scese giù per il pomo d’Adamo,
addentrandosi nel colletto della camicia di lino.
-So che sei scappato di casa e che sei stato ufficialmente diseredato; me lo ha
scritto Prongs un mese fa. Perciò mi chiedevo
se intendi esplodere, a forza di tenerti tutto dentro-
Era incredibile.
Ancora oggi mi chiedo come
facesse.
Forse era un Legilimens.
Se fosse così
non sarebbe stato carino tenermelo nascosto.
Beh, ma forse sto divagando.
Dicevo che era incredibile,
come facesse a leggermi le preoccupazioni dentro, neanche fossi uno tanti tomi con cui si dilettava quotidianamente.
Mi ritrovai a sperare che la
perspicacia di Remus avesse delle limitazioni,
soprattutto riguardo le strane reazioni fisico/emotive,
che avevano deciso di manifestarsi proprio quel giorno nel mio corpo.
Non mi accorsi di essermi
incurvato, preso da distorte elucubrazioni mentali.
-Oggi non ti capisco Paddy… Per caso non ti fidi più di me?- mi chiese
evidentemente preoccupato.
Alzai il capo strabuzzando
gli occhi.
-Cosa?! Oh, no! Sei fuori strada Moony, io mi fido di te, figuriamoci. Non te ne ho parlato
subito per non rovinarti le vacanze- mi affrettai a spiegare, cercando di
rassicurarlo.
Non
riuscii tuttavia ad impedirmi un tono leggermente
ansioso, che chiaramente tenne in allarme l’astuto lupacchiotto davanti a
me.
Era
palese che non avesse bevuto una parola di quanto gli avevo appena detto, ma mi
concesse il beneficio del dubbio stirando le labbra in un sorriso
d’incoraggiamento.
A cui chiaramente
abboccai come un pollo, rilassandomi appena osservando il cielo.
Qualche
timida nuvola fece capolino dalla cima della montagna
nebulosa, gettando un’ombra sottile su di noi.
-Ho
capito, ma adesso sono qui. Puoi raccontarmi tutto senza preoccuparti di
rovinare nulla- insinuò accondiscendente, come farebbe un professore che
vuole indurre a confessare l’ennesima bricconata ad
uno studente problematico.
Tornai
ad irrigidirmi, guardando ovunque tranne che nella sua
direzione.
Mugugnai
qualcosa d’intelligibile.
-Sirius Black! Per amore di Godric vuoi
dirmi che accidenti ti è passato per la testa quando te ne sei andato di
casa?! O vuoi farmi crogiolare sadicamente nel dubbio
fino alla morte!?- sbottò Remus
in una versione che non vedevo da parecchi anni, e che sinceramente non mi
mancava affatto.
Mai
fare incazzare un lupo mannaro, precetto numero due dei Malandrini (il primo
era sbeffeggiare Snivellus sempre e comunque).
Decisi
di vuotare il sacco, per il suo e soprattutto per il mio bene.
-Quella
mattina mi ero alzato con l’intenzione d’informare i miei egregi
genitori della decisione di abbandonare la famiglia Black.
Era da un bel po’ che ci pensavo, sapevo che James mi avrebbe accolto a
casa sua senza emettere un fiato, perciò non vedevo l’ora di
svignarmela. Ma non volevo scappare di nascosto,
inscenando una fuga da smidollato- iniziai a raccontare camminando in tondo attorno
all’albero a cui Moony era appoggiato.
L’estrema
serietà con prestava nell’ascoltarmi, mi
fece sorridere interiormente.
Mi
schiarii la gola e proseguii.
-Ho
atteso il pranzo, unico momento in cui saremmo stati tutti nella stessa stanza.
Ho spiattellato la bella notizia tra il secondo e il dessert. A mio fratello
è andato di traverso il succo di zucca, mio padre è rimasto
impassibile, mia madre ha posato la forchetta e ha ordinato ad
un elfo domestico di sbattermi fuori dalla proprietà dei Black. Si è anche premurata d’informarmi che
mi avrebbe cancellato dall’albero genealogico di famiglia, prima che me
ne andassi di mia iniziativa, voltando le spalle al bel
quadretto- conclusi ghignando beffardo.
Strappai
una foglia d’acero e l’abbandonai per
terra, così tanto per fare qualcosa.
Le
mie stesse parole mi risuonarono nella testa come un’eco lontana.
Rividi
le facce arcigne e disgustate di Orion e Walburga Black, rivolgermi
occhiate astiose, gelide e aride di sentimenti.
Il viso di mio fratello Regulus,
contorto dalla tosse per via del succo andatogli di traverso.
Le
mani tremanti con cui aprii il portone nero di Black Manor per l’ultima volta.
Nelle orecchie gli insulti di quell’elfo
invasato di Kreacher, seguirmi fino al grande
cancello.
Strizzai
le palpebre e riaprii gli occhi, avvertendo il peso dell’assenza di
suoni, di voci, di urla, di rumori.
Il
silenzio mi stava facendo impazzire.
Non
osavo guardare Remus.
Stupida
paura irrazionale.
Lo
sguardo fisso al suolo, notai distrattamente che la luce era notevolmente
diminuita.
Anche
l’aria sembrava essersi rinfrescata.
Ma
non m’azzardavo a muovermi dal lato opposto del
tronco, divenuto improvvisamente un muro invalicabile al quale mi aggrappavo
per non cadere.
Pensai di esordire con una frase sdrammatizzante del
tipo: “Era uno scherzo! Sono ancora un fottuto Black”,
malgrado avessi seri dubbi sull’effetto che avrebbe avuto.
D’improvviso
un braccio mi cinse le spalle; il tocco soffice e profumato dei
capelli di Moony mi sfiorò la guancia.
Avrei
riconosciuto ovunque quel profumo, come di miele, di cioccolato e di fresia.
Eppure
fino a quell’istante non l’avrei mai pensato.
-Mi
dispiace… Verrà il giorno in cui si accorgeranno di quello che
hanno perso- sussurrò lieve al mio orecchio.
Gli
argini che mi ero inconsciamente costruito attorno al cuore, crollarono come un
castello di carte.
Non
c’era spazio per nessuna ironia; non avevo battute
con cui smorzare il senso di opprimente solitudine che le parole di Moony avevano scovato dentro di me.
Gli
occhi mi s’inumidirono e non feci in tempo a riprendere il controllo, che
le lacrime oltrepassarono le ciglia, rigandomi le guance.
Istintivamente
ricambiai la stretta, avvolgendogli la schiena con le braccia.
Se
qualcuno fosse passato di lì, avrebbe visto due ragazzini singhiozzare
abbracciati.
E
sinceramente non penso me ne sarebbe importato granché.
Ad un
tratto qualcos’altro, oltre alle mie ormai finite lacrime, mi
schizzò la faccia.
-Credo
stia piovendo-
Quella
semplice constatazione, mise fine al momento, proiettandomi nuovamente nella
realtà.
Equella
mi piovve letteralmente addosso con la sua potenza.
In
una manciata di secondi realizzai che stavo
abbracciando il mio amico Remus, che avevo appena
pianto sulla sua spalla e che non avevo la più pallida idea di cosa
fare.
Moony mi
facilitò parzialmente le cose, discostandosi gentilmente ed evitando di
guardarmi negli occhi.
Gliene
fui immensamente grato.
Non
credo che avrei retto se avessi incrociato il suo sguardo.
Dovevo
essere proprio sconvolto, perché rimasi lì impalato sotto
l’albero, a prendermi l’acqua in faccia senza l’apparente
intenzione di muovere un muscolo.
O,
almeno questa suppongo fosse l’immagine che Remus ebbe di me, in quel preciso momento.
Interiormente
invece una movimentata lotta stava animando i miei poveri neuroni fuori
allenamento.
-Sarà
meglio cercare un riparo più efficace, non ha l’aria di smettere
tanto presto- osservò intelligentemente Moony,
scrutando le grosse nubi che nel frattempo avevano oscurato il cielo.
Come
un automa mi avviai verso l’ingresso del bosco,
facendogli cenno di seguirmi.
Conoscevo
bene la zona, grazie alle numerose avanscoperte fatte con James e sapevo che
poco lontano c’era una roccia sporgente, dove avremmo potuto ripararci.
La
vegetazione era fitta, ricca di arbusti e cespugli piuttosto grossi che
intralciavano il cammino.
Ma
io procedevo rapido e sicuro, scavalcando abilmente gli ostacoli che mi si
paravano dinnanzi.
Camminare
mi piaceva, in particolare quando ero nervoso.
Mi
aiutava a districare i pensieri, a calmarmi.
Ed
era appunto quello che confidavo avvenisse.
Avevo
appena saltato un sasso insidioso, quando una voce familiare m’indusse a
fermarmi.
-Paddy, aspetta! Ahia!-
Mi
voltai di scatto e vidi Moony rannicchiato per terra,
le mani che stringevano una caviglia.
Volai
al suo fianco con un unico balzo, chinandomi per accertarmi del danno.
-Ti
sei fatto male?! Porca Morgana, è colpa mia,
andavo troppo veloce!- iniziai a farfugliare, scostando le sue mani dalla
caviglia infortunata.
Era
gonfia e leggermente violacea.
-N-non è niente, adesso mi alzo- si affrettò a
dire lui, con sofferenza malcelata.
Questo
vizio di minimizzare ogni cosa che lo riguardasse per non impensierire il
prossimo mi dava sui nervi.
Avrei
voluto che si lamentasse una buona volta.
Averi
voluto che lo facesse almeno con me.
Gli
misi un braccio sotto le ginocchia e con l’altro gli circondai le spalle;
lo sollevai senza troppo sforzo.
-Padfoot!
Mettimi giù, sono ancora autosufficiente e…-
Un
tuono spaventoso ruggì fra gli alberi, coprendo le sue rimostranze, che
comunque mi ero già premurato d’ignorare bellamente.
Una
pioggia scrosciante cominciò a cadere fitta, filtrata appena dalla
foresta.
Presi
a correre più forte che potei, con Remus
abbarbicato attorno al mio collo e le sue urla nelle orecchie.
Fu
un’esperienza incredibilmente elettrizzante e divertente a dire il vero.
Una
risata canina mi partì spontanea, mentre con un salto schivavo un cespuglio
di rovi; le unghie di Moony conficcate nella mia
spalla e un brivido d’eccitazione lungo la schiena.
Un
paio di passi e fummo al riparo, sotto la roccia.
Mi
sedetti e scossi il capo per scrollarmi l’acqua dai capelli.
-Ehm,
ti dispiacerebbe smetterla? E’ fastidioso!- proruppe Remus,
il viso a pochi centimetri dal mio.
Sorrisi
malandrino e strofinai la chioma inzuppata contro la sua faccia.
-Mnfff…
Sirius, giuro che ti pesto a sangue se non la pianti
subito! Dannato cagnaccio puzzolente!- protestò nuovamente, col tono
giocoso di quando eravamo soliti scherzare ad Hogwarts.
Risi
sguaiatamente a quella minaccia infondata, aprendo le braccia e sfidandolo a
mettere in atto i suoi propositi.
Gli
occhi di Moony brillarono e senza neanche troppo
sforzo mi portò schiena al suolo.
Sentivo
il suo peso morbidamente adagiato su di me.
Il
suo petto si alzava e si abbassava contro il mio, le sue mani poggiavano
leggere sulle mie spalle, i nostri bacini combaciavano perfettamente.
Frastornato
da una miriade di sensazioni diverse, non mi accorsi subito di ciò che
stava accadendo la in basso.
Vidi
un rossore diffondersi sulle sue gote, colorandole in maniera deliziosa.
Credo
di aver trattenuto il respiro, per paura di spezzare l’incantesimo che ci
avvolgeva.
Lo
scrosciare della pioggia giungeva ovattato, rumore lontano, sfondo di una
melodia che era solo nella mia testa.
Nessuno
dei due si era mosso.
E
segretamente speravo di rimanere così ancora a lungo.
Occhi
negli occhi, respiri affannati, cuori in corsa.
Poi
Moony si mosse: avvicinò di qualche millimetro
il suo viso al mio.
I
nostri nasi quasi si toccavano e qualcosa in fondo al mio stomaco fece le fusa.
Ero
terribilmente agitato, confuso e, diciamolo, parecchio eccitato.
Un
fulmine cadde a poca distanza da noi, illuminando la grotta per un secondo.
Sussultai
e con quel piccolo movimento, le mie labbra vennero in contatto con qualcosa di
morbido.
Fu
un istante e non ebbi tempo di capire nulla.
Un
attimo dopo Remus era seduto accanto a me, il capo
chino e il volto coperto dai capelli.
Rizzarmi
a sedere e rendermi conto di avere un’erezione insoddisfatta nei
pantaloni fu un tutt’uno.
L’unica
cosa che mi venne in mente fu di metterci lo zaino, giusto per darle tempo di
smorzarsi.
Sentivo
il suo respiro vicino a me, il calore che emanava il corpo del mio amico,
chiamarmi a sé.
Rischiai
di soffocare immaginando un contatto diverso, pelle contro pelle.
Una
schiacciante consapevolezza mi cadde addosso.
Il
terrore uccise l’eccitazione con un colpo solo.
Provavo
attrazione verso uno dei miei migliori amici, un maschio.
Maledissi
gli ormoni impazziti, l’adolescenza, le zie di James, la pioggia, la
foresta, la roccia sporgente che ci aveva offerto riparo.
Strinsi
i denti e mi conficcai le unghie nei palmi, cercando di convincermi che si
trattava di un disturbo momentaneo da stress.
-Ha
smesso-
Chi?
Di chi stava parlando?
Mi
voltai lentamente, ben attento a tenere gli occhi bassi.
-Il
temporale dico, è passato- proferì pacatamente l’oggetto
dei miei tormenti.
Assurdo
come una constatazione tanto banale, potesse cambiare l’atmosfera.
Diedi
un’occhiata attorno: il terreno era fangoso, qua e là
c’erano pozzanghere grandi quanto laghetti e
dalle fronde gocciolavano pigri gli ultimi residui d’acqua.
L’idea
di camminare e uscire da lì mi diede la forza di rialzarmi.
Porsi
la mano al mio compagno d’avventura.
-Vieni Moony, andiamo a casa- dissi.
Lui
mi guardò negli occhi e mi sorrise titubante, prima di afferrare la mia
mano e issarsi in piedi.
-Okay, ma
questa volta voglio camminare. Solamente, tu… Restami accanto, in caso dovessi
cadere- mormorò distogliendo lo sguardo.
Gli
strinsi appena la mano, annuendo.
Iniziammo
a camminare, io e Moony, fianco a
fianco, un passo dopo l’altro senza proferir parola fino alle
prime abitazioni del paese.
A
quel punto il sole spuntò fra le nuvole, illuminandoci la strada.
Ricominciammo
a scherzare, come ad esorcizzare quel fantasma che
aleggiava su di noi da quando avevamo messo piede nel bosco.
Non
ricordo cosa ci dicemmo, probabilmente frasi stupide e
senza senso.
Rammento
però ciò che pensai prima che c’incamminassimo per il
ritorno.
“Non
ti preoccupare, sarò sempre accanto a te”
Fine
Spazio per l’autrice.
Un grazie speciale a tutti coloro che hanno inserito “Temporale d’agosto” fra i preferiti e fra le seguite.
Troppo buoni, veramente.
Comincio a pensare che valga la pena sclerare come una psicopatica per scrivere un pezzo decente.
(Sklupin sorride ebete, asciugandosi il sudore dalla fronte).
Per tutti coloro che invece attendono con ansia il prossimo capitolo di “Lezioni di seduzione” mi scuso per questa pausa un tantino lunga, cercherò di accontentarvi questa settimana. Promesso!
E ora le risposte ai commenti:
Mizar: la tua costanza nel commentare ogni mio lavoro mi commuove e mi stimola a crearne di nuovi e migliori. Sono felice che tu abbia apprezzato come ho descritto i personaggi; ero parecchio timorosa per la scelta di Sirius protagonista e della prima persona. James invece mi è venuto abbastanza facilmente, anche se l’ho liquidato subito con la storia delle zie. Poverino…
Spero che la seconda parte sia di tuo gradimento, un bacione maxi!
Eruannie87: mi fa piacere che questa coppia ti piaccia tanto, anche se qui non c’è un vero coronamento d’amore. Diciamo che ho voluto preparare il terreno. Come si dice? Se son rose fioriranno… Intanto grazie del commento e buona lettura!