Dalla messa
primordiale
Lascia
che il caos prezioso si sfoghi
La
carne sacra immersa nella fornicazione
Amata
da Set
Possano
i venti raccoglierla insieme
Dai
segreti degli uomini
Dopo
migliaia di anni di terrificante silenzio
Lei
arriva di nuovo
[Una antica profezia
pagana sul presunto ritorno in terra di Ershigal.
Nient'altro che una
leggenda trascritta su carta]
Enjoy the Silence
Nel budello della storia
…Gli uomini valorosi
non combattono per loro stessi.
Essi scolpiscono nelle
loro anime il nome della lealtà, e si spingono fino nelle
viscere
della terra in cerca di vera fede.
Occhi divini, e cuori
di pietra, che in nome del vero credo avanzo nel budello di metallo
degli inferi, in cerca di tesoro nero e leggiadro.
Dolci farfalle di anima
cupa, nascevano – scherzo del destino – in fondo
all'abisso delle
anime reiette.
Putride creature
portate all'inferno per espiare le loro pene, a cui loro –
saggi
Shinigami – dovevano guardarsi dal disturbare
inavvertitamente.
I neri soldati,
avanzavano nella ruggine e nel sudiciume di una passerella larga due
piedi, tenendo solide nelle loro mani di ferma tenuta, le casse per
la raccolta delle creature tanto care a loro.
Recipienti in vimini
intrecciato, di raffinati gambi di grano proveniente dall'est del
Rokungai rozzo e contadino. Il capitano che giungeva dal Seritei e
gloriosa guida dell'undicesima divisone – prode guerriero di
primo
sangue – guidava i suoi uomini alla cattura dei fragili
messaggeri,
affinché...
Saltò velocemente un paio
di pagine, interrompendo improvvisamente la lettura e con essa anche
una noia evidente.
Quel libro Kaname Tousen
lo aveva sempre odiato, troppo pomposo e troppo complicato nella
lettura. E la versione che stava leggendo ora in
biblioteca,
era la più semplice e riadattata che esistesse.
Le sue dita scorrevano sui
solchi incisi nella carta pergamena di ogni pagina, decifrando
così
il codice braille e scoprendo ogni frase e lettere che ne arricchiva
il contenuto.
Ciò che gli interessava
non era nella descrizione dei cunicoli infernali in cui i soldati
camminavano.
Delle grate metalliche che
sotto i loro passi cigolavano paurosamente, e di come sotto di esse
ci fosse il prodotto di scarto della lavorazione dei dannati.
Oscuri umori pergolati
dalle pareti lisce e inclinate, che finivano poi dritti sotto quei
corridoi infiniti e corrotti.
Si, conosceva già quella
parte. Forse il viaggio agli inferi per rifornirsi di farfalle
infernali, era il pezzo più interessante di tutta
quell'epopea
lagnosa e paradossale.
Nonché l'unica che
rispecchiasse la realtà delle cose.
Quello che leggeva alla
fine, era un piccolo pezzo di storia della Soul Society. Di come da
secoli – se non da sempre – quelli dell'undicesima
e tredicesima
divisione, in drappelli di otto soldati e due luogotenenti (o in
questo caso addirittura un capitano), si apprestavano ogni anno ad
addentrarsi nel regno oscuro e raccogliere i suoi strani frutti.
Cosa strana era che
leggiadre bestiole venissero da un ventre ignobile.
Un patto tra inferno e
paradiso, ed uno dei pochi che quei bifolchi rispettavano. Nella
quasi eterna caccia agli Hollow, spesso gli Akuma
se ne
guardavano altamente di contribuire alla cattura. Limitandosi ad
aspettare che altri facessero quel lavoro sporco, ben indaffarati a
pensare alle anime che giungevano nei budelli infernali per dar retta
all'arroganza dei celestiali soldati.
Arroganza contro
arroganza, in un unico sentimento umano che accomunava le due
fazioni.
Sfogliò ancora quelle
vecchie pagine che sembravano essere state realizzate solo per lui, e
dopo poco trovò il pezzo che gli interessava.
La scena della “sala del
Buddha felice”, che era forse il vademecum più
ricco e
soddisfacente – ma non totalitario – sull'inferno e
sugli
abitanti di quel regno.
E giunsero infine nel
regno del Buddha felice.
Tosto il luogotenente
accanto al suo capitano, decretò come quel luogo fosse
blasfemo e
tutt'altro che felice.
Di gioia non ve ne era
alcuna, non vi erano fanciulle pronte ad accoglierli con ghirlande di
rose e di grano intrecciato. Neppure musici che intonassero loro
qualche motivetto allegro.
Vi era quiete serena in
un ambiente che riecheggiava di un suono graffiato.
Tousen ad una rapida
conclusione tratta dal codice, trasse tutta la descrizione del luogo
in quella noiosa trasposizione su carta.
Gli Shinigami giunsero
infine, dopo aver risalito scale infinite e
corridoi
purulenti, nell'unico ambiente a loro consentito di raggiungere di
tutto l'inferno.
Oltre le titaniche porte
raffiguranti un ancestrale demone infernale, oltre ai loro sguardi
ormai sfiniti, si aprì un luogo totalmente diverso da come
se lo
aspettavano. Almeno per quanto riguardava chi era nuovo di quei
viaggi, il capitano dell'undicesima, era già stato in quei
luoghi.
La sala era di proporzioni
titaniche. Di pianta circolare, era ricavata dalla roccia scolpita in
modo fine ed elaborato.
L'ampio tetto a cupola,
finiva con un foro circolare enorme. Grande quanto quello presente a
terra, da cui filtrava una timida luce lunare che donava
serenità in
quel luogo che sapeva di... Sogno nostalgico e nebbioso,
se si
prendeva la descrizione letterale del testo.
Una sala che somigliava
molto al Pantheon per quanto riguardava la sua struttura
architettonica, eccezion fatta per quel medesimo foro circolare
intagliato nella pietra, da cui proveniva un olezzo
nauseabondo e
raccapricciante.
Era come se tutti gli
umori e le interiora presenti sotto forma di fluido nero nei
corridoi, fosse giunto fino a li grazie ad un sistema di irrigazione
scavato direttamente nella roccia.
Come tante ramificazioni
di vasi sanguigni, i piccoli canali di scolo solcavano quel pavimento
fino a riversare i loro contenuti innominabili nel grande calderone
oscuro.
Il cui fondo era
ignoto, e l'oscurità era prospera.
L'ambiente, oltre ad
essere saturo del puzzo di interiora e sangue, echeggiava di una
musica malinconica proveniente da un grammofono posto sul ciglio del
calderone, assieme ad una discreta catasta di vecchi dischi in
vinile.
Tousen lesse attentamente
ogni complicata parola incisa nella carta, e dedusse cosa potesse
essere tale musica.
Era il suono di una tromba
malinconica quello, un po' sgraziata dal tempo, ma che dava uno
strano fascino a quella sala che di eretico possedeva il nome e tutto
l'ambiente.
All'ex capitano della Soul
Society, sinceramente gli andava poco di complicarsi la vita con
quelle difficili descrizioni. Per questo preferiva semplificarsi la
vita con quelle semplicistiche traduzioni.
Pertanto, preferì
descrivere quell'ambiente con parole proprie, deducendo che in
quell'ambiente, vi fossero particolari quasi fuori luogo per l'epoca
in cui era stata trascritta l'opera.
Oppure l'autore aveva uno
stile troppo ricercato.
Oltre al grande pozzo
centrale, l'autore si perdeva in descrizioni minuziose e complesse
per quanto riguardava la statua del Buddha felice, che dava il nome a
tutta la sala.
L'altare era qualcosa di
innominabile. La pietra era distrutta e della struttura originaria si
vedeva ben poco.
Molti detriti di grigia
pietra erano rovinati a terra come se a spaccarli fosse stato il
pugno di un gigante.
In realtà, era più la
statua del Buddha stesso ad essere stata scagliata a forte
velocità
verso quell'altare di pietra.
Essa infatti, come
lanciata giù dalla collera di Dio, accoglieva i nuovi venuti
a testa
in giù, mentre le gambe rimanevano incrociate in grembo e le
mani
giunte a benedizione.
Della testa nessun segno,
se non qualche scheggia a terra recanti una sua espressione beata.
Incastrato tra quelle
rovine che lo bloccavano in una stretta morsa, la sua illuminazione
si rispecchiava in quei tenui raggi lunari.
E nel leggiadro danzar
delle falene che ignoravano la spudoratezza di tanta cattiveria.
Senza ombra di dubbio, era
una immagine forte, che andava a sbattere con il fetore delle
interiore umane che scivolavano giù nel fosso.
Nella danza delle farfalle
silenziose.
E in quella musica triste
e malinconica che sembrava voler consolare il divino illuminato.
Era uno spettacolo
decisamente surreale quello che le due divisioni dovevano per forza
di cosa assistere.
Una grande sala ampia
quanto due campi da calcio, il cui suono prodotto si disperdeva come
un sottile eco – quasi attutito – dove nonostante
la musica
malinconica e un po' graffiata, si poteva fantasticamente sentire lo
svolazzare delle nere falene. Un qualcosa che gli Shinigami si
ritrovarono sgomenti e al contempo incantati.
Tranne il capitano
dell'undicesima, che tosto si avviò verso due individui
seduti ai
piedi della fossa.
Oltre alla catasta di
vinili e al grammofono arrugginito, vi erano due creature dall'esile
aspetto e con indosso abiti di pelle scura.
Larghi camici da
macellai, erano fatti di spesso cuoio come il camice di un fabbro.
Così come i guanti e gli stivali militari. In aggiunta ai
loro volti
mascherati di maschere oscure e inquietanti.
Fori circolari di rosso
riflesso, guardavano senza reale interesse i prodi guerrieri. Ben
intenti a a bighellonare, e posandosi mani sulle nude spalle
– di
carne pallida e di orride cicatrici – in segno di conforto.
I due individui Tousen
aveva ben capito chi fossero.
Erano paria degli
inferi, e quelle che indossavano sui volti erano maschere antigas.
Questo per proteggersi dai letali fetori che emanavano i dannati, e
dagli acidi infernali. Stessa funzione avevano i camici di pelle e
tutti gli altri accessori. Ove la pelle era esposta, spesso si
potevano scorgere cicatrici causate da ustioni da acidi e ferite
causate durante le colluttazioni.
E il capitano
dell'undicesima disse:
“Chi siete voi anime
dannate? Mostri su cui le nostre spade cozzeranno forse?”
Spada alla mano, il
prode guerriero mostrò loro lo scintillare della sua lama,
posta
sotto i raggi lunari e di poco fuori dalla federa.
I mostri non si
scomposero, continuando ad armeggiare quei vecchi arnesi.
Disse quindi, il mostro
che consolava il compagno avvilito:
“Non temete mio
signore. Qui di mostri c'è solo l'olezzo delle budella.
Siamo umili
paria che vagano per i regni degli inferi. Anime senza peccato che
servono i giudici infernali nei loro compiti infami”
E il capitano –
sgomento a quelle parole gracchiate – disse al mostro:
“Anime senza
peccato?! Questo non è possibile. Se voi siete stati portati
nei
regni dei cieli allora dovreste ben conoscere che li il peccato
è
solo una burla. Voi quindi avete raggiunto questi lidi per aver
peccato in paradiso?”
Non ricevette risposta
dal cane infedele, che portando una mano sulla nuda schiena del
compagno, lo rassicurò di docili pacche all'altezza delle
reni. Che
preda di forti singhiozzi, rimaneva con le ginocchia conserte al
petto.
Disse quindi il prode
Shinigami:
“Cosa tormenta il tuo
compagno, da non prestare orecchio al tuo signore?”
Disse quindi il servo:
“Ah mio signore, la
vita di un paria non è cosa semplice.
Dite voi, che il
peccato è una burla nel paradiso. Ma io questo paradiso non
l'ho mai
visto, mai misi piede perchè mai venni censito.
Qui il mio compagno che
piange la morte di un suo amico, causata da uno dei vostri Akuma, lui
si ha visto il paradiso! Ha visto campi di grano dorato, cieli
sconfinati, cervi massacrati da cani.
Ha visto, e per questo
è stato bandito! Noi tutti siamo scappati, e siamo stati
accolti dal
grembo materno dell'inferno. Ma siamo reietti in una terra che ci
è
aliena.
Rapiamo i perduti nel
regno della Nebbia.
Squartiamo i dannati in
nome della giustizia. Li tramutiamo in mostri e ci divertiamo a farli
soffrire.
Suoniamo infine, per il
loro ultimo stadio evolutivo. Di violini e trombe ci armiamo, e
cantiamo per loro affinchè non sentano il tormento, e ci
lascino in
pace.
Ah mio signore! Non è
cosa buona incontrare un demone per di qua. Essi hanno aspetto umano
a differenza di quando erano dannati e mutilati, simili al loro
primordiale stato di perduti, e di empio piacere traggono
nell'ingannare il prossimo.”
Quell'assurdo omino –
come gli avevano insegnato in accademia – doveva essere quasi
alla
stregua di un folle.
Ma Tousen era attento, e
sapeva di cosa stava parlando.
Il fatto che alcune anime
non venissero censite – e quindi senza la
possibilità di entrare
nella Soul Society – c'era eccome. Questo accadeva per
intoppi
burocratici e per mala gestione, e quindi molte anime di innocenti
poi si riversavano negli inferi, finendo a svolgere lavori umilianti
e pericolosi.
Poi c'era chi, come
l'altra figura piangente, nel paradiso c'era stato, ma poi era dovuto
fuggire perchè perseguitato dalla legge.
In compenso, in quella
discussione era descritta la casta evolutiva dei demoni – o
Akuma –
che si evolvevano secondo i capricci degli otto giudici presenti
negli altrettanti otto regni infernali. Tutti divisi in livelli.
Tutti che scendono verso “il basso” e con la
possibilità di non
vedere mai più la luce del sole.
Il fatto che l'anima di un
peccatore raggiungesse il primo livello, non implica la sua immediata
trattazione da parte dei giudici.
Il regno della Nebbia
sarebbe quello più simile ad un mondo normale, ed
è il luogo in cui
arrivano i peccatori privati della memoria. E il perchè la
perdessero era presto detto.
Il loro compito – se
così si può definire un tormento –
è riacquistarla con dolorose
esperienze, un pezzo alla volta fino a capire il perchè si
è giunti
sin li.
E solo a quel punto della
punizione divina i paria giungono per prelevare i peccatori, e
portarli più in basso.
Poi la conoscenza di
Tousen si ferma li. Ma sa – almeno testuale leggenda
– che
vengono letteralmente fatti a pezzi ed ogni supplizio reincarna il
loro peccato e tormento.
Divenendo come mostri di
aspetto orrido e di disperata esistenza.
Tutto il resto appunto è
sola leggenda, per quanto riguardano gli abitanti degli inferi e i
loro poteri. Solo leggende trascritte su carta e mai confermate. Come
antiche profezie, il cui valore si disperde nelle sabbie del tempo.
E lo Shinigami disse al
mostro:
“Non temo ne morte,
ne tormento. Affronterò quei demoni quanto è vero
che questa mia
spada è viva e pulsante di petto e coraggio”
E il mostro disse al
celeste soldato:
“Oh mio signore, è
si vero che i vostri Akuma non hanno spade, ma è altre
sì vero che
possiedono un corpo e sanno usarlo assai bene.
Hanno solo quello, e
una volta evoluti alla forma finale sfoggiano tecniche degne di un
vostro capitano!
Se poi ne riuscite a
far soccombere qualcuno, ben venga allora, ma quelli hanno scorza
dura peggio di un'armatura di cuoio. Quelli crepano come uomini, e
risorgono come fenici.
Datemi retta, che
vederne uno bruciare e poi tornare – dopo sofferenza su
sofferenza
– di nuovo nei suoi regni, è cosa aberrante
assai”
Questa sembrava essere
pura fantasia. Ma era pur vero che i demoni mandavano in avanscoperta
i loro servi, anziché presentarsi loro a svolgere
determinate
azioni. E spesso si rivelavano inaffidabili nei loro vaneggiamenti.
Decisamente, in molto
impazzivano, oppure si adeguavano.
Oppure ancora meglio,
lasciavano che fossero gli Shinigami a svolgere i lavori più
sporchi.
Oltre queste mere
leggende, per quanto affascinanti fossero, erano troppo favoleggiate
per essere ritenute vere. Di conseguenza, si potevano solo fare
ipotesi per risolvere il suo dubbio ancestrale – che lo aveva
spinto ad andare a compiere ricerche in biblioteca – e
sperare che
il seguito della lettura mostrasse più segni plausibili e
convincenti.
“Uhm, Tousen? Che
cosa stai facendo di bello?”
Normalmente, chiunque
avrebbe sussultato per una voce improvvisa che sopraggiungeva alle
proprie spalle. Se poi era così melliflua da mettere
sull'allerta,
c'era anche da prendere spada alla mano.
Cosa che lui non fece in
nessun modo, dato che ben conosceva il suo misterioso interlocutore,
e per giunta lo aveva già sentito arrivare dal portone di
entrata.
Gin Ichimaru, era tutto questo e anche oltre.
“Ti muovi con l'eleganza
di un elefante in un negozio di cristalli, Gin...”
L'altro rise divertito
prima di avvicinarsi ancora un po', ed osservare cosa stesse
combinando il compagno d'armi.
“Davvero? Beh, sembra
proprio che nessuno possa coglierti alla sprovvista mio buon Tousen!
e... Ehi! Che cosa stai leggendo?”
Incuriosito, l'ex capitano
allungò il collo e la vista oltre le spalle del compagno
seduto, per
vedere solo un ammasso di fogli ingialliti e bucherellati. Quasi
deluso per la scoperta del codice braille, emise dalle labbra un
suono leggermente corrucciato, prima di attendere che lo stesso
Tousen si alzasse in piedi, per dare una occhiata lui stesso a quegli
antichi scritti.
Kaname sembrava quasi
infastidito dalla presenza di Ichimaru. Che tosto si alzò
dal tavolo
di lettura, quasi irritato dall'essere stato pizzicato a leggere
quelle antiche scritture che parlavano di...
“...L'epopea di
Ichigo Kurosaki? Ma dai! Perchè ti sei messo a
leggere questo
vecchio mattone?”
Il suo tono di voce era
tra il sorpreso quanto derisorio, e nonostante la domanda fatta,
sapeva bene cosa stesse ricercando il buon compagno.
“Non mi dire... Sei
andato a guardarti questa roba per...”
“Tutto è possibile, e
la prudenza non è mai troppa Gin. Dovresti ben
saperlo”
Le parole di Tousen
bloccarono nell'immediato quelle strafottenti dello Shinigami, ed un
intenso e teso minuto di silenzio calò in quel bianco
immacolato.
Solo la polvere danzava innocua, e le orecchie quasi fischiavano per
quel silenzio così dannatamente pesante.
“Sei davvero convinto
che ci sia qualcuno qui?”
La voce di Gin – che
sembrò come una fiamma in mezzo alla quiete del ghiaccio
– era
misteriosamente tranquilla, benché il suo sorriso non
sminuisse dal
suo volto magro e ovale. Androgino e perfetto.
Ed era oltremodo strano
come la sua domanda non si disperdesse in un eco in mezzo a
quell'ambiente enorme.
“Sono semplicemente
sicuro che la prudenza non è mai troppa. E di questo lo sai
alla
perfezione”
Così come ben sai che
non amo ripetermi, avrebbe volentieri aggiunto.
Ma rimase zitto, ben
consapevole che lui avrebbe anche aggiunto che tutti i disordini
avvenuti sino ad ora, potrebbero anche essere stati semplici
– anzi
senza potrebbero, lo sono – atti di
comune vandalismo.
Tuttavia, persino Gin
avvolto dal suo candido abito di tessuto sintetico, si
ritrovò a
parlare di altro che non fosse quella discussione che da un po' li
“divideva” in fatto di opinioni.
Sollevò lo spesso tomo
verso il proprio volto, e ridendo sottile e perfido ne uscì
con una
battuta non tanto insolita.
“Ichigo Kurosaki... che
bizzarria chiamare con questo nome il proprio figlio. Non credi pure
tu, Tousen?”
Un piccolo dettaglio che
allo Shinigami dalla pelle scura non era comunque passato in
osservato. Ma che detta dallo stesso Ichimaru, aveva parvenza di cosa
ridicola alquanto.
Forse era una cosa
stupida, o forse era una cosa totalmente antiquata nel commemorare un
eroe immaginario, ma questo non toglieva, che era l'ultimo dei loro
problemi.
“Le motivazioni di un padre non vanno mai giudicate, Gin...”
Ci ho messo un bel po' ma
alla fine ho ultimato questo capitolo. Che a mio avviso è
piuttosto
noiosetto.
Tuttavia si parla ancora
una volta di libri, e proprio per questo ho voluto dare agli
Shinigami un mattone che somigliasse – in quanto a contenuti
–
all'Iliade o all'Odissea.
Il fatto che l'eroe di
questa opera si chiami niente meno che come il protagonista del
manga, consideratelo quasi un omaggio oppure uno
“scherzo”.
C'è chi mi ha chiesto
qual è il significato di tutta questa storia, beh posso dire
che
essendo una nosense, è più incentrata sui
pensieri, ma se si può
dare un tema principale, è il significato di Dio visto
attraverso
gli occhi di Arrancar e Shinigami.
Ringrazio tantissimo
Exodus, raxilia_running, Yoko_kun,
Senboo,
JunJun e Sakura Sun per avermi
commentato!
Ps: la lirica prima del
testo, è The
Principle Of Evil Made Flesh Ershigal
dei
Cradle of filth
Ershigal per chi non lo
sapesse, è la dea sumera dell'oltretomba. Regina degli
inferi,
rappresenta la rabbia primordiale e l'assoluta distruzione. Tuttavia
non si tratta di rabbia cieca, ma bensì ben calcolata e
lucida.
Rappresenta la certezza della morte, l'abisso, e la rinascita.
È il lato oscuro della
luna, sorella di Inanna dea della terra e del lato luminoso della
luna. Entrambe sono collegate ai cicli vitali della natura.