Capitolo 3
Tutto sommato non era malaccio fingersi ferita. Erano giunti alle terme, poteva essere servita e riverita e l'ambiente conciliava un certo rilassamento. Zoppicava di qua e di là con finta espressione di dolore, con Hagumi al suo fianco che, nonostante fosse impensierita dalla sparizione di Shin, si concedeva di tanto in tanto qualche risatina nell'osservare la sorella che si faceva coccolare un po' da tutti. Quando Akira seppe che Himiko aveva avuto un incidente, si fece indicare da chi l'aveva già incontrata dove potesse trovarla. Qualcuno gli disse che era semplicemente a zonzo con la rosetta, ma quando incontrò Len, questa seppe dirgli con precisione che si trovavano nella saletta comune ed erano sedute su un divanetto ad assistere ad una focosa sfida di ping pong tra Misa e Shiki. Era risaputo l'odio tra i due, quindi Akira si recò ben volentieri da Himiko anche per assistere allo scontro secolare.
«Ehm... perché mi hai presa in braccio?» chiese infinitamente imbarazzata, mentre un alone rosso compariva sulle gote morbide e si estendeva fin dietro le orecchie. Tra l'altro notò senza problemi che la portava con tranquillità e senza il minimo sforzo, come se fosse una piuma; certamente il suo peso non era estremamente elevato, tuttavia quello sguardo completamente calmo le fece pensare che dovesse essere davvero molto forte. Se possibile, arrossì ancora di più.
«Ah, ti sei svegliata, vuoi scendere?» domandò lui, mentre la confettina scuoteva la testa in segno di diniego. Quale altra occasione avrebbe potuto farle provare ancora una sensazione così? Si sentiva la principessa di una favola! Lui allora annuì e continuò. «Non era il caso di continuare a dormire nella sala comune… ti saresti presa il raffreddore… ».
Lei sorrise pacata «Hai perfettamente ragione. E anch’io avevo ragione nel dire che hai anche un lato premuroso.».
«Tsk» fu la sua semplice risposta, infastidito da certi complimenti che per lui erano solo rotture di scatole.
Hagumi ridacchiò, ma non si arrese «Come mai nascondi questo tuo lato?».
Lui sbuffò, abbassando lo sguardo su di lei, i loro volti estremamente vicini data la situazione «E tu perché nascondevi la natura di tuo fratello?». Hagumi s’impietrì, ma lui rise e proseguì «Ognuno nasconde qualcosa per un motivo che non va detto, immagino.».
«Allora sai anche tu di essere premuroso.».
«Può essere... ».
La ragazza gonfiò le guance, infastidita. Accidenti, era impenetrabile, imperscrutabile e... anche antipatico, sì. Perché lei provava a conoscerlo, spinta da una curiosità implacabile, ma continuava a sbatterle contro un muro, non voleva proprio aprirsi.
«Shiki, come hai fatto a resistere alla trasformazione di Shin? Lui é davvero forte quando si trasforma, qualsiasi essere umano dovrebbe soccombere e... » lui, però, la fermò, appoggiandole un dito sulle labbra dopo averla posata a terra.
«Non è certo questo il momento di parlare di queste cose.» fece segno con la testa verso un gruppo di ragazze che stava arrivando loro incontro, chiacchierando allegramente. Aspettarono in silenzio che li superassero, poi Shiki riprese parola. «Ora pensa a dormire, è tardi.» Hagumi scosse la testa scocciata. Eh no, qualche spiegazione gliela doveva!
«Non cercare di far cadere la cosa così facilmente, penso che dopo quello che ho visto mi devi qualche spiegazione!» lui sbuffò, vagamente scocciato, abbassando lo sguardo fino ad incrociare quello della confettina.
«Facciamo così… » ebbe un’idea «Io ti dirò come ho fatto a resistere a tuo fratello, se tu mi dici come lui ci è finito in quelle condizioni.» poi sottolineò «La verità.».
Acc... l'aveva incastrata. D'altronde se non gliel'avesse detto, sarebbe poi sembrata una fuga per nascondere altro. Doveva inventarsi qualcosa e subito, perché poi... no, non avrebbe funzionato. Guardò il suo volto, scrutò attentamente in quei profondi occhi neri, che brillavano di arguzia ed intelligenza. Non poteva raggirarlo con scuse, tanto valeva dichiarare la verità, magari rimanendo sul vago. «Lui é... semplicemente così. Non c'é finito, non c'è molto da dire. È così... e basta... » lasciò cadere la frase, ma non distolse lo sguardo dal suo, non poteva mostrare debolezza.
«È così… » sembrò riflettere lui. «Ci è nato così, suppongo tu intenda… ciò significa che altri nella tua famiglia sono vampiri.» sbottò acido lui, lo sguardo ora tagliente. I suoi sospetti sembravano ora fondati. Lei però si affrettò a scuotere la testa. Accidenti, sembrava sapere più di quanto dovesse, non era cosa nota a tutti l’argomento vampiri, soprattutto le loro creazioni. I vampiri per nascita, infatti, erano ovviamente generati da altri due vampiri, nello stesso modo in cui un essere umano gravidava, con l’unica differenza che nel suo fior fiore dell’età la sua crescita si fermava, rendendolo un completo vampiro eterno. Nel caso di un vampiro trasformato in essere umano, invece, semplicemente il suo aspetto e la sua età si bloccavano nel momento in cui venivano morsi, acquistando un proprio potere particolare, tra cui una forza e una velocità degni di lode, anche se mai al livello di un vampiro per nascita.
Comunque a questo punto tanto valeva giocare in contropiede, subire l'interrogatorio standosene con le mani in mano le pareva una cosa ridicola.
«Ma sai, ciò che mi perplime invece é la tua profonda conoscenza di una razza della quale nessun essere umano é a conoscenza. C'è solo un'altra razza che conosce i vampiri e questi sono i cacciatori. O forse hai scoperto l'esistenza degli eterni solo per puro caso?».
«Solo i vampiri si definiscono eterni, i cacciatori li definiscono feccia, gli umani mostri... devo dedurre che tu quindi sia come tuo fratello.» e qui Hagumi si morse la lingua. Maledizione, ne sapeva una più del diavolo per incastrarla. «E tu, svicolando, mi fai dedurre di essere un cacciatore.». «Lo sono, ma non dovresti avere problemi a saperlo, se non fossi un vampiro, no?» lui sorrise trionfante. L'aveva beccata. E ora avrebbe potuto catturarla e presentarla al cospetto del consiglio degli anziani, avrebbero deciso poi loro cosa farne e... il flusso dei suoi pensieri s’interruppe quando lei arretrò di un passo ed iniziò a tremare, spaventata. Ma davvero avrebbe voluto fare questo alla piccola Minamoto?
«Non ti preoccupare, per ora non ti farò nulla… » si limitò a dire lui, guardandola con fierezza da tutta la sua altezza «Ti terrò d’occhio però, sappilo, alla prima mossa sbagliata sei morta, lo stesso vale per tuo fratello.». Hagumi deglutì sonoramente, mentre il moro le dava le spalle e si allontanava. Si accasciò a terra, il fiato corto, mentre gli occhi si riempivano di lacrime. E ora che sarebbe successo?
La ragazza era di spalle,
appoggiata con le braccia alle pietre che circondavano e delineavano la
"piscina" di acqua bollente, la testa abbandonata su di esse, mentre
discutevano sui prossimi concerti che avrebbero voluto vedere. Vide
passare
sotto il porticato tradizionale in legno Shiki con Hagumi dormiente tra
le sue
braccia e si chiese se fosse una cosa normale, prima di distrarsi
nuovamente e
voltarsi verso Akira.
«Ti annoio?» le domandò lui divertito,
notando che la ragazza si era distratta dalla loro conversazione e non
gli
aveva risposto. Lei scosse la testa in segno di diniego, arrossendo un
po’. Che
figuraccia.
«No scusa, ho solo notato una cosa
strana.» lui ridacchiò «Un vampiro che
si aggirava furtivo, magari?». Himiko si
schiaffò mentalmente la mano in viso, c’era
proprio fissato.
«No, nessun vampiro.» rise anche lei, in
fondo non poteva far altrimenti. Lui nuotò in direzione
della rossa, prendendo
ora la sua stessa posizione, giusto ad un paio di centimetri di
distanza.
Himiko si fermò un istante ad osservarlo, senza nessun
dubbio era davvero un
bel ragazzo e in costume da bagno, con il fisico che si ritrovava, era
anche
meglio. I capelli bagnati gli cadevano ribelli sulle spalle, quegli
occhi di un
freddo grigio, che quando la guardavano sembravano tanto caldi e
passionali, le
sembrava gli donassero un fascino ancora più ammaliante di
quanto avesse mai
notato.
Allungò una mano verso il suo
viso ed Himiko ebbe la sicurezza che quella fosse una sua
peculiarità, giacché
non faceva altro che dispensare carezze. «Mhh... »
non disse nulla, fu solo un
mugolio sorpreso, frattanto che abbassava lo sguardo verso lo specchio
dell'acqua, totalmente imbarazzata. «Ehi, che hai?»
la guardò curioso lui,
prima di sorridere «Guarda che non ti farei nulla di cui tu
non fossi consenziente,
credimi... » lei alzò una mano e gli fece segno di
placarsi. Non era certo
questo! Solo che era qualche giorno che non sapeva più che
pesci prendere, un
po' le era passata la voglia, il pensiero di Natsu e Misa, del ricordo
che
quella visione le aveva provocato, continuava a rimbombarle nella
testa.
Sospirò ripetutamente, inquieta, prima di rialzare lo
sguardo sul suo viso ed
avvicinarsi a lui. Le braccia scivolarono attorno al suo collo, mentre
lui le
cingeva la vita. Cosa c'era di male a spassarsela un po' con Akira?
Tanto più
che le piaceva anche abbastanza. Allungò un po’ il
collo, per raggiungere le
sue labbra ed incatenarle alle sue in un bacio decisamente
appassionato, mentre
una mano di Akira raggiungeva i suoi capelli trasportandola in una
passione che
mai avrebbe immaginato. La mano del moro poi scese, fino a dietro al
suo collo,
afferrando il nastrino nero del bikini leopardato, slacciandolo. Himiko
sussultò un pochino, ma lui tornò a stringerle la
vita, come a rassicurarla,
continuando a trasportarla in quel bacio che sembrava infinito, tanto
da
levarle il respiro. Quando la mano di Akira, però, fece per
slacciarglielo
anche sul retro, sentirono un tonfo pesante che li costrinse a
staccarsi e a
voltarsi. Sotto un paio di spazzoloni per la pulizia della piscina ed
in mezzo
a qualche secchio d’acqua sporca rovesciata si trovava Natsu,
sedere e schiena
a terra, che ululava dal dolore, massaggiandosi la nuca.
Si rialzò imprecando contro
tutti i santi del mondo e anche contro i secchi, gli scopettoni,
l'acqua, le
terme e i camping. Ne aveva avuto davvero già abbastanza di
quella
stramaledettissima gita. Akira, piuttosto contrariato, uscì
dall'acqua dopo
aver lasciato andare Himiko e si avvicinò al ragazzo, senza
la minima
intenzione di accertarsi come stesse, ma solo per dargli addosso.
«Sei un
rompiscatole! Questa é la seconda volta, sembra quasi tu lo
faccia apposta!»
Natsu lo guardò sorpreso, allora Akira non era fesso come
dava a vedere, si era
accorto che il pomeriggio precedente era stato lui che li aveva
beccati, nei
pressi del lago. Himiko però non fece caso alle parole del
moro, troppo intenta
a mettersi a mollo fin sopra il naso per nascondersi bene e cercare di
riallacciare il bikini. Ma dov'era finito uno dei due laccetti?
Accidenti.
«Mica è colpa mia se in ogni
dove vi mettete a far sesso! Cercatevi una stanza, perdio!»
si lamentò Natsu,
seriamente contrariato, mentre osservava piuttosto irritato la rossa
nell’intento di ritrovare il laccio del costume.
Chissà perché quella scena lo
stava mandando in escandescenza. Akira, che ora gli era addosso, lo
spintonò,
facendolo finire spalle al muro. «Non permetterti!»
urlò adirato, spintonandolo
una seconda volta «Non permetterti nemmeno di parlare
riguardo questo, proprio
tu poi!» Himiko accortasi della situazione uscì
allora dall’acqua, ignorando il
problema del bikini e tenendolo solo premuto con un braccio contro di
sé,
avvicinandosi ai due.
«Ehi calmi, calmi tregua!!!» azzardò lei
«Non è successo niente infondo!» il
biondo allora la guardò
ribollente di rabbia.
«No, è vero, ma cosa sarebbe
successo se non fossi arrivato io?» sbottò
iracondo. Akira quasi rise,
schernendolo «Ma scusa, a te che t'importa di cosa sarebbe
accaduto?». Natsu
boccheggiò un paio di volte, poi tacque. Già,
cosa gliene importava, dopotutto?
Borbottò qualcosa d’indecifrabile, prima di
continuare alzando la voce e
schiarendola «Ad ogni modo, sarebbe il caso che andassi a
rivestirti Himiko,
sei un po' nuda... » le fece notare, osservando non proprio
contrariato il
pezzo di sopra che, allentata la presa distrattamente da parte della
ragazza,
stava quasi scivolando giù. Lei
s’infuriò, urlò qualcosa che suonava
molto come
"depravato!" e corse via, stizzita. Natsu si chiese come avesse fatto
la sua caviglia a guarire così in fretta.
***
Si
girò mille e mille più volte nel letto,
svegliandosi spesso fradicia
ed ansimante. La sua mente elaborava i più contorti
pensieri, facendole fare i
più brutti sogni della sua vita, al punto di riuscire ad
immaginare perfino
l’odore dei luoghi che la circondavano. E Shiki era sempre
presente, la
ossessionava, la inseguiva, la uccideva, in un cerchio infinito di
eventi
mentre Shin, nella sua follia, lo uccideva a sua volta. Le
sembrò perfino di
riuscire a sentire l’odore del sangue dolciastro del moro,
nel momento in cui
sognò che suo fratello gli portava via la vita. Curioso.
Aprì faticosamente gli
occhi al trillare della sveglia, mentre Len, da perfetta mattiniera
qual era,
era già vestita di tutto punto e si godeva la lettura di un
libro dell’orrore.
«Ben svegliata, Hagu!» le sorrise radiosa «Notte
movimentata eh? Stai
meglio?» le domandò in tono scherzoso, per non
darle a vedere la sua
preoccupazione. Probabilmente Hagumi aveva rimosso tutto, ma
puntualmente ogni
ora era stata presa da una crisi. Urlava a squarciagola, chiamando ogni
volta
una persona diversa, agitandosi e rischiando di farsi del male.
La rosata fece spallucce, non
sapeva cosa avrebbe potuto rispondere, perché effettivamente
stava bene ed era
stato un buon risveglio, ma qualcosa non la convinceva per niente, a
partire
dal punto che si sentiva stanchissima ed aveva odore di sangue e carne
putrida
sotto le narici. Si sentì nauseata, tant'è che
corse verso il bagno, dove
rimase chiusa a chiave per un'oretta. Len, preoccupata per le sue
condizioni,
pensò che l'unica cosa da fare fosse andare a cercare i
fratelli. Il primo che
incontrò fu Shin, appena uscita in corridoio, che stava
facendo il primo giro
di controllo giornaliero.
Lo mise al corrente degli
strani movimenti della sorella quella notte e del fatto che fosse
chiusa da un
po' troppo in bagno. Lui disse che l'avrebbe seguita, seppur
notò un po'
titubante, ma lei lo mandò avanti per andare a cercare anche
Himiko, che
sicuramente avrebbe voluto essere messa al corrente di una cosa del
genere…
Aprì la porta della stanza di Len ed Hagumi, entrando
solamente con il
viso. «Hagu?» provò a chiamare, ma
nessuna risposta. Entrò allora
completamente, dirigendosi verso il bagno e dando due colpi secchi alla
porta. «Hagu?!
Sei lì?». Ma dal bagno nessuna risposta. Si
guardò intorno, ora totalmente in
panico. «Ma che diav… HAGU!». In quel
momento la cosa migliore gli sembrò
prendere a spallate la porta, nel tentativo di aprirla.
Stava per sfondarla, ma lei lo
precedette proprio dopo una sua rincorsa, spalancandola, e fu
investita.
Caddero assieme dentro al bagno, l'uno sull'altra: ci mancava solo
questa!
«Scu-scusa…
» balbettò, porgendole la
mano per aiutarla a rialzarsi, lei però rifiutò
l’offerta. «Sei forse pazzo?
Cosa ci fai qui dopo il casino di ieri? Se ti vedesse Shiki, sarebbero
guai.»
disse fredda. Lui abbassò lo sguardo, ricordando gli eventi
del giorno prima,
quando accecato dalla gelosia, si era trasformato nel tentativo di
uccidere il
moro. Poi un filo di voce «Non potevo andarmene
così, anche per contratto di
lavoro… ».
L'espressione di
Hagumi si sciolse subito dalla sorpresa e
rabbia iniziale, dovuta anche al malumore che si portava
dietro
dall'incubo che non ricordava d'aver fatto e dall'essere stata male.
Sul volto
dunque trovò spazio un flebile sorriso, Conosceva suo
fratello, sapeva cosa
potesse significare quel "non potevo andarmene così"
«Dovevi prima
chiarire con me, eh?» lui annuì, per nulla
sorpreso. Lei sospirò e gli fece
cenno di uscire dal bagno, che almeno si doveva dare una sistemata,
dopo
avrebbero parlato con calma. Lui acconsentì e
tornò nella stanza. Si sentiva un
po' a disagio da solo nella camera di due donne, ma era tutto molto
ordinato e
per fortuna non c'erano fuori cose imbarazzanti come biancheria intima
o altro
del genere. Individuò senza fatica il futon di Hagumi,
dopotutto solo rosa
poteva essere, e vi si sedette sopra, pensieroso. Neanche il tempo di
calmarsi
e rilassarsi, comunque, che Hagumi uscì ben rinfrescata,
dopo aver lavato i
denti, il viso ed aver raccolto i lunghi capelli rosa in una coda alta
ed
ondulata, avrebbe dovuto farsi lo shampoo, la mattina si era svegliata
più
sudata di un giocatore di basket a fine partita. Mentre fissava un paio
di
ultime ciocche sfuggenti sulla nuca con una pinzetta, lo vide seduto e
si
diresse anche lei sulla copertina rosa, per sedersi al suo fianco.
«Come mai hai
vomitato? Hai mangiato qualcosa di strano?» chiese solo per
sicurezza, ma la
risposta sapeva che sarebbe stata sicuramente negativa,
perché la sorella non
si era mai nutrita in quel modo. Mai una sola volta in tutta la sua
vita di
giovane vampira aveva bevuto sangue umano, quello che utilizzava per
tenersi in
forze era di animali che le procurava il suo macellaio di fiducia, un
altro
vampiro che aveva scelto la dieta "vegetariana" e non toccava un
goccio di sangue umano da un paio di secoli. E il paio di secoli non
era un
modo di dire. «No, niente di ciò che pensi. Mi
sono svegliata con una brutta
sensazione, lo stomaco sottosopra, sudata come una capra e con il
morale sotto
le scarpe. Non so perché... » fece spallucce,
appoggiando i palmi delle mani
sul materasso, poco arretrate rispetto al punto in cui sedeva, in modo
da
tenersi comoda, la schiena leggermente curva all'indietro. Lui non si
voltò a
guardarla nemmeno una volta, teneva lo sguardo fisso dinnanzi a
sé ed osservava
ogni singola venatura del legno della porta, come se fosse realmente
interessato. Hagumi lo guardò, invece, studiandolo
attentamente in quegli
imbarazzanti minuti di silenzio. Infine, tornò dritta,
voltò il busto verso di
lui mettendosi inginocchiata e, molto semplicemente, lo
abbracciò. Tutto qui,
niente di più, niente di meno. Allargò le braccia
e cinse il suo collo,
appoggiando la fronte contro il lato destro della sua testa castana,
chiuse gli
occhi ed inspirò profondamente, per sentire il suo profumo.
Si tranquillizzò
con quel gesto, il profumo di Shin aveva sempre un potere calmante su
di lei,
le portava alla mente bei ricordi, la faceva sentire bene.
«Resta per sempre
mio fratello... ti prego... » si maledì quasi
subito per averlo detto, sapeva
di suonare infinitamente egoista, ma cosa poteva farci? Le mancava
così tanto.
Shin era rimasto piuttosto scosso, dal gesto prima e dall'affermazione
poi. Lo
sguardo sembrò svuotarsi e, vacuo, si bloccò sul
pavimento, mentre un senso
d’incredulità s’impadroniva della sua
mente e del suo cuore. Come poteva fargli
questo, come? Dopo che le aveva detto ciò che provava... non
era giusto! Si
sentiva frustrato e sminuito. Si sentiva preso in giro. Alzò
le mani e le serrò
con delicatezza attorno al braccio della ragazza che le cingeva la
parte anteriore
del collo, quindi con altrettanta gentilezza, eppure fermezza, lo
spostò,
liberandosi dalla sua presa. Fece per alzarsi, ma lei lo
fermò per un lembo
della maglia ed infine lui si voltò a guardarla: era
così bella! Così
dannatamente stupenda, avrebbe voluto stringerla forte, urlarle tutto
il suo
amore, fuggire con lei per un posto lontano, dove magari amarsi tra
fratelli
non era peccato. Esistevano luoghi del genere in quel maledetto mondo?
Si curvò
verso di lei, non poteva frenarsi. L'aveva fermato lei e lui sapeva che
era da
stupidi, ma lo prese come un via libera per fare ciò che da
tempo immemore
sognava di realizzare. Fu un bacio molto casto, in realtà.
Niente
travolgimento, niente grande passione. Semplicemente le prese il mento
con una
mano e lo avvicinò al proprio viso, appoggiando teneramente
le sue labbra su
quel piccolo bocciolo di rosa che erano le sue. Solo a fior di labbra,
per
sentire la consistenza, che risultò essere morbida da farlo
impazzire e il
sapore agrodolce. Ad un certo punto gli occhi di Hagumi si riempirono
di
lacrime, che scesero giù bagnando un po' ovunque, anche quel
bacio. Lacrime
salate, comunque, che gli comunicarono un semplice messaggio: quello a
lei non
faceva piacere, non poteva forzarla e doveva lasciarla andare.
Così fece, si
allontanò e le lasciò il mento, lei,
però, aveva ancora la mano serrata su un
lembo della sua maglia. Le lacrime che scendevano copiose e gli occhi
azzurri
fissi nei suoi ambrati, pieni d’incredulità.
«Perché?» riuscì solo a
domandargli in un sussurro, la voce tremante, mentre tutto il suo mondo
sembrava frantumarsi. Ora ne era certa, dopo quel bacio, Shin non
sarebbe mai
più potuto essere solo suo fratello, tutto sarebbe cambiato.
Per sempre e in
quel caso per sempre era veramente riferito
all’eternità. «Perché ti amo.»
niente di più
banale e
scontato avrebbe potuto dire,
d'altronde era solo la
semplice verità. «Ti
amo da sempre,
forse da quando
sei
nata. Avrò
avuto sì e no cinque
anni e
già ti amavo.
Sei la
mia ossessione, Hagu!»
disse
piegandosi in
avanti, le
mani sulla testa a
comprimere, non
voleva impazzire
di nuovo davanti a lei come
il giorno
precedente, era solo
che ormai quel
sentimento gli stava divorando l'anima, presto o tardi
di lui sarebbe
rimasto solo
il mostro.
***
«Anche se non ne è conscia, ha passato tutta la notte agitata, si svegliava ogni ora urlando, come totalmente sopraffatta da incubi. Quando si è svegliata la mattina, si è sentita male, forse a causa della notte travagliata, e si è chiusa in bagno senza più uscirne. Ho incontrato Shin e l’ho mandato da lei, ho però ritenuto giusto informare anche te!» la rossa inchinò il capo in segno di ringraziamento «Non ti preoccupare, se ora Shin è con lei starà sicuramente bene… in parte… ».
Len ignorava cosa volesse intendere Himiko con quell’“in parte”, ma la rossa aveva potuto far due più due grazie alla sensazione che aveva provato e all’informazione riguardante Shin e aveva capito il momento in cui i due si dovevano essere trovati. Non era il caso di interromperli, anche se avrebbe voluto esser lì con loro per sostenerli entrambi.
Guardò poi Len che la osservava come per dire "allora le alzi le chiappe dal divanetto e vai da tua sorella?". Himiko si grattò la testa rossa, cercando un modo per tergiversare, ma effettivamente non ne esisteva uno. «Ahhm... sì, sì, giusto... andiamo... » disse vaga, alzandosi dal divanetto ed avviandosi pensierosa verso il corridoio, camminando come una lumaca. Oh, giusto, lei zoppicava! Iniziò così ad assumere un'andatura claudicante, almeno avrebbe guadagnato tempo.
Quasi come a volerla salvare da quella situazione, un acuto urlò riecheggiò per l’intero corridoio, attirando l’attenzione delle due, che con un solo cenno del capo s’intesero ed andarono a vedere. Il grido sembrava esser partito dall’esterno, raggiunsero quindi la fine del corridoio per aprire la porta che dava sul giardino, girarono l’angolo della pensione per poi notare una ragazza in preda al panico. Le mani che quasi strappavano i capelli corvini da quanto affondavano nervosamente fra questi, la figura tremante, mentre stava accovacciata proprio davanti al pontile del terrazzo tradizionale, uno strano fetore alleggiava nell’aria, che portò Himiko a coprirsi subito il viso, l’aria disgustata.
«Ehi, tutto bene?» domandò Len, avvicinandosi e poggiandole una mano sulla spalla. Non appena il suo sguardo si posò nel punto dove anche l’altra guardava, si portò le mani alla bocca, indietreggiando di un passo, la voce le morì in gola. Himiko, tuttavia, non raggiunse le due, anzi indietreggiò di qualche passo, mentre le sue narici sembravano bruciare per il forte odore di sangue che si era espanso nell’aria e i suoi occhi per un vago istante assunsero una tonalità rossiccia. «Cos'è, Minamoto, l'odore del sangue é troppo per te?» la voce di Shiki le raggelò la linfa vitale, mentre si accorse di aver sbattuto proprio contro di lui retrocedendo. Altra gente accorreva, nessuno faceva caso a loro e allo scambio di battute, poterono parlare in tranquillità. Lei non disse nulla, non osò rispondere, sapeva che qualsiasi cosa avrebbe detto l'avrebbe rigirata a suo favore «Più furba del confetto umano, non c'è che dire... » fece lui ironico, puntando poi lo sguardo sul capannello di persone attorno al cadavere. «Dov'è tuo fratello? Devo scambiare due parole con... quel MOSTRO... ».
«Non è affar che ti riguarda!» sbottò lei asciutta, il respiro che sembrava tornare normale, grazie alla folla di curiosi che faceva da barriera e copriva l’odore del cadavere. Lui alzò un sopracciglio con fare superiore. «Se ti dicessi che son convinto del contrario?» allora Hagumi non aveva rivelato nulla alla sorella, meglio così, sicuramente gli rendeva la cosa più semplice. Himiko puntava ora i piedi per terra, l’aria infuriata. «Stanne fuori! Non impicciarti di affari che non ti riguardano!».
Shiki la guardò gravemente, prima che un bagliore di trionfo gli attraversasse lo sguardo. «Sì, penso tu abbia ragione. Mi farò gli affari miei. Ah e... com'è che non hai negato che tuo fratello è un mostro?» ghignò appena, prima di voltarsi verso il corridoio di destra. Hiro Shibata era appoggiato affaticato ad un muro, una mano al petto a stringere i vestiti, il respiro affannoso. Dava loro la schiena e tenendosi in piedi solo grazie ad una spalla che appoggiava alla parete, cercava di andare via, arrancando. Cosa diamine stava accadendo in quel posto, quella mattina? «Che sia stato lui?» questo significava che anche Shibata-sensei era un vampiro? Dannazione, stavano spuntando fuori come funghi. Si voltò e si avviò a grandi falcate verso il professore di biologia, con Himiko che lo guardò allontanarsi confusa, per accorgersi in un secondo momento della figura ansante di Hiro. Non servì nemmeno partire per cercare di fermarlo, la testa rosa di Hagumi si era già messa sul suo percorso, seguita da uno Shin mogio che si portò accanto alla sorella rossa. «Non la vedo bene qui.» si limitò a dire Himiko, avviandosi verso i tre, Shin al seguito.
«Levati di mezzo Minamoto!» ma Hagumi continuava a bloccargli la strada, braccia aperte in segno di protezione verso Hiro. «Devo forse farti fuori per farti spostare?!» si limitò, però, ad avvicinarsi a lei e a strattonarla. La rosetta sembrava ora infuriarsi, mentre una strana aura pareva andare e venire dal suo corpo, gli occhi che lampeggiavano di due colori ben distinti. «Stai alla larga da lui!» Shiki titubò un attimo, indietreggiando di due passi. Sicuramente in quel momento era decisamente svantaggiato, erano ben quattro contro uno.
A quanto pare la fortuna volle essergli amica, notò Natsu affiancarsi a lui, confuso. «In che guaio ti sei cacciato, cugino?» chiese, non senza una risatina, guardando poi gli occhi lampeggianti dall'azzurro al rosso «Ah, si sta immedesimando in un semaforo, o è ciò che penso io?» Shiki non rispose. Il cervello lavorava freneticamente in cerca di una soluzione. Affrontare la Minamoto? Ma se giusto ieri sera aveva deciso che non voleva entrare in conflitto con lei? Shin si portò accanto alla sorella per darle man forte all'arrivo di Natsu, mentre Himiko, sconsolata, si avvicinò ad Hiro, per accertarsi delle sue condizioni. Si chiese se non fosse stato lui a provocare quella morte, ma scacciò subito l'idea di testa. Hiro stava male perché cercava di resistere all'odore del sangue, in quel momento, non per altro. Se se ne fosse cibato, non sarebbe stato così di certo. Sembrò però Natsu, stranamente, a riportare la tranquillità nel gruppo, notando che avevano attirato l’attenzione dei presenti. «Ragazzi, direi di allontanarci da qui, prima che qualcuno inizi a farsi strane domande… » indicò loro la folla di curiosi, che alternava lo sguardo fra la ragazza morta e loro «E poi il signore là dietro penso che non resisterà ancora a lungo in questo luogo.» Tutti assentirono, intanto che anche Hagumi sembrava placare un momento la sua ira, rimanendo comunque sulla difensiva.
Si voltò imbufalita e si avviò accanto alla sorella e ad Hiro, per il quale era preoccupata da morire. Cercò di fare capolino con il visetto nella sua visuale, come faceva sempre. «Hiiiro-chan! Sono io, guardami. Che bravo che sei, hai resistito così bene. Vieni con me, dai, dammi la mano!» con gentilezza gli prese una mano e lo condusse via, come faceva sempre, riempiendolo di attenzioni e gesti amorevoli. Himiko li guardò soddisfatta, Hiro si fidava ciecamente e si affidava completamente ad Hagumi, perciò avrebbe rimesso lei a posto le cose, raccogliendo come sempre i cocci che il povero insegnante si lasciava indietro. Lei dal canto suo si voltò verso i tre ragazzi e, afferrato il fratello per mano, fece una linguaccia agli altri due, allontanandosi con Shin, nella direzione dove la sorella ed Hiro erano spariti poco prima.
***
«Sei
di una delicatezza disarmante, Natsu... » commentò
Shiki atono, senza neanche
voltarsi a guardarlo. Il biondo fece spallucce, facendo finta di non
capire e si
appollaiò accanto al cugino, voltandosi verso il punto che
tanto interessava
Shiki da non fargli distogliere lo sguardo nemmeno mezzo secondo.
«Mi chiedo se
sei più interessato al segreto che nascondono o al bel
faccino della
principessina in rosa. Ovviamente lo chiedo a me, e non a te,
perché so che da
te non riceverò alcuna risposta, se non un sonoro grugnito.»
il moro, infatti,
grugnì, più che altro per dirgli di starsi un po'
zitto.
«Fossi in te, eviterei certe battute,
perlomeno io mi ero accorto che in loro qualcosa non andava, tu non hai
proprio
percepito nulla.». Natsu cercò il pacchetto di
sigarette nella tasca del
giubbotto di pelle, trovandolo solo dopo diversi attimi, estraendone
una ed
accendendosela. «Ehhh, quante storie, in fondo quella
è la tua peculiarità, non
la mia!” un tiro alla paglia, mentre rilassatamente poi
buttava fuori il fumo.
Shiki
sbuffò. «Lo spirito d'osservazione non
è la mia peculiarità e lo sai bene.»
Natsu fece spallucce: ma sì, non gliene importava niente. Il
punto era che da
quella distanza poté vedere chiaramente Hagumi scoppiare a
piangere come una
fontana, con un'espressione così addolorata da fare pena a
chiunque, persino al
cugino «Che tu sappia era amica della defunta?»
chiese il moro, dissimulando
l'interesse guardando altrove. Natsu scosse il capo
«Figurati, conosco Hagumi
come conosco i miei calzini, e so per certo che non si erano mai
neanche
parlate... ». Shiki lo guardò un istante,
meditando e sorvolando sul pessimo
paragone della rosata con un calzino, quindi buttò a terra
la sigaretta, la
spense con un pestone e gli fece cenno di seguirlo. «Sei
ancora il suo migliore
amico, da quel che ne so, quindi sarebbe il caso che tu andassi a
consolarla ed
io ne approfitterò per parlare di nuovo con loro ed
indagare. Vieni!».
«Sei
senza cuore!»
rispose il biondo, fintamente scandalizzato, d'altronde era
contento di poter andare a coccolarsi Hagumi ancora, quelle potevano
essere le
ultime volte, se avessero scoperto una natura in lei differente da
quella
umana, non sarebbero più potuti essere amici. E pensare che
era la sua
principessina da difendere. S’incamminarono verso le due,
facendo sempre
attenzione ad evitare le piccole tombe, e quando furono
all’incirca ad un paio
di metri da loro, Natsu prese a correre in direzione della confettina.
«Hagu-chaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan!!!»
ululò letteralmente, mentre il suono della sua voce
accompagnava la caduta che
stava prendendo proprio arrivato all’altezza di Himiko,
dimentico di guardare
dove metteva i piedi. Cadde in avanti, atterrando letteralmente di
faccia nelle
casse delle provviste, specificamente in quella dei pomodori, mentre
l’impatto
con le altre fece volare tutto il loro contenuto nei dintorni,
rischiando di
colpire come meteore tutti i presenti. Fortuna che non sarebbero
più servite
per cena! Dopo un paio di minuti di silenzio, in cui tutti si erano
fermati a
guardare la scena dopo aver cercato di evitare verdure volanti,
compresa Hagumi
che aveva smesso di piangere nel giro di un secondo, il biondo non
sembrava ancora
accennare a volersi alzare. «Si sarà fatto male?»
domandò Himiko alla sorella,
la quale fece spallucce, non sapendo se iniziare a preoccuparsi fosse
morto. Il
ragazzo sembrò dare finalmente qualche segno di vita, mentre
faceva leva sulle
braccia nel tentativo d’alzarsi. Himiko, come del resto tutti
i presenti,
scoppiarono in una grassa risata; Natsu, che finalmente stava di nuovo
in
piedi, aveva il viso che grondava ormai passata di pomodoro tanto da
sembrare
questo vegetale formato umanoide. «TU!»
urlò lui adirato, indicando la rossa.
Lei smise immediatamente di ridere, indicando se stessa con aria
interrogativa. «Io?»
il ragazzo le si avvicinò, mentre con una mano si strofinava
gli occhi
che bruciavano dannatamente «E chi se no?! Sei stata tu a
farmi lo sgambetto!». Gli occhi di
Himiko uscirono letteralmente dalle orbite, mentre scattava in
piedi. «Cosa?! Come avrei potuto farti lo sgambetto, se stavo
qui?!».
«Osi anche
negare?!»
ora lui l’era proprio di fronte, in pratica sarebbero stati
faccia a
faccia se la rossa non fosse stata un’abbondante quindici
centimetri più bassa
di lui «Non incolpare me se hai la grazia di un elefante e
l’equilibrio di un
ippopotamo!».
«Perché gli ippopotami hanno problemi di
equilibrio?!»
Fu la
domanda che si posero all’unisono Hagumi e Shiki, decisamente
confusi. «No, hai
ragione, non è colpa tua se hai le gambe di una giraffa!».
«Questo
dovrei
prenderlo come un complimento?!». «E
io chi dovrei incolpare per questo?»
fece
capolino il professore di letteratura, un vecchietto
dall’aria sempre seria e
notevolmente pacata, accentuata dagli occhialetti da vista, che ora
stava
sistemando diritti sul naso, mentre quello che sembrava tanto il
residuo di uno
dei famosi pomodori, ora colava disordinatamente dalla sua testa semi
calva
fino a cadere a goccioloni sulla pulitissima e perfettissima camicia
bianca.
Era troppo. Quella visione fu veramente troppo per i due che, smesso di
litigare, avevano le guance gonfie e rosse, nel tentativo di trattenere
una
risata che però non riuscirono a soffocare, provocando
l’ira del professore sul
quale una venetta aveva iniziato a pulsare insistentemente sulla tempia.
«MINAMOTO! NAKAMOTO! SIETE IN PUNIZIONEEEEEEEEEEEEEEEE!».