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Autore: endif    13/01/2010    27 recensioni
“«Edward…» non mi accorgo neppure di avere sussurrato il suo nome, ma forse l’ho fatto perché lo vedo girarsi verso di me come a rallentatore. Il tempo si cristallizza qui, in questa stanza, in questo momento, restando sospeso a mezz’aria.
Sgrano gli occhi a dismisura quando capisco chi è tra le sue braccia.
No. Non può essere.”
Piccolo spoiler per questa nuova fic, il seguito di My New Moon. Ci saranno tante sorprese, nuove situazioni da affrontare per i nostri protagonisti. Un E/B passionale e coinvolgente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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CAP.25

BELLA
«Tieni» Helèna mi porge il cappotto e la borsa.
Li afferro di malavoglia, ma senza protestare.
Sarà una cosa breve, mi ripeto.
Non più di mezz’ora, al massimo.
Cerco di infilare il braccio nella manica dell’indumento, ma la borsa mi rende il movimento difficoltoso. Troppo rallentata nella mente e nei gesti, o forse semplicemente troppo svogliata per compiere anche un solo movimento in più, ci riprovo sempre con l’oggetto in mano ottenendo solo di far cadere il copri abito a terra.
Sento il sospiro della mia amica.
Si chiana a raccogliere il cappotto al mio posto, mi sfila dolcemente la borsa dalle mani e mi aiuta ad indossarlo: «Ecco. Mi raccomando cheta il tuo entusiasmo, però !» aggiunge sarcastica.
Le lancio un’occhiata di scuse. Mi dispiace non riuscire a dimostrarle come vorrei la gratitudine che provo per lei, per quello che sta facendo per me.
Continuo a non parlare.
Il nome di Alice è stata l’unica parola che sono riuscita a pronunciare cinque  giorni addietro.
Poi, sono ritornata nel silenzio.
Farlo non è un capriccio, né un modo per isolarmi. Credo sia una difesa inconscia del mio corpo –psicologia da strapazzo, penso - come zio Jim ha suggerito ad Helèna in una delle telefonate di routine che lei si ostina a fare per sentirsi più tranquilla.
Credo anche che, sempre zio Jim, abbia dato alla mia amica l’idea che adesso sta traducendo in realtà.
Uscire.
Ha cominciato a macchinare il giorno dopo che è venuta Alice al dormitorio.

Il mattino, con la scusa di dover far prendere aria alle lenzuola, di dover rifare il letto e di dover sistemare la mia “postazione”, mi ha piazzata su una poltroncina accanto alla finestra. Ostinatamente ho tenuto gli occhi incollati al pavimento per tutto il tempo.
Il giorno dopo, ha adottato la stessa tattica. E c’ha messo il doppio del tempo, cambiando di nuovo le lenzuola perfettamente pulite, e lisciando e tirando ogni angolo del copriletto in tutte le posizioni possibili. In quell’occasione mi sono concessa il lusso di lanciare uno sguardo ai viali del college, per poi, riportarlo caparbiamente in terra, dopo aver scorto una ragazza con una zazzera scura e scomposta di capelli, simile – ma forse più chiara-  a quelli di Alice.
Il terzo giorno, Helèna ha alzato il materasso pulendo con cura certosina ogni gancio della rete di metallo. Sono stata sulla poltrona per un’ora e mezza. Per sessanta minuti ho guardato il pavimento, negli altri venticinque ho contemplato un passerotto che tentava di sistemare il suo nido su un ramo di pino completamente innevato giusto di fronte alla finestra, nei restanti cinque ho lanciato qualche occhiata sfuggente al via vai di studenti imbacuccati fino alla punta di capelli nel viale sottostante.
Ho riconosciuto Joshua che entrava nell’edificio principale.
L’ho capito dal modo in cui si sistemava gli occhiali in un gesto nervoso, e ripetitivo. Lo faceva spesso anche quando studiavamo insieme.
Il quarto giorno, cioè ieri, da quando è filtrata un po’ di luce dalla finestra Helèna si è messa all’opera.
Non ho nemmeno aspettato che mi aiutasse, come suo solito, a sistemarmi sulla poltrona. Mi sono alzata da sola e sono andata in bagno. Mi sono lavata e ho tolto il pigiama a beneficio di un paio di pantaloni grigi da camera e una felpa larga di Helèna, indumento, quest’ultimo, rigorosamente off-limits nel mio armadio grazie alla personal shopper della mia vita passata.
Considerare quella di prima come la “mia vita passata” mi è di lievissimo conforto. So che c’è stata, so che non l’ho immaginata. E questo mi impedisce di impazzire dal dolore. E, poi, so che Alice non mi vuole lasciare, che mi considera ancora sua sorella.
Anche se … No.
Pensare è vietato e non me lo posso concedere. Sono già un peso morto per la mia amica … sentirmi male, avere una crisi di panico … non posso davvero permettermelo.
Quindi, niente pensieri.
E niente parole.
Non sono ancora pronta a riascoltare il suono della mia voce, cammino su un filo troppo sottile per poter rischiare di smuoverlo anche con un lievissimo spostamento d’aria. Fosse anche solo quella che esce dal mio corpo per emettere un suono, oltre a dover inevitabilmente respirare.
Perché io devo respirare per forza … giusto?
Quando sono uscita dal bagno, Helèna era immersa con la testa nel nostro armadio. Aveva già messo fuori tutta le mie cose, radunandole sul mio letto –intuii per paura che mi ci fiondassi dentro – e stava tirando fuori le sue.
Quando aveva lanciato uno sguardo al mio abbigliamento per poco gli occhi non le uscivano dalle orbite e aveva mormorato, quasi a se stessa: «Se ti vedesse ridotta in questo stato mi ucciderebbe davvero. E forse, farebbe anche bene.»
L’avevo guardata leggermente accigliata e lei aveva chiarito meglio il concetto:«Tua sorella» scandì piano, poi con un gesto aveva indicato i miei abiti «se ti vedesse conciata in questo modo, mi ucciderebbe. Non che abbia bisogno di qualche altro motivo per farlo. E, in effetti, credo che ci sia andata davvero vicina la scorsa volta …» rabbrividì al ricordo.
Aveva continuato a fissarmi sovrappensiero.
Avrei voluto chiederle scusa. Avrei voluto dirle che avevo davvero apprezzato il coraggio con cui aveva affrontato Alice. Ma preferii il silenzio.
D’un tratto s’era girata e aveva afferrato una maglietta dal mio letto. L’aveva distesa davanti a sé – davanti a me – e osservata con sguardo critico.
Aveva fatto la stessa cosa con quasi tutte le altre. Ne aveva messa una sulla sedia della scrivania insieme ad una gonna ampia, lunga poco sotto il ginocchio.
Stranamente non aveva detto più nulla.
Aveva scartato gli abiti più aderenti, lasciando fuori qualcosa di più comodo. Doveva anche essersi accorta che la mia pancia non era propriamente ciò che ci si aspetterebbe da una donna incinta di non più di un paio di mesi, ma non aveva mai fatto alcun accenno a questa cosa. Mai. E, ammettendo pure che non c’avesse fatto particolarmente attenzione grazie alla mia abilità di mimetizzarla in ogni modo, non mi illudevo sul fatto che presto non ci sarebbero state scappatoie.
Prima o poi sarei dovuta andar via dal dormitorio, dal college, e, forse, anche da Hanover.
Stamattina, prima che riuscissi a mettermi seduta in poltrona, Helèna mi ha  raggiunta alla porta del bagno con gli indumenti che aveva poggiato ieri sulla sedia.
Me li ha allungati con uno sguardo supplichevole: «Indossali, ti prego» ha  detto.
L’ho guardata. E ho capito.
Voleva che uscissimo da questa stanza e, sebbene la ritenessi una pessima idea, non ho avuto il coraggio di rifiutare.
Non mi ha mai chiesto nulla. Ha sopportato i miei silenzi, mi ha fatto da infermiera, ha affrontato Alice. E non mi ha mai chiesto nemmeno una piccola spiegazione.
Quando mi sono rifugiata in bagno con gli abiti appallottolati nelle mani, non ha esultato.
L’ho sentita solo sciogliersi e cominciare a tessere le lodi del negozio di articoli per neonati e premaman poco distante da Dartmouth. Le sue chiacchiere hanno accompagnato la mia vestizione.
«Il negozio è qui vicino, non ci impiegheremo più di mezz’ora … Ti farà bene prendere un po’ d’aria … hai bisogno di qualche cosa di più adeguato da indossare … e, comunque, non ci vorrà più di mezz’ora … lo so che porta male fare acquisti precoci per il nascituro, ma io sono sempre un po’ sua zia, giusto? … Vedrai, ti divertirai … E, poi, fra mezz’ora al massimo saremo di ritorno …» Queste alcune delle frasi che giungevano alle mie orecchie attraverso la porta del bagno.
La sua eccessiva loquacità e il fatto che ci infilasse spesso le parole “mezz’ora al massimo” erano decisamente molto indicativi. Non solo era entusiasta, ma anche molto nervosa. Forse si aspettava un secco rifiuto senza alcuna possibilità di replica.
Oppormi avrebbe richiesto un tale sforzo da parte mia che la consideravo una cosa improponibile. In fondo cosa mi costava mettere una gamba avanti l’altra? Non mi era richiesta alcuna altra interazione, non dovevo colloquiare, fingere di essere contenta di fare shopping, dovevo solo trascinarmi in un negozio, afferrare i primi due stracci che mi capitavano davanti e tornare in camera.
Facile. Avrei accontentato Helèna, acquietato il mio senso di colpa. E poi, come Helèna aveva ripetutamente sottolineato, non c’avremmo impiegato più di mezz’ora.

Entriamo da Dolly’s e immediatamente sento una vertigine schiaffeggiarmi in pieno il viso. Sarà per la vastità del locale, l’altezza del soffitto, le luci troppo luminose. Sarà che sono quasi due settimane che non faccio che stare a letto in una piccola stanza. Fatto sta che una sola occhiata agli stand con sopra i minuscoli abitini, in tutte le gradazioni dei colori pastello, è sufficiente a procurarmi un subitaneo senso di nausea.
Che ci faccio io in un posto come questo?
Dal soffitto pendono aeroplanini e piccole mongolfiere. In ogni angolo ci sono cartonati di personaggi delle fiabe. Donne che sfoggiano con orgoglio pancioni di tutte le dimensioni seguite a vista dallo sguardo compiacente dei propri compagni si affaccendano tra espositori di microscopici calzini e file di ripiani contenenti l’impossibile per il proprio bebè.
Da ogni parte dolcezza, gioia e allegria.
Che ci faccio io in un posto come questo? Mi domando ancora, sentendomi a disagio e puntando gli occhi a terra. Anche la moquette è allegra. Verde chiaro, pulitissima. Sembra di camminare su un prato a primavera.
Helèna si lascia andare a gridolini di gioia afferrando tra le mani un cappellino rosa più piccolo del mio palmo e mostrandomelo estasiata.
Me lo allunga e io lo afferro automaticamente.
La osservo mentre lei si allontana tra due scaffali poco distanti contenenti dei completini rosa, evidentemente per femminucce.
Guardo il cappellino nelle mie mani e cerco di convincermi che dentro di me porto un esserino su cui quel cappellino potrebbe stare bene. Osservo le altre donne. I loro abiti, i loro gesti, il modo in cui hanno il capo alzato e sfidano il mondo … Si sentono padrone di quel mondo in cui nascerà il loro bambino, si sentono agguerrite, sanno che lo plasmeranno affinchè diventi il posto giusto per accogliere il loro tesoro più prezioso.
Saranno madri. E si sentono madri.
Io non mi sento così. Il miei occhi guardano sempre in basso, dalla mia bocca non escono i commenti estasiati alla vista di questa o quella cosa deliziosa. I miei abiti poggiano su un corpo smagrito in cui la pancia è la sola cosa bella che vedo, ma che nascondo agli occhi di tutti.
L’ho nascosta anche ai miei?
Mi sforzo di ricordare quando è stata l’ultima volta che ho toccato il mio ventre. Stamattina. L’ho lavato, l’ho asciugato, l’ho coperto con i vestiti che mi ha dato Helèna. Ma l’ho anche accarezzato? La nebbia che mi avvolge non mi permette di rammentarlo, ma giurerei di non averlo fatto.
Mi sento afferrare delicatamente per un braccio e la mia amica mi spinge verso un bancone dietro cui c’è una commessa dall’aria affabile e gentile che mi sorride.
La fisso di rimando con la mia espressione vuota.
Senza mostrarsi curiosa o invadente, la signorina mi squadra velocemente e comincia a disporre uno sull’altro degli abiti che trovo vagamente osceni. Sembrano tutti sformati.
Mi ritrovo in un camerino con tre di questi completi scelti da Helèna e dalla commessa. Meccanicamente mi spoglio e indosso il primo.
E’ di un lilla chiarissimo, la stoffa è leggera e morbida. Mi volto automaticamente verso lo specchio a parete del camerino e, per la prima volta davvero, mi guardo da capo a piedi. L’abito mi scivola addosso con delicatezza, si adatta perfettamente alle forme del mio corpo. A tutte le forme.
E la mia pancia si vede. Anzi, l’abito la mette sfacciatamente in risalto. Resto incantata, gli occhi catalizzati sul ventre.
Sono incinta.
Aspetto un bambino.
Da Lui.
Chiudo gli occhi e, forse per la prima volta, consapevolmente mi accarezzo la pancia. Le dita della mia mano sono fredde, ma attraverso la stoffa non sento differenza di temperatura. Forse … forse non c’è. Forse anche l’esserino che sta crescendo dentro il mio corpo è freddo … freddo come Lui.
«Bella?» la voce di Helèna da dietro la porta mi fa sussultare. Sfilo velocemente l’abito e rimetto i miei vestiti, senza misurare gli altri due. Esco e il lampo di preoccupazione nello sguardo di Helèna va via immediatamente, per far spazio al sollievo. Scuoto leggermente il capo porgendole gli abiti che non ho provato e trattengo tra le mani quello lilla. Lei capisce e poggia gli indumenti che le ho passato sul bancone.
«Non vuoi provare qualcos’altro? Ci sono delle camicette davvero deliziose lì dietro» dice accompagnando le parole con un gesto della mano, ma io abbasso gli occhi.
Mi poggia, quindi, una mano sul braccio all’altezza dell’omero e mi accarezza con dolcezza: «Sei stanca?» mi chiede e sento nel suo tono un vago senso di colpa.
Annuisco lievemente e so di non dire una bugia. Credo di averne abbastanza per oggi. Ho voglia di rimettermi a letto.
C’abbiamo impiegato un po’ più di mezz’ora - l’orologio sulla cassa indica che sono le dieci e trenta - ma non importa.
Usciamo con due pacchetti che Helèna si è ostinatamente impuntata a pagare e a portare. In uno c’è l’unico abito che ho provato. In un altro una tutina. Giallo polvere. L’ha scelta lei mentre io la guardavo, assente.
E’ come se la consapevolezza della presenza di questo bambino mi colpisca ad ondate. Non riesco ad immaginarlo, forse non voglio.
Forse ho soltanto paura di farlo.
Perché fantasticare su di lui comporterebbe includere anche colui che so di non poter più includere nella mia vita. E adesso non posso proprio permettermelo. Non sono ancora pronta ad affrontare questo tipo di pensieri.
La giornata è fredda. Mi stringo nel cappotto. Helèna affretta il passo, mi lancia un’occhiata e chiama un taxi. Mi siedo dietro, mentre lei prende posto davanti, di fianco al tassista. Il tragitto è breve, non siamo molto distanti dal campus, ma credo che non voglia che mi stanchi troppo.
Arriviamo quasi sotto il portone del dormitorio.  
Apro la portiera appena sento che l’auto si ferma, mentre Helèna si attarda a pagare la corsa.
Ho messo giusto il naso fuori dall’abitacolo che mi blocco all’istante.  
Proprio davanti l’edificio principale – circa a trenta metri di distanza dall’auto - ondeggiano con grazia ed eleganza una zazzera scura e una massa inconfondibile di capelli rossicci tutti in disordine.
E in mezzo a loro … una folta chioma bionda.


EDWARD
Ritornare a casa non mi è mai costato tanto quanto in questo momento. Nemmeno quando, in preda alla mia “ribellione giovanile”, ho girovagato per un paio d’anni alla ricerca di uno scopo per la mia esistenza dannata,  per poi ritornare da Carlisle ed ammettere di aver sbagliato. Nemmeno in quell’occasione ebbi mai timore di incontrare lo sguardo di disapprovazione di mio padre. Sapevo che mi avrebbero accolto, di nuovo.
Adesso … invece. Adesso non sono in cerca di perdono, e non avrei mai potuto essere sincero. So che la mia presenza sarà fonte di sofferenza e non posso far nulla per evitarla.
Per la mia famiglia, per Bella.
La situazione in cui io e lei ci troviamo è spinosa. Pensare che tutto si sarebbe potuto risolvere senza danni era solo pura illusione e non l’ho mai creduto possibile. Ma avevo supposto … sperato, che l’unico a risentirne sarei stato solo io.
Ora, mi rendo conto, soffriranno tutti. Carlisle ed Esme perderanno una figlia, Alice, Emmett e Jasper una sorella, Rose … perfino Rose, sarei pronto a scommettere, resterà male in cuor suo, lei che tanto si era opposta a Bella, ma che aveva nel tempo imparato ad apprezzarne silenziosamente l’onestà e la bontà d’animo. Ma più di tutti, soffrirà la stessa Bella nel dover comunicare, sempre che decida di farlo e non preferisca il silenzio, la fine della nostra unione.
Conoscere la verità, forse è l’unico modo onesto per lasciare che tutti se ne facciano una ragione. E che, finalmente, Bella venga lasciata in pace a vivere la propria vita.
Ma il pensiero dell’imbarazzo che tutto ciò provocherà in lei mi turba. Io non voglio che si senta in colpa per volermi lasciare o per il fatto che lascerà la sua recente famiglia. Non voglio che senta di dovere delle scuse a qualcuno, non c’è nulla di cui rammaricarsi, e lei non ha nulla da farsi perdonare.
A conti fatti, sono io il cattivo. E’ così che deve essere. E’ così che deve continuare ad essere.
Non mi illudo sul fatto che il nostro non sarà un incontro piacevole: è  più che probabile che lei non mi faccia nemmeno aprir bocca.
In tal caso … in tal caso l’accetterò. E’ il minimo, dopo il modo spaventoso in cui l’ho trattata e le risparmierebbe tutto il calvario di una spiegazione. Forse, in cuor mio, spero davvero che lo faccia.

Esco dalla Volvo e già trovo Alice ad aspettarmi appena fuori il parcheggio del college. E’ ancora furiosa con me. In primis per il mio comportamento con Bella, ma anche per averla messa in imbarazzo con Andrea. Per la felicità di Rose, la studentessa italiana ha preferito cercare una sistemazione al college. Nessuno ha avuto nulla da ridire, nemmeno la stessa Alice che si è profusa in infinite scuse con la ragazza per il comportamento più che discutibile del suo fratello più affascinante, che da quel momento in poi, è diventato il più menefreghista, vanitoso, pieno di sé, irrispettoso, incivile latin lover dell’intero complesso universitario.
Andrea, con più perplessità che fastidio si è facilmente adattata al cambio di sistemazione. Come era intuibile, non ricorda bene l’accaduto tra noi. Sa solo che c’è stato un certo tipo di approccio da parte mia, ma non ne riesce a definire completamente i dettagli. Non ricorda quasi nulla di ciò che è successo alla Rauner. Da quando mi sono avvicinato a lei a quando è arrivata Alice conserva una memoria confusa, fatta di frammenti di immagini e sussurri. Mi sono soffermato poco sui suoi pensieri, limitatamente alle ore che trascorriamo in aula.
I contatti tra lei e mia sorella, infatti, restano inalterati per ciò che riguarda il corso universitario che seguiamo e al progetto di scambio culturale cui entrambe partecipano. Il mio ritorno al college comporta anche il fatto che devo restare a contatto con loro due per qualche ora al giorno.
Ma mi dico che è solo un accenno del castigo che merito e che è davvero un piccolo prezzo da pagare se la ricompensa è poter parlare con Bella.
Anche solo per un’ultima volta.
Ormai sono trascorsi cinque giorni da quando sono ritornato al college. Bella non l’ho ancora incontrata.  So che è qui, ma non sono più entrato nella sua stanza da quando Jasper è venuto a parlare con me al motel.
Si è deciso che l’avvicini. Se Dio vorrà, le potrò anche parlare. Ascolterò dalla sua stessa voce la verità, se vorrà rivelarla. Scrutarla di notte, ormai non ha più giustificazioni apparenti. Io non sono più nessuno nella sua vita per poter rubare per me il tempo che Bella dedica al sonno.
Quel tempo, ormai, non mi appartiene più. Forse non mi è mai appartenuto e non l’ho mai capito, se non adesso.
E poi, non sono ritornato per riconquistarla. Io devo lasciarla andare, non tormentarla anche nel sonno.
Cinque giorni. Cinque giorni … e ancora non sono riuscito a trovare le parole più adatte per parlarle.
Bella, la mia famiglia vorrebbe delle spiegazioni da noi ... Stringo le labbra all’assurdità dei miei pensieri, mentre altri, ben più fastidiosi bussano alla mia mente.
Ho provato a chiamarla ancora, ma non mi risponde. Pensa Alice dispiaciuta, ma con un filo di irritazione. Il suo dispiacere va oltre la situazione in sé. Bella non le ha voluto parlare quando è andata al dormitorio lo stesso giorno in cui Jasper è venuto da me. Si è accorta che era sveglia e ne è rimasta profondamente turbata.  
Sente che in parte la colpa dell’accaduto è anche un po’ la sua, del fatto che non riesce più a vedere con chiarezza gli eventi che accadranno nella vita di Bella. Ha cercato nella maniera più petulante che conosce di strapparmi qualsiasi informazione utile, una confessione, un accenno di spiegazione. Al mio atteggiamento sfuggente ha opposto una determinazione implacabile. Ma i buchi nelle sue visioni restano, forse anche più di prima. E la sua frustrazione aumenta. Sarà la più ostinata da convincere, una volta che Bella dirà di volere andarsene via.

Alice mi affianca mentre incedo con passo sicuro per il vialetto di ghiaia ai cui lati si accumula la neve.
Edward, così non va. Dobbiamo andare al dormitorio. Sento che qualcosa ci sfugge. Noi dobbiamo obbligarla a tornare!
Mi blocco e lei mi imita dopo un secondo.
«Non se ne parla, Alice. Noi non la costringeremo a fare qualcosa che non vuole» osservo con freddezza.
Stringe le labbra stizzita. Sì, ma se tu non avessi fatto quel teatrino, adesso non si rifiuterebbe di parlarmi! Almeno chiamala! Magari se lo fai tu, risponde. Pensa lei esasperata.
Magari no. Penso io di rimando. E un’intensa sensazione di delusione mi colpisce all’idea di provocare disgusto nella mia amata con una mia telefonata inopportuna. Farlo sarebbe come imporle la mia presenza con la forza, obbligarla a rivolgermi la parola.
Ma cosa pretendi, Edward? Che vedendoti passeggiare per il campus, si fiondi tra le tue braccia e ti implori di tenerla con te?! Continua Alice come una mosca fastidiosa che ti ronza nell’orecchio insistentemente.
Riprendo a camminare, senza degnarla di una risposta.
No, che non pretendo che mi si avvicini. E’ proprio questo il punto. Voglio che si senta libera di ignorarmi, se lo desidera.
A metà tragitto per l’edificio principale incontriamo Andrea. Ci osserva attentamente e, ignorando lo sguardo che mi rivolge, cerco di tenerla fuori dalla mia testa. Se è vero che non ricorda molto di ciò che è successo, è anche vero che la situazione ha suscitato la sua curiosità.
Cosa spinge un uomo sposato a cercare la compagnia di una ragazza che non è sua moglie? Cosa è successo tra loro?
Queste, solo alcune delle domande che affiorano nella sua testa quando mi guarda. Quando le siamo abbastanza vicini, Alice le sorride e lei la ricambia con una mezza smorfia. Anche di questo mia sorella si sente in colpa: se non si fosse fatta coinvolgere nel progetto dalla Watsford, Alice pensa che non sarebbe accaduto nulla.
Io so, invece, che si sarebbe solo prolungata l’agonia di Bella. Chissà quanto tempo le ci sarebbe voluto per capire che nella sua vita merita di meglio che avere uno come me al suo fianco!
Sorrido amaramente, mentre ci avviciniamo all’edificio principale, diretti alla nostra aula. Alice conversa distrattamente con Andrea, io ne approfitto per scostarmi a lato di quest’ultima e mettere un po’ di distanza tra me e mia sorella che, si ostina a bombardarmi con i suoi pensieri molesti. E’ già mattino inoltrato, gli studenti camminano frettolosamente alla volta delle rispettive destinazioni. I loro pensieri uniti a quelli di Alice mi infastidiscono e mi concentro per tenerli fuori dalla mia mente. Di recente, specie a casa, mi capita sempre più spesso di doverlo fare e ormai mi viene quasi spontaneo creare il vuoto nella mia testa. Sono qui con il corpo, al loro fianco, mentre i miei pensieri sono occupati da ben altre immagini, a profondità ben diverse.
Svoltiamo nel vialetto che porta all’ingresso principale proprio nel momento in cui un taxi sfila dolcemente nel viale a fianco al nostro, prendendo la diramazione opposta. Saliamo le scale, ma d’un tratto mi blocco come colpito da una sensazione che non riesco a definire completamente.
E’ una senso di disagio, uno strano presentimento …
Mi volto un attimo e faccio spaziare lo sguardo velocemente nel mio raggio visivo registrando milioni di particolari in pochi istanti: studenti, volti che non conosco, operai su una scala che sistemano un lampione al fianco di un‘aiuola, un inserviente spinge cumuli di neve ai lati dei vialetti, un taxi che rallenta nei pressi del dormitorio a trentacinque metri di distanza da qui, forme e colori di ogni oggetto che il mio sguardo riesce a sfiorare più o meno consciamente.
Apparentemente, nulla di strano.
Edward, che c’è? Pensa Alice allarmata. Scuoto la testa, ma ancora non riesco a staccare lo sguardo, come se una forza sconosciuta mi attirasse prepotentemente.
Poi, il viso di Andrea mi si para davanti: «Ehi bell’addormentato! Non ho intenzione di far tardi. Sono quasi le undici.»
La osservo come se fosse un’aliena e devo avere davvero un’espressione terrificante, perché indietreggia di un passo sbilanciandosi sul gradino dietro di lei. Le afferro un braccio automaticamente un attimo prima che rotoli indietro e lei si aggrappa alla mia spalla con un movimento istintivo.
«Umh … grazie» dice un po’ confusa, trattenendo un secondo la presa su di me per riprendere stabilità.
Le lascio il braccio praticamente subito e non le rispondo nemmeno.
Mi volto e varco l’ingresso principale.



NOTA DELL’AUTRICE: Innanzitutto CALME! Il cappy non si conclude così, prevede un altro BPov, ?Pov e un EPov. Potevo mai postarveli tutti insieme? Nu, vi rispondo io. Comunque il 26 vedrà la luce a breve, promesso.
Riponete le accette e sedate i bollenti spiriti … mani mozze e arti sanguinolenti non sono previsti in questa storia XD
Alcune delle risposte ai vostri commenti sono piuttosto lunghette, anche per questo ho tagliato il cappy a metà. Inoltre è necessaria una spiegazione tecnica (servirà per il prox cap) che, me tapina, ho omesso di darvi, ma che avrei dovuto specificare. Comincio proprio da questa.

----------inizio spiegazione tecnica----------
Molti di voi si sono posti una domanda più che lecita: Ma Alice non avrebbe dovuto vedere qualcosa, sentire il battito del bambino di Bella? A maggior ragione, non avrebbe dovuto sentirlo Edward che si avvicina al letto di Bella da una settimana?
Cercherò di rispondervi in maniera chiara, però seguitemi. -.-‘
Allora normalmente il battito fetale si avverte intorno alla quarta settimana di gestazione. Le immagini del bambino e il suono del suo cuore vengono rilevati tramite un apparecchio che si chiama ecografo il cui funzionamento si basa sugli ultrasuoni.
Gli ultrasuoni sono delle onde longitudinali di piccola lunghezza d’onda e frequenza elevata, non udibili dall’orecchio umano. Diciamo udibili da un orecchio vampiro. Vengono emessi e registrati dall’ecografo. Diciamo che un vampiro è come un ecografo (ù.ù)
Mi perdoneranno gli esperti in fisica per la mia spiegazione banale, ma penso che essere più particolareggiata in questa sede non sia utile.
Gli ultrasuoni si propagano con una certa velocità, ma per farlo hanno bisogno di un mezzo (ad esempio il corpo umano). A seconda del substrato, a seconda della sua densità e delle forze di coesione delle sue molecole, ci sarà una diversa velocità di propagazione dell’onda al suo interno. C’è un parametro che si chiama Impedenza Acustica che rappresenta la resistenza intrinseca della materia ad essere attraversata dagli ultrasuoni. Essa condiziona la loro velocità di propagazione nella materia ed è direttamente proporzionale alla densità del mezzo. Diciamo che la pelle dei vampiri ha la massima impedenza acustica.
Ogni volta che gli ultrasuoni incontrano un substrato, a seconda della sua Impedenza acustica, il fascio viene in parte riflesso (torna indietro) ed in parte rifratto (cioè assorbito dai tessuti sottostanti). Il fascio riflesso viene chiamato anche eco e da origine alle immagini.
Entrando nello specifico il battito fetale viene rilevato per un effetto chiamato Doppler, per il quale servono delle frequenze moooolto minori rispetto a quelle che servono per rilevare le immagini. Per intenderci è più facile sentire il battito del bambino che vedere il pupo nel monitor.
Ora, se Edward avesse un cuore che batte e io (!!!!) mettessi una penna ecografica sul suo torace (Gesùùùùùù!!!!!!) non riuscirei a vedere o sentire nulla, perché gli ultrasuoni non passerebbero attraverso la sua pelle che ha la massima impedenza acustica. Verrebbero, cioè totalmente riflessi senza poter assolutamente penetrare. Se gli ultrasuoni non passano, non vedo perché il semplice rumore del battito prodotto dal suo cuore dovrebbe passare dall’interno del suo corpo all’esterno. Anche se avessi un superudito, non lo potrei percepire. Ma il bimbo è (teoricamente) solo mezzo vampiro, la sua pelle potrebbe avere un minore valore di impedenza acustica. Il suo cuore potrebbe sentirsi. Si, ma la placenta che accoglie il bimbo di Bella è tutta pelle di vampiro 100% original (:D). Quindi niente entra (ecografo completamente cieco) e niente esce (il battito non supera la placenta).
Dunque, se nemmeno un ecografo (per il quale si dispone di potenze molto alte) può registrare immagini o suoni provenienti dal feto (almeno ciò è quello che ricordo da BD o che io ho recepito così), nemmeno Alice e Edward sentono il terzo battito.
Questa è la mia versione e la versione ufficiale per “In the arms of the angel”.
Per i meno esigenti posso addurre una spiegazione più banale, ma forse meno soddisfacente, almeno per ciò che riguarda Alice.
Alice va al dormitorio per incontrare Bella. Non dovrebbe sentire solo un terzo battito, ma ne sente moooolti di più: quelli di tutti gli altri studenti che vivono lì. Potrebbe realizzare che un altro battito viene dall’interno della stanza. Ma perché, c’è qualche regola che impedisce ad Helèna di avere ospiti nella sua stanza? D’accordo, direte voi. Ma non vede? No, vi rispondo. Alice non vede Bella, né quello che la coinvolge. E il bimbo potrebbe anche distorcere la sua sensibilità percettiva (come veggente ad Alice vengono le emicranie) e uditiva.
Ma Edward? Non nota che ha il pancione? No, Bella ha una pancia di “quattro mesi” non una di nove e sta sotto le lenzuola raggomitolata. Avrà anche la supervista, ma non ha ancora la vista a raggi X. Ma non sente il battito? No, la versione ufficiale è quella che ho dato prima.
Spero di essere stata esauriente/convincente/verosimile.
Ovviamente mi riferisco alla mia storia e rispetto i diversi punti di vista che ho avuto modo di  apprezzare in altre ff che toccano lo stesso argomento. So che fra voi lettori ci sono persone che frequentano medicina, fatemi notare se ho scritto caSSate, plis. Io non sono un tecnico per la diagnostica delle immagini, ma sono del campo sanitario, potete anche essere più specifiche, so che ci capiremo XD

--------fine spiegazione tecnica--------


:si asciuga il sudore: Passo alle risposte ad personam, scusate per la secchezza di alcune e per i papielli di altre. Non sono indice di minore o maggiore gradevolezza da parte mia, vi assicuro.

Checca Cullen: Si prostra davanti al Rosso Montepulciano…mia cara :*** ma quale commento al vetriolo! :adora il vetriolo: GraSie cara, gentile come sempre…ma non essere blasfema…nulla è come i Cullen *.*
cloe cullen: Ciao cara! Sicchè sei una zietta a tempo pieno!!!! Bello  e lodevole da parte tua dare una mano a tua sorella :) So cosa significa accudire un bimbo piccolo (anche più di uno, in realtà :P), quindi hai tutta la mia comprensione :) Baci e grazie per la tua recensione XD
piccolinainnamora: Grazie! Sei davvero gentile a leggerti e a commentare così tanti capitoli in poco tempo. Mi spiace, ma prima di così non riesco a postare…purtroppo ho una giornata abbastanza piena e non sono ancora riuscita ad allungarla almeno a 36 ore :P Baci
garakame: Ciao, spero che “spiazzata” sia positivo :P Spero anche di riuscire a riabilitare Ed ai tuoi occhi nei prossimi capitoli. Baci :)
Confusina_94: Bacioni anche a te! Spero che la mail ti sia arrivata :)
Mirya: Ciao Mirya! Innanzitutto grazie. Per aver letto finora (spero anche poi), per aver scelto di commentare e per averlo fatto senza la dote (?, dipende dai punti di vista) della sintesi. Devo ammettere di aver dovuto leggere la tua recensione due volte. E non perché fosse poco chiara, ma perché lo è stata fin troppo. Come molte, la folgorazione da libri della Meyer mi ha scavato una voragine dentro che necessita di essere riempita di tanto in tanto e, da qui , nasce il mio modo di giocare con i suoi personaggi. Ho scelto di inserirli in questa realtà perché ho sempre pensato che fosse davvero un peccato che Bella perdesse l’esperienza del college, una di quelle che io ricordo con più piacere (leggici pure “vecchia”, se vuoi, io preferisco “vissuta”). Il carattere di questi due testoni non poteva discostarsi dai personaggi di zia Stephe. Sono suoi, in tutto. Lo prendo come un complimento il fatto che nella mia storia rimangano infantili e insicuri così come zia Stephe l’ha dipinti. Entrambi. Sono due adolescenti (Edward forse più di Bella, perché era un adolescente della prima metà del 1900 e si ritrova a fare i conti con l’amore per la prima volta dopo 100 anni in una realtà totalmente diversa. Nel suo tempo sarebbe già stato uomo, ma in quello di Bella, dove tutto è accelerato, lo potremo definire inesperto) che dell’amore non sanno nulla, che commettono cose meravigliose come gli errori e i gesti istintivi, un po’ plateali se vogliamo, ma totalmente esenti dal vizio della maturità. Certo che non sono maturi. Se lo fossero stati non sarebbe in questa sezione che avrei postato questa fic. Probabilmente non sarebbe stata nemmeno questa la storia. Ma, ti dirò, non ci trovo nulla di male. Al contrario. La dolce impulsività dei personaggi, le loro debolezze, i loro difetti, parlano di un’innocenza che appartiene a loro e (ahimè) non a NOI. L’analisi che hai fatto è sicuramente accurata ed esatta. Loro non sanno amare. Almeno non ancora. Io ho cominciato a farlo solo da poco (non siamo vecchie cara, anche io ho passato la trentina, diciamo che siamo un po’ più …”vissute”?! Ecco ;) ). E non me ne faccio una colpa se tante (ma davvero TANTE) volte ho amato egoisticamente, ho fatto delle caHate che a ripensarci me faccio più rossa di un gambero, ho elemosinato un gesto d’amore o una carezza. Per cominciare ad imparare ad amare io sono passata attraverso un lavoro davvero duro di consapevolezza di me stessa. Come Bella, io sono stata insicura, debole, succube. E ho amato anche chi non l’avrebbe in realtà meritato. Ma uno non può amare solo i meritevoli, gli altruisti e i buoni. Quella sì che è fortuna sfacciata. Anche se Edward non è il paladino, non credo che Bella lo ami solo perché è figo. Ma credo che sì, lo ami. E  che il suo amore sia distorto dall’insicurezza per se stessa. E’ probabile che Edward, anziché aiutarla nell’accettazione di sé, agisca in senso contrario, ma chi non l’ha mai fatto? Io almeno un centinaio di volte. Ho pensato di far bene, secondo il mio metro di giudizio, peccando di arroganza (spero di non andare all’inferno!), ma spesso ho cercato di far valere il mio pensiero su quello altrui. Che abbia sbagliato, è stato anche vero, ma non sempre. Ma io ho più di trent’anni. Non meno di 20. Alla loro età, mi era concesso di poter “sbagliare” in quel modo, non vedo perché dovrei affermare che il loro è un errore. Per come la vedo io è un’esperienza.
E’ attraverso esperienze come queste che oggi io la penso come te.
Edward che ritiene che l’umanità di Bella sia uno svantaggio, scusami, ma non lo condivido. Non mi pare di aver mai scritto nemmeno un rigo in tal senso. Se ho lasciato intendere una cosa del genere mi scuso formalmente, perché non era intenzionale. Io penso che sia stupendo il modo in cui in ogni istante lui lotti con se stesso proprio nella speranza di preservare l’umanità di Bella. Sarà insicuro, sarà un cretino egoista, un ignorante del comportamento umano (e di sua moglie in particolare), ma lasciare il campo a chi potrebbe conservare quella stessa umanità di cui sopra, farsi da parte, pur desiderando ancora EGOISTICAMENTE la sua donna, cercare di liberarla da quello che –lui crede – sia il senso di colpa per dovergli rivelare di volere un altro … scusami di nuovo, ma io qui ci vedo dell’altruismo. E ci vedo amore.
Edward è “magnificamente imperfetto”. Ed è un personaggio carismatico, affascinante e coinvolgente proprio perché nonostante i suoi 100 anni, nonostante la sua bellezza, nonostante tutta la sua “fighezza” (concedimi l’espressione orrenda) è proprio pieno di tutti i difetti di ogni uomo, se non qualcuno in più anche. E non credo affatto che l’avrei adorato se, invece di dire a Bella:«Odiami. E sii felice», avesse detto:«Tesoro, potresti, per favore, spiegarmi il motivo per cui le tue labbra erano vicine a quelle del tuo professore?»
Se agiscono d’impulso, sbagliano, si feriscono, si tendono fin quasi a spezzarsi e tuttavia stanno ancora insieme, si cercano, si pensano … qui, di nuovo, io ci vedo amore.
Cito: “... reale capacità di comprendersi, accettarsi nei difetti, ascoltarsi nei momenti bui, starsi accanto in modo complementare. Niente di perfetto, ma qualcosa di meravigliosamente imperfetto.”
Cara, carissima Mirya … non mi sembra che si possa aspirare a qualcosa del genere senza dire di tendere alla perfezione. Non è assolutamente “meravigliosamente imperfetto”. E’ per questo, per la tua visione matura dell’amore che non puoi fare a meno di giudicare i nostri due giovani eroi. Perché loro sbagliano. Mentre secondo te non dovrebbero. Ma loro hanno 18-20 anni. NOI ne abbiamo qualcuno in più.
NOI abbiamo vissuto una delle esperienze più sconvolgenti e nello stesso tempo più responsabilizzanti della vita: diventare madri. Da qui “reale capacità di comprendersi, accettarsi nei difetti, ascoltarsi nei momenti bui, starsi accanto in modo complementare” assume un senso e un significato davvero importante. E’ giusto ed io la penso come te. Ma non è questo il metro di giudizio che devi usare con quei due là (i nostri giovani eroi).
Sii indulgente nei loro confronti.
Loro non sanno ancora amarsi … e sarà bello per NOI poter assistere alla loro evoluzione, alla loro crescita, al raggiungimento della loro consapevolezza e del loro essere “una per l’altro”. Ci sto lavorando. La storia non è ancora finita. Se è vero che nella vita si sbaglia, è anche vero che è bello poter dare a volte un’altra possibilità. Nella mia storia, loro l’avranno.
Da inguaribile romantica quale sono io (e spero sarò sempre), ti dico che l’amaro in bocca ci vuole. Serve per assaporare con più gusto il dolce.
E se anche loro (o adesso stiamo parlando di NOI?) un giorno dovessero ri-ferirsi, pensi che solo per questo motivo possiamo dire che non c’è stato il lieto fine?
Io penso di no. E, poi, a me la parola FINE non m’è mai piaciuta.
Per quanto riguarda il tuo piccolo dubbio sulla gravidanza, ho dato la spiegazione nelle note generali.
Ti faccio i miei auguri per il recente acquisto della tua famiglia. So cosa significa scrivere e ritagliarsi uno spazio in queste circostanze, io per altro ho già bissato, quindi, posso capirti ancora di più.
Grazie dei pensieri che hai voluto condividere con me. Spero di essere riuscita a chiarire  come il mio intento non sia stato quello di smantellare la tua recensione, ma piuttosto di darti la soddisfazione che meriti per aver impiegato un po’ del tuo tempo a leggere e commentare il frutto del mio cervellino allucinato.
Ti saluto con affetto :)
LOVA: E sì, in effetti Edward è un po’ teatrale… e non hai ancora visto niente…! Baci XD
Mgt88: mmmm GRAZIE XDDDD!! Ma niente rigiri, solo puro SADISMO 100% XD
SweetCherry: Grazie, soprattutto per il fatto che cerchi di non chiedermi quando posto -.-‘ Io per prima vorrei essere più veloce, ma se vedeste in che condizioni scrivo, mi direste” Cara M.Luisa, ma chi caSSo te lo fa fare?” Faccio del mio meglio, e so che lo sapete *.* Grazie ancora, baci
angteen: GraSie cara, gongolo quando siete così “ripetitive” XD Bacioni
harley1958: Ciao cara, ma Ed se n’è accorto che Bella è anemica e che i suoi globuli bianchi sono alle stelle…è che non sa il motivo…inoltre non ha ancora incontrato Helèna da quando quest’ultima ha saputo che Bella è incinta XD Baci
grepattz: Alice merita un premio…Jazz tutto infiocchettato nel suo letto (o pavimento o quello che vogliono loro…) !! Baci cara XD
LittleCullen: Francesca carissima XD Nella nota generale ho cercato di dare risposta anche alle tue perplessità. Spero di essere stata chiara. Sono nel campo sanitario, sì. Ma non volevo essere troppo tecnica, spero di essermi riuscita a spiegare abbastanza. Se hai altre perplessità chiedi pure. XD
piemme Grazie davvero :ditini:  Continua a seguirmi, fra poco ci saranno novità succulente…XD
arual93: E anche qui siamo un po’ di passaggio…l’azione ci sarà. Presto. Promesso XD
superlettrice: Sei siciliana!!!! Dimmi di sì, la mia nonna è di Messina e io adoro la Sicilia e i siciliani XDDD Per i tuoi dubbi…ne ho risolti un po’ nelle note generali?
keska: Cherì *.* Siamo rovinate…speriamo in un ospedale per veder comparire Carlisle con il camice svolazzante…povere noi! E, sì Alice è stata grande e Jazz…mmmm è il mio punto debole, lo ammetto XD Bacioni mia adorata :)
ginny89potter: Sicura sicura che non si può scendere più in giù, Martina? O.o Mi affido alla tua fantasia…so che non mi deluderai XD. Grazie delle tue minacce su twitter…ma mi cogli sempre all’ora de pranzo o cena, quando sto a magnà!!! Non riesco mai a replicare. Io c’ho famiglia, nun te scordare questo particolare :))) Prima o poi ti becco, non dubitare XD
kikkikikki: Grazie tesora!!! Sei quasi più cattiva di me…:) Quasi. Aspetta e vedrai :si sfrega le mani: nei prox capitoli ho in mente delle kikke (!) davvero terrificanti Mhuahuahauhauah
VampGirl: Irina, Bella l’abbiamo fatta uscire, anche se era meglio che se ne restava in camera, no?! Il capitolo non si conclude così, il prossimo spiega di più. Grazie per i complimenti *.*
mine: Grazie :si commuove: gongolo compulsivamente quando dici che sei stata felice di vedere il mio aggiornamento. Thanks XDD Cattivella anche tu, eh?
rodney: BHUAUAUAUAUAUAHUAHUAHAUAH il paladino senza cavallo!! :rido fino al 2999: Simona tu mi farai scoppiare qualche capillare nel cervellino allucinato… Bella diventerà una battona e Edward una draquine XD
sily85: tesoro…vi stavo facendo perdere il sonno con il teaser…però siete state brave, bravissime! Le mie feste sono andate bene…stancanti, ma serene. Grazie mia cara e  un bacione con schiocco *.*
tsukinoshippo:  Che dire, mi fai diventere di tutte le sfumature dell’arcobaleno con i tuoi complimenti. Grazie Cam (:***) sei la mia spalla su cui mi poggio nei momenti difficili e non. Che potrei dirti? Ogni tuo commento è così preciso, chiaro…Concordo su Jazz, lo ammetto, dopo Ed è il mio preferito. E ti spoilero che avrà una parte nel prossimo capitolo. Ora mi fermo, sennò ti mando anche quello e allora mi bannerai dalla tua rubrica mail! A presto Baci *.*
alicecullen_robert:  Oh grazie mia cara! La recensione più lunga per me!!! Spero di non deluderti per i prossimi capitoli, perché, purtroppo, la mia mente allucinata funziona in modo un po’ contorto e non seguo mai dei fili convenzionali…Baci XD
yle94:  nu, ci vuole ancora un pochetto affinchè si sistemi qualcosina… Bacioni XD
lisa76: mmmmm calma e sangue freddo. Se non fosse così, la parola The end già l’avrei messa assieme al fiocco (rosa o blu?) Baci XD
Piccola Ketty: Nuuuu non come Beautiful!!! Da quando ho cominciato ad avere un po’ di sale in zucca non l’ho più visto…spero che non farete la stessa cosa anche voi con la mia ff!!!! Baci cara *.*
erika1975: Yes… “l’amore è irrazionale. Più ami qualcuno, più perdi il senso delle cose” … credo calzi a pennello, zìzì. Baci XD



Il teaser … :si nasconde: era la pecora Dolly ---> Dolly’s negozio in cui si recono Bella e Helèna. Lo so,mi state bestemmiando in sanscrito -.-

Detto ciò, piccola comunicazione di servizio a cui penso sia giusto mettervi al corrente. Sto scrivendo il continuo della OS “Una sera, per caso…”. Purtroppo questo significa che ho meno tempo e devo sacrificare qualcosa. Non riuscirò a rispondere sempre alle vostre meravigliose recensioni, lo farò più saltuariamente, ma mi sembra corretto informarvi.
Altra comunicazione (ma quanto rompi oggi!!): è nato un blog mooolto carino e ben fatto. Vengono segnalate le ff che gli stessi lettori ritengono più interessanti. Dateci un’occhiata e commentate! Le ragazze che lo curano sono molto in gamba e serie. Qui il link.  
 

Credo che sia tutto. :coro di ola da parte dei lettori:
Grazie
M.Luisa





   
 
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