La seconda parte... e questa volta avete veramente un'opportunità di capirla! Perché adesso ho qualcuna che corregge la storia: Alchimista (che deve davvero essere un genio)! Mille, mille grazie! E anche grazie per le recensioni e a quelli che continuamo a leggere!
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Don guardò la cornetta. Il suo
sguardo era fisso, sia per l’incredulità, sia per la rabbia. Charlie aveva
riattaccato. Aveva davvero riattaccato, mentre Don stava parlando! Don non
riusciva a credere che lui e Charlie avessero davvero avuto la stessa
educazione; un’educazione nella quale la dimestichezza cortese con i propri
prossimi aveva rivestito un ruolo considerevole.
Va bene, anche lui era un po’
brusco qualche volta, ma sapeva sempre quali erano i limiti. E anche Charlie
avrebbe dovuto abituarsi! E inoltre, la furia di Don era giustificata! Charlie
non aveva alcun diritto di scaricarlo in quel modo! Era importante, avevano
bisogno di lui!
Don fece una smorfia. Capì che,
secondo le strategie dei rapporti fra persone, non era intelligente litigare
con qualcuno di cui si voleva l’aiuto. Non gli sarebbe mai successo in una
stanza d’interrogatorio, ma qualche volta suo fratello aveva la caratteristica nerboruta
di spiazzarlo completamente.
Nonostante tutto, Don era sicuro
di una cosa: Charlie non poteva scaricarlo così. Dopo tutto l’FBI lo pagava per
i casi sui cui lavorava per loro. D’accordo, non era impiegato
consistentemente, ma in ogni caso… e poi Charlie non poteva trattare così suo
fratello maggiore!
Don premette con forza il tasto della ripetizione automatica
e aspettò finche il segnale della linea libera finì e suo fratello rispose. Ma Charlie
non rispose.
Riagganciò violentemente la cornetta sulla base. Ci
sarebbero delle conseguenze per questa sua mancanza d’educazione; Charlie
poteva giurarci. Quando gli telefonava per una cosa così importante, Charlie
non poteva semplicemente fare il bambino ostinato.
Una frase che suo padre gli aveva detto troppo spesso e che qualche volta gli
rimbombava nella testa, anche se Alan non era con lui, gli venne in mente: Charlie
non è uno dei tuoi agenti e tu lo sai…
Certo che Don lo sapeva! Charlie era suo fratello: questo era il problema!
Semplicemente non lo considerava tanto importante da seguire le sue
“istruzioni”! Don non aveva nessun’autorità, nessun impatto su di lui! Charlie
pensava di poter concedersi tutto! Ma non poteva.
«E Charlie, viene?».
Don si voltò. Dietro di lui c’era Megan che lo guardava
piena d’attesa. Don riuscì scarsamente a trasformare il suo rabbuffare furioso in
uno sbuffo.
«Cosa c’è?» chiese Megan, mentre una ruga le attraversava
la fronte. Normalmente, sarebbe potuta sembrare ansiosa, ma il recente stress
nell’ufficio aveva avuto qualche influsso anche su lei e c’era senza un dubbio
una nota d’impazienza nella sua voce.
«Fra due ore. Viene fra due ore perché ha una lezione importantissima» Don
ripeté le parole di suo fratello quasi con la stessa causticità.
«Va bene. Allora qual è il problema?».
«Il problema?! Qual è problema?! Gli ho detto di venire e lui se n’è fregato!».
«Come ”se n’è fregato”? Viene, o no?».
«Sì, ma non adesso!».
«Beh, ma è normale; voglio dire, è il suo lavoro tenere quelle lezioni».
Velocemente Don tornò in se. Non voleva dire nulla che mostrasse
troppo i suoi
sentimenti, soprattutto ad una psicoanalista, ma alla fine lo disse lo
stesso. «Però sarebbe venuto immediatamente per la
NSA».
«Sì, ma la NSA non è il FBI. E poi, la NSA avrebbe chiesto l’aiuto di Charlie
solo in un caso veramente importante».
«E il nostro cadavere sparito non è importante?»
«Certo che lo è. Ma devi anche ammettere che ti arroghi l’aiuto di Charlie più
spesso di tutti gli altri uffici d’investigazione».
«Questo non c’entra nulla! La causa di tutto è che io sono il fratello di
Charlie. Lui semplicemente pensa che possa concedersi tutto con me, nonostante
io sia il capo!»
Megan rise lievemente. Don la fissò. Cosa poteva esserci di così divertente?
«Cosa c’è?» volle sapere confuso.
«Dai, Don, non puoi credere seriamente che Charlie pensi di potersi concedere
tutto! Al contrario, quando lavora per te, tenta di farlo in modo perfetto».
«Ah sì?» borbottò Don. Rifletté brevemente sulla verità delle parole di Megan,
ma non aveva alcuna voglia di lasciar smontare la sua rabbia tanto facilmente.
«Continuiamo a controllare le targhe, ora?» lo incalzò Megan e non sembrava
affatto essere una domanda.
«Se Charlie venisse qui…».
«Ma lasciamo perdere, Don! Siamo tutti di cattivo umore; non c’è bisogno che ci
saltiamo anche addosso l’uno all’altro».
Accidenti, aveva ancora ragione. Possibile che tutto il
mondo stava congiurando contro di lui? Il loro capo gli aveva dato un caso
faticoso e difficile: un cadavere scomparso. Significava che anche questa volta
erano arrivati troppo tardi per fare la differenza. Don si era già chiesto più
volte se il loro superiore l’avesse fatto per punirli. Il loro caso precedente
era stato un completo disastro: un bambino sequestrato, due indiziati contro i
quali – anche con l’aiuto di Charlie – non avevano potuto provare nulla, i
genitori che erano andati dalla polizia troppo tardi e alla fine un cadavere
che era stato portato via in una bara piccola piccola.
In cuor suo Don sapeva che in realtà la morte del bambino sequestrato non era
colpa loro, ma cosa cambiava? Non erano stati capaci di salvarlo; questa era l’unica
cosa importante. E adesso dovevano cercare cadaveri perché un tipo fosse
catturato e una donna potesse seppellire suo marito. C’era un senso in tutto
questo? E per completare il tutto, la settimana scorsa Terry gli aveva mandato
un invito per il suo matrimonio. In qualche modo era finito nelle mani di Alan
e quella mattina durante la colazione – Don lo aveva sempre saputo che era
stata un’idea folle quella di passare la notte da Charlie – il padre lo aveva
stressato con il solito discorso sul fatto che desiderava finalmente dei
nipotini.
E come se tutto questo non fosse ancora abbastanza, fuori
stava piovendo. Un’altra forza che aveva congiurato contro lui. E adesso ci si
metteva anche Charlie a scocciarlo. La situazione non sarebbe potuta essere peggiore.
Ma Don si sbagliava.