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Autore: DarkButterfly    15/01/2010    4 recensioni
Quella notte fummo uniti come mai prima, le nostre anime erano una soltanto, mescolate per l'eternità e io capii che, per quanto lontano fossi stato, il mio cuore sarebbe sempre rimasto con lei. Mai e poi mai avrei potuto riprenderlo in mio possesso, nè desideravo che una cosa del genere accadesse. I pensieri di Ren quando si trova di fronte alla scelta più difficile della sua vita: inseguire il successo o restare con Nana? Ringrazio tutti gli eventuali lettori e commentatori :-). P.s. Se non vi piace non sprecatevi con le critiche, farò di tutto per migliorare :-)
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nana Osaki, Ren Honjo
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il sogno di ogni individuo che, come il sottoscritto, non ha mai avuto dei genitori è quello di creare attorno a sè un ambiente familiare caldo e accogliente, quasi a voler cancellare la fottuta mancanza di quest'ultimo durante l'infanzia. O almeno questo è ciò che vi diranno fior di psicologi e sociologi strapagati per sparare cazzate l'intera giornata.

L'idea di sposarmi e di mettere al mondo una stirpe di bastardelli che portassero il cognome Honjo non aveva mai nemmeno sfiorato fino al giorno in cui conobbi Nana.

La mia confidente, l'unica in grado di comprendere la mia sofferenza e le mie paure.

La mia compagna, l'unica in grado di colmare i vuoti a cui non sapevo dare un nome.

La mia amante, l'unica che non soltanto possedeva il mio corpo, ma anche il mio cuore.

Lei era a quel concerto, completamente immobile di fronte al palco mentre la folla attorno a lei pogava al ritmo frenetico della nostra musica. I suoi occhi si erano incatenati ai miei per tutta la durata dell'esibizione, e, dal primo momento in cui i nostri sguardi si incontrarono per la prima volta capii che non avrei avuto pace finché lei non fosse stata mia. Mia soltanto.

La prima volta che le nostre labbra si sfiorarono sentii brividi di eccitazione corrermi lungo la spina dorsale. Mai un bacio mi aveva regalato una tale scarica di adrenalina.

La prima volta che la vidi nuda seppi che non avrei più potuto desiderare il corpo di un'altra donna.

Era così minuta e fragile mentre si spogliava, goffa e impacciata, terrorizzata all'idea che io potessi rifiutarla. Non aveva capito che non avrei mai potuto.

Mentre facevamo l'amore i nostri corpi sembravano combaciare perfettamente, come se si fossero formati apposta per questo. Per unirsi. Era la prima volta che mi preoccupavo più per la mia partner che per me stesso. Le donne che erano venute prima di Nana erano soltanto un mezzo per sfogare il mio personale piacere, erano soltanto bambole di carne facili da rimorchiare, ma alle quali non avrei permesso per alcun motivo di dormire nel mio letto. Nella mia tana.

Dopo aver fatto l'amore Nana si era addormentata con la testa reclinata sul mio petto, ascoltava il battito regolare del mio cuore. La vita non mi era mai parsa tanto rosea.

Avevamo tutto. Eravamo giovani, pieni di talento, facevamo ciò che ci andava e vivevamo una storia d'amore tanto idilliaca da far invidia a tutte le maledette principesse delle fiabe.

Poi un giorno accadde.

Quando meno me l'aspettavo ricevetti la proposta che mi avrebbe cambiato la vita.


Il trapanante suono del telefono che squillava rimbombava tra le pareti vuote della casa. Ren si rigirò nel letto, riempiendosi i polmoni dell'odore di Nana, che ancora permeava tra le lenzuola ormai fredde.

Sapeva di essere solo in casa poichè la sua ragazza era andata a lavoro, ma contava che chiunque avesse chiamato avrebbe desistito se nessuno avesse risposto. Così fu.

Dopo il quinto squillo finalmente tutto tacque... Se non che, meno di dieci minuti più tardi, il trillare isterico del campanello giunse a turbare ancora una volta il riposo dell'uomo.

Ren si arrese. Evidentemente qualche divinità lassù in Cielo aveva deciso che quella mattina non avrebbe potuto rimanere nel letto ad oziare fino all'ora di pranzo. Gettò le lenzuola ai piedi del letto e saltellò dentro un paio di jeans logori, andando ad aprire la porta a petto nudo.

Di fronte a lui si trovò Takumi, con i suoi vestiti eleganti e i lunghi capelli corvini che gli incorniciavano il volto scarno e seducente.

<< Ti pare ora di venire a scassare le palle? >> Ringhiò nervosamente.

Non che Takumi lo infastidisse, ma nessuno poteva permettersi di interrompere le sue mattinate di cazzeggio alle... Mezzogiorno e mezza. Ok, per un comune lavoratore era quasi ora di pranzo, ma per uno che era abituato a far baldoria fino alle 3 passate era a malapena l'alba.

<< Buongiorno, Ren. E' un piacere vederti, come stai? >> Replicò Takumi senza curarsi del tono ben poco amichevole dell'altro musicista.

<< Spero che tu sia venuto qui per dirmi qualcosa di importante... Perchè se sei venuto soltanto per fare conversazione giuro che ti pesto talmente a sangue che ti toccherà uscire di qui strisciando! >> Replicò scherzosamente Ren aggitando un pugno di fronte agli occhiali da sole del ragazzo.

<< I Trapnest stanno per sfondare, Ren. E vogliamo che tu ritorni a far parte della band. >> Takumi si sfilò gli occhiali e piantò i suoi occhi grigi come il mare durante la tempesta negli occhi scuri di Ren. Con quelle parole sapeva di aver catturato la sua attenzione.

Nulla avrebbe potuto stimolare Ren quanto la promessa di fama.

<< Io ho un'altra band, Takumi. >> Replicò l'altro. Senza riuscire, tuttavia, a celare il proprio interesse fino in fondo.

<< Guarda in faccia la realtà, Ren. I Blast non sono destinati al successo, non sono male, ma non hanno nulla di speciale rispetto alle altre band del paese... >> Takumi indugiò qualche secondo prima di prendere il pacchetto di sigarette dalla tasca dei jeans e di portarsi una Gitanes alle labbra ed accenderla. I suoi occhi penetrandi erano ancora fissi in quelli di Ren.

<< Devi soltanto capire a cosa tieni di più, >> Proseguì, mentre una densa spirale di fumo gli scivolava fuori dalla sottile linea delle labbra << se alla fama, o all'amore. >>.


Soltanto un anno prima avrei dato un rene, un polmone, ¾ di fegato e almeno 3 litri di sangue in cambio dell'opportunità di diventare famoso. Ma in quel momento la sola idea mi strappava il cuore dal petto e lo riduceva a brandelli come un pezzo di carta straccia.

Come potevo rinunciare all'occasione di trasferirmi a Tokyo e di diventare un bassista di fama nazionale? Ma, allo stesso tempo, come potevo rinunciare a Nana?

Grazie a lei avevo scoperto l'Amore, quello vero, che ti fa dimenticare te stesso e ti fa sfiorare il paradiso con la punta delle dita anche quando in realtà sei costretto a vivere nel fango, a lottare strenuamente per sopravvivere in una società di bigotti e teste di cazzo che ti guardano come se fossi un deviato soltanto perchè non indossi giacca e cravatta e a 20 anni ancora non hai chiuso i tuoi sogni a doppia mandata in un cassetto e hai gettato via la chiave in fondo all'oceano, dove è impossibile recuperarla.

Tuttavia era stata la mia fame di successo a spingermi ad andare avanti fino a quel momento: non fosse stato per la mia ambizione probabilmente ora sarei soltanto uno sfigato commesso di supermarket pronto al suicidio prima dei 30 anni.

Restare o partire? Nana o il successo?

La sola idea di far soffrire Nana mi faceva soffocare. Il dolore che avrei causato a lei si sarebbe riversato su di me in maniera mille volte più devastante, perchè quando ami è così: il dolore dell'altro è il tuo stesso dolore.

Ne parlai con Yasu, il mio unico confidente in quel momento. Ma neppure lui mi fu d'aiuto. Purtroppo in quella scelta ero solo. Completamente solo. Come ero stato per gran parte della mia vita.

Nonostante amassi Nana con tutto me stesso capii che un giorno tra noi due sarebbe potuta finire. Appartenevamo l'uno all'altra, ma chi poteva dire se sarebbe stato così per sempre?

Al contrario il sogno che inseguivo sin dall'infanzia, quello di diventare una star, non mi avrebbe mai voltato alle spalle. Non mi sarei mai pentito di averci provato, al contrario, se avessi gettato la spugna l'avrei potuto rimpiangere per sempre.

Così quella sera suonai per l'ultima volta con i Blast.

Nessuno sapeva che quello sarebbe stato il mio ultimo concerto. Nessuno, eccetto Yasu.

Festeggiammo come se nulla fosse. Come se quello fosse soltanto l'ennesimo concerto, come se fossimo pronti ad affrontarne altri mille tutti assieme.

A tarda notte, dopo essere stati buttati fuori dal locale, con un Nobu completamente sbronzo ed una Nana assolutamente elettrizzata per l'inatteso successo della serata, ci avviammo a casa.

Ogni passo che mi portava più vicino ai magazzini del porto tirava il nodo scorsoio che circondava il mio cuore, strozzandolo con una crudeltà bestiale.

Avrei voluto dire a Nana tutta la verità immediatamente, ma non appena aprimmo la porta lei addentò le mie labbra in un'esplosione passionale, e mi guidò verso la nostra camera da letto con le armi sottile che solamente una donna seducente può sfruttare. Per nulla al mondo avrei potuto rinunciare al suo corpo. Fu l'ultima volta che facemmo l'amore.

Quella notte fummo uniti come mai prima, le nostre anime erano una soltanto, mescolate per l'eternità e io capii che, per quanto lontano fossi stato, il mio cuore sarebbe sempre rimasto con lei. Mai e poi mai avrei potuto riprenderlo in mio possesso, nè desideravo che una cosa del genere accadesse.

Improvvisamente parlai, ero steso sopra di lei e le stavo baciando il collo. Parlai.

<< Nana... Io andrò a Tokyo. >> Le parole mi uscirono con una facilità sconcertante.

Gli occhi di Nana si spalancarono, facendola assomigliare ad un cerbiatto spaurito.

<< ... Sentiti libera di vivere come preferisci... >> Conclusi, lasciando che le mie labbra scivolassero, soffici, sul suo collo pallido e costellato da piccole macchie violacee, i segni della mia bocca. Amavo aspirare la sua pelle profumata.

Le sue dita affusolate improvvisamente affondarono nella pelle tesa della mia schiena e i nostri sguardi s'incrociarono. Ciò che vidi mi spezzò il cuore.

I suoi occhi erano ancora spalancati e lucidi di lacrime che non avrebbero tardato a scendere. In quel momento mi resi conto che avrei desiderato che lei mi dicesse di restare. Una sua parola sarebbe stata sufficiente, e io avrei rinunciato a tutto. Ma lei rimase in silenzio.

Non mi sorprese. Sapevo che Nana era decisamente troppo orgogliosa per abbassarsi a supplicarmi di rimanere, e anche troppo orgogliosa per seguirmi e sottomettersi come una brava mogliettina succube che aspetta il marito a casa cucinando, mettendo in ordine e allevando due o tre marmocchi. Non l'avrei amata se il suo temperamento fosse stato così facile da domare.

Rimanemmo assieme fino al giorno in cui me ne andai, fingendo di essere ancora felici. Fingendo che la separazione non ci stesse disgregando all'interno.

Ma dietro quella facciata spensierata, della nostra meravigliosa storia d'amore non rimanevano altro che macerie. Era finita.

Sapevo che non avrei mai potuto amare nessuno quanto avevo amato Nana.

Sapevo che stavo buttando nel cesso il dono più meraviglioso che la vita mi avesse mai fatto: quello che mi ripagava di tutte le altre sventure.

Ma ormai era troppo tardi.

All'epoca non ero abbastanza maturo per prendere quella decisione, e avevo perso la persona più importante della mia vita senza nemmeno capire quanto fosse essenziale la sua presenza. Non lo capii finché non rimasi solo. Avevo perso il mio angelo.

  
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