australia4
“Abel! Abel...”
Georgie non aveva ancora preso
conoscenza dopo essere svenuta e nel sonno delirava, chiamando di
continuo il nome di Abel. Gerald era accanto a lei e la vegliava, dopo
essersi preso cura sia di Abel che di Arthur.
Il medico era passato a visitare
entrambi i fratelli ed ora uno dormiva tranquillo, l'altro si stava
recando nella stanza di Georgie.
“Non si è ancora svegliata?”
“No, Arthur. Sta sicuramente
avendo degli incubi, non fa altro che ripetere il nome di tuo fratello
ed è fradicia di sudore.”
“Poverina, se almeno si svegliasse, potremmo dirle che Abel sta bene.”
“Già, speriamo che...Georgie!”
Un urlo di terrore e Georgie si
trovò seduta sul letto, con gli occhi spalancati e ansimante. Si
guardò intorno e riconobbe suo padre ed Arthur.
“Papà, Arthur, cosa è successo?”
“Georgie, bambina. Hai urlato così forte che ti sei svegliata. Cosa stavi sognando?”
“Non so...era tutto confuso.
Vedevo Abel, cercavo di raggiungerlo ma lui fuggiva via e poi tutto ad
un tratto è caduto da un precipizio e io mi sono messa a gridare
e...papà! Abel è caduto davvero, me lo ricordo! Abel,
Abel!!!”
Fece per alzarsi, voleva correre da Abel e Gerald cercò di fermarla, aiutato da Arthur.
“Aspetta Georgie, prima lascia che ti raccontiamo cosa è successo!”
“No, voglio andare da lui, lasciatemi!!!”
“Georgie, calmati. Tuo padre ha ragione, aspetta un attimo.”
“NO!”, urlò Georgie
tra le lacrime “volete solo indorarmi la pillola, lo so che
è successo qualcosa di grave! Abel! Fatemelo vedere, vi
prego!!!”
Arthur la strinse a se e le parlò con dolcezza, sperando si calmasse.
“Georgie, credimi, Abel sta bene.”
La sorella alzò lo sguardo e piantò i suoi grandi occhioni verdi direttamente in quelli azzurri del fratello.
“Davvero?”
“Si, davvero. Beh, è un
po' malconcio, ma sta bene. Non è lui quello che è caduto
dalla torre. Era Irwin.”
Il viso di Georgie si illuminò con un sorriso.
“Abel però è stato
ferito”, continuò suo padre, “ma non è grave.
Un paio di giorni di riposo e si riprenderà.”
Georgie spostava lo sguardo da uno
all'altro, temendo di scovare minimo segnale che le dimostrasse che le
stavano mentendo, ma non riusciva a trovarlo.
“Siete sinceri? Non...non...mi state mentendo, vero?”
“No, stai tranquilla. Credi che se fosse successo qualcosa a mio fratello starei cosi?”
Georgie si sentì improvvisamente sciocca ed egoista.
“E' vero, Arthur. Scusami. Abel
è tuo fratello e io ho pensato solo a me stessa, ai miei
sentimenti. Ti prego, perdonami”, gli disse abbassando lo
sguardo, piena di vergogna.
“Non ti preoccupare. Dai, andiamo da lui. Non vuoi vederlo?”
“SI!”, poi si accorse di averlo quasi gridato.
“Sì...scusatemi...sì, certo che voglio vederlo”
Le si strinse il cuore quando lo vide
addormentato in quel letto, ma si tranquillizzò quando si
accorse che dormiva sereno, sul suo viso non c'era nessuna smorfia di
dolore. Il dottore lo aveva medicato, gli aveva fatto una fasciatura
che lo avvolgeva sul fianco e Georgie chiese come fosse stato ferito.
“E' stato Irwin. Prima di essere
spinto giù dalla torre ha sparato e il colpo ha preso di
striscio Abel al fianco. E' una ferita superficiale, stai tranquilla.
Ha solo bisogno di un po' di riposo e nulla più.”
Georgie annuì, capendo solo
all'improvviso quello che Arthur le aveva appena raccontato. Si
voltò di scatto abbracciando il fratello.
“Arthur! Ma allora è
finita! Sei finalmente libero! E' stupendo, i Dangering sono fuori
dalla nostra vita e se Irwin è morto non ci sarà nessun
processo e allora...”
Si accorse che Arthur stava impallidendo e iniziava a tremare.
“Arthur...cosa succede?”
“Georgie, lascia stare Arthur,
ha solo bisogno di calmarsi e ricordargli Irwin non è il modo
migliore”, intervenne Gerald.
Un po' perplessa, e intuendo che c'era
dell'altro, Georgie diede retta a suo padre e tornò vicino ad
Abel, si sedette sul bordo del letto e rimase incantata a guardarlo.
Dormiva profondamente e Georgie non
riusciva a staccare gli occhi da lui. Osservava il suo viso, rilassato,
con le labbra leggermente socchiuse e si sentì invadere
dall'irrefrenabile bisogno di baciare quelle labbra. Era successo una
volta sola e ancora si chiedeva perché quel bacio lei non era
riuscita a respingerlo. Guardò i suoi occhi chiusi, sapendo
esattamente che tonalità di blu avessero, guardò le
lunghe ciglia nere che li adornavano e pregò che non si
aprissero in quel momento, o lei gli si sarebbe gettata tra le braccia.
Scese con lo sguardo fino alle spalle,
al torso nudo, ai fianchi stretti dalla fasciatura e si sorprese di
scoprire un corpo così bello, forte, non eccessivamente
muscoloso ma sicuramente modellato dal duro lavoro nei campi prima e
sulle navi poi. Ricordava perfettamente cosa volesse dire essere
stretta da quelle braccia, appoggiare la guancia su quel petto,
conosceva con esattezza il profumo della pelle di Abel ed era sicura
che lo avrebbe riconosciuto anche se l'avessero bendata. Senza
rendersene conto il suo pensiero cominciò a vagare su terreni
ancora sconosciuti nella realtà, ma sognati e risognati una
miriade di volte da quando aveva capito di amare Abel. Aveva la
tentazione di accarezzare quel collo, quel petto, stringerlo a
sé e farsi stringere, voleva sapere che effetto faceva sentirsi
pelle a pelle e finalmente ammise a se stessa che desiderava
appartenergli in tutto e per tutto. Gli prese una mano, cominciò
lentamente ad accarezzargli il braccio e si chinò a dargli un
leggero bacio sulla guancia.
“Dormi e riposati, Abel. Quando
ti sveglierai io sarò al tuo fianco, e non me ne andrò
più, te lo prometto”.
Gerald e Arthur osservavano la scena
incantati ed imbarazzati al tempo stesso, Georgie si era palesemente
dimenticata della loro presenza nella stanza, presa com'era da Abel,
così il conte fece un cenno ad Arthur e uscirono, era evidente
che fosse meglio lasciarli da soli.
Georgie andò a prendere un
abito che doveva finire per Emma, tornò da Abel e si mise a
cucire in attesa del momento del suo risveglio, momento che avvenne ore
dopo e al quale era presente anche Arthur, che ogni tanto faceva
capolino per vedere le condizioni del fratello.
Georgie non si accorse subito che Abel
si era svegliato, era intenta nel suo lavoro e stava parlando con
Arthur, ma ad un certo punto si sentì osservata e quando si
voltò vide Abel che la guardava sorridendo.
“Abel!”, esclamò
buttando per terra il vestito e andando di corsa da lui, sedendosi sul
letto. “Ma da quanto sei sveglio? Perché non ci hai
chiamato? Come stai? La ferita fa male? La fasciatura è stretta?
Vuoi che ti porti una tazza di thé?”
Abel la guardò un secondo e
scoppiò a ridere, seguito da Arthur, mentre Georgie li guardava
e arrossendo si chiedeva cosa avesse fatto.
“Oh, Georgie!”, continuò ridendo Abel, “vedessi che espressione buffa hai adesso!”
“Ma che ho fatto? Perché ridete così?”
“Georgie, hai assalito Abel con una raffica di domande! Dagli almeno il tempo di respirare!”
Georgie abbassò lo sguardo.
“Scusa...ma è che sono così felice di vederti che non me ne sono resa conto...”
Abel si mise a sedere e allargò le braccia, invito che Georgie accettò e vi si accoccolò subito.
“Grazie, Georgie.”
Rimase in silenzio ad ascoltare il
cuore di Abel battere, e nuovamente pensò che non c'era suono
più bello di quello.
“Abel, avevo così paura.
Quando ho visto Irwin cadere sono svenuta, credevo fossi tu. Se ti
fosse successo qualcosa io...io”
Non riuscì a continuare ma
alzò gli occhi verso quelli di Abel, e lui rimase senza parole
per la sorpresa. C'era qualcosa di diverso in quegli occhi e nel tono
di voce di Georgie, non poteva sbagliarsi. Era dolce, abbandonata tra
le sue braccia, era in ansia per lui e mentre la stava guardando si
accorse che lo sguardo di Georgie si era spostato sulle sue labbra ed
era arrossita. Il suo cuore prese a battere velocissimo, non staccava
gli occhi di quelli di Georgie e neanche lei interrompeva quel contatto.
Non è
possibile, sto sognando. Si, è tutto un sogno, ne sono certo.
Adesso mi chinerò a baciarla e lei svanirà, come sempre...
Ma non fece in tempo ad avvicinarsi troppo perché con la coda dell'occhio vide Arthur e si fermò.
“Ehi! Ma sei ancora qui? Credevo fossi uscito, non ho fatto caso alla tua presenza!”
“Sì...me ne sono accorto”,
rispose lui imbarazzato, “e sì che ti ho anche parlato! Bella
botta in testa, eh?” e gli fece un occhiolino d'intesa.
“Sì...credo di sì....Come stai?”
“Bene...beh, più o meno.
Diciamo che adesso posso davvero ricominciare. Abel, grazie, mi hai
salvato la vita di nuovo”
“Arthur, tu avresti fatto lo
stesso per me. Senti, mentre mi portavano qui non ero ancora
completamente privo di sensi e mi è sembrato di sentirti
imprecare e urlare, mentre Gerard gridava di portare via Georgie mentre
badava a te. Cosa è successo?”
“Beh, vedi, quando ho visto
Irwin lì a terra, morto e finalmente innocuo mi
sono...ehm...accanito su di lui...”
“Cosa???”
“Si, ho iniziato a prenderlo a
calci, a pugni, urlandogli dietro tutto ciò che pensavo,
insultandolo per tutto il male che mi ha fatto, ma poi la
situazione è degenerata perché lui si è alzato, mi
derideva, di diceva cose oscene e terribili...”
“Ma come? Papà mi ha detto che è morto sul colpo”
“E' stata un'allucinazione, Georgie.”
“Ah. Ecco perché prima sei impallidito.”
“Arthur, ora è finita,
vedrai che anche queste crisi finiranno presto e finalmente potremmo
ricominciare a vivere noi tre insieme.”
“Già, spero che tu abbia ragione, Abel.”
Georgie guardava i due ragazzi, pensando che non li aveva mai amati tanto come in quel momento ed era felice e commossa.
“Georgie?”
“Si, Abel?”
“Ti andrebbe di portarmi quel thé che mi avevi offerto poco fa?”
“Ma certo, te lo preparo subito.”
Si alzò e fece per uscire, poi
tornò indietro, gli diede un bacio sulla guancia e senza
riuscire di impedirsi a parlare esclamò:
“Torno presto, fratellone!”
Scese il gelo nella stanza. Lei si
coprì la bocca con le mani, Arthur si batté una mano
sulla fronte e Abel le lanciò uno sguardo furente.
“Abel! Io...scusami...non volevo...”
“Va via. Non lo voglio il thé. Non disturbarti a tornare.”
“Abel, per favore...”
“Va via, ho detto!”
Georgie uscì con le lacrime
agli occhi, sapeva che quando Abel era arrabbiato così era
meglio lasciarlo da solo, forse Arthur sarebbe riuscito a calmarlo.
Continuava a darsi della stupida per aver detto quella frase e non
riusciva a spiegarsi perché lo avesse fatto.
Abel non scese per cena e lei non lo
vide fino a quando non decise di andare a dormire. Passando davanti
alla sua stanza vide Arthur che usciva e ne approfittò per
guardarlo un solo minuto.
“Dorme. Lascialo stare adesso. Vieni nella mia stanza, dobbiamo parlare”.
Seguì Arthur e parlarono a
lungo. Era riuscito a calmarlo, ma voleva sapere da Georgie
perché aveva detto una frase simile.
“Georgie, i sentimenti di Abel sono forti e sinceri. Non prenderlo in giro perché te lo impedirei.”
Non aveva mai sentito Arthur cosi
deciso e lo tranquillizzò, non era sua intenzione ferire Abel.
Forse quella situazione le aveva fatto ricordare quando vivevano in
Australia, forse le mancava l'idea di avere due fratelli, ma
sicuramente non considerava Abel un fratello e aveva ben chiari i suoi
sentimenti.
Il giorno dopo Georgie decise di andare a casa di Emma, non voleva
vedere Abel per paura che fosse ancora arrabbiato con lei, ignorando il
fatto che lui invece voleva chiederle scusa e che rimase male quando
scoprì la sua assenza. La aspettò per tutto il giorno e
la seguì nel giardino d'inverno quando la vide tornare e recarsi
là.
Georgie non si accorse di Abel
finché non sentì le sue mani sulle spalle e la sua voce
chiamarla; quando si voltò vide il suo solito sguardo dolce e caldo e
allora capì che la burrasca era passata.
“Abel, scusami, io non so cosa mi sia preso...”
“Shhh. Non importa. Sono io che
mi devo scusare. A volte dimentico che io so la verità da
sempre, tu da poco meno di tre anni.”
“Abel, io devo parlarti, ma mi devi ascoltare senza interrompere. Vuoi?”
Annuì, la prese per mano e la fece sedere accanto a sé.
“Abel, io so perfettamente che
non sei mio fratello, ma ogni volta che penso all'infanzia in
Australia, tu e Arthur siete i miei fratelli, io all'epoca ne ero
sicura, e miei ricordi sono questi. Spero che tu possa capirlo, credo
che questa situazione per me non cambierà mai.”
“Certo che lo capisco. Purtroppo non posso dire lo stesso di noi, lo sai”
“Sì, lo so.”
Fece una pausa, poi continuò, decisa a confessargli i propri sentimenti.
“Sai, Abel, tu per me sei sempre
stato un punto di riferimento, sei sempre stato la mia forza, il mio
sostegno e sin da piccola ho cercato disperatamente il tuo affetto. Se
ti facevo arrabbiare o se non approvavi il mio comportamento io
soffrivo molto di più di quando capitava con Arthur, e non
capivo perché. Tu rappresentavi tutto per me ed ero così
fiera di avere un fratello bello e forte come te. Sai che quando
capitava di andare in città e vedevo come ti guardavano le
ragazze io mi sentivo orgogliosa di poterti abbracciare e prendere per
mano, mentre loro no?”
“Georgie! Non sapevo fossi così perfida!”
Lei lo guardò e rise.
“Non ero perfida. Ero gelosa di
te, tanto quanto tu lo eri di me. Non sai quanto adorassi quando eri
geloso, mi facevi sentire amata e protetta.”
Abel la guardò intenerito, era la prima volta che parlavano di loro dopo tutto quello che era successo.
“Mi sono sempre chiesta
perché tra noi ci fosse quel senso di possesso reciproco, e
credo che mamma lo avesse capito, per quello era così dura con
me. Sai che quando ti ho visto con Jessica ho creduto di averti
perso? Ho pianto una notte intera, dandomi della stupida perché
io ero tua sorella e non ti avrei mai perso, ma in realtà ero
gelosa perché ci sarebbe stata un'altra donna che avrebbe avuto
la tua dolcezza, oltre a me. Poi la tragedia, la scoperta della
verità, il senso di vuoto, la paura di non vedervi mai
più e lo shock della tua rivelazione. Mi servì, mi fu
improvvisamente chiaro perché io e te avevamo quello strano
rapporto, ma non seppi spiegarmi perché non rifiutai il tuo
bacio.”
“Ho sbagliato, quella volta.
Credevo che una volta saputa la verità tu avresti potuto amarmi, non
capii che tu invece mi consideravi tuo fratello e non riuscivi a
vedermi diversamente. E pensare che Arthur me lo ripeteva da
anni...”
“Durante la traversata per
arrivare in Inghilterra, ho cominciato a capirti di più. Il tuo
pensiero mi dava forza, mi dicevo che se tu eri riuscito ad adattarti
alla vita in mare ce l'avrei fatta anche io, e poi guardando l'oceano
ho capito perché amavi tanto la vita da marinaio, e iniziai ad
amarla anche io.”
“Davvero ti davo forza?”
“Sì. Tu non hai idea quanto. Non
avevo ancora capito perché, ma ero certa che non avevo perso
Arthur mentre avevo la sensazione di aver perso te. Solo quando ti ho
visto dai Barnes quella sensazione di vuoto si è riempita, non
ho potuto fare a meno di volarti tra le braccia e non sai quanto
mi sia mancato per mesi quel calore.”
Abel ascoltava senza parlare, sentirla parlare dell'affetto che provava per lui lo rendeva felice, ma aveva capito che Georgie doveva dirgli qualcosa di molto importante e che quello era solo un modo per arrivare al nocciolo della questione.
“Abel, quando sono tornata da te
dopo aver lasciato Lowell è stato come se avessi imparato a
conoscerti per la seconda volta e ora sono giunta ad una conclusione. Io non posso pensare
di passare la mia vita senza averti accanto, senza il sostegno e la
dolcezza del tuo sguardo, senza il calore del tuo abbraccio. Vorrei che
tu continuassi ad essere il mio mondo, come lo eri in
Australia...”
“Georgie, le cose sono cambiate,
lo sai. Anche io vorrei stare sempre con te, ma non possiamo ricreare
una bugia, la situazione è troppo diversa. Non posso più
fare finta di essere tuo fratello, non ci riesco.”
Georgie si inginocchiò davanti a lui, gli prese le mani e lo guardò emozionata, con le guance arrossate.
“No Abel, non ti sto chiedendo di essere mio fratello...”
Abel la guardò perplesso, non riusciva a credere possibile che Georgie stesse cercando di confessargli una verità alla quale lui si era aggrappato per una vita intera come un sogno irrealizzabile.
“Georgie, ti prego, sii chiara. Sto rischiando di fraintenderti...”
“Credo di no, non penso che tu stia fraintendendo, Abel.... Io voglio passare la mia vita con te. Non so quando sia successo, ma ho capito di amarti.”
Troppo scosso per rispondere, Abel rimase a guardarla incredulo; cercò di parlare più di una volta, ma non riuscendo a proferire parola la fece sollevare e la fece sedere sulle sue gambe.
“Allora, cosa mi rispondi?”, le chiese lei divertita nel vedere la sua incredulità.
Non le rispose, ma le prese il viso
tra le mani e lo avvicinò al suo, senza chiudere gli occhi, non
voleva vederla scappare via e sentì la sua gioia aumentare
quando la vide a sua volta avvicinarsi, chiudendo gli occhi e
socchiudendo le labbra.
Si baciarono a fior di labbra e si
staccarono per guardarsi, per chiedersi se fosse vero, per poi
riavvicinarsi questa volta con passione, approfondendo il bacio e
quando Abel la sentì lasciarsi baciare, schiudere la bocca per
accoglierlo ed, emettere un leggero gemito, si sentì per la prima
volta in vita sua completamente felice.
Rimasero nel giardino d'inverno per
ore a parlare e a coccolarsi, non cenarono e solo quando si accorsero
che era buio tornarono in casa.
Ad Abel non sembrava vero poter
passeggiare abbracciando la sua Georgie, intrecciando le loro mani e
potendola baciare augurandole la buona notte quando la lasciò
sulla porta della sua stanza.
Era così felice che non
riusciva a dormire, così si mise a leggere un libro, ma non
immaginava che anche Georgie si girava e rigirava nel letto, tentando
inutilmente di prendere sonno, tanto che alla fine si alzò
decisa ad andare nella stanza di Abel.
Bussò vedendo una luce filtrare
da sotto la porta e si sentì quasi mancare quando lui le
aprì la porta indossando solo i pantaloni del pigiama. Sapeva da
sempre che Abel dormiva così, ma in quel momento le fece uno
strano effetto.
“Georgie, cosa succede?”, le chiese preoccupato.
“Nulla. Non riuscivo a dormire. Posso entrare?”
“Ma certo, vieni.”
La prese per mano e la fece sedere sul letto.
“Cosa c'è, sei agitata per qualcosa?”
“No. Pensavo ad oggi e non riuscivo a dormire. Avevo voglia di vederti”
Abel si sentì infiammare e la
baciò non riuscendo a credere che il suo sogno si fosse
realizzato e che Georgie gli stesse dimostrando il suo amore. Quel bacio
ebbe lo stesso effetto su Georgie, che ormai faceva fatica a contenere
il suo desiderio per Abel. Voleva dirglielo ma non sapeva come e
così si accoccolò a lui, appoggiando la testa al suo
petto e cominciando a fare cerchietti con le dita sulla pelle
nuda cercando un modo per parlargli, ignorando la reazione che
stava provocando in Abel.
“Georgie...” lo sentì dire con voce spezzata.
“Sì?”, rispose, continuando a giocare con il suo petto
“Ti prego, smettila.... Se continui a toccarmi così...”
Si alzò di scatto e vide un
Abel diverso che la conquistò all'istante. Non aveva mai visto
uno sguardo così pieno di passione, intuì tutto il
desiderio che Abel aveva di lei e si avvicinò ancora di
più, come se fosse attratta da una calamita. Si mise in
ginocchio sul letto davanti a lui, lo costrinse con i suoi movimenti ad
appoggiare la schiena alla testata del letto e a divaricare le gambe,
in modo da poterglisi parare davanti e iniziò a baciarlo, a
stuzzicarlo appoggiando le mani sul suo petto, accarezzandolo
lentamente. Scese a baciarlo sul collo, si sentiva audace e l'abbandono
di Abel la incoraggiava ad osare sempre di più. Abel fece
scendere le sue mani ai fianchi di Georgie e la tirò a
sé, facendo aderire i loro corpi, ma si bloccò di colpo
quando lei, sussurrando, gli chiese di farla restare là quella
notte.
“Georgie, sei sicura? Se resti qui io non so se sarò in grado di fermarmi se tu cambiassi idea...”
“No, non cambierò idea. Lo voglio anche io.”
“Georgie...”
“Ti prego, non guardarmi
così”, disse arrossendo e abbassando lo sguardo
“Abel, sto forse andando troppo di corsa?”
“Non lo so...” poi sorrise e la fece stendere sotto di lei “ma mi piace!”
Georgie rise ed accettò
l'assalto di Abel, i suoi baci che scendevano sul collo e le sue
mani che salivano dalle gambe cercando di liberarla dalla camicia da
notte.
Un pensiero improvviso la fece fermare.
“Abel, aspetta un attimo...devo dirti una cosa...”
“Georgie...ti sembra il momento?”
“Sì. Decisamente sì!”
Colpito dalla serietà di quella frase Abel si fermò.
“Abel...io non...non ho mai...”
Abel la guardò e poi si alzò leggermente per poterla vedere meglio.
“Ma come...mi hai detto che tu e Lowell...”
“No, ti ho detto che erano
servite le spiegazioni di Emma..., ma non ti ho mai di averle messe in
pratica.... Abel, tutto bene? Mi sembri deluso...”
“Deluso??? No, sono solo sorpreso...ero sicuro che Lowell... .Non sai
quanto mi sono roso di gelosia pensando a te e a Lowell insieme, e
invece non è successo nulla. Che sollievo! No, scusa, non dovevo
dirlo ad alta voce...però non posso fare a meno di esserne contento...”
Georgie rise e lui si chinò a baciarla, per poi parlarle con dolcezza.
“A maggior ragione, Georgie, sei sicura? Se vuoi puoi stare qui senza che facciamo nulla, io non ti voglio forzare.”
“No Abel. Io ti desidero tanto.
Non mi sono mai sentita così con Lowell anzi, a volte se lui si
avvicinava facevo finta di dormire....Seriamente, non hai idea di
quante volte ho sognato tutto questo, non sono mai stata
più sicura di adesso.”
“Allora va bene, ma promettimi che se ti senti a disagio mi chiedi di fermarmi.”
Per tutta risposta lei gli prese il
viso, lo baciò appassionatamente e lo tirò su di
sé, stringendolo forte e gli disse seria e tremante che voleva
essere sua, che non lo avrebbe fermato e infatti non lo fece mai,
neanche quando rimasero entrambi nudi, neanche quando si sentì toccare
e lui volle essere toccato, neanche quando lo sentì pronto ad
entrare in lei, ma titubante per paura di farle male. Non
lo fece mai fermare finché non fu lui a fermarsi, ancora
incredulo per una notte così tante volte sognata e così
inaspettatamente realizzata.
Rimasero abbracciati, Georgie sul
petto di Abel lasciava che lui le accarezzasse i capelli e sentiva di
aver finalmente trovato il suo posto, si sentiva bene, a suo agio e si
abbandonò fino a quasi addormentarsi, ma aprì gli occhi
con la sensazione che ci fosse qualcosa che non andava. Sentiva il
petto di Abel sussultare e ascoltando con attenzione si accorse che
stava piangendo in silenzio, senza smettere di stringerla e
accarezzarla.
Conosceva Abel e sapeva che non amava
piangere in pubblico, sicuramente aveva aspettato che lei si fosse
addormentata per poter sfogare le proprie emozioni e sentì il
suo cuore battere ancora più forte per lui. Non era preoccupata,
sapeva che quelle erano lacrime di gioia, ma sapeva anche che avrebbe
messo Abel in imbarazzo se gli avesse fatto capire che era sveglia,
così fece finta di stiracchiarsi nel sonno e lo abbracciò
sussurrando il suo nome. Abel sorrise e le diede un bacio sulla tempia,
dopodiché si addormentò vicino a lei.
Era mattina inoltrata quando Arthur entrò nella stanza per
svegliare Abel e rimase sconvolto. I vestiti per terra gettati in modo
disordinato, Georgie addormentata, distesa su un fianco, con il
lenzuolo sotto le braccia, le spalle e la schiena scoperte e Abel che
la stringeva, dormendo dietro di lei, con il lenzuolo che lo copriva
dai fianchi in giù. Erano entrambi nudi, era evidente ciò
che era successo e Arthur si sentì arrossire.
Per un momento ripensò a quando
da bambini si svegliava per primo e trovava gli altri due nella stessa
posizione, Abel proteggeva Georgie anche nel sonno, ma ora la
situazione era molto diversa, soprattutto all'epoca erano entrambi
vestiti!
Li guardò ancora un istante,
avendo la sensazione di rubare un segreto, poi chiuse la porta e se ne
andò nel giardino. Era felice per loro, ma non poteva mentire a
se stesso, vedere Georgie così lo aveva ferito benché
avesse da tempo abbandonato l'idea che lei potesse un giorno amarlo
come un uomo. Ripensava a ciò che aveva detto Abel pochi giorni
prima e pensò che era davvero iniziata una nuova vita per tutti
e tre, ma si chiedeva quale sarebbe stato il suo posto nella vita di
Abel e Georgie.
Angolo dell'autrice:
Heart: Ciao! Chi mi conosce già
sa che non aggiorno proprio spessissimo, purtroppo gli impegni di
lavoro e quelli a casa tolgono spazio alla scrittura, ma sono una
persona che termina sempre quello che inizia e quindi anche le mie
storie finiscono, non ci sono incompiuti e neanche questa lo
sarà, giuro.
Patrizialasorella: grazie per
l'apprezzamento del capitolo 3, ero molto perplessa sul fatto di
postarlo così come lo avevo scritto o meno, proprio per la
delicatezza dell'argomento. Purtroppo il tema è ben presente nel
manga,,il povero Arthur se la vede davvero brutta tra sevizie e droga
che gli viene iniettata per tenerlo soggiogato, credimi, sono pagine
molto tristi, ma non mi sembrava corretto fare finta che tutto
ciò non fosse mai accaduto, le censure nell'anime bastano e
avanzano...
Ai Kiyo_sugi: una cosa che mi ha
colpito da subito sia nel manga che nell'anime è la
“fisicità” che c'è nel rapporto tra Abel e
Georgie, in tutta l'evoluzione del rapporto. Sto cercando di
trasmetterla anche io nella mia storia, sono felice di riuscirci,
almeno per ora. Grazie!
Medusa: finalmente hai trovato il
manga! Sono felice, almeno adesso ci parliamo e ci capiamo. Splendido,
vero? Altro che il finale edulcorato e fiabesco dell'anime! Guarda, mi
ha talmente straziato la fine del manga (giuro che quando ho letto per
la prima volta le pagine in cui nasce il bimbo di Georgie e Gerard le
regala il ritratto di Abel per poi dirle che li lascia a parlare tutti
e tre mentre lui va a brindare con la moglie, mi sono commossa fino
alle lacrime, non scherzo) che nella mia storia renderò loro
giustizia, ci sarà il lieto fine.
Claura77: benvenuta! Qui non ci sono
problemi di età (io non sono proprio una ragazzina...) anzi,
più siamo donne over 30 meglio è! Spero anche io che tu
voglia continuare a leggere questa mia storia, purtroppo i fan di
questo anime sono ancora pochi, ma almeno noi facciamoci sentire.