Quel giorno era il 31,quel giorno un altro anno volava via.
Quel giorno del 1988,in un orfanotrofio dei bambini
festeggiavano la fine del loro anno,così diverso da qualsiasi altra
persona,così diversa dall’ilarità che questo giorno porta nelle case di ogni
comune persona,ma lì no,erano bambini orfani,senza madre,senza padre
abbandonati in quel punto interrogativo che è la Terra;è già difficile ambientarsi
stando con gli altri,figuriamoci da soli.
Una lunga tavola era decorata da poche cose spartane:bicchieri
di plastica,forchette maltrattate e come cibo pezzi di pane duro e formaggio
secco e stagionato troppo.
Non di certo la si può definire un festeggiamento questo,ma
per chi è abituato a questa vita era forse già troppo.
La madre superiore delle suore che dirigeva
quell’orfanotrofio e le sue sorelle erano sedute composte e rigide attorno alla
tavola,anche loro costrette a mangiare quella miseria, a cui purtroppo non
potevano rimediare per la mancanza di fondi e di appoggi da parte di qualcuno.
I bambini vestivano tutti uguali,le femmine con una tunica
pesante di lana bianca e i maschi con dei pantaloni di payle grigio e
maglioncino bianco, le scarpe erano uguali per tutti:stivaletti di cuoio nero.
I bambini dopo un po’ cominciarono a parlottare tra di loro,infrangendo
l’ordine di silenzio della madre superiore.
La madre in questione,suor Lucrezia ,sentendo tutto ciò alzò
gli occhi dal piatto e fulminò tutti con il suo sguardo severo,accentuato dal
color ghiaccio degli occhi.
I bambini non si accorsero di niente e continuarono a
parlare tra di loro e a quel punto la pazienza dei madre Lucrezia arrivò allo stremo,si
alzò e con un gesto secco sbatté la mano sulla tavola,facendo sobbalzare tutti.
I bambini agghiacciarono a quella scena e smisero subito di
parlare,rimettendosi composti sulla sedia e abbassando lo sguardo.
-Cosa sono tutti questi mormorii? Avevo espressamente
ordinato di non fiatare e di pregare in silenzio- esordì suor Lucrezia con la
sua voce roca e grossa.
I bambini continuarono a tenere lo sguardo a terra,senza
osare proferire parola.
-Simona- chiamò suor Lucrezia;Simona era una bambina di 11 anni,molto
spigliata e pettegola,dagli occhi castani e i capelli biondi.
-Si signora madre,beh i nostri mormorii erano diretti alla
mancanza di una di noi- proferì maligna la bambina.
-Di chi si tratta?- domandò suor Lucrezia assottigliando gli
occhi.
-Orsola- rispose Simona ubbidiente e facendo nascere un
sorriso malvagio sul volto di tutti i bambini,tranne di Tania e Chiara,le
uniche amiche di Orsola.
-E’ strana quella bambina,anzi è pazza,canta,balla e fa
gesti strani,non sembra un essere umano- proferì Davide,un bambino di 10 anni.
-E’ vero,quella è tutta pazza,non sa niente,è ignorante e mi
ruba le bambole- affermò un’atra bambina,Clarissa,di 8 anni.
-Concordo,addirittura qualche volta si arrabbia così tanto
che per poco non ci uccide a tutti,è malvagia- assecondò un altro bambino,Matteo.
Suor Lucrezia era sorpresa dai fatti raccontati,non si
immaginava di certo che i bambini avessero questa considerazione di una loro
compagna,ma la sua attenzione si spostò a causa di un gran tonfo,causato dalla
caduta di una sedia.
Era stata Tania,la prima amica di Orsola,era una sorella per
lei,aveva 9 anni,capelli corti e neri e occhi color cioccolato.
-Non è vero,non gli credete suor Lucrezia,loro sono
invidiosi,non vi mento.
Orsola non è pazza e nemmeno malvagia,balla e canta perché è
brava e se lo può permettere,mentre loro no,Orsola è buona e non commette gli
atti che loro stanno dicendo,Orsola ruba ciò che è suo,perché sono loro che gli
e ne privano,Orsola si arrabbia perché loro la deridono e sono loro a volerla
uccidere sempre per invidia- gridò Tania con le lacrime agli occhi.
Tania e Orsola erano come delle sorelle,così unite,stavano
sempre insieme e avevano imparato a difendersi da quegli avvoltoi con giustizia
e tenacia e poco dopo a loro si era unita Chiara.
Suor Lucrezia conosceva bene Tania e sapeva che non
mentiva,ma non si spiegava la scomparsa di Orsola;così senza proferire parola
uscì dalla stanza e si diresse dove di certo avrebbe trovato Orsola.
Attraversò i corridoi bui e macabri dell’orfanotrofio,fino a
quando non giunse nel giardino,camminò ancora per un po’ e poi finalmente la
vide,come sempre vicino le sponde del lago.
Orsola aveva corti capelli ricci e castani e due smeraldi
lucenti come occhi.
Orsola stava davanti al lago e si specchiava per vedere se i
suoi passi erano esatti.
Suor Lucrezia si era fermata a guardarla,se prima era
arrabbiata con lei ora tutto il rancore e la preoccupazione erano volati via.
Sapeva che Orsola amava cantare e ballare,ed era brava in
entrambe le cose;non per questo era la voce solista del coro della loro
comunità.
Quante volte l’aveva sorpresa a prendere il suo giradischi e
inserirci un disco rubato a qualcuno,lo inseriva e ascoltava quella musica come
la migliore cosa che ci fosse,come se da questa ne dipendesse la sua vita,come
si guarda un bicchiere pieno d’acqua dopo 10 giorni di siccità.
Era brava anche a ballare,si inventava le più stravaganti
coreografia e anche se inventate da un’inesperta erano davvero magnifiche e si
era accorta anche degli sguardi invidiosi degli altri tranne che di Tania che
la guardava felice e ammirata.
Non si era presentata alla cena perché voleva continuare a
fare quello che più amava.
Orsola continuava a cantare e ballare,fermando e rimettendo
da capo le canzoni che le servivano e si guardava nel lago per accettarsi che
tutto ciò fosse esatto.
-No così non va bene,forse dovrei metterci un altro moonwalker
– si disse fra sé,continuando a perfezionare quella coreografia su cui da tempo
lavorava.
Le note di Billie Jean
continuavano a scorrere nell’aria,a riempirla della sua perfezione e Orsola
continuava a ballarla.
Orsola amava Michael Jackson,lo amava come amico,come punto
di riferimento,come maestro e come padre.
Lei non lo aveva mai visto,non aveva mai potuto guardare il
suo viso e suoi lineamenti che da 4 anni sognava di notte e li immaginava nelle
maniere più strampalate possibili;conosceva il moonwalker perché un bambino di
città gli e lo aveva insegnato e spiegato,ma i suoi dischi rubati all’amico
erano sempre senza copertina.
Sapeva che quello che le scorreva nelle vene era il sangue
misto alle note che conosceva a memoria e alle parole impresse nel suo cuore.
Aveva deciso di non partecipare alla cena,non aveva
fame,voleva solo fare ciò che più le piaceva prima della fine dell’anno.
-Orsola- sentì una voce grossa chiamarla e lei impietrita si
girò verso la fonte,anche se sapeva a chi appartenesse.
-Suor Lucrezia- rispose abbassando la testa con rispetto.
-Perché non sei a tavola con i tuoi amici?- chiese,ma non
con tono severo.
Orsola era molto
matura per la sua età,aveva lasciato da parte i giochi e le bambole di pezza
per dedicarsi a qualcosa di più costruttivo.
La bambina rise triste e nervosa :- Amici? Quali amici suor
Lucrezia,se non fosse per Tania e Chiara quest’oggi sarei sola come un cane
randagio-.
Suor Lucrezia strabuzzò gli occhi,era più matura di quanto
pensasse.
-Perché li consideri tali?Non hai fiducia in loro?-.
-Sono loro che mi considero tale e sono sempre loro a non
aver fiducia in me,io mi comporto solo di conseguenza-.
-Potresti concedergli una seconda opportunità- tentò la
suora,ma Orsola sorrise triste e ciò servì a far capire a Lucrezia la vera
ragione di tutto ciò:- Io non mi posso permettere una seconda opportunità-.
-Tutti la meritano-.
-Ma io non ho tempo-.
-Potresti sfruttare quello che hai-.
-Lo impiego per qualcosa che mi piace,dopo tutto siamo
arrivati alla fine no?- domandò retorica, e a suor Lucrezia pianse il cuore.
-Non dire così Orsola-.
-Non lo dico io,lo dice lei-.
La suora non seppe rispondere a questo e perciò decise di
darle un’opportunità.
-Orsola mi vorresti mostrare una tua coreografia?- chiese
con gentilezza.
Alla bambine si illuminarono gli occhi,accese di nuovo lo
stereo,che era riuscita a trovare per caso e avviò Smooth Criminal.
Ballava perfettamente,con eleganza e leggerezza,tutte
qualità di una vera ballerina,eppure a lei nessuno aveva insegnato niente,lei
era sempre rimasta se stessa e aveva imparato che le cose le si fa da sé.
Alla fine della coreografia Orsola si accasciò a terra,forse
era così che doveva finire la coreografia della sua vita.
**********
Era
orgoglioso della sua perfomance,le gocce di sudore gli impregnavano gran parte
del corpo ,erano come il trofeo per la sua grande pazienza e tenacia che aveva impiegato
per poter terminare il suo sogno.
La
gente strepitava,urlava,c’era chi sveniva,chi continuava ad invocarlo,chi si
strappava maglie e capelli,ma lui non voleva questo.
Scosse
la testa,lui voleva solo che loro comprendessero,niente di più,niente di meno.
-Signore-
si sentì chiamare,il sipario si chiuse e lui corse dal suo interlocutore.
-Dimmi-
disse mentre si asciugava il viso con un asciugamano.
-C’è
una signora che chiede di lei,le vuole parlare con assoluta urgenza-.
Ci
pensò un po’,ma poi decise di accettare:-Passatemela-.
Prese
il cellulare e lo accostò al suo orecchio:- Pronto chi è?-
Dall’altra
parte una voce di donna gli rispose,presentandosi e spiegandogli la situazione.
-Signore
lo so che ciò le sto chiedendo non è plausibile,ma è l’ultimo dell’anno,so
anche che non è lontano da qui e la sto pregando perché so che voi siete un
uomo buono,o per lo meno lo spero,vi chiedo solo di esaudire il suo desiderio,non
avrà altro tempo da vivere come lei-.
Lui ci
pensò a lungo,non sapeva cosa fare,ma sentiva dal profondo dell’animo che
doveva andare,quella era un'altra sfida che Dio gli aveva messo davanti e lui
doveva dimostrare la verità di ciò che affermava,con i fatti.
-Paul
preparami la macchina,dobbiamo andare- si infilò la giacca,il capello e si
avviò.
-Ma
signore il…- cercò di dire Paul,ma lui lo azzittì.
-Fai
quello che ti dico senza protestare-.
E
insieme partirono-.
**********
Suor Lucrezia era dinanzi al piccolo letto che ospitava una
Orsola pallida e morente.
Orsola da ben 5 anni soffriva di leucemia,una malattia che
allora era incurabile,la indeboliva giorno dopo giorno,gli altri per questa
malattia la diversificavano e la consideravano un aliena,ma c’era anche chi
soffriva,Tania.
Suor Lucrezia aveva visto Orsola accasciarsi per terra e
anche se vinta dalla paura la prese tra le braccia e la portò nella su stanza
chiamando le altre sorelle. Il dottore le aveva comunicato che non aveva più di
3 giorni di vita.
Bussarono alla porta e suor Lucrezia aprì.
-E’ arrivato- proferì una sua sorella.
-Fatelo entrare- rispose suor Lucrezia.
La persone in questione entrò e spalancò gli occhi scuri nel
vedere la bambina a letto.
Piano le si avvicinò e si accovacciò vicino;le prese una
piccola mano pallida tra le sue e la strinse con forza.
-Michael- sussurrò Orsola estasiata,spalancando gli occhi,le
sembrava di sognare.
-Sei veramente tu?- chiese estasiata.
-Si sono veramente io- le rispose sorridendole,i suoi occhi
erano stupendi,verdi e vivaci come un prato vivo,sarebbe potuta arrivare
lontano.
-Sei il mio Michael?- continuò Orsola perdendo la voce.
-Si,certamente- rispose con voce carezzevole.
-Sarei voluta diventare una ballerina o una cantante e
lavorare al tuo fianco-.
-Ci riuscirai- cercò di incoraggiarla Michael.
-Non ne ho più il tempo,ma c’è qualcuno che può farlo per
me-.
-Chi?- domandò sorpreso Michael.
-Tania-.
I battiti del cuore stavano diminuendo come la presa attorno
alla mano del suo divo,che in cambio la intensificò ancora di più.
-Sei davvero l’angelo che credevo,Michael- e poi la sua voce
se ne andò per sempre…
La porta fu sbattuta con violenza e una bambina in lacrime
si buttò sul copro ormai senza vita della sua migliore amica.
*****
Posò i fiori sulla lapide bianca,sfiorando con i polpastrelli
il nome della sua amica,inciso nel marmo.
I fiori erano freschi e lei gli e li portava ogni
settimana,puntualmente.
-Non mi dimenticherò mai di te Orsola,sarai sempre nel mio
cuore-.
La bambina leggermente cresciuta si alzò e prese la mano di
colui che le stava accanto.
-Sarebbe arrivata lontano- affermò la bambina.
-Si lo so,ma mi ha promesso che al suo posto ci saresti
stata tu Tania-.
-Lo farò,ma non prenderò mai il suo posto,la sostituirò fino
a quando non tornerà a prendersi ciò che le spetta- rispose Tania.
-Di certo,ma ora è compito tuo-.
-Si papà,andiamo?-.
-Si abbiamo delle prove da terminare- annunciò infine Michael Jackson.
Spero
vi sia piaciuta,questa è la mia 3 one-shot su Michael Jackson.
La
dedico alla mia fantastica Bad_Mikey.
Un bacione a tutti Tania.