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Autore: bravesoul    19/01/2010    4 recensioni
Risorgere. Difficile. Ammettere di avere un problema, impossibile. Accettare che la donna che ami abbia un problema, è assurdo.
E quando non puoi rinascere e non puoi andare avanti, puoi solo sprofondare.
E mai più riemergere. Kakashi, Yugao e Kurenai.
fic classificata prima al contest "Mental" indetto da Globulo rosso e da Bimba_Chic_Aiko.
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Kakashi Hatake, Kurenai Yuhi
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Ebbene... ecco il terzo coitolo. la parte in corsivo ( quella alla fine ) è scritta di proposito al passato remoto. Non posso dirvi altro che ... buona lettura... 

Capitolo 3:

Blues’ Disease.

- Siediti.-

Suona così strano, essere dalla parte sbagliata della trincea, ricevere brute notizie, anziché darne.

Eppure eccomi qui, camice ancora sporco di sangue, capelli scarmigliati, occhi rossi dalla stanchezza, occhio sinistro che pulsa.

Mi guardi, il volto grave e quasi insoddisfatto.

Le tue labbra, carnose e morbide, tremano un po’.

Ti prego, non tergiversare.

- Kurenai Yuhi, ventisette anni, donna. Ha avuto un figlio da poco, dal suo vecchio compagno, morto in un incidente sette mesi fa. Ma queste cose le sai già, Kakashi. Le sai già troppo bene. Quello che non sai è che questa donna soffre di una patologia non troppo grave, di solito. Viene impropriamente chiamata“depressione post partum”, o, almeno, questo è il nome con cui è nota ai più. Questa sindrome psicologica si divide in tre fasi. La prima, chiamata “ baby blues” si manifesta nel 70% delle donne nei giorni immediatamente successivi al parto.  Non è nulla di grave, si manifesta  sottoforma di pianti senza motivo, irritabilità, ansietà, inquietudine e sparisce in pochi giorni. Poi vi è una seconda fase, più grave, chiamata appunto depressione post partum. Essi si presenta sintomi come inappetenza, paura, ansietà, insonnia, disinteresse per il bambino, pianti senza ragione, improvvisi cambiamenti d’ umore, paura di nuocere al bambino… - Yugao fa una pausa, prende fiato.  Stiamo per arrivare al dunque. – Poi vi è una terza fase, la più grave. Ed è appunto quella di cui soffre Kurenai. Si chiama “psicosi post partum” e si presenta con i sintomi della seconda fase, con l’aggiunta di paranoia, allucinazioni, depressione, esaurimento e… - Chiude gli occhi come se parlarne facesse male pure a lei.- Cosa più grave… pulsioni suicide ed omicide nei confronti del bambino.-

Gelido, un brivido, corre per la mia schiena.

Non è possibile.

Yugao deve avere sbagliato…

Non è possibile.

Non è possibile.

Non a lei, non a me!

Eppure è così dannatamente convincente.

Potrei non crederci, potrei consultare altre persone. Ma so già che questa è la dura verità.

L’ho conosciuta nell’istante stesso in cui ho visto quel taglio sulla mano, l’ho sempre saputa.

Mentre tornavo da casa sua, dopo che mi aveva scacciato malamente, furiosamente. Io l’ho sempre saputo, nulla di più.

Dannato idiota.

Mi guardi, come se potessi capire quello che devo provare. Non puoi. Non per altro, ma perché non hai mai vissuto un’ esperienza del genere. Non si può comprendere quello che una persona prova semplicemente guardandola, non si può percepire la sensazione provata da ognuno. Perché si è diversi, perché le emozioni, la realtà si percepisce in modo diverso.

Apri la bocca, cos’ altro devi dirmi?

- Kurenai soffre della forma più grave ed è una psicosi degenerata, quasi. Significa che non basta più imbottirla di psicofarmaci. Bisogna dare il via ad una terapia psichiatrica. Io devo poterle parlare, e le sedute devono essere abbinate alla cura con i farmaci. Non è stabile, Kakashi. Può fare male a sé stessa, oltre che al bambino. Deve essere ricoverata.  Ha bisogno di essere tenuta sotto controllo, monitorata ed aiutata. E’ troppo tardi per curarla da casa, è rischioso per se stessa e per gli altri. Non ha un compagno che si possa prendere cura di lei e del bambino. Soprattutto del bambino. Non può tenerlo con sé.-

La fisso, sconvolto. Ho già capito dove vuole andare a parare. Non le toglieranno il bambino, non lascerò che lo prenda in custodia qualcun altro, che una quarta persona entri nel nostro microcosmo e rubi l’ultima scintilla di normalità residua.

Non chiamerai gli assistenti sociali.

- Posso tenerlo io.-

Mi guardi, sorridi, amara. Come non capire quello che ti passa per la mente? Non sono nemmeno in grado di prendermi cura di me stesso, figuriamoci di una vita appena nata.

E’ questo che sta pensando? O forse che non sono abbastanza presente, perennemente chiuso in questo ospedale? O che non sono che un illuso che si sta giocando la sanità mentale per una donna che non lo considera più che il ricordo del compagno?

- Giuro, ci ho pensato anche io. Avrei potuto tacere sul fatto che sei una persona appena autosufficiente. Saresti stato in grado di farlo. Sai, potrei raccontarti una balla, potrei dirti che davvero non hai abbastanza tempo, che non hai le competenze adatte per essere il padre di questo piccolo. Ma non sarebbe giusto, verso di te. Ti mancherei di rispetto, un rispetto che ti è dovuto. La verità, Kakashi, è che lei… non vuole.-

Ahia.

Questo fa dannatamente male.

Questo è un colpo talmente duro che, fossi stato un'altra persona, avrei potuto gridare. Ma io sono così freddo e apatico, io sono colui che grida in silenzio, senza che nessuno si accorga del dato grido.

Questo non l’avevo previsto.

- Ha dichiarato di non volere che tu… tocchi il suo bambino. Le ho spiegato cosa sarebbe successo altrimenti, ha cominciato a non rispondere ed a stringere quel fagotto.  Se volessi potrei dichiararla mentalmente instabile.-

- No. Non sarebbe giusto. Non mi approprierò di suo figlio, se non vuole che accada. Troverò un modo.-

Abbasso gli occhi, le mani tremano impercettibilmente, il cuore pulsa a mille, la testa scoppia.  Ora ci credo, ora capisco che è tutto vero, non è una finzione. E questo mi lascia ferito e moribondo, nell’anima. Mi dipingo una smorfia in volto, estraggo una sigaretta e la stringo dolcemente. – Fa quello che devi. Ricoverala, imbottiscila di farmaci. Ma, ti prego, lasciami un paio d’ore prima di chiamare i servizi sociali. Troverò il modo.- 

Mi volto, non attendo risposta, cammino lentamente, appoggiando le mani ai muri dell’ospedale, apatico.

I piedi mi trascinano dove io non ho la minima forza di andare. Apro la porta che da sul balconcino.

Accosto la sigaretta alla bocca, lasciando che la cenere venga trasportata dal vento, in un mondo lontano.

Un mondo in cui, magari, tutto questo dolore mi sarebbe stato estraneo.

La cenere cade, piange per me.

Perché io non piango, ho già perso tutte le mie lacrime.

 

- Entra.-

Una voce abbastanza tirata mi invita ad entrare nello studio del capo dell’intero ospedale.

Una donna sulla cinquantina, i capelli biondi ed uno strano punto induista in testa mi guarda con occhi color miele e profondi.

Ho sempre l’impressione che lei mi legga nella mente.

Tiene le mani incrociate, nervosamente.

Davanti a sé una cartella clinica, per quello che ne so potrebbe essere anche la mia.

Ho sempre avuto una sorta di timore reverenziale per questa donna.

Chino la testa, i capelli argentati mi nascondono gli occhi, in una cascata di vivo argento, di viva indifferenza e malinconia.

Sanno di sudore, devo farmi una doccia, ma ne avrò tempo dopo.

Tento di stamparmi addosso un sorriso, o almeno una pallida imitazione.

Ma non ce la faccio, le labbra rifiutano di arcuarsi e tendersi, gli occhi rifiutano di perdere la loro sciatta e vuota espressione, in favore di un autocompiacimento banale e superficiale.

Mi guarda, mi guarda fisso.

Sa già.

- Siediti.-

Mi accascio stancamente su quelle poltroncine che stanno davanti al sua scrivania, le poltroncine dei pazienti e dei parenti.  Oggi io sono così, un uomo venuto a chiedere pietà.

- Oggi è stata ricoverata una certa Kurenai Yuhi, Kakashi. – La voce si ferma, in attesa. Poi, non avendo risposta continua, arrivando da sé a quello di cui volevo parlare. – Psicosi post partum. E’ una brutta malattia, decisamente. La conosci, vero?-

Chiudo gli occhi, per non vedere, per non guardare.

- E’ la moglie di Asuma.-

Trattieni il respiro, i polmoni si gonfiano, le tue labbra si socchiudono in una smorfia sorpresa. Non ti sorprende il nome né la parentela, quello che ti sorprende è il tono in cui lo dico. Un tono atono, senza inflessione, un tono spento e carico di dolore.

Non posso mentire anche a te, sebbene lo vorrei. Sono troppo stanco per mentire, ho già esaurito la mia scorta di maschere, per oggi.

Sono nudo, a pezzi.

- Ha un bambino piccolo, che non può tenere. Yugao mi ha detto che avrebbe aspettato un po’ a chiamare i servizi sociali.-  la donna si ferma, in attesa.

-  Tsunade- sama, gliel’ho chiesto io. Non voglio che quel bambino vada in mano a chissà chi. Non posso tenerlo io, la madre non  vuole che mi avvicini nemmeno al figliolo.- lo senti quanto male fa, pronunciare queste parole? Lo senti il dolore grondare? Vorrei di no.

Pausa.

Riprendo fiato, mi schiarisco le idee.

- Non mi interessa cosa dovrò fare, ma quel bambino non deve uscire da questo ospedale.-

Sorrido, stanco.

Ho visto il lampo di collera illuminarti lo sguardo. Ma come potevo non tentare, come potevo lasciarmi scappare la possibilità?

- Non sei tu che dai ordini.-

Pausa.

Uno sguardo miele sul mio corpo umano.

Cosa vedi in questo momento che ti fa sgranare gli occhi?

Cosa vedi di me?

Il medico, l’uomo, o il dolore?

- Ci tieni molto a questa donna, vero? Ci tieni molto a quella promessa. Ci tieni di più della tua stessa vita, della tua stessa carriera.-

Uno sguardo, un attimo.

- E sia. Il bambino può giovare alla madre, è terapeutico. Non vorrei mai che, poi, il bimbo avesse un trauma a causa del distacco forzato dalla madre.-

Non  credo a quello che stai dicendo.

Non ci posso credere.

Mi alzo, balbetto un ringraziamento, nella confusione di questo sollievo.

Faccio per andarmene, ma poi è un sussurro che ti sfugge dalle labbra, lasciandomi interdetto.

- Kakashi… non ti distruggere.-

Oh, capo.

E’troppo tardi.

Passi felpati e poi…

Poi il silenzio.

 

Il piccolo si svegliò nella notte, le manine che si agitavano, afferrando il vuoto.

Eruppe in un vagito sofferto, alla ricerca del calore materno.

Strinse la copertina che lo ricopriva, annusando un odore familiare, anche se non materno.

Qualcuno lo strinse forte, con amore.

Non erano gli abbracci della madre, nervosi e così asfissianti.

Era un abbraccio calmo, che sapeva di menta.

Il piccolo afferrò i capelli del misterioso visitatore, trovandoli morbidi e familiari.

Appoggiò la testa nell’incavo della spalla dell’uomo, sentendosi protetto.

- La mamma tornerà presto. Te lo prometto.-

Chiuse gli occhi, il piccolo, trasmettendo una calma sonnolenta anche a quell’essere che l’aveva abbracciato.

Si addormentò nelle braccio dell’uomo, del medico e del dolore.

Kakashi lo stese nella culla di pediatria, lo coprì con dolcezza, poi si stese sul lettino accanto, chiuse gli occhi.

Si addormentò, cullato dalla dolce nenia del respiro del piccolo.

E, per la prima volta dall’incidente che gli era costato il migliore amico e parte della vista, ebbe un sonno senza sogni e senza incubi.

Sarebbe durata poco.

NOTE by Brave:

Aiko92: Garzie mille per la recensione!! E' una situazione un po' particolare e che, concordo, potrebbe capitare a una persona qualsiasi. E' sempre stato un argomento, quello delle psicosi, che mi ha sempre colpita.  spero ti piaccia questo cap^^

Grazie  a quelli che leggono.

Grazie davvero grazie.

  
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