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Autore: kikka_akachan    22/01/2010    4 recensioni
Esiste un mondo dove villaggi e città sono divise da foreste e lande deserte, le Lotti Morte, abitate dai Draker, esseri umani che una forza misteriosa ha trasformato in demoni, che attaccano coloro che sono tanto arditi da oltrepassare i loro territori. Questo mondo è una terra chiamata Ashar. Dove uomini, per lavoro, si avventurano nelle Lotti Morte. Le persone affidano loro le proprie “memorie”. Il loro
compito è “consegnare”. Consegnare “missive”. Loro sono i “Commercianti”.
Kyar, una giovane Commerciante che vive da sola da due anni, mezza umana e mezza naiade.
Nahash, un giovane dal passato sconosciuto che la salva e per strade traverse va a vivere con lei.
Kyar, piena di domande. Nahash, chi sei? Da dove vieni? Che vuoi da me?
Cronache con un nuovo nome
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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In quei quattro anni crebbe la mia abilità nel combattimento e nella magia, con l’aiuto del Gran Sacerdote, e crebbe il mio corpo.
Il corpo non era più spigoloso, avevo perso chili, le gambe si erano allungate, i fianchi arrotondati, i seni cresciuti. Persino il mio volto aveva assunto dolcezza, con gli zigomi alti e le lunghe ciglia.
La prima volta che mi vennero le mestruazioni mi spaventai a tal punto che non dormii per tutta la notte. Il giorno dopo mi fasciai strettamente le anche e corsi da Lai, la vicina che mi teneva con sé da piccola. Mi tranquillizzò, mi spiegò cosa mi stava succedendo e mi mandò a casa con una collezione di salviettine nane per quello che accadeva, che chiamava la dimostrazione.
Il grande giorno arrivò alla svelta ed ero pronta. Per questo mi ritrovai in mezzo a una cinquantina di giovani convocati per passare l’esame di idoneità al mestiere di Commerciante. La prova aveva luogo in una delle sale all’aperto del Rifugio. Quel giorno indossai delle semplici brache e un corpetto piuttosto attillato, non trovandone altri puliti, la cui forma fece sorridere in modo lascivo qualche elegantone. Uno di loro, con gli occhi pieni di sicurezza, mi si avvicinò.
– Buongiorno, incantevole fanciulla.
– Buongiorno – risposi educatamente, come mi aveva insegnato mio padre.
– Siete venuta per incoraggiarmi? –. Non attese risposta e continuò. – Dopo l’esame potremo andare in un posticino che conosco.
– In verità – lo interruppi. – Sono qui apposta per tenere l’esame anch’io.
Questa frase riuscì a zittirlo per una manciata di secondi. – Se resterete troppo delusa per la bocciatura contate pure su di me. Sono il figlio del sindaco di Cantherburg. E voi?
– Sono la figlia di Rubhio.
– Non conosco tale nobile. Dov’è la sua villa?
– Non ha una villa, solo una casa nella Periferia Est. È un Commerciante.
Il figlio del sindaco di Cantherburg era sbalordito. – Un semplice Commerciante… E vi hanno dato il permesso di partecipare a questo difficilissimo esame? L’ho intuito subito che eravate davvero dotata –. Fece per avvicinarsi.
– Se è per questo, signore, sono anche una mezza Naiade.
Lui mi guardò, poi scoppiò a ridere. Mi tolsi la spilla e quello si spaventò. – Hanno permesso a un mostro di venire qui? Questo è un esame destinato ai figli di esseri umani!
– Mio padre mi ha raccomandato di discutere soltanto con chi ne sa più di me. Capite perché sono obbligata a interrompere questa conversazione?
Il figlio del primo cittadino di Cantherburg ammutolì per la stizza e poi venne preso da una collera talmente violenta che attirò l’attenzione degli esaminatori.
Si lamentò con loro dell’atteggiamento del mostro che era stato introdotto in quel luogo per errore.
Ma il giovane dovette cambiare tono. Non solo ero stata riconosciuta idonea a sostenere l’esame, ma per di più mi presentavo come allieva del Gran Sacerdote, il più intrattabile dei vecchi sapienti dell’Ashar, temuto dai suoi discepoli così come dai suoi pari. Non si diceva forse che il Gran Sacerdote avesse richiamato all’ordine perfino il Re Neirj, quando gli insegnava la magia?
Ben presto venni considerata come una bestia rara dagli altri candidati. Come aveva fatto quella mezzosangue, appartenente a una famiglia maledetta e sconosciuta, senza fortuna, a guadagnarsi la fiducia del Gran Sacerdote?
Non mi lasciai distrarre dall’incidente.
L’esame si rivelò particolarmente difficile. Bisognava tradurre uno scritto in due lingue antiche dell’Ashar, senza l’aiuto del lessico, nella lingua Dardany, quella corrente. Alcuni candidati si scoraggiarono subito. Altri furono vittime della loro preoccupazione. Presi tempo per riflettere. Piuttosto che torturarmi la memoria, lasciai parlare la mia intuizione.
Ignoravo certe parole, ma ne dedussi il significato in base al contesto. Quando rilessi la traduzione non potei trattenere un sorriso.
I cavalli debbono essere addestrati. Le scimmie domestiche imparano a danzare, i cani ad obbedire. Gli allievi sono per natura ignoranti e indisciplinati. Solo chi lavora ogni giorno e non trascura neanche le mansioni più insignificanti diventa una creatura forte. Un solo giorno di negligenza e seguirà il castigo. L’orecchio dell’allievo è sulla sua schiena. Quando ha assaggiato il bastone, diventa più attento. Comprende che si può progredire solo conversando con i propri maestri. Che queste parole siano comprese con il cuore e siano di giovamento.
In tutta sincerità mi ricordava il metodo d’insegnamento alla Gilda.
Gli esaminatori passarono tra le file per eliminare i candidati insufficienti. Ne rimasero soltanto dieci, tra cui anch’io.
Sia ringraziata la Dea!
Venni pregata di alzarmi in piedi. Dopo una breve attesa, comparvi davanti a una giuria di uomini in età matura.
– Cosa ne pensi del testo che hai tradotto? – chiese uno di loro.
– Secondo il Gran Sacerdote, è buono e giusto. Secondo me è una cosa da barbari.
– Non sei dunque favorevole alle bastonate?
– No. Noi non siamo bestie. Sono crudeltà anche quando sono giustificate.
– E quando, secondo te?
– Quando non si è fatto al meglio il proprio lavoro.
– E sei sicura di averlo fatto?
Mi sentii in trappola. – Ho tentato di essere all’altezza dei miei doveri.
– Tentare non basta. Ci sei riuscita in tutte le occasioni?
Impossibile dare una risposta affermativa. Preferii tacere.
– Il tuo silenzio è eloquente. Riconosci il tuo errore. Quindi ti meriti una bastonata. In ginocchio!
Uno degli esaminatori uscì dalla giuria, con un bastone in mano. Lo guardai dritto negli occhi e poi mi misi inginocchio, in attesa dei primi colpi.
– Sappia che non piangerò, né griderò – sussurrai a denti stretti.
– Alzati – ordinò l’esaminatore. – Il tuo esame è finito.



– Allora com’è andata?
– Non lo so, padre.
– Come non lo sai?
– Ho detto la mia sul tema dell’esame.
Mio padre sospirò. – Non c’è problema. T’impegnerai di più e riproverai l’anno prossimo.



Al tramonto si stava bene in giardino. Stavo stendendo alcuni panni ad asciugare quando Brokl iniziò ad abbaiare rivolto al cielo.
– Cosa c’è, Brokl? –. Mi chinai e lo accarezzai dietro le orecchie. Poi guardai nella direzione in cui puntava. Uno strano uccello deforme volava in modo sghembo. Strinsi gli occhi. Quello era… Un gatto volante?!
No. Era un Keryl. Non si vedevano in quella parte dell’Ashar da quasi trecentocinquant’anni.
Il Keryl perse quota e atterrò nel cesto del bucato dove c’erano ancora dei panni.
Che mira!
Corsi alla cesta e guardai quella strana creatura. Ecco spiegato perché volava così male: una freccia gli aveva trapassato un’ala. Intanto il cane continuava ad abbaiare.
– Calmati Brokl. Non ci farà niente. È svenuto.
Presi il lembo di una coperta e ne strappai una striscia. Tenni ferma l’ala del Keryl, spezzai la freccia e gliela sfilai. Emise un gemito di dolore e gli bendai la ferita con la striscia di stoffa.
Un istante dopo il Keryl si svegliò, si guardò attorno, scattò in posizione d’attacco e ringhiò minaccioso. Brokl assunte la stessa posa.
– Basta Brokl! E tu calmati. Non ti farò alcun male.
– Ho imparato a non fidarmi di voi umani!
Sbattei gli occhi un paio di volte. – Ma tu parli?!
– E tu volevi uccidermi!
Alzai le mani in gesto di difesa. – No, hai frainteso. Io sono tua amica.
– Se sei mia amica perché hai in mano una freccia simile a quella che ho nel… Nel –. Si zittì il suo sguardo passò dalla metà di freccia che avevo in mano al bendaggio dell’ala, e viceversa.
– Te l’ho tolta mentre eri svenuto.
– Quindi invece di uccidermi mi hai medicato?
Annuii con un sorriso.
Madame, chiedo scusa. Il mio nome è Ainon.
– Molto piacere, Ainon. Io sono Kyar e questo è Brokl, il Veeny di Rubhio, mio padre.
Brokl avvicinò il muso al Keryl, lo annusò e gli leccò affettuosamente il muso.
– Animali – sbottò Ainon. – Che schifo.
– Ma anche tu sei un animale. O sbaglio?
Sorvolò l’argomento. – Ti ringrazio infinitamente per avermi medicato. Sono un Keryl d’onore, e sul mio onore, ti seguirò fedelmente per aiutarti e salvare la tua vita, come tu hai fatto con la mia.
– Non ce n’è davvero bisogno.
– Mi sentirei in debito per il resto dei miei giorni se non accetterai.
– Allora ho una proposta da farti.
– Dimmi tutto.
– Facciamo un contratto di lavoro. Diventa il mio Veeny, il mio Compagno di viaggio.
– E sarebbe?
– Se diventerò Commerciante avrò bisogno di un Compagno al mio fianco. Dato che non lo ancora trovato, potesti diventarlo tu e ripagare il tuo cosiddetto debito.
– Per me sta bene.
Gli sorrisi. – Siamo d’accordo –. Allungai l’indice e lui lo strinse nella sua zampetta da gatto.

X marty_odg: x te un bell’applauso ke continui a recensire!!!! Sn contenta ke t sia piaciuto il mio guaritore, ricomparirà nella storia te lo assicuro. L’Istant Hour comparirà fra tre cap, se tt va bene. Ma preeeegooo, mi fa sempre piacere recensire delle storie.

X Laban: Wattaaa!!! 6 la seconda persona ke mi recensisce. E la cosa mi riempie di orgoglio. In effetti scrivo diverse storie da diversi anni, e questa è la prima ke trovo il coraggio di pubblicare >///<

A voi due mie recensitici (esiste questo termine, incredibile!): grazie mille perché mi seguite. Arigatoo e sayoonara
  
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