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Autore: Elanor89    23/01/2010    1 recensioni
Elena Dumont è una bella vampira, una donna in carriera e di successo, ma la sua diffidenza l'ha sempre condotta per strade solitarie, lontana dai suoi simili nei quali non riesce più a riporre fiducia... Accadrà tutto in una notte: il destino mescolerà le carte in gioco e lei dovrà imparare a fidarsi di nuovo per sopravvivere... Ma quando la fiducia non sarà più sufficiente, quando ogni segreto verrà svelato, riuscirà a fuggire da un passato terribile che torna sempre a bussare alla sua porta?
Genere: Generale, Romantico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Carissima Lety Shine 92, ti annuncio con piacere che sei ufficialmente la prima lettrice che mi ha inserita tra i preferiti... ;) perciò ti ringrazio e ti dedico il primo capitolo della storia. Da questo momento la narratrice sarà Elèna, ma non escludo che nel corso della storia possano emergere altre "voci". Buona lettura e lasciami un commento tutte le volte che ti va!

 

 

*

Capitolo I


  La prima cosa che vidi fu un'intensa luce bianca. La prima cosa che ricordai fu il blu di due occhi agitati, in preda al panico.

Respirare era difficile, probabilmente mi ero rotta qualche costola, ma ancora più difficile era ricordare ciò che era successo o capire dove mi trovassi in quel momento. L'unica certezza che avevo era di essere viva e che non fosse merito mio.

Cercai di focalizzare gli oggetti intorno a me, ma fu tutto inutile: la luce bianca proveniente da una fessura tra i tendaggi mi impediva di mettere a fuoco alcunchè. Ero circondata da suoni e profumi sconosciuti: percepivo profumo di pulito provenire dalle lenzuola sotto di me e il suono di un respiro regolare da qualche parte accanto al letto, non avrei saputo localizzarlo meglio.

Mi voltai su un fianco mentre una fitta di dolore mi mozzava il fiato e allora lo vidi. Un viso ben definito, capelli scuri e ordinati, lunghi fino a sfiorargli la base del collo, elegante... Un blu intenso nei suoi occhi, un sorriso sulle sue labbra. Lo osservai per un lungo istante, più di quanto fosse lecito o educato, poi arrossii: il ricordo di quella notte e il senso di colpa mi assalirono di colpo, scuotendomi dal torpore causato dalla lunga dormita e dal dolore. Avevo ucciso ancora.

Una lacrima incandescente solcò la mia guancia, perdendosi inosservata sulla federa del cuscino...

- Sono felice che tu sia sveglia...- mi disse lui, osservandomi di rimando. Mi sorrise, rassicurante - Mi chiamo Christian...-

- Dove... dove mi trovo?- domandai confusa. Con mio disappunto la mia voce tremò, spezzandosi sul finire della domanda. Non avevo abbastanza fiato per sdegnarmi.

- Sei in casa mia in questo momento, ti ho trovata due giorni fa in un vicolo, eri in fin di vita...- Le sue parole colsero nel segno solo dopo qualche istante: erano già passati due giorni? Che ne era stato dei due uomini? E il terzo? Domande a cui la mia mente non trovava risposte, non in quel momento. Il suo sguardo mi seguiva in ogni minimo movimento.

- Come ti senti?- mi chiese. La preoccupazione era evidente nel suo tono di voce, me ne sentii scaldata.

- Sento dolore ovunque, ma sto bene...- risposi – Io non so come... Pensavo che sarei morta...-

- L'ho temuto anch'io... Pensavo di essere arrivato troppo tardi... Ho dovuto sedarti per poterti rimettere a posto... hai due costole incrinate, un brutto livido sul viso e un taglio sul cranio, ma tutto sommato sei in forma...- sorrise delicato mentre passava in rassegna i miei traumi. Mi guardava attentamente, ma non con curiosità.

- Non so davvero cosa dire, ma ti ringrazio...- dissi. Ero in imbarazzo, non ero affatto abituata a quel tipo di cure o di attenzioni.

- Non devi, te lo assicuro... - rispose lui, da gentiluomo. Mi sollevai piano, i muscoli contratti, sforzandomi di mascherare le fitte all'addome, cercando di mettermi a sedere. Avevo bisogno di pensare lucidamente, lasciando per un attimo da parte il senso di colpa.

- Dovresti rimanere immobile...- mi ammonì lui, alzandosi in piedi e avvicinandosi. Mi sostenne con cautela, aiutandomi a sollevarmi e a poggiare la testa al telaio in ferro battuto del letto. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da lui mentre le sue mani mi sfioravano delicatamente, la familiarità dei suoi gesti era tale da indurmi a pensare che dovesse essersi abituato a quelle incombenze per tutto in cui ero rimasta incosciente. Mi sentii nuovamente imbarazzata. Un unico pensiero riusciva a sollevarmi: Chris non era umano. Non potevo fargli del male e sapeva esattamente con cosa aveva a che fare... Il suo odore era vellutato e inumano, esattamente come quello di tutti noi...

Erano anni che non entravo tanto in contatto con qualcuno: avevo imparato a non fidarmi dei miei simili e nei rapporti con gli umani ero sempre troppo cauta per lasciarmi coinvolgere. Avevo evitato qualsiasi errore con loro e mi ero sempre tenuta alla larga dai miei, ascoltando la voce del buon senso. Ma lui era tutto ciò che non avevo mai neanche intravisto in un vampiro... Chris era un'eccezione.

Avrebbe potuto farmi del male in qualsiasi momento, avrebbe potuto lasciarmi nel vicolo a morire alle prime luci dell'alba, ma mi aveva portata via, mi aveva curata... Senza un perché...

- Mi dispiace, forse avrei dovuto chiedertelo...- si scusò lui, amareggiato dalla mia reazione. Mi sentii in colpa immediatamente, quasi fosse una reazione chimica innescata dal suo sguardo. Non ero mai stata tanto sensibile all'umore altrui.

- No, scusami... Mi hai solo colta di sorpresa...- dissi, scuotendo la testa. Chris si rilassò e si sedette al mio fianco, mentre gli sorridevo per la prima volta. I muscoli del viso protestarono, allarmandomi: quanto male ero ridotta?! Mi guardai le braccia nude: erano ricoperte di lividi più o meno estesi e il busto, coperto solo da una leggera camicia da notte, era fasciato. Mi sfiorai piano il viso con le dita incerte. Sotto i polpastrelli sentivo le sbucciature e i tagli. Lui mi guardò un istante e si alzò dal letto, diretto ad un mobile alto con molti cassetti. Ne aprì uno e ne estrasse uno specchio, per poi porgermelo con cautela. Lo avvicinai piano al viso, trassi un respiro profondo e mi guardai: avevo la fronte coperta da una benda, ma si intavedeva chiaramente un livido esteso, un taglio campeggiava sullo zigomo pallido, esattamente dove lo avevo appena localizzato con le dita, e un altro vicino al mento. Avevo gli occhi pesti, cerchiati da ombre scure e i capelli legati in una coda alta, probabilmente da lui. Sbattei le palpebre per un attimo, sconcertata dalla mia immagine riflessa, e poggiai lo specchio sulle gambe.

- Sono impresentabile...- decretai, critica. Odiavo quella quasi mortalità che mi affliggeva durante il giorno. Solo la notte mi dava sicurezza, nulla poteva scalfirmi. Chris rise, facendo tremare il materasso sotto di noi.

- Ti preoccupi di questo?- chiese.

- Odio sentirmi così vulnerabile...- confessai. Le mie parole lo zittirono all'istante.

- Com'è potuto succedere? Non riesco a capire... il sole non era ancora sorto...- mi chiese, pensieroso.

- Cosa?- chiesi per temporeggiare. Sapevo esattamente a cosa si riferisse.

- Perché hai lasciato che accadesse, perché mettere a rischio la tua vita?- mi domandò costernato.

- Non ho potuto fare diversamente... Non volevo ucciderli...- risposi sincera.

- Ti ho trovata in un lago di sangue... sei fortunata ad essere qui...-

- Lo so... Se non fossi intervenuto... credo che sarei morta li...-

- Ho solo fatto ciò che ho creduto giusto...- rispose in tono duro. Non capivo il perchè di tanta severità.

- Mi hai salvato la vita...- risposi. Era la discordanza più grave tra noi due: lui salvava la gente, io la uccidevo... senso di colpa e sollievo si alternavano nella mia mente senza darmi modo di respirare. Mi sentivo mancare l'aria, ero in iperventilazione. Non potevo restare lì, non potevo gravare ancora su di lui. Ero un'assassina, probabilmente mi stavano già cercando. Non potevo metterlo in mezzo, aveva già rischiato molto portandomi a casa sua. Lui rimase in silenzio osservandomi pensieroso. Probabilmente intuiva il mio tormento.

- Non puoi andare via...- mi disse con una strana luce negli occhi - Ovviamente non posso impedirtelo, ma non penso sia una scelta saggia. Non sei fisicamente in grado di proteggerti e saranno già partite le indagini sul corpo nel vicolo... -

- Non credi che la mia presenza ti abbia creato fin troppi problemi? Non voglio che tu ti senta obbligato a tenermi qui... Hai fatto molto più di quanto abbia fatto io per me stessa...-

- Non basta salvare una vita, bisogna anche prendersene cura...- ribatté lui convinto – Non mi sento affatto obbligato...-

- Che intendi dire?- domandai, turbata da tanta sicurezza.

- Non sai quanto tempo è passato dall'ultima volta in cui sono stato in compagnia di qualcuno di cui non desiderassi la morte, il cui odore non significasse per me nient'altro che cibo... So che capisci...-

Mi sentii scuotere: era così vero, tutto così esatto... tutto aveva un senso... L'avevo pensato anch'io solo pochi istanti prima. Non potevo perdere tutto questo. Lo guardai negli occhi per un attimo, mentre lui sollevava una mano verso il mio viso. Le sue dita mi sfiorarono calde e gentili, evitando i miei traumi. Il mio stomaco si strinse nell'istante in cui il sangue mi salì alle guance.

- Non posso permetterti di andare via in queste condizioni...- mi disse, con un tono che non ammetteva discussioni. I suoi occhi non mi pemettevano di distogliere lo sguardo, intrappolandomi.

- Lo so...- risposi senza voce. Lui mi guardò a lungo senza parlare, posando la sua mano sulla mia, mentre la sua mente continuava a scorrere veloce.

- Sono in disaccordo anche su un'altra cosa...- iniziò - Non sei malridotta come pensi... Basterà qualche ora e le ferite saranno del tutto rimarginate. Il taglio alla testa è quasi del tutto guarito, le costole ti faranno male ancora, ma sei in salute, non dovrai rimanere ferma ancora per molto...- - E' una buona notizia...- confermai. E una volta guarita sarei potuta andare via.

- Sei un medico?- gli chiesi incuriosita. La professionalità nella sua voce era sorprendente.

- Lo sono stato...- rispose lui. Avrei dovuto capirlo fin dall'inizio... - Ci sono così tante cose da dire...- continuò – Ad esempio, potresti dirmi come ti chiami... Ho trovato diversi documenti falsi nella tua borsa...-

- Mi chiamo Elena...- risposi, nuovamente in imbarazzo – E vorrei davvero... fare una doccia...- aggiunsi. Lui mi sorrise.

- Pensi di poter stare in piedi?- Scostai le lenzuola e cercai di scendere dal letto. Una fitta acuta di dolore mi attraversò la colonna vertebrale, mentre un gemito che non ero riuscita a trattenere mi lasciava senza fiato.

- Lascia che ti aiuti...- intervenne lui. Mi prese tra le braccia prima ancora che potessi oppormi. Lo guardai sorpresa da quella nuova prospettiva: era molto alto e aveva le spalle ampie. Era muscoloso e sembrava che il mio peso non gli costasse alcuno sforzo. Le sue mani mi sostenevano la schiena e le gambe mentre mi conduceva attraverso la stanza fino ad una porta che indicò essere quella del bagno. Abbassò la maniglia con il gomito, continuando a percorrere la camera azzurra in cui eravamo entrati fino ad una rientranza che ospitava la doccia, protetta da vetri colorati delle tonalità del blu. Su una sedia di vimini intrecciato stavano un accappatoio candido e un asciugamano, su un mobile un pettine e una spazzola. Lo guardai intensamente mentre mi aiutava a rimettermi in piedi, sostenendomi con un braccio.

- Se dovesse servirti qualcosa sono nella stanza accanto... subito fuori dalla tua... Se mi chiamerai lo sentirò...- disse, con una mano ancora sul mio fianco.

- Grazie...- risposi. Lui mi sorrise e si allontanò cauto, mentre mi sfilavo la camicia da notte, toglievo le bende e con un passo incerto oltrepassavo i vetri colorati, azionando il getto d'acqua. E mentre l'acqua lavava il mio corpo cominciai a piangere.

Tutto diveniva improvvisamente trascurabile, la mia vita era un dettaglio sacrificabile di fronte all'unica verità che la mia mente scossa riuscisse a registrare in quel momento... Avevo ucciso ancora.

 

 

Che ne dite, ragazze? Vi piace il nostro Chris? 

  
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