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Autore: Botan    24/01/2010    5 recensioni
“Là dove c’è luce, si annida sempre l’oscurità, nera come pece. Fin dai tempi antichi, gli esseri umani hanno conosciuto la paura dell’oscurità. Ma un giorno, grazie alla spada di un cavaliere capace di fendere le tenebre, gli esseri umani ritrovarono la luce della speranza.”
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era tardi

                                                             Diario

                                  #05

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Era molto tardi. Le lancette dell’orologio da polso di un anziano signore che si aggirava nelle vie buie della città, segnavano le 22 esatte.

L’uomo, una settantina d’anni, imboccò una stradina secondaria priva di abitazioni e caseggiati. Ogni dieci metri, la luce fioca di un lampione rischiarava quel lungo pezzo lastricato che sembrava proseguire all’infinito per sparire in lontananza.

Il vecchietto accompagnava i movimenti di un corpo ormai stanco e segnato dal tempo, con un sottile bastone di legno che aveva l’impugnatura di forma ellittica fatta di metallo. Si fermò per alcuni secondi, sul ciglio della strada, per riprendere fiato e massaggiarsi il dorso curvo e sfiancato da un malessere improvviso.

- Ohi ohi! La mia povera schiena! – mugugnò con sofferenza- La vecchiaia è una gran brutta cosa. – pronunciò, parlando solamente a se stesso, in quella strada deserta e vuota. 

Tra uno sfregamento e l’altro, l’anziano si decise a riprendere il tragitto, con la consapevolezza che, una volta giunto a casa, un buon riposo gli avrebbe senza dubbio dato sollievo.

Stava per riprendere il passo con l’ausilio del suo bastone, quando ad un tratto, colto alla sprovvista si sentì bloccare da una voce dal tono aggressivo, che gli intimò di non muoversi. L’uomo rimase interdetto, cercò di girarsi, ma si sentì puntare alla schiena qualcosa di solido e gelido.

- Nel caso in cui non lo avessi ancora capito, questa è una rapina, nonnetto! – sottolineò la voce misteriosa e giovane, proprio alle spalle dell’uomo. – E questa-riprese subito dopo, premendogli sempre di più l’oggetto contro la schiena- è una pistola! Una di quelle vere, che fanno bang! – lo schernì alla fine, urlandogli all’orecchio di proposito.

L’anziano dapprima tremò lievemente a causa dello schiamazzo subito, e poi sospirò. Lo fece con calma, pazienza.

 

- Mio caro ragazzo, esistono due motivi per cui non si dovrebbe mai urlare nelle orecchie di una persona matura come me. – il vecchio fece una pausa, cercò di rilassarsi- Primo, perché potrei anche perdere l’udito per via del rumore eccessivamente forte, e secondo… - si fermò, facendo una sosta voluta.

 

- Su, vecchio signore, continua! Così poi potrò ripulirti come si deve! Dopotutto, bisogna sempre ascoltare ciò che una persona anziana ha da dire! – l’acerbo rapinatore ridacchiò con disprezzo e gusto, avvicinandosi l’ennesima volta all’orecchio dell’uomo. Lo fece senza dubbio di proposito, per molestarlo, magari nella speranza di fargli perdere l’udito per davvero.

 

Il vecchietto si portò una mano sopra l’orecchio per tapparlo: - Io ti avevo avvertito. Pazienza, vorrà dire che questa sera mi toccherà fare indigestione, dato che ho già consumato da poco la mia cena.       

 

- Ma che stai blaterando?! – sbraitò il ladruncolo, perdendo la pazienza. Stanco ormai di aspettare, afferrò il vecchio alle spalle con l’intenzione di gettarlo per terra e sottoporlo a perquisizione, ma quello a finire atterrato fu proprio lui. – C-che vuoi fare?! Sei impazzito?! – strepitò il ladruncolo, con entrambe le mani del vecchio, strette intorno al collo. – S-soffoco!!! – tentò invano di opporre resistenza, cercando di divincolarsi da quella morsa che a breve gli sarebbe stata letale, però la potenza dell’altro sembrava essere mille volte superiore alla sua. Un ragazzo di appena venti anni, come poteva farsi assoggettare da un flaccido e mezzo sdentato nonnino?

 

- Prima di morire, voglio farti un ultimo regalo. – disse l’anziano, flettendo la schiena, già arcuata di suo, per accostare la bocca all’orecchio del giovane- Il secondo motivo per il quale non dovresti mai alzare la voce ed urlare nelle orecchie, è dovuta al fatto che, anche se anziana, la reazione che potrebbe avere quella persona, non la potresti mai prevedere. Sarebbe anche capace di mettere fine ad un’inutile esistenza come la tua! Soprattutto perché… - l’uomo si bloccò, si bagnò le labbra strusciando la punta della lingua sopra di esse, e sorrise- Da cacciatore, potresti divenire preda!

 

Il giovane ladruncolo, con il viso sempre più rosso, divenuto quasi viola per via della respirazione difficoltosa o addirittura resa impossibile dalle mani del suo assalitore che sembravano due possenti morse, trasalì quando vide gli occhi del vecchio scintillare di verde come quelli di un orribile mostro.            

 

- M-ma tu… Che diavolo sei?! – replicò a stento, le parole spezzate, soffocate. Mancava poco, ormai. Ancora pochi secondi, e sarebbe morto per asfissia.

 

L’altro trasformò il sorriso in un ghigno malefico: - Colui che si nutrirà delle tue putride membra! – La situazione ormai era più che chiara: quel vecchio, altri non era che un Orrore.

Spalancò la bocca, pronto ad aspirare per prima l’anima della sua giovane vittima. Stava quasi per assaporarne il sapore, fresco ma ancora acerbo, quando l’arrivo inatteso di qualcuno interruppe l’atto. L’Orrore sollevò il capo come una furia, i suoi occhi avevano un sapore amaro.

 

- Lascialo andare! – gli ordinò Kouga Saejima, giunto appena in tempo sul posto, aizzandogli contro la punta della sua spada.

 

Il vecchio allentò la presa trovandosi alle strette: sapeva che quel Cavaliere lo avrebbe braccato di sicuro. La cosa giusta da fare, in quel momento, era quella di rinunciare al proprio pasto, per avere libere le mani e potersi difendere. Lasciò andare la presa, il ragazzo riprese finalmente a respirare, ed il colore del viso da violaceo passò lentamente a rosa.

Tossicchiò una e più volta, portandosi in posizione supina, ma quasi a stento. Poi vide il suo aggressore arretrare di soli due passi, tenuto sotto stretta sorveglianza da Kouga.

 

- Allontanati! – gli ordinò quest’ultimo, facendo una voce grossa. Il ladruncolo non si lasciò certamente ripetere per due volte l’ordine! Si alzò in fretta, e al primo tentativo di rimettersi in piedi cadde rovinosamente a terra, ma poi, nulla gli impedì di darsela a gambe, lontano da lì, e correre a perdifiato verso il centro della città.

Adesso che quel civile era in salvo, Kouga aveva il campo completamente libero. Lo sfruttò per stringere saldamente l’ansa rossa della spada, e mettersi in guarda. Sapeva che l’Orrore lo avrebbe attaccato da lì a breve, senza inutili convenevoli. Avanzò verso la creatura che ancora aveva sembianze umane, finché la punta della spada non sfiorò quel mento flaccido e raggrinzito. 

 

- Cosa vuoi fare, giovane Cavaliere? – chiese l’essere, senza mostrare astio, ma, al contrario, pacatezza. – Potrei essere tuo nonno… Perché, dunque, non riponi la tua spada e ne parliamo? Le persone anziane sanno sempre ascoltare il prossimo, e trovare una soluzione a qualsiasi problema.

 

Kouga assottigliò lo sguardo e strinse sempre più il manico dell’arma: - Le creature come te non dovrebbero neppure aprire la bocca! – sentenziò aspro, dopodichè, facendo roteare la spada sopra il capo, si trasformò in Garo.

 

- Te ne pentirai amaramente, Cavaliere d’Oro! – ringhiò l’uomo, assumendo finalmente le sue vere sembianze.

 

- Ehi, Kouga! – irruppe Zarba – Stai attento alle sue mani! Se ti afferra, sarà difficile fargli mollare la presa.  

L’Orrore, come anticipato dall’anello, aveva degli organi prensili estremamente grandi, in contrasto con tutto il resto del corpo che vantava una struttura pressoché normale. Potevano stritolare un pilastro spesso di cemento armato in pochi secondi.

Poco dopo l’avvertimento di Zarba, Uca, l’Orrore dalle mani gigantesche, si lanciò all’attacco, cercando di schiacciare Garo con uno dei suoi palmi. Il Cavaliere del Makai evitò il colpo facendo un balzo all’indietro. La parte della scarpa dorata dell’armatura, a contatto con il suolo fece scintille. Ficcò la punta della spada nel terreno usandola per frenare la scivolata, e con un rapido balzo in avanti passò al contrattacco.

La Garoken si abbatté sul nemico che cercò di parare quel fendente con l’ausilio dell’avambraccio. Ci riuscì, ma Garo tornò alla carica quasi subito, e lo ferì pericolosamente ad una gamba.

Il paladino dell’Est approfittò del momento favorevole, e si preparò a richiamare il suo scintillante Madouba, Gouten, affinché lo aiutasse ad eliminare l’Orrore.

Uca, però, fiutando puzza di guai, e con la gamba del tutto inutilizzabile, si decise a giocare la sua ultima carta.

 

- Aspetta! – gli esclamò, con voce tremante- Non ti conviene uccidermi! Io posso darti le informazioni che cerchi su quel Cavaliere d’Oro che ti assomiglia!

 

Garo si bloccò d’istinto, divenne una statua.

- Stai mentendo! – tuonò all’Orrore, più che deciso. Il tono di quella voce, però, un po’ lo tradiva.

 

Uca fiutò l’incertezza del suo cacciatore, e rincarò la dose: - Se mi uccidi, non saprai mai se ho detto la verità! Mettimi alla prova, Cavaliere! Non vuoi conoscere chi si nasconde dietro quell’armatura dorata che tu stai cercando tanto di scovare?

 

Come faceva, Uca, a sapere del Cavaliere d’Oro simile al vero Garo?

E soprattutto, come faceva quell’essere disgustoso, a conoscere i desideri di Kouga? Il figlio di Taiga ne aveva parlato solo con Rei Suzumura. E, naturalmente, lo sapevano anche i Cani da Guardia. Poteva, quella notizia, essersi espansa così tanto da arrivare agli Orrori? Oppure c’era qualcuno che li teneva abilmente informati?

Ad ogni modo, Uca senza dubbio ne doveva sapere un bel po’.  

Poteva Kouga lasciarsi scappare l’opportunità di conoscere maggiori dettagli? Forse no, la tentazione era tanta. Ma benché la voglia fosse grande, il figlio di Taiga sapeva che di una creatura malvagia come l’Orrore lì presente, non ci si poteva e, soprattutto, doveva fidare.

Mai.

Lo aveva imparato a sue spese, da bambino, quando uno di loro aveva tentato di usarlo come scudo per evitare che Taiga lo uccidesse. E quella lezione gli era servita veramente molto.

Nel ripensare all’accaduto, il Cavaliere dell’Est ebbe un istante di esitazione. Tentennare, avere esitazione davanti ad una creatura del Makai, non era mai una buona idea.

Uca si servì della distrazione di Garo per sferrare un pericoloso contrattacco.

Alzatosi in piedi, facendo un salto in avanti agguantò il suo peggior nemico con la mano destra.

Lo spadaccino dell’Est si ritrovò presto cinto in quel grosso palmo.

 

- E adesso ti stritolerò come un insetto, distruggendo una volta per tutte questa tua maledetta corazza d’oro!

 

Garo tentò di costringere l’essere ad allentare la morsa, cercando di muoversi come poteva, ma dalla presa di Uca, che non aveva eguali, sfuggire non vi era possibile.

 

- Che ti serva di lezione per la prossima volta, ragazzino! – sbraitò Zarba, rimproverandogli la scarsa attenzione.

 

Il mostro scoppiò a ridere.

- Non ci sarà una prossima volta, Cavaliere! Per te è giunta l’ora di esalare l'ultimo respiro! – L’Orrore si accinse ad aumentare la stretta. Di più, sempre di più, Garo si sentì mancare il respiro.

 

- AAAH!!! – gridò, giunto quasi al limite della sopportazione. Non ce la faceva proprio più, Kouga, ad opporre resistenza. Stava letteralmente collassando. E questo non gli faceva per niente piacere.

Accadde in quello stesso attimo una cosa inaspettata: un boomerang grosso ed affilato centrò in pieno l’arto di Uca che, a causa del dolore acuto, fu costretto a spalancare la mano permettendo così allo spadaccino di liberarsi. L’Orrore non ebbe neppure la possibilità di riprendersi, piegato in due dalla sofferenza, che si vide colpire mortalmente al petto.

Lo scontrò terminò all’istante, sotto lo sguardo di un Garo finito a terra e sorpreso, che si rivolse ad osservare colui che lo aveva appena salvato.

Si trattava di un altro Cavaliere del Makai, dalla corazza d’argento. Un Cavaliere dell’Ovest, che però non aveva le fattezze di Zero. La misteriosa figura falciò con la sua arma affilata il vuoto d’innanzi a sé, e lo raggiunse. Quest’ultimo fece per alzarsi da terra, ma ben presto vide la punta tagliente del boomerang che aveva tra le mani il nuovo arrivato, finirgli dritta al collo.

 

- Alzati e combatti! – pronunciò il Cavaliere dell’Ovest, assumendo un tono minaccioso e perentorio.

I 99 secondi messi a disposizione per calzare l’armatura da Cavaliere del Makai, per Garo stavano ormai giungendo al termine.

 

- Kouga! Esci dall’armatura! – lo avvertì prontamente Zarba.

 

Lo spadaccino si vide costretto ad abbandonare quella veste dorata, restando così privo di difese.

L’altro combattente lo fissò negli occhi, intensamente. Kouga respirava ancora a fatica. Non si era del tutto ripreso dallo scontro con l’Orrore. Questo, il Cavaliere d’Argento lo aveva capito.

In segno di lealtà, abbandonò anch’egli la sua tenuta da combattimento, rivelando in questo modo il proprio aspetto. Si trattava di un ragazzo, forse aveva qualche anno in più di Kouga, con i capelli neri, molto corti sulla nuca e spettinati. Sopra la guancia destra aveva una lunga cicatrice che percorreva fin giù tutto quel lato, e poi si fermava alla fine del collo, scomparendo così tra il colletto dell’abito.

Kouga non lo aveva mai visto. Non poteva di certo conoscere tutti i guerrieri appartenenti all’ordine dei Cavalieri Mistici.

- Chi sei? – domandò, mentre il respiro gli si era finalmente stabilizzato.    

 

- Alzati! Ti sto dando la possibilità di combattere alla pari! – replicò l’altro, ignorando completamente la domanda.

 

Kouga lo guardò bene in volto: - Tu non vuoi uccidermi, vero? – disse – Altrimenti lo avresti già fatto, senza concedermi neppure la possibilità di rialzarmi. – gli fece notare. Ma lo sconosciuto, dopo un primo attimo di esitazione, fece in modo che la sua arma replicasse per lui. La spinse ancor di più, accostandola al collo dello spadaccino che sentì il freddo Animetallo sulla propria gola.

Si trovò così costretto ad agire. Raccolse la spada, distesa a terra accanto a lui.

Zarba si precipitò a parlare: - Ricordati del regolamento! Vuoi che vengano tolti altri anni alla tua vita?

Il figlio di Taiga replicò con sicurezza: - Se qualcuno mi punta contro il petto la sua arma, io non posso ignorarla. – affermò, e detto questo si rimise in piedi. Scacciò via con una scoccata l’oggetto acuminato dell’altro, dando così inizio al duello. - Chi ti ha mandato?! Che vuoi da me?! – lo interpellò, tra un colpo parato e l’altro assestato, durante lo scontro.

 

- Perché?! Dimmi perché ti interessi così tanto al territorio di caccia dei Cavalieri dell’Ovest?! – replicò burbero l’altro, affrettandosi a concludere- Sono qui per farti capire che quella zona non ti compete! Tu non hai il diritto di ficcare il naso nelle nostre cacce!

 

Kouga afferrò al volo il senso di quella frase. E così, parando per l’ennesima volta un pericoloso fendente e respingendo sia esso che il suo artefice qualche passo più indietro, calò la sua spada, riponendola.

Il suo avversario si bloccò un istante, stupito dal gesto. 

- Perché rinfoderi l’arma?! Riprendi a combattere!

 

- Non c’è un motivo valido per combattere. Questa battaglia è durata anche troppo. – sentenziò, facendosi silenzioso.

 

- Vorrà dire che questa volta assaggerai la lama della mia arma sulla tua pelle! – esclamò lo straniero, aizzandosi contro di lui.

 

- Basta così, Jin! E’ ora di finirla. – pronunciò una voce. Il ragazzo si bloccò seduta stante, poi sollevò il polso della mano sinistra.

 

- Spiegami il perché, Danda! Quel tipo… sai benissimo che cosa ha fatto…!- si affannò a reagire, replicando al bracciale che gli adornava il polso. Era senza dubbio un altro Madougu proprio come Zarba e Silva.

 

- Guardalo bene… Ti sembra il tipo da fare irruzione nel nostro territorio, e mandare all’aria le nostre cacce? – gli fece notare il bracciale mistico, alla fine aggiunse- A me no! Perlomeno, ho l’impressione che sia un bravo ragazzo.

 

- Sicuro! Diglielo anche tu! – rettificò subito Zarba, facendo sentire anche la sua, di voce.

 

- Ehi, collega! Buona sera! – esclamò Danda con un’esclamazione allegra e squillante.

 

- Buona sera anche a te…- rispose l’anello, dopo un attimo di esitazione. – Più che collega, il mio nome è… - stava per finire la frase, quando la voce di Kouga irruppe tra i due:

 

- Torniamocene a casa, Zarba.

 

- Za-Zarba?! – Il bracciale ebbe un sussulto inatteso- Jin! Quell’anello è colui che ha visto la luce grazie al sommo Amon!

 

- “Quell’anello”? Ci conosciamo appena, e si prende già tutta questa confidenza?- sbottò il gotico gioiello, a voce non troppo alta, che neppure lo stesso Danda riuscì a sentire. Eccetto Kouga, ovviamente. Poi l’anello proseguì– Mi ricorda tanto una guida mistica che ho conosciuto molti anni fa… – mormorò tra sé, alquanto irritato da un flashback  che gli era comparso in quel momento. 

 

- Se quello è Zarba… allora… - Jin fece una pausa, poi fissò improvvisamente Kouga che nel frattempo si stava per allontanare- Aspetta un momento! – gli ordinò. Al signorino Saejima non piaceva che qualcuno gli imponesse di fare qualcosa. Soprattutto con un tono tutt’altro che gentile. - Tu sei il figlio di Taiga Saejima?

Il suono di quella domanda fece tuttavia fermare lo spadaccino. Kouga non rispose. Restò muto e fermo, lì in mezzo alla strada, senza neppure voltarsi a guardare il suo interlocutore.

 

- Rispondimi! Sei il figlio di Taiga Saejima? – insisté Jin, nuovamente.

 

Il cavaliere dell’Est finalmente si decise a controbattere:

- Sì. – disse soltanto.

 

- Tuo padre e il mio una volta hanno combattuto insieme. – Dopo una simile dichiarazione, Kouga non poté fare a meno di voltarsi. La frase di Jin lo aveva in qualche modo attratto. – Per essere più chiari, Taiga Saejima salvò la vita di mio padre e lo aiutò a finire una di quelle creature che, senza il suo intervento, lo avrebbe di sicuro divorato.

 

- Io me lo ricordo benissimo, quell’episodio, ma il piccolo Jin no, perché non era ancora nato. – specificò Danda, sotto lo sguardo attento di un Zarba che non riusciva a capire chi fosse– Possibile che non ti ricordi di me, collega? Danda! Sono Danda l’irrequieto! Colui che ti consigliò caldamente di farti lucidare il testone con il grasso dei maiali! – concluse infine, e stavolta, Zarba, riacquistata la memoria, ebbe un pesante mancamento.

 

- Kouga! – tuonò all’istante, rivolto al proprietario- Torniamocene subito a casa!

 

- E’ davvero irrequieto come dice di essere? – lo sfotté il ragazzo, stuzzicandolo appena appena.

 

L’anello emise un profondo ed intenso sospiro. – Tu non immagini quanto, ragazzino! E ti pentirai amaramente per non avermi dato ascolto se adesso non fai dietrofront e ce ne torniamo a casa! Subito! – Il Madougu era in preda all’esasperazione.

 

Kouga si lasciò sfuggire un mezzo sorriso, poi tornò serio.

- Tuo padre è stato salvato dal mio, e tu hai salvato me. Siamo pari. – annotò, facendogli capire di voler andar via.

Jin lo trattenne ancora, con un altro dei suoi quesiti: - Se tu sei il figlio di colui che un tempo salvò mio padre da morte certa, allora perché fai del tutto per impedirci di eliminare gli Orrori? – lo fissò intensamente negli occhi. Cercava e voleva una risposta: - Qual è il motivo, Kouga Saejima?

 

 

   

 

 

                                                                              ***

 

 

 

 

 

- Un Cavaliere d’Oro simile al tuo? – domandò Jin, seduto su una delle poltrone poste nella sala a pian terreno di villa Saejima. Kouga annuì, in seguito il Cavaliere Mistico dell’Ovest aggiunse- Ma che razza di magia è mai questa?! Lo sanno tutti che ogni Cavaliere del Makai si distingue dall’altro grazie ad una propria morfologia che non lo fa assomigliare a nessuno. Deve trattarsi di un’illusione… - rifletté inoltre, ponendosi una mano sopra il mento, e spostando lo sguardo verso il basso, come per pensare. – Parlami di quell’arma… Sapresti descrivermela? – lo esortò. L’argomento sembrava interessargli.

 

Kouga si sollevò dalla poltrona, ed invitò il ragazzo a seguirlo. Raggiunsero entrambi la biblioteca della villa. L’unica stanza ricca di scaffalature piene di libri molto antichi. Alcuni di essi oltre ad essere vecchi, erano anche assai preziosi. Un buon collezionista sarebbe stato perfino capace di sborsare una vera fortuna, pur di averli.

Jin fece una panoramica della stanza, guardandosi attonito intorno. Nemmeno lui possedeva tutti quei tomi. Tuttavia, Kouga in quel frangente non mirava a prenderne uno di loro.

Si accostò in prossimità di uno scaffale, lì c’era una graziosa scatolina di porcellana purissima e dipinta a mano con estrema eleganza. Il tema principale di quelle raffigurazioni erano delle splendide peonie. Aprì il coperchio del raffinato oggetto, e ne tirò fuori una chiave.

Inserì quest’ultima nella serratura di un cassetto posto sotto la scrivania sistemata al centro della stanza, e lo tirò a sé.

Jin si fece curioso, e lanciò un’occhiata al contenuto. Tra i tanti fogli e documenti, ne spiccò uno in particolare, arrotolato come una pergamena, chiuso da un nastrino rosso.

Lo spadaccino sfilò via quella striscia di tessuto, e distese il foglio sulla superficie del tavolo.

 

- E’ questa. – enunciò, mentre Jin fletté di poco il collo verso il basso per osservare meglio il ritratto della stella.

 

- Dove hai preso questa foto? – gli domandò il guardiano dell’Ovest. 

 

- Denemon. Me l’ha data lui.

 

- Denemon era… - Jin si concesse una pausa, ci pensò su, pensò a quel nome, e poi riprese- il fratello del sommo maestro Amon?

Kouga gli annuì.

 

Danda si fece pensieroso.

- Quell’arma… - anticipò, tacendo per diversi istanti. Sembrava che stesse per dire qualcosa di veramente eclatante, ed infatti fu così – Quell’arma, Jin, tuo padre Makoto l’ha vista di persona! – La rivelazione del gioiello mistico sbalordì entrambi gli umani.

 

- Dove?!- chiese Kouga, travolto in pieno dalla scia di un’agitazione impudente.

 

- Mmh… fammici pensare un attimino…- Danda si zittì nuovamente. Il silenzio durò a lungo. Kouga aveva il cuore che sembrava galoppare all’impazzata, durante l’attesa. Osservò con un nodo in gola il gioiello millenario, finché arrivò il responso – Molti anni fa, quando ormai era stata già bandita da un pezzo, lui mi raccontò di un Prete, molto probabilmente un novizio, che ne plasmò una durante la Notte della Supplica. 

 

Lo spadaccino si stupì ancor di più.

- La Notte… della Supplica?

 

L’oggetto mistico gli spiegò il significato di quel termine.

- La cosiddetta “Notte della Supplica”, era la sera in cui ad ogni Monaco Mistico veniva concessa la possibilità di invocare lo spirito di Ahriman, per usufruire dei suoi servigi tramite il Mistico Patto.

 

- Quali sono i poteri che questo essere ti permettere di ottenere?- domandò la Zanna d’Oro dell’Est, sempre più attento al discorso.

 

- Il “distruttore”, oltre ad infondere potere all’Ottava Stella del Makai, promette a colui che lo invoca la possibilità di ottenere una speciale autorizzazione che permetta di interagire con gli Orrori. Talvolta il Monaco, se abile, ne riesce a diventare perfino l’ammaestratore.

 

Kouga e Jin si guardarono reciprocamente in volto. Ma fu quest’ultimo a parlare:

- Vuoi dire che…- fece una pausa, ancora incredulo- un Prete, uno qualsiasi di quei Preti del Makai, può assoggettare il volere di quelle creature e fargli compiere qualsiasi cosa?!

 

- Diciamo di sì, piccolo Jin! Però…

 

-Però…?- proseguì alla svelta Kouga, con un interesse incalcolabile.

 

Il Madougu sospirò: - Lo sapete entrambi che, sancendo il Mistico Patto, il Prete perde per sempre la possibilità di andare in Paradiso, giusto? Quindi, ognuno di quei sacerdoti, prima di effettuare l’invocazione, e prima ancora di creare la stella, è tenuto a pensarci attentamente, senza essere superficiale. Una volta stabilita la propria decisione, il Prete, accettando l’aiuto di Ahriman, ha di sicuro aiutato uno dei Cavalieri Magici a risolvere un caso estremamente pericoloso, ma nello stesso tempo, negato a sé stesso la beatitudine eterna.

 

- Dove vuoi arrivare, Danda? – si spazientì Jin, desideroso di sapere il fulcro di quel concetto. Il ragazzo non amava particolarmente i giri di parole.

 

- Un Prete sacrifica se stesso solo per permettere al bene di avere la meglio. Tuttavia… quella notte di venti anni fa, accadde il contrario, e quel novizio Monaco del Makai vendette per sempre la sua anima ad Ahriman il distruttore, per ottenere vendetta.

 

Kouga si sentì raggelare.

- Come si chiamava quel Prete? – irruppe alla svelta. Gli occhi scuri vacillavano, il cuore non aveva rallentato per un solo attimo la sua imperturbabile corsa, e la mente… La sua mente non aveva mai smesso di pensare ai misteri irrisolti che lo legavano sia alla Stella, sia a quel Cavaliere d’Oro fin troppo simile all’unico Garo.

 

- Eeeh…! – Danda trasse un lungo sospiro – Bisognerebbe chiederlo a Makoto, lui non me lo ha mai detto.

 

Il cuore di Kouga sembrò fermarsi di botto. Era come se un cavallo imbizzarrito avesse trovato un enorme ostacolo d’innanzi a sé, che gli bloccava la strada. Indirizzò i suoi occhi verso Jin: - Ti prego! – disse d’acchito, con lo sguardo vacillante – Portami da lui! Ho bisogno di sapere quel nome!

 

Il viso di Jin divenne inspiegabilmente triste. Il Cavaliere d’Argento chinò il capo, gli occhi si mossero verso destra, si stabilirono su quel lato, ma parevano non fissare un punto preciso.

- Mio padre… Lui non c’è più. E’ morto cinque anni fa, a causa di una malattia contratta in battaglia.

 

Kouga si zittì ed ebbe un flashback: l’attimo in cui Barago ferì mortalmente il suo, di padre. Taiga aveva tentato di salvare suo figlio, e sì, ci era riuscito, ma… sacrificando una vita per salvarne un’altra. Sacrificando la propria, di vita.

Il Kouga bambino di quel tempo, era ai piedi del padre, ormai esanime, disteso su quel selciato di terra, tra l’erba e i sassi, con gli alberi che rendevano quel buio ancora più penetrante, e che tenevano la luce della luna assai lontana. Quel bimbo scuoteva il suo amato genitore, lo scuoteva a più non posso, con il desiderio di vederlo rinvenire, con la speranza di poterlo ancora chiamare “papà” e ricevere poi un sorriso.

 

Il giovane Saejima ritornò in se, smise di ricordare quel momento, e lo allontanò via.

Tra i due discese il silenzio. Era più che prevedibile.

Entrambi i Cavalieri avevano perso il padre, ed entrambi ne sentivano comprensibilmente la mancanza.

Poi Jin all’improvviso ruppe quel silenzio: - Forse… posso darti quel nome! – esclamò, quasi con certezza. Lo sguardo di Kouga prese a brillare forte. Jin seguitò subito – Mio padre teneva un diario, una sorta di registro in cui appuntava le caratteristiche degli Orrori che affrontava in battaglia, dove descriveva le missioni che gli venivano affidate. Inoltre, in quelle pagine riportava i fatti più interessanti e gli avvenimenti più importanti che potevano in qualche modo servirgli in futuro.

 

- “Un Vademecum del cacciatore. Un giorno mio figlio potrebbe averne bisogno.” Fu così che mi disse Makoto.- proseguì Danda, ricordando una scena di molti anni addietro.

 

- Prima di morire, mio padre mi consegnò quel taccuino, dicendomi che forse avrebbe potuto aiutarmi, o perlomeno, rispondere a domande all’apparenza prive di risposta. – riprese Jin.

 

- Dici che…

 

Il figlio di Makoto assentì, capendo al volo cosa Kouga volesse dirgli. Poi approfondì.

- Potrebbe darsi che il nome di quel Prete, sia racchiuso in quelle pagine. Però… - si mise pensieroso- Io non ho mai aperto il Vademecum di mio padre, e quindi… - il giovane fece capire al quasi coetaneo che le possibilità di trovare quel nominativo lì dentro, non erano certe.

 

Kouga assentì ugualmente. Se c’era anche solo una remota probabilità di ottenere l’informazione che stava cercando, lui non poteva tirarsi indietro: ci doveva provare!

 

- Non importa. Voglio tentare! Io… devo farlo. - dichiarò lo spadaccino dell’Est, guardando attentamente l’altro. Kouga doveva provarci, Kouga aveva assoluto bisogno di sapere la verità e risolvere quel mistero. Doveva farlo per Taiga stesso, per sua madre, Rin, e soprattutto per la felicità di una persona in particolare. Una ragazza a cui lui teneva tantissimo, più della sua stessa vita. Doveva farlo per Kaoru.

 

- Domani verrai a casa mia, e ti farò vedere il diario. – disse il paladino dell’Ovest, arrivato nel frattempo nella hall insieme al collega, e deciso a lasciare la villa. Gonza era lì accanto, pronto a consegnarli il soprabito che aveva un colore molto scuro, sui toni del grigio. All’apparenza poteva sembrare nero, però osservandolo con attenzione e sotto una buona luce, si scopriva presto il contrario.

Proprio in quell’istante, si sentirono dei passi discendere le scale.

Kouga sollevò la testa, poi piegò le sopracciglia non appena vide la sagoma di Kaoru venire giù dalla lunga gradinata.

 

- Oh… scusate! – disse la ragazza in un primo momento, con modi un po’ timidi, osservando l’ospite inatteso- Non volevo disturbare!

 

- E’ tardi. Credevo che dormissi. – fece il signorino, vedendola raggiungere il foyer.

 

- In realtà stavo finendo di disegnare. Poi sono scena per prendere un po’ d’acqua… - scrutò timidamente l’ospite inatteso, che tra l’altro non aveva mai visto prima. Capì subito, però che si trattava di un “collega” di Kouga. Molto probabilmente, fu l’abito a rivelargli ciò.

 

- Lui è Jin. Un Cavaliere dell’Ovest. – Io spadaccino presentò il ragazzo all’artista.

 

- Molto piacere! Mi chiamo Kaoru! – esclamò, porgendogli con esitazione la mano. In realtà non sapeva come ci si doveva comportare nei riguardi di un altro Cavaliere Mistico. Jin non ricambiò il gesto, e tenne le mani abbassate. La pittrice ritirò a poco a poco la sua, poi cercò lo sguardo di Gonza per essere rassicurata. Il maggiordomo lo fece senza esitare.

 

- Non sapevo che avessi una sorella. – chiese poi lo stesso Jin nei riguardi di Kouga, squadrando bene la ragazza.

 

Il signorino Saejima e la bella Mitsuki si sentirono leggermente impacciati.

La verità era che entrambi non sapevano come comportarsi e cosa dire in quel momento.

Gonza afferrò la situazione al volo, e trasse entrambi dal pesante impaccio spiegando al giovane il “legame” di parentela che c’era tra i due.

- La signorina Kaoru è… - fece per concludere la frase, quando Zarba gli rubò la parola:

 

- La fidanzata di Kouga!

Quest’ultimo ferì l’anello chiacchierone con un’occhiata acidula.

 

Jin fissò ambedue gli umani, ma fu per poco, poi prese il soprabito senza commentare.

- E’ ora di andare. – disse soltanto. La notizia lo aveva forse turbato?

 

Kaoru portò lo sguardo sull’orologio appeso alla parete che le stava davanti. Le lancette segnavano la mezzanotte. Oltretutto, fuori aveva iniziato a diluviare. Lo scrosciare pesante dell’acqua si poteva sentire dall’interno della villa, tant’è che era forte.  Kouga l’aveva osservata. Infine si scambiarono uno sguardo, e lui sembrò intuire all’istante i pensieri della sua bella.

 

- Meglio se resti a dormire qui, stanotte. – gli disse, rivolgendosi a Jin.

 

L’altro si sentì in imbarazzo.

- Non posso accettare la tua ospitalità.

 

- Dovresti. – rispose Kouga – Mi hai salvato la vita. – ammise in seguito.

 

Kaoru si scosse nel sentire quelle parole: - Perché? Che cosa ti è successo? – chiese ansiosa, preoccupata.

 

- Niente di particolare. – sentenziò il giovane Cavaliere, con l’intenzione di non farla impensierire. La mora non si fidò della replica. Lei sapeva benissimo che quella non era la verità.

Spalancò le labbra: - Ma… - riuscì soltanto a dire.

 

- Gonza! – il suono della voce di Kouga sommerse quello della ragazza, che fu costretta ad arrendersi, quindi sospirando tacque. Il maggiordomo si mise sull’attenti, aspettando ordini- Preparagli una camera.

 

- Subito signorino! – assentì, e si avviò su per le scale.

 

- Potevo benissimo tornarmene a casa. – sbottò Jin, sembrando quasi seccato. In realtà, quel gesto gli era piaciuto.

 

- Andiamo, piccolo Jin! L’idea di dormire in un palazzo sontuoso come questo, non ti alletta nemmeno un pochino? – proferì Danda, con la sua solita voce squillante.

Tutto ciò che il suo proprietario riuscì a dire, fu solo: - Smettila di chiamarmi in quel modo! Sono stufo di ripetertelo sempre. 

 

- Su, andiamo sopra! – propose Kaoru, avviandosi su per le scale. I due maschi la seguirono poco dopo, ma prima di permettere a Jin di poggiare il piede sul primo gradino di quella lunga scalinata, Kouga gli posò una mano sulla spalla per bloccarlo affinché si voltasse verso di lui.

 

- Non parlare di ciò che ti ho detto quando c’è lei. – gli disse, alludendo alla questione affrontata nella biblioteca.

 

Jin riprese a camminare, strattonandosi da quella presa, ma si fermò dopo aver percorso il primo gradino: - Un Cavaliere Magico non dovrebbe scegliere come propria compagna una persona qualunque, che non potrà mai difendersi dall’attacco di un Orrore in quanto priva di potere Mistico. – espresse, poi finì la frase- Ma questi sono problemi tuoi, per cui eviterò di parlare. – gli assicurò con una certezza matematica.

 

Giunti in cima, Kaoru si dispose davanti alla porta della propria stanza, che esattamente si trovava di fronte alla gradinata, ed era l’ultima alla fine della prima corsia di quel ripiano.

- Questa è la mia camera! Mentre se giri quell’angolo laggiù - puntò un dito verso il fondo del corridoio, per indicare il cosiddetto angolo  – troverai quella di Kouga! – esclamò, con un sorriso cordiale.

 

Danda scattò seduta stante: - Cosa?! – tuonò, sfoggiando una voce piena di stupore. Perfino il volto, di Animetallo, assunse una aria attonita- Voi due dormite in camere separate?!

 

L’affermazione del Madougu fu per Kouga e Kaoru un vero e proprio fulmine a ciel sereno. Si guardarono istintivamente negli occhi, ma in realtà quel gesto fu spudoratamente accidentale. Infatti, mai e poi mai avrebbero desiderato rivolgersi l’attenzione in un momento tanto imbarazzante quanto gravoso come quello.

 

Danda notò subito l’impaccio dei due.

- A giudicare dalle vostre facce terribilmente scarlatte, scommetto che non avete mai affrontato l’argomento, dico bene?

 

- Danda! Falla finita! – lo ammonì prontamente Jin, cercando di zittire la sua guida che, questa volta, aveva davvero superato il limite.

 

- Guarda che non ho detto niente di male! E poi, ti sembra normale che quei due non dormano insieme? Prima o poi è un test che dovranno affrontare entrambi. – proseguì il bracciale, facendo scivolare sempre di più i protagonisti della conversazione nella più arroventata delle fornaci. Era un po’ come stare al mare, in pieno Agosto, sotto il sole cocente, senza creme solari od ombrelloni per ripararsi dal caldo. Si sentivano proprio come se il fuoco stesse divampando dentro di loro. – Volete che vi dia dei ragguagli a riguardo? Allora… - prese fiato, con l’intenzione di raccontare ogni cosa, di far conoscere a tutti il suo grado di preparazione. Sì, perché il gioiello pettegolo era un assiduo spettatore di romanzi televisivi a sfondo romantico. Quale occasione migliore per mettere alla prova le sue capacità di consulente matrimoniale?! – Di solito è il ragazzo che dovrebbe prendere l’iniziativa, anche se devo ammettere che in questi casi serve una buona dose di coraggio, per cui io direi di iniziare con un…– infilò una parola dietro l’altra, e stava per davvero costruendo un intricato ragionamento, quando il buon vecchio Gonza, compresa la complessità della cosa, si diede da fare:

 

- Ehm… Venite, signorino Jin! Vi mostro la vostra stanza! – propose, emettendo un sorrisino teso, e facendosi vedere impacciato. Jin fletté la schiena un po’ in avanti per congedarsi e salutare i due facendo mezzo inchino. Poi seguì il maggiordomo.

Kaoru e Kouga li accompagnarono con lo sguardo, mentre in sottofondo si poteva udire ancora Danda blaterare qualcosa. Quando li videro sparire dietro l’angolo, i loro volti si girarono di slancio finendo ancora una volta per incontrarsi.

Nessuno dei due riuscì a trovare il coraggio di parlare per primo. Che fossero imbarazzati, era più che scontato. Praticamente garantito. Semplicemente inequivocabile!

 

Zarba trasse un sospiro, poi senza remore, e quasi per dispetto esclamò a Kouga: - Io ti avevo avvertito! – puntualizzò, piuttosto seccato ma raggiante allo stesso tempo solo perché sapeva di avere ragione – Non hai voluto darmi ascolto? Peggio per te, ragazzino! Questa è la giusta punizione. Te la sei meritata. – Era pressoché… inutile! Zarba continuava a rincarare la dose, con una parola dopo l’altra, finché Kouga non si decise a farlo smettere. Coprì l’anello con l’altra mano, ma, senza la voce di quel testone loquace, inevitabilmente ripiombò tra i due umani il silenzio.

 

- Io… - stavolta fu Kaoru a rompere il ghiaccio- Ecco, tu… io…  - disse tartagliando, forse perché non sapeva in realtà cosa di preciso dire. Non riusciva a mettere insieme le giuste parole, ecco! Poi prese fiato, e disse di botto una cosa che poco dopo le fece venire la voglia di scomparire all’istante- Io vado a dormire, tu non vieni? – Evidentemente Kaoru voleva dire ben altro, ma presa da un momento di confusione, senza pensare bene a cosa pronunciare, le uscì fuori quella frase. – Vai! – disse urlando di botto, in agitazione. Kouga la guardò sempre più incerto. – Volevo dire… “vai”. Cioè, tu non vai a dormire? – rettificò subito, per levarsi di dosso quell’indigesto incaglio.   

 

- Sì, tra un po’. – rispose, cercando di mantenere una voce stabile e delle movenze pressoché normali.

 

Kaoru fece mezzo giro. Posò la mano sull’anta della porta perché pensava fosse chiusa, ma questa scivolò in avanti dato che il battente era stato solo accostato. La brunetta precipitò, rischiando di finire in terra, ma Kouga si mosse alla svelta per recuperarla.

Ci riuscì, il salvataggio andò a buon fine, ma il violento gesto la fece finire tra le sue braccia.

Sollevò gli occhi, l’artista, e gli rivolse con timidezza lo sguardo.

- Grazie… – pronunciò appena, non sapendo cosa dire, e provò un pizzico di disagio – Sono la solita distratta…!  

 

Kouga non disse nulla. Restò muto ed immobile a fissarla inconsapevolmente, senza rendersi conto di niente, senza pensare ai loro visi troppi vicini, pericolosamente vicini.

Restarono in quella posa a lungo, l’uno a guardare rapito gli occhi dell’altra, stretti in un goffo ma romantico abbraccio, finché la presenza di Gonza non li fece rinvenire.

 

- Ooh, scusatemi! Tolgo subito il disturbo. – fece il maggiordomo, imbarazzato almeno quanto loro, e con un mezzo inchino si preparò a scomparire.

 

- Aspetta, Gonza! – tuonarono in coro i giovani, guardandosi reciprocamente, ancora una volta. Infine, sciolsero l’abbraccio e si staccarono a vicenda.

 

- Io vado a dormire! Buonanotte… a tutti e due! – pronunciò Kaoru, tremante più che mai, entrando in camera e chiudendo la porta in un battibaleno.

 

- Vado anche io. – replicò Kouga, quasi immediatamente, avviandosi verso la propria stanza. 

 

L’uomo con i tondi occhiali, trovandosi solo nel pianerottolo di quel piano, emise un sorriso benevolo. Era la purezza di quei due ragazzi, a renderlo così felice. Una purezza che, rendeva il signorino Kouga e la signorina Kaoru veramente speciali.

 

 

 

 

 

                                                                       ***

 

 

 

 

 

Era sorto un nuovo giorno, dopo diverse ore di cammino, i Cavalieri Mistici dell’Est e dell’Ovest arrivarono a destinazione: la dimora di Jin.

 

- Non troverai un ambiente pulito e ordinato come quello di casa tua… - ammise, piuttosto imbarazzato – Io non posso permettermi un maggiordomo, e quindi… - Jin lasciò intendere che da solo, senza una persona come Gonza, capace di mantenere l’ordine in qualsiasi angolo della casa, non riusciva ad occuparsi di tutte le mansioni domestiche. Kouga non batté ciglio. A lui non gliene importava niente, in quel momento. Pensava solo a recuperare il diario di Makoto.

Il figlio di quest’ultimo avvicinò la mano al pomello dell’enorme portone, quando Zarba e Danda, le Guide Mistiche dei Cavalieri, esclamarono in coro:

 

- Kouga!

 

- Jin!

 

Gli umani sollevarono rispettivamente il dito e il polso delle mani sinistre.

- C’è un Orrore! – pronunciarono i gioielli, ancora una volta con un’espressione collettiva.

 

Il figlio di Taiga e il figlio di Makoto si scambiarono uno sguardo d’intesa.

 

- Sei pronto? – pronunciò Jin a Kouga, e lui, già con la mano sull’ impugnatura della spada, annuì alla svelta.

Il combattente dell’Ovest spalancò di getto la porta, colpendo l’anta massiccia di legno con un calcio violento. Kouga scattò in avanti con la spada sguainata, deciso all’attacco. Davanti a lui, tuttavia, il ragazzo trovò il vuoto.

Proprio così, la hall dell’abitazione era deserta, sembrava perfino tranquilla. Tutto in quell’istante lo era.

Entrarono con cautela e movenze circoscritte. Schiena contro schiena premerono a guardarsi intorno.

- Zarba – lo chiamò Kouga, per avere il suo aiuto.

L’anello si concentrò con l’ambiente circostante, tese l’udito, poi vibrò: - Lo sento vicino, ma non riesco ad individuarlo.

 

- Vorrai forse dire li sento vicini.- lo corresse Danda, immediatamente.

 

Jin sollevò il braccio, portando il polso all’altezza del mento.

- Quanti sono, Danda?! – domandò allarmato.

 

Il Madougu diede subito un responso : - Due, e molto cattivi. – precisò.

 

- Confermo, Kouga! – proseguì Zarba, e in fretta continuò- Hanno cominciato a muoversi! Sono quassù! – L’anello puntò il soffitto, indicandolo con gli occhi. Kouga e Jin lo seguirono.

 

- Seguimi! – urlò il Cavaliere dell’Ovest, avviandosi verso la gradinata che finiva dritta al piano elevato. La percorsero con sveltezza, giunti quasi in cima i due giovani avvistarono le pericolose creature. Il viso di Jin sbiancò di colpo: - Hanno preso il diario! – strepitò, notando che tra le mani affilate di una delle due bestie, c’era il preziosissimo vademecum di Makoto. I ragazzi non fecero in tempo a raggiungere la cima delle scale: uno degli Orrori si lanciò verso Jin, come un treno fuori controllo, e lo travolse. L’umano e la bestia ruzzolarono all'indietro, verso il fondo delle scale. Kouga si voltò con fare allarmato, nella speranza di scorgere il collega. Lui, sovrastato dall’Orrore che lo teneva bloccato sul pavimento, cercò di contrastarlo.

- Kouga! – gridò, nel momento in cui tentava di respingere ed allontanare dal suo viso le fauci sbarrate dell’essere- Prendi il diario! Sbrigati!

 

Il Cavaliere dell’Est annuì, deciso più che mai a riavere quel libro.

L’Orrore si sentì in pericolo. Scappò via, raggiunse un’enorme finestra verso la fine del corridoio, e si ci buttò dentro, mandandola in mille pezzi. Le schegge di vetro schizzarono ovunque. Kouga creò uno scudo coprendosi il volto con un lembo del suo soprabito, infine si lanciò anch’egli verso ciò che restava del finestrone.

Lo inseguì per parecchi metri, correndo a più non posso, con la spada sguainata.

Non doveva fare piacere, per una creatura del Makai, essere inseguita da un Cavaliere ostinato.

Così, individuò un edificio enorme, si nascose lì dentro.

Kouga varcò poco dopo la soglia d’entrata di quel casolare. Si trattava di una vecchia fabbrica, ancora in uso, con poche attrezzature ed una serie di finestroni a costeggiare tutto intorno il perimetro di quell’interno.   

 

- Fai attenzione… Questo posto è grande e molto pericoloso. – disse Zarba.

 

- Riesci ad individuarlo? – Kouga sollevò il braccio, lo portò davanti a se, l’anello chiuse gli occhi e li riaprì dopo una dozzina di secondi. 

 

- Sento una forte energia maligna provenire da lì.

 

Lo spadaccino osservò il punto segnalato da Zarba. Era un angolo buio: tra i quattro, il più buio.

C’erano due pile di lamiere accatastate, l’una al fianco dell’altra, più un barile di ferro arrugginito. Ai piedi di quest’ultimo, una chiazza giallastra lo attorniava. Probabilmente quel barile doveva avere una perdita.

Kouga si avvicinò con molta attenzione, ma tra lui e quell’angolo mantenne una certa distanza.

- Quella è benzina… - analizzò Zarba, riferendosi al liquido che bagnava il pavimento, intorno alla tanica circolare. - Con l’aiuto del Fuoco Guida, potresti carbonizzare quell’essere in un attimo.

 

- Non posso. – sentenziò secco Kouga- Così facendo, brucerebbe anche il diario.

 

- E questo l’Orrore lo sa benissimo. Ecco perché non ti ha ancora attaccato. Sa di poterti ricattare.

 

- Già.- il ragazzo annuì alle parole dell’anello. La situazione diventò presto snervante. Poi il Cavaliere prese una decisione. Si piegò verso il suolo, e lasciò lì la sua spada.

 

- Kouga, non farlo. – Zarba aveva già capito tutto. – Non ripetere lo stesso errore di ieri. Ricordi? Ti sei quasi fatto abbindolare dalle parole di Uca, e stavi per rimetterci la pelle.

 

- Quel diario mi serve. E poi… - si prese una pausa, il suo sguardo sembrò farsi deciso, sicuro più che mai – Non farò lo stesso errore.

 

- Speriamo bene…- appuntò il Madougu, emettendo un sospiro.

 

- Sono disarmato. La mia spada è a terra. – Kouga sollevò il tono della voce, affinché l’Orrore potesse afferrare al meglio quelle parole. Dalla pila di lamiere l’essere uscì con cautela allo scoperto, per appurare la veridicità di quell’affermazione.

 

- Senza la tua arma, sei come un umano qualunque! Inutile e debole. – proferì la creatura, sibilando come un velenoso serpente, consapevole di avere più che mai il coltello dalla parte del manico. Sbatacchiò il diario che stringeva in una mano, e sorrise – Cosa mi dai in cambio di questo inutile oggetto?

 

Kouga replicò all’istante, con il responso pronto: - La libertà!

 

- La libertà?! – tuonò con sarcasmo l’essere del Makai, scoppiando a ridere – E tu, lasceresti una creatura come me davvero libera di andar via? Sono solo parole, le tue! 

 

-Quando un Cavaliere promette qualcosa, quella promessa diventerà certezza.

 

L’Orrore ci pensò su, si trattava per lui di un’offerta estremamente allettante. La libertà, in cambio di un misero diario.

- E va bene, Cavaliere! Però, prima getta fin quaggiù la tua arma.

 

Kouga diede un calcio alla spada, e questa slittò percorrendo il suolo e fermandosi ai piedi del mostro.

Rapido, l’Orrore gettò il libro in aria, verso lo spadaccino che lo prese al volo tra le mani, e rimase fermo al centro del casolare.

- E adesso che la tua preziosissima arma è qui, inerte ai miei piedi, prima di andare, assicurerò a me stesso che tu mantenga davvero la promessa, semplicemente togliendoti la vita! – La creatura sguainò gli artigli, con l’intento di affettare letteralmente Kouga.

Il ragazzo era praticamente disarmato. Senza la sua spada, l’Orrore non gli avrebbe dato neppure l’aggio di scappare.

 

- E adesso, cosa conti di fare? – gli fece subito notare Zarba, cercando di dare un tono sarcastico alla frase, vista la gravità della faccenda.

 

Il ragazzino fece mezzo sorriso. - Sta a vedere. – disse semplicemente. Sembrava avere la situazione sotto controllo. O perlomeno, Zarba in quel momento lo sperò fortemente.

In effetti, il figlio di Taiga non era del tutto disarmato. Un Cavaliere Magico, oltre all’appoggio della propria arma, ne aveva una altrettanto pericolosa e potente.

L’asso nella manica di Kouga, era il suo accendino. Svelto, lo estrasse dalla tasca interna del soprabito e, nel momento in cui l’Orrore si stava preparando a saltare in avanti, lo spadaccino aprì il coperchio dell’affare mistico e lo scagliò in direzione del barile. Il Madoubi sbatté contro la tanica e finì a terra, esattamente nella pozza del propellente.                

Quando la creatura del Makai si gettò all’attacco, il Fuoco Mistico aveva già raggiunto il bidone. Esso scoppiò all’istante, producendo un boato incredibile. Un vaporoso fascio di fuoco raggiunse e travolse l’Orrore, annientandolo in un lampo.

Il Fuoco Guida scoppiettò per un’ultima volta, infine scomparve nell’aria.

Zarba finalmente aveva smesso di pregare in silenzio. La difficile manovra aveva dato i suoi frutti, e del mostro ormai non rimaneva nessuna traccia.

 

- Beh, che posso aggiungere? Hai rischiato grosso, ma hai fatto anche un buon lavoro! – si complimentò l’anello, fiero di assistere un Cavaliere del Makai come lui.

 

Kouga abbozzò un sorriso, poi la sua attenzione cadde inevitabilmente su quel diario che teneva nella mano. Alla fine ci era riuscito. Lo aveva recuperato, e per di più, integro.

 

- Cosa stai aspettando? Guarda che sono curioso anche io di sapere quel nome! – gli confidò Zarba, e l’altro, senza farselo ripetere, decise di sfogliare il vademecum di Makoto.

 

Sfiorò la copertina, di un verde smeraldo e piena di grinze, ma gli fu concesso di effettuare solo quel gesto.

Il preziosissimo oggetto si incendiò tra le sue mani come un cumulo di ramoscelli messi in un camino.

Ci fu una breve ma intensa vampa, e poco dopo, il nulla.

Kouga si guardò le mani: erano, fortuna per lui, leggermente ustionate ma piene di sangue. Il bruciore era più che fastidioso, ma quella sofferenza non era minimamente paragonabile a ciò che aveva appena perduto.

Non avrebbe mai scoperto quel nome. La risposta alle sue domande, non l’avrebbe mai avuta.      

Quel diario orma non esisteva più.

Nonostante la scottatura, serrò forte le mani, le chiuse a pugno, più che poteva, e si guardò attorno. Sperava di scoprire il colpevole di quel gesto. Perché lui ne era più che certo. A bruciare quel diario, con chissà quale magia, era stato qualcuno.

Zarba gli rivelò prontamente una cosa: - Ho percepito la stessa presenza che captai in quel vicolo, ricordi?

 

Kouga lo guardò con attenzione, quasi allibito: - Ne sei sicuro?!

 

- Mi ci gioco l’anello! – confermò deciso il Madougu.

 

A chi è che appartenesse l’aura percepita da Zarba, Kouga non sapeva proprio conoscerlo.

Non poteva essere quella di un Orrore, perché era stato lo stesso Zarba, quella sera nel vicolo, ad escluderlo. Poco dopo, aveva pure azzardato che quella, era un tipo di aura umana.

Ne aveva sentito l’odore, gli specificò.

L’odore di un umano.

 

 

 

 

 

                                                                        ***

 

 

 

 

 

Jin, il Cavaliere dell’Ovest, non riusciva a spiegarselo.

Stava accanto a Kouga, entrambi nella hall della propria casa semi distrutta dallo scontro con l’essere.

- Il mio palazzo era protetto da una serie di potenti talismani mistici. Un Orrore non avrebbe mai potuto spezzare la forza di quei sigilli. – confermò, guardandosi attorno e vedendo disordine in ogni angolo. Alcuni scaffali a terra, delle tende lacerate, un vaso di porcellana rotto. Afferrò proprio uno di quei cocci, lo fissò. – No, un Orrore non avrebbe mai potuto spezzare quei sigilli. – affermò per l’ennesima volta.

Kouga emise un lungo e sconsolato sospiro.

- Sono la stessa persona.

 

- La stessa persona? – replicò Jin, senza capire.

 

- Colui che ha annientato il potere dei tuoi amuleti, e colui che ha bruciato il diario che io avevo tra le mani… Sono la stessa persona.

 

- Ma… come faceva a sapere di quel diario? E perché mai lo ha distrutto? – Jin scosse la testa, erano davvero troppe le sue domande. Era pieno di perplessità, confusione.

 

- Adesso lo so- premise Kouga, con lo sguardo traballante e il cuore pieno di rabbia- Nelle pagine di quel vademecum, c’era il nome che stavo cercando. – Poi i suoi occhi divennero malinconici.

 

Jin lo guardò in silenzio. Anche il suo viso si trasformò, si fece amareggiato.

Poteva sentire la sofferenza dell’altro sulla propria pelle. Poteva percepire la sua rabbia, il suo sconforto. Jin si avvicinò, gli posò una mano sopra la spalla.

- D’ora in avanti, sappi che potrai contare anche su di me. – esclamò il Cavaliere Mistico dell’Ovest, accogliendolo per la prima volta con un sorriso amico. Poi gli porse una mano, per suggellare ulteriormente quelle parole. Kouga dapprima si trattenne, infine, con estrema gratitudine, ricambiò la stretta e suggellò così un giuramento fatto di speranza, coraggio, ma soprattutto amicizia.

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Chiedo infinitamente perdono a tutti voi per l’incommensurabile ritardo…!!! Vi prego, accettate le mie scuse, ve ne supplico! ;___;

Purtroppo da quando ho iniziato il lavoro di plush maker, ho veramente pochissimo tempo da dedicare alla scrittura e a tutte le mie passioni generali.

E quando la sera finisco di lavorare, sono così stanca che alla fine mi vado a buttare subito sul divano…

Rimedierò sicuramente pubblicando il prossimo capitolo molto presto, così non vi stancherete di aspettare!

Spero vivamente di ricevere qualche recensione, anche dopo così tanto tempo, ma soprattutto spero che qualcuno di voi sia ancora interessato a leggere la fanfiction stessa.

Adesso devo scappare, risponderò ai vostri commenti nel prossimo aggiornamento!

Un grande abbraccio a tutti voi!  ^___^

 

Ah, che sbadata…! L’episodio numero 6 sarà INTERAMENTE dedicato a Rei Suzumura!

 

Botan

                                                          

   
 
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