Fanfic su attori > Johnny Depp
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Autore: ladyvonmark    25/01/2010    12 recensioni
Preferivo definirmi
'artista del cioccolato'. O qualcosa del genere. [...] Ho
le allucinazioni?
Ora, di tutti i film mentali che un si poteva fare, mica mi andavo a
sognare che nella cucina, nella mia cucina al mio ristorante
-vabè, mio per modo di dire- ci entrava Mort Rainey?
[...] E quando la mia mente bacata si risolse nel dire
qualcosa di lontanamente sensato, lui era già passato.
Sì, vabbè, carpe diem e mi affrettai a seguirlo.
Nata dal racconto della carriera di un cuoco italiano in
un expensive restaurant in London. Del resto io l'ho sempre detto che I
Love London. E se accadono queste cose, tanto meglio. Ah, gli
avvenimenti raccontati sono, sostanzialmente, veri. E non so se questo
sia positivo.
Ad Eyre.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come tradurre il dialetto abruzzese quando i tuoi neuroni sono in vacanza a Honolulu


In quella cucina faceva un caldo della miseria, un caldo che veramente, ma veramente neanche nel Sahara.
E almeno nel Sahara ci stava qualche miraggio, una piccola oasi, un bel beduino che ti offriva del latte di cocco. Morivi di sete, ma morivi contenta! Ah, povera me. Sospirai mentre venivo sommersa di ordini e cose varie. Non capivo come un ristorante importante e costoso come quello potesse essere sempre pieno zeppo e io, infatti, trottavo sempre come una pazza, nonostante fosse una semplice pasticcera. No, non tanto semplice.
Preferivo definirmi 'artista del cioccolato'. O qualcosa del genere.
Fatto sta che mi ritrovavo sempre con l'acqua alla gola, col capo che sbraitava di darci una mossa perchè c'era quello o quell'altro.
Ma chissene frega, pensavo. Tanto mica morivano di fame, se non gli portavamo caviale e parenti ittici vari. Ma valli a capire quei tizi pieni di tic e manie.
Ah, la vita da star non avrebbe fatto per me, ne ero abbastanza sicura. 
Quando stavo in Italia, perchè era lì che ero nata, avevo sviluppato la mia dipendenza dai dolci, ma tanto mi bastava. Perchè io il cibo che si tocca me lo mangiavo, mentre c'era qualcuno che la carne che tocca la verdura non la mangia.
Beati loro che avevano tempo e voglia di pensare a simili stronz- ehm, facezie.
Io invece trotterellavo da una parte all'altra della cucina. Più che pasticcera/artista del cioccolato mi sentivo un cane da riporto.
< Alice! >
< Hurry! >
< Come on, Alice! >
Qui, bella! Mancava solo l'osso di gomma.
E fu quel giorno che ci fu la svolta, quando venni chiamata in cucina per aiutare con la decorazione di un piatto, che alzai lo sguardo su un mestolo luccicante e vidi un viso decisamente improbabile, almeno quanto affascinante.
Ho le allucinazioni?
Ora, di tutti i film mentali che un si poteva fare, mica mi andavo a sognare che nella cucina, nella mia cucina al mio ristorante -vabè, mio per modo di dire- ci entrava Mort Rainey?
Cioè, no, non Mort Rainey. Johnny. Dill- Depp. Ma che razza di confusione avevo in testa?!
Quando mi passò davanti, sorridendo -il paradiso, no, lo giuro, neanche il paradiso sarebbe stato tanto bello- il mio cervellino delicato partì per Honolulu, facendomi un clamoroso 'ciao, ciao'.
Non m'interessò minimamente recuperare un po' di decenza. Perchè boccheggiai.
E quando la mia mente bacata si risolse nel dire qualcosa di lontanamente sensato, lui era già passato.
Sì, vabbè, carpe diem e mi affrettai a seguirlo.
Solo in quel momento notai Gianni, il cuoco italiano, tarchiato e grassottello, che guardava Adone con gli occhi a scodella.
< It's really him, isn't it? >
Annuii con gli occhi spalancati, ancora muovendomi per raggiungerlo.
Gli altri non poterono capire l'uscita di Gianni, non capendo la lingua, ma lui se ne uscì con una frase forte e chiara, indicando maleducatamente l'oggetto dei miei -e non solo miei- desideri.
< Parè, sì proprie 'nu fregn' >
Avete presente quando si zittiscono tutti, quelle situazioni assurde, davvero da film, in cui nessuno ha il coraggio di proferire parola?
Ecco, quella fu una situazione del genere. Tacquero tutti e Depp si fermò a guardare il cuoco, ignaro del significato delle sue parole.
Fu lì che scoppiai a ridere, senza ritegno, senza potermi fermare. Parè! Come si faceva a chiamare Johnny Depp 'parè'?!
Mi cadde il cappello dalla testa e mi uscirono le lacrime dagli occhi per l'assurdità della situazione. Non riuscivo a respirare. Gianni ripeteva ancora che 'era 'nu fregn'!'.
< What did he say? Ehi! What the hell... >
E lì capii che l'uomo dei miei sogni mi stava parlando, sinceramente curioso e sinceramente preoccupato per la mia salute mentale.
< Ehm... >
E mi ritrovai a lambiccarmi il cervello -tornato da Honolulu temporaneamente- per spiegare a Johnny Depp il significato della parola 'parè'.




Scusate, non ho resistito alla tentazione.
è che ieri mi hanno raccontato questa cosa, che è vera!, e non ho potuto evitare di scriverla. Ho solo utilizzato uno dei miei alter egHI, Alice, che ovviamente -purtroppo- nella realtà era da tutt'altra parte e cioè a casa, a guardare Secret Window e a sbavare, attendendo disperatamente Marzo per vedere un certo Cappellaio Matto.
Scusate eventuali errori di ortografia e cose varie.
Hurry vorrebbe dire Muoviti-secondo il mio inglese, il che è tutto dire-.
It's really him, isn't it? sarebbe è veramente lui, vero?
E Parè è un diminutivo di 'parente'. Sì, non è inglese, è dialetto abruzzese. Comprendi?

Un abbraccio forte a Eyre, adorata donna, e all'Androgina, as always -love u-.
Cheers,
Fede <3
  
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