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Autore: Sad Angel    30/01/2010    1 recensioni
Calore, tutto intorno. Sdraiata nel letto, in posizione fetale, sonnecchiavo, esausta dalla frenetica giornata che avevo appena vissuto finché, all’improvviso, non sentii sul volto una folata di aria fredda ed una strana sensazione non mi colpì alla bocca dello stomaco. Espirai, un brivido freddo che saliva lungo la spina dorsale per poi irradiarsi per tutto il corpo. Aprii gli occhi. Un secondo. Poi urlai. NOTA DELL'AUTRICE: anche in questo caso, si tratta di un esperimento e, ovviamente, essendo una FF, non c'è nulla di vero. Buona lettura a chiunque volesse!
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo quarto

Conflitto

 

 

La mano di Timo sulla spalla, uscimmo nel corridoio buio. Non appena mi accorsi di dove mi trovavo, rabbrividii ancora. Il ragazzo, veloce, allungò la mano sinistra.

Click.

La luce illuminò il corridoio vuoto. Osservai entrambe le direzioni, cercando di ricordare se quello del sogno fosse lo stesso dove mi trovavo ora. Aggrottai le sopracciglia, indecisa poi, un momento dopo, Timo cominciò a camminare, attraversando il corridoio. Appoggiò una mano sulla maniglia della porta della sua stanza. La spalancò.

Fissai l’interno della stanza. Il letto sfatto, le pantofole abbandonate, una vicina al letto, l’altra in mezzo alla stanza. Probabilmente, sentendo il mio urlo lui era corso da me, senza nemmeno pensare. Espirai.

“Vieni, dai…” disse lui, la voce neutra, tenendomi la porta aperta e sospingendomi, gentilmente con l’altra mano.

Osservai la stanza un altro secondo, poi deglutii.

“…Non voglio approfittarne…” esclamò lui, un secondo dopo, abbozzando un leggero sorriso “…Le ragazze mi piacciono consenzienti e ben disposte nei miei confronti, non rompiscatoli e timide…” scherzò, la voce allegra.

Gli gettai un’occhiataccia, la tensione che diminuiva “Sempre simpatico, eh?” risposi.

Lui rise. “Che ci posso fare?!? Fa’ parte della mia natura…”

Abbozzai un leggero sorriso poi, un pelino più tranquilla, mossi un paio di passi, verso la stanza.

“Che accidenti state facendo voi due!” gridò, un secondo dopo, la voce isterica di Alberto.

Io e Timo ci voltammo di scatto, fissando il ragazzo che, un accappatoio sopra al pigiama, era appena spuntato dalla sua stanca. Un secondo di silenzio, poi lui avanzò nella nostra direzione. Timo, al mio fianco, mormorò “Scheiße…” talmente piano che solo io riuscii ad udirlo. Mi morsi le labbra, per non scoppiare a ridere, poi deglutii.

“Allora?” rincarò Alberto, oramai a pochi passi da noi. Si fermò, portandosi le mani sui fianchi, con fare autoritario.

Un altro istante di silenzio, poi Timo si mosse, imitandolo, piazzandosi nella stessa posizione di Alberto, nascondendomi dietro di sé “Allora cosa?” domandò, imitandone anche il tono. Alle sue spalle, mi morsi nuovamente le labbra, cercando di non farmi sentire, mentre sogghignavo.

Alberto lo fissò, in silenzio, esterrefatto, prima di sbottare “Non prendermi in giro, idiota! Lo sai benissimo che, se volessi, mi basterebbe andare dal direttore, per farti buttar fuori da questo convitto!” esclamò, cercando di darsi importanza.

Timo sollevò il sopracciglio sinistro mentre un’espressione di disgusto appariva sul suo volto “A me, invece, non serve andare da nessuno, prima di spaccarti la faccia, Alberto ma, non per questo l’ho fatto…” si fermò, un secondo, creando un po’ di suspance, prima di terminare, sogghignando “Almeno non fin’ora…”

Un altro secondo di silenzio. I due si fissarono in cagnesco poi Alberto abbassò lo sguardo dal volto alle braccia di Timo. Deglutì. Il tedesco sogghignò ancora.

“Rispondi alla mia domanda, finché sei in tempo!” ricominciò Alberto un secondo dopo, ora fissando me che, di sicuro, apparivo maggiormente sovrastabile di Timo.

Silenzio.

“Allora, Timo?” Ricominciò Alberto, prima di sbuffare.

L’altro sogghignò ancora “Sinceramente…l’ho trovata una domanda talmente arguta che me la sono dimenticata subito…” lo sfotté, la voce divertita.

Alberto sbuffò ancora, prima di ripetersi “Ti ho chiesto che accidenti stavate facendo!” sbottò, iniziando ad innervosirsi davvero.

Il tedesco rimase un paio di secondi a studiare l’altro, il sorriso sulle labbra, poi allargò le braccia “Come puoi ben vedere, siamo in un corridoio e, come tu dovresti ben sapere, dall’altezza della tua intelligenza sovraumana certificata dal tuo dottorato, Alberto, di norma, i corridoi vengono utilizzati come spazio di movimento, di attraversamento…”

“Come mai sei così logorroico, questa notte?!? Piantala di prendermi in giro e arriva al punto!” lo incalzò l’altro.

Il volto di Timo si irrigidì, poi lui incrociò le braccia sul petto, sollevò il sopracciglio sinistro ed il labbro, in un ghigno canzonatorio “Ovviamente, stavamo passando…” rispose.

“L’avevo notato, Einstein! Ma perché???” urlò un secondo dopo “Dimmi perché accidenti state girando insieme a quest’ora, disturbando la quiete del corridoio…”

“Fino a prova contraria, noi stavamo solo passando e quello che disturba la quiete, caro mio, sei tu, urlando a mo’ di scimmia urlatrice!” lo interruppe subito il tedesco, sogghignando.

Alberto lo fissò, esterrefatto, poi prese un bel respiro, cercando di calmarsi, le sue mani tremarono “Ad ogni modo…” riprese un istante dopo “…come tu ben saprai oramai, essendo molto tempo che ci obblighi a sopportare la tua presenza…” ricominciò, osservando il viso del suo interlocutore che, sempre più divertito sollevò di nuovo le sopracciglia “…il regolamento del collegio proibisce agli studenti di invitare persone di sesso opposto nella propria stanza…”

I due si fissarono. Alberto sogghignò, certo di averla appena avuta vinta. Timo invece, perfettamente calmo, si mosse, veloce, verso la sua stanza tornando un istante dopo, un depliant in mano. “Leggo testualmente…” iniziò, sollevando le sopracciglia di nuovo “…Agli studenti è inoltre severamente vietato invitare persone di sesso opposto all’interno del collegio, in particolar modo nella propria stanza…” Staccò gli occhi dal depliant, tornando a fissare quelli di Alberto, sogghignò “E’ vietato invitare estranee, Alberto, non persone che risiedono qui…” Il sorriso sul suo volto divenne più esteso “Mi dispiace, darti l’ennesima delusione, ma sembra che, nemmeno questa volta, io abbia infranto una delle tue stupidissime regole…” concluse, la voce dolce.

L’altro lo fissò, gli occhi sgranati, il suo volto che diventava velocemente di un acceso color bordeaux. Un secondo, poi pestò il piede destro “Forse non ancora, Timo, ma prima o poi, farai un passo falso e ti assicuro che io sarò lì, quel giorno e, finalmente, mi liberò di te, piantagrane!” sbottò.

Il tedesco rimase impassibile, sogghignando “Continua a sognare, che è meglio…Sono troppo fuori dalla tua portata…”

Alberto pestò di nuovo il piede, prima di indicarci, con l’indice della mano destra “Non cantare vittoria! Mi liberò di te, anche se dovesse essere l’ultima cosa che faccio!” si fermò un secondo, gettandomi un’occhiataccia “E anche di te, piccola piantagrane!” concluse, prima di voltarci le spalle e allontanarsi, a passo d’elefante per il corridoio. Lo fissai, shockata, consapevole di non aver fatto nulla. Un secondo. Dopo essere entrato nella sua stanza, sbatté rumorosamente la porta. Un piccolo quadretto, appeso sul muro poco distante, cadde, rompendosi.

Ancora sconvolta dalla reazione del ragazzo, gettai un’occhiata a Timo che mi confidò, la voce allegra “Adoro farlo arrabbiare così…” Mi sorrise, complice, prima di appoggiare una mano sulla mia schiena, sospingendomi all’interno della sua stanza.

 

 

Tlack.

Osservai la porta richiudersi lentamente, seduta sul letto sfatto di Timo. Un istante dopo, il ragazzo appoggiò la schiena contro il legno, iniziando ad osservarmi, in silenzio. Mi grattai, imbarazzata, una guancia, non sapendo che fare. Un secondo. Arrossii. Non sapevo nemmeno perché mi ero lasciata convincere a venire nella sua stanza. Gettai una veloce occhiata all’ambiente. Stereo, cd, libri e dizionari, attirarono immediatamente la mia attenzione sulla scrivania. Sorrisi. Non sapevo perché ma mi sentivo sicura lì. Forse era la luce accesa o il fatto che la camera fosse maggiormente raccolta della mia oppure, la presenza di Timo, ma mi sembrava impossibile che, in quella stanza, qualcosa di brutto avrebbe mai potuto disturbarmi. Espirai.

“Parliamo del sogno, vuoi..?” esclamò lui, all’improvviso.

Rapidamente, spostai lo sguardo su di lui. Mi fissava, i suoi occhi castani erano seri. Deglutii, prima di rispondere “Non me lo ricordo bene…C’era un corridoio buio…urla…pianto…”

Lui sgranò di nuovo gli occhi prima di sbattere le palpebre, più volte “Ma non avevi detto che avevi visto un bambino?”

Un secondo poi fui io a sgranare gli occhi. Presi un respiro profondo poi negai col capo “No, Timo. Il bambino era reale.” Esclamai, convinta.

Lui rimase a fissarmi in silenzio per alcuni secondi poi chiese “Sicura di non avere confuso la realtà con il sogno?!? Sarebbe più che normale…voglio dire…appena svegli, credere che il sogno fosse reale…”

Negai ancora col capo, più che convinta “Non mi sono sbagliata, Timo!” esclamai con impeto “Sono più che sicura di essere stata sveglia…ha tentato di toccarmi con una mano, mi sono tirata indietro, poi lui ha detto qualcosa…” Aggrottai le sopracciglia, tentando di ricordare cosa avesse detto di preciso ma non ci riuscii. Espirai. “Accidenti!” imprecai, un secondo dopo.

Timo, le spalle ancora appoggiate contro il legno, espirò poi si passò una mano fra i corti capelli biondo scuro. Ci fissammo a lungo, in silenzio, poi lui espirò ancora “Sei davvero così convinta?” domandò ancora.

Gli gettai un’occhiata, veloce, iniziando a spazientirmi “Non credermi se non vuoi…”

Lui non rispose, sollevò solo un istante le spalle. Avvicinandosi a me, si fermò alla scrivania, appoggiandosi contro lo schienale della sedia, incrociò nuovamente le braccia. “Cosa pensi di fare?” domandò poi, all’improvviso.

Sbattei un secondo le palpebre “Che cosa intendi dire?!?” chiesi, la voce sconvolta.

Lui espirò “Pensi di far finta di niente o cosa?” continuò poi, notando la mia espressione sempre più sconcertata si sbrigò ad aggiungere “Lascerai la camera e il collegio o farai finta di non aver visto niente?”

I miei occhi si sgranarono ulteriormente. Un secondo. Sentii un immenso calore al volto “Non farò nessuna delle due cose... Non farò finta di non aver visto quel bambino ma non per questo rinuncerò ai miei sogni” risposi.

Un altro momento di silenzio. I suoi occhi castani, ora duri, scrutarono i miei “Non so se sia la cosa migliore…”

Lo fissai, ancora più sconvolta, prima di esclamare, senza nemmeno pensare “Scusa?!? Che intendi dire?!? Cosa sarebbe meglio fare, secondo te?” chiesi, irritata.

“Andare via…” concluse lui, la voce impassibile.

“Andare via?!?” ripetei io, shockata.

“Si…vai via…è meglio…”

Un secondo di silenzio poi mi alzai, veloce “Davvero gentile da parte tua!” abbaiai, irata, avvicinandomi alla porta “Non pensavo certo che fossimo già diventati amici, ma di sicuro non mi aspettavo questo…”

Mi fermai, davanti alla porta, abbassando la maniglia. Mi voltai, fronteggiandolo. Timo mi fissava, impassibile, come se nemmeno mi avesse sentito. Aspettai, un paio di secondi, sperando che dicesse qualcosa che sistemasse tutto ma lui rimase immobile, in silenzio a fissarmi. Sbuffai. “Mi dispiace non incontrare i tuoi desideri, ma io non me ne vado da nessuna parte, ne ora, né mai!” esclamai infine, uscendo e chiudendo la porta dietro di me.

Di nuovo nel corridoio buio, espirai, cercando di calmarmi. Di non lasciarmi dominare dalla rabbia e dalla delusione. Silenziosamente, appoggiai la schiena contro il legno della porta, chiusi gli occhi.

Un secondo.

Sentii i piedi nudi di Timo muoversi sul pavimento, all’interno della stanza.

“E’ un peccato che tu non te ne vada…” disse la sua voce, all’improvviso, dall’altra parte del muro. Sgranai gli occhi, un brivido mi attraversò la colonna vertebrale ma rimasi ferma, in silenzio. Non volevo che mi scoprisse.

“Un peccato per me…ma anche per te…” concluse. Lo sentii espirare poi si sdraiò.

Click.

Ferma contro il legno, espirai un ultima volta, prima di tornare alla stanza spettrale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per Sakuruccia: Innanzitutto, chiedo perdono per l'immenso ritardo... Ho avuto un sacco di problemi e la voglia di scrivere è andata a farsi benedire...al momento, sto cercando di farmela tornare... scusa ancora! Grazie ancora per tutto l'appoggio^^! Spero di nn deluderti! Bacio.

  
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