Ad personam:
Cara Atlantis Lux, con grandissima soddisfazione ho appreso che sei arrivata a leggere tutti i capitoli scritti finora, un mezzo romanzo! Sono onorato della tua bellissima recensione. A me piace molto vedere alcune scene con gli occhi di un personaggio secondario: contribuisce a muovere la scena in certi capitoli altrimenti statici, e a completare un quadro descrittivo rimarcando la presenza di tutta un'umanità che, anche se sfoggia colori e lineamenti esotici, ha modi di sentire e vedere neanche molto distanti dai nostri. Mi piace anche attribuire ad alcuni personaggi una certa goffaggine: oltre a essere in carattere con l'età ed i characters originali, contribuisce a stemperare la soggezione che metterebbero a causa dei loro impressionanti poteri psichici. In effetti, questa simmetria tra i due cast contrapposti, Witch e gocce, ricorda quella che si ritrova nei tuoi bei racconti Earth e Versus, e così pure il tema è simile sotto diversi altri punti di vista. Bene, riprendiamo la storia da dove la abbiamo lasciata nel capitolo
precedente: la telefonata di Cornelia a Elyon.
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PROFEZIE
Riassunto delle puntate precedenti
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi. A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, contenuta in disegni e frasi casuali, la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza. Sul palazzo scende un clima sempre più oppressivo in cui le congiurate utilizzano sia i poteri mentali che l'intimidazione per mantenere il controllo. Settimane dopo, Irene e Pao Chai vengono a sapere per caso la profezia infallibile che prevede che la tirannia durerà un anno. Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica e impopolare, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e eventualmente le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi. Però sono troppo poche per mettere in atto tale piano. Per rimediare, Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità. Caleb, sfuggito ad un tentativo di cattura, si trasferisce a casa di Elyon, dove però si creano situazioni imbarazzanti sia con lei che con Cornelia; tra le altre cose, racconta che a Meridian è stata preannunciata la presentazione di un importante personaggio pubblico. |
Cap.49
L’amica del cuore
Per capire sé stessi, bisogna trovare il coraggio di convivere con i propri fantasmi.
Heatherfield, casa Portrait
“Elyon, c’è Cornelia al telefono per te”, ribadisce
il signor Portrait dal corridoio al pianterreno, sventolando il cordless
come se fosse una bandierina.
“Cornelia!” grida entusiasticamente Elyon dalla
camera al piano di sopra.
Thomas insiste, guardando in alto: “Allora, scendi?”.
Lei gli appare all’improvviso alle spalle. “Eccomi!”.
Con un sussulto e un’occhiata di fuoco, lui le mette
in mano il telefono, poi si dirige verso il soggiorno sbuffando di stizza.
“Ciao, Corny! Come stai?”.
“Ciao, Ellie”. La voce dalla cornetta suona un po’ bassa.
“Scusa per come me ne sono andata. Tuo padre mi ha già detto che
Caleb non è più lì”.
“Purtroppo…”, sospira lei attorcigliandosi una treccia
attorno a un dito.
“Colpa mia?”.
“No. Sembra che io sia brava a farlo scappare anche da
sola”. Soffoca un’esclamazione di disappunto quando l’elastico si sfila,
e la treccia inizia a disfarsi.
“Mi dispiace. Hai tempo, adesso?”.
“Per te, sempre. Ti avrei chiamata tra un po’. Eri così
turbata…”.
“Possiamo parlarne a quattr’occhi?”.
“Ma certo, Corny. Dove ti va bene?”.
Heatherfield, pub Amethyst
Il pub ‘Amethyst’ è uno dei più vecchi di
Heatherfield, ricavato al pianterreno di un palazzo residenziale di inizio
novecento. La sua vetrina stretta addobbata per Natale, i suoi infissi
di legno scurissimo, gli stucchi ed i lampadari… tutto fa pensare ad un
sopravvissuto della belle epoque. Niente giochi elettronici o diavolerie
moderne: perfino il registratore di cassa, nota Elyon entrando, è
un modello obsoleto a manovella. Anche i pochi clienti, anziani ed eleganti,
sembrano vivere di nostalgie.
Dal tavolino nell’angolo più nascosto, Cornelia
si alza e si sbraccia silenziosamente per attirare la sua attenzione.
“Ciao Corny”. Elyon la raggiunge e la abbraccia. “Che
posticino… particolare!” dice, sfilandosi il loden, “Come l’hai trovato?”.
“Vero?” risponde lei con un’ombra sul viso, “Ho scelto
quello più fuori dal giro, per non incontrarci altra gente conosciuta”.
Poco dopo, davanti a due sorbetti, Cornelia inizia: “Scusa
se ti ho fatta venire fin qui. So benissimo che alcune delle cose che mi
girano in testa sono del tutto irrazionali, e me ne vergogno. Però
tu sei capace di capire i pensieri, per cui preferisco tentare di metterli
giù a parole, piuttosto che nasconderli senza successo. Mi prometti
di non giudicarmi?”.
Elyon annuisce. “Certo, Corny. Allora, non è colpa mia?”. “Non posso fartene una colpa, anche se c'entri. In qualche modo, hai il potere di stravolgere la vita di quelli che ti stanno attorno”. |
Cornelia resta un attimo quasi sorpresa. “Se parli della faccenda di Meridian…credo di sì. Ma non voglio che me lo confermi, se no non avrò più una giustificazione per non parlarne. Mi pesa, ma comunque è una cosa che riesco a gestire razionalmente”.
Elyon si trincera dietro le braccia. “Allora, è
stato Caleb che…”.
“Un po’. Ma… non fraintendermi! A suo tempo, essere rifiutata
da lui è stato un trauma, ma ora me ne sono fatta una ragione. Sono
arrivata perfino a pensare che ha avuto più buon senso di me”. Esita
prima di continuare, giocherellando con le pieghe della sua morbida sciarpa
bordeaux. “Poi, ho anche impiegato tanto tempo per abituarmi all’idea di
voi due assieme, e … e mi è dispiaciuto moltissimo quando
mi hai detto che non era più così”.
Elyon annuisce un po’nervosamente. Stava per interrompere
dicendo qualcosa tipo ‘lavori in corso’, ma preferisce lasciar fluire i
pensieri di Cornelia.
“E poi”, riprende l’amica stringendosi a disagio nelle
spalle, “quasi mi vergogno a dirlo, tanto è stupido… prometti che
non mi giudicherai male?”.
“Come potrei, Corny? Parla, cos’è che ti ha turbata
così?”.
Dopo un’ultima, lunga esitazione, Cornelia butta fuori:
“E’ stata l’idea di Caleb tra le braccia di quella là!”.
Elyon è incredula. “Quella… Carol, intendi dire?
Ma… era una lotta, non un incontro d’amore! L’ha anche chiamata ‘strega’!”.
“Proprio come ci chiamiamo tra noi!!” sbotta, “E poi,
quando si è voltato verso di me e si è spaventato, mi è
sembrata una beffa in più!”. Cornelia stringe gli occhi ed i pugni,
in preda ad una rabbia irrazionale che stenta a controllare.
Elyon tace un attimo, prima di rispondere. “Ma… allora
il problema non è tanto Caleb. E’ Carol! Ho capito bene?”.
“Sono assurda, lo so”, ammette Cornelia a testa bassa.
“Siamo tutti assurdi”, la consola Elyon, sfiorandole
il braccio e rimpiangendo di non aver trovato niente di meno banale da
dire.
“E’ che l’idea mi fa impazzire! Quella là usa
la mia immagine di guardiana, screditandola davanti a tutta Meridian!”.
Stringe i pugni per la rabbia, poi aggiunge a denti serrati: “Prima ancora,
ha osato farsi fotografare nuda per quel giornalaccio, e mi ha screditata
anche qui!”.
Elyon cerca qualcosa da dire. “Ma non è così
uguale! Si riconoscerà certo che non sei tu!”.
Cornelia annuisce. “Razionalmente, lo so. E’ la prima
cosa che risposi a Uriah. Poi, me lo disse anche Irma, anche se il suo
modo mi ha rigirato il coltello nella piaga. Ma vedi, Ellie, qualche volta
mi perdo anch’io a fantasticare davanti allo specchio. E quel viso, quel
corpo, sono usciti dalle mie fantasie di ragazzina. Sono uguali! Lei se
ne è appropriata! La bella copia di Cornelia Hale!”.
“Ma sai…”.
Cornelia alza la voce. “Ellie, non difenderla! La cosa
mi manda in paranoia! Piuttosto, la difendo io!”. Vergognandosi un po’
del suo scatto, si guarda in giro, notando l’anziano banconiere mentre
distoglie un’occhiata incuriosita da loro due.
Riprende, a bassa voce: “Razionalmente, so che ha delle
scusanti, me lo ripeto spesso. Che aveva tutto il diritto di scegliersi
la faccia che voleva, dopo che io l’ho creata come un oggetto e poi l’ho
abbandonata al suo destino. Posso capire che abbia posato per quelle foto
perché doveva pagare l’affitto di casa, o così o il marciapiede.
Posso anche ammettere che sia stata trascinata a Meridian contro la sua
volontà, e poi sia rimasta incastrata in quel ruolo. E non ho neanche
dubbi che, per guadagnarsi la tua fiducia e la tua amicizia, debba avere
qualità notevoli”. Prende fiato un attimo. “E qui, Ellie, viene
il lato peggiore del problema, quello di cui mi vergogno di più”.
“E … cioè?”.
“Ebbene, io so che nomi hanno queste mie sensazioni.
Si chiamano gelosia! Si chiamano invidia!”, ammette tra i denti con una
fuggevole occhiata attorno a sé “E di questo io mi vergogno molto
più che di tutto il resto”. Chinando il capo, sospira: “Mi sarebbe
più facile accettarlo, se potessi convincermi che lei è solo
una estranea cattiva ed immorale”.
Elyon continua a sorseggiare il suo sorbetto, senza osare
interromperla.
L’altra riprende: “Io so essere razionale. So che Carol
è una specie di what if. Cosa avrebbe fatto Cornelia Hale, la sostenutissima
brava ragazza di buona famiglia, se l’Oracolo avesse deciso di esiliare
lei, e lasciare la sua povera goccia astrale al calduccio della bella famigliola
che di certo anche lei amava?”. Imita il modo di parlare solenne dell’Oracolo:
“Cornelia, scegliti il tuo nuovo aspetto, fatti valere e costruisciti la
tua nuova vita. D’ora in poi, tu e le tue quattro amiche potrete contare
solo su di voi”. Poi, nuovamente con la propria voce: “Avrei fatto
le stesse scelte? Deciso gli stessi obiettivi, commesso gli stessi errori,
accettati gli stessi compromessi, sviluppato le stesse abilità?
Forse sì. E non so se dovrei vergognarmene o esserne orgogliosa”.
Con questo, lo slancio oratorio di Cornelia si esaurisce,
e lei guarda triste la sua amica. “Sono fuori di testa, vero?”.
Elyon le sfiora un braccio comprensiva. Sa che, nei primi
tempi, le sue compagne chiamavano Carol ‘Super Cornelia’, ma non le sembra
proprio il momento per dirlo, né ora né mai. Scuote il viso.
“Corny, io non rinnego la mia amicizia e la mia ammirazione per Carol.
Però lei non ha mai preso il tuo posto. Sei sempre stata tu, la
mia amica del cuore”.
“Grazie”, sorride sollevata Cornelia. “Anche con queste
fisime?”.
“Certo! Tu non mi hai mai fatto sentire abbandonata.
Sei venuta a cercarmi nell’altro mondo anche quando ti ero ostile. Se un
giorno dovessi dirmi che hai un’amica preferita diversa da me, credo che
sprofonderei nella depressione più nera, in barba a tutto quello
che potrei dirmi razionalmente per convincermi che è sbagliato”.
“Grazie, cara”. Cornelia, rincuorata, inizia il suo sorbetto
rimasto in malinconica attesa sul tavolo.
“E poi”, continua Elyon, “non devi certo vergognarti
per un semplice sfogo. Ti ricordi quanto ero confusa io, questa primavera?
Il ruolo di una regina, le leggi, le profezie… tutto mi sembrava gigantesco,
opprimente, prima che tu mi aiutassi a mettere ordine nelle mie idee”.
Cornelia le sorride grata, poi butta un’occhiata all’orologio
sul muro. “Ellie, grazie ancora. Ora dobbiamo andare, però. Peter
passerà a prendermi a casa mia tra poco. Grazie per avermi ascoltata,
questa sera non potevo presentarmi a lui con quel magone”.
“Ti accompagno”.
Appena Cornelia ha pagato, le due abbandonano assieme
il tepore del locale.
Il marciapiede è illuminato dai lampioni e dagli
addobbi natalizi di alcune vetrine, e l’odore dolciastro ed insalubre delle
automobili ristagna ad altezza d’uomo.
“Frreddooo!”, rabbrividisce Elyon, alzandosi il cappuccio
del loden. “Mi ero abituata fin troppo bene al clima dolce di Meridian”.
Cornelia annuisce, drappeggiandosi la sciarpa attorno
al viso. “Per fortuna non c’è ghiaccio. Andiamo veloci…”.
Mentre camminano, Elyon si accosta. “Sai, Corny… se hai
ancora questi pensieri con cui non riesci a conciliarti… io credo di poter
fare qualcosa per te, con i miei metodi”.
Cornelia ci riflette a lungo, in silenzio, poi risponde
piano: “No, grazie, Ellie. Per capire sé stessi, bisogna trovare
il coraggio di convivere con i propri fantasmi”.
Heatherfield, vicino al Garden Plaza
Un quarto d’ora dopo, camminando veloci per la fretta
e per il freddo, le due arrivano in vista del condominio Garden Plaza,
l’abitazione di Cornelia.
Alla luce del lampione, davanti al cancelletto del cortile,
un ragazzo alto e magro dalla pelle scura e dagli inconfondibili capelli
rasta sbucanti da sotto una cuffia sta muovendosi per scaldarsi, mentre
sbuffi di condensa si formano ritmicamente davanti al suo viso. Si guarda
attorno con impazienza, poi le vede e fa loro un cenno di saluto con un
largo sorriso.
“Ciao, caro”. “Ehilà, Peter”.
“Ciao, ragazze. Ma siete inseparabili!” fa andando loro
incontro.
“Vi saluto, piccioncini” cinguetta Elyon, “Corny, ci
sentiamo domani”.
Appena rimasti soli, Cornelia gli chiede: “E’ molto
che aspetti al freddo? Perché non sei salito in casa?”.
Peter guarda l’orologio. “Solo venti minuti. E’ che cercavo
di sbiancarmi un po’”.
Cornelia ride, e gli sfiora il viso gelato. “Scusami
il ritardo, ma avevo bisogno di sfogarmi. Discorsi da donne. Abbiamo sparlato
un po’ di una nostra conoscente”.
“Qualcuna che conosco anch’io, per caso?”.
“No, no. Una certa Carol di Midgale”.
“Quella delle fot…”. Peter si rende conto troppo tardi
della gaffe.
Cornelia resta impietrita, mentre un rossore da peperone
comincia a farsi strada sulla pelle gelata. “Ma… allora le hai viste!”,
sibila, quasi inudibile. “Mi meraviglio di te! Leggi le stesse riviste
di Uriah?”.
“No di certo”, si discolpa Peter mettendo avanti le mani,
spiazzato dal lampeggiare d’ira negli occhi di lei. “Jacob mi ha
raccontato quello che è successo a scuola, ed aveva anche lui quella
pubblicazione… così…”.
A Cornelia fischiano le orecchie, immaginando gli sguardi
lascivi del suo ragazzo su quella lì. “E così, anche tu ti
sei rifatto gli occhi, eh?”.
Peter, a disagio, la prende per le spalle, ma lei si
svincola.
“Spero almeno che ti sia piaciuta!” sibila inviperita,
mentre due sbuffi di condensa si materializzano ai lati della bocca.
Lui prende fiato. “Cornelia, mi chiedi se mi è
piaciuta? Certo. Bella, bionda, slanciata… tipica ragazza da carta patinata.
Ma la cosa che mi è piaciuta di più era che assomigliava
a te”. Osserva un attimo le reazioni di lei, poi continua; “E poi, lo sai
cosa ho pensato? ‘Povero Uriah, l’unico modo che ha per farsi rivolgere
la parola da una bella ragazza è farle una provocazione volgare’.
Ho avuto pena per lui. Io sono felice: una ragazza così ce l’ho
tutta per me, e non di carta patinata: in carne e ossa, corpo e cuore”.
A queste parole, Cornelia si rabbonisce. “Va bene, Peter,
ti perdono per averla guardata”.
Lui si inchina, un po’ istrione. “Troppa generosità”.
Le viene di nuovo da sorridere, anche se cerca di non
darlo a vedere troppo presto. “E’ stata la tua cara sorellina che ti ha
detto il nome e la città di quella là? Magari le hai chiesto
anche il numero di telefono…”.
“Beh, Jacob mi aveva raccontato che anche Tara aveva
assistito alla scena, quindi io le ho chiesto di raccontarmi, e le è
scappato qualche dettaglio in più”. Ora le rivolge un sorriso divertito.
“Lo hai sistemato bene, Uriah! Se non fosse andata così, credo che
ora lo dovrei sfidare ad un duello d’onore”. Agita un immaginario fioretto
davanti a sé, poi finisce l’esibizione con un affondo e un gesto
di trionfo.
Cornelia lo guarda sorridendo stupita. “Peter Cook, cos’hai
stasera? Ti vuoi rovinare tutto d’un colpo la reputazione di ragazzo serio?”.
“Devo farmi perdonare, o no?”.
“Ma certo! Sono ancora molto arrabbiata!”. Gli volta
le spalle scherzosamente. “Torno con Ellie!”.
“Certo che ne passi di tempo con Elyon. Non eri andata
da lei anche nel primo pomeriggio?”.
Lei lo guarda obliquamente. “Caro, c’è già
una gelosa pazza in famiglia, e sono io! Cornelia Hale, l’unica originale!”.
La ricambia con il sorrisone più mielato che riesce
a fare. “Splendida rima! Hai un avvenire come poetessa!”. Le gira attorno,
si inchina e le fa un ampio gesto di invito verso l’automobile, parcheggiata
lì vicino. Prima, Cornelia ci era passata vicino senza riconoscerla:
alla luce aranciata dei lampioni al sodio, il blu scuro della carrozzeria
appare mutato in un grigio nerastro dalle sfumature caffelatte.
Mentre si incamminano, lui si fa più serio e azzarda
una domanda: “Ma è davvero amica di Elyon, quella… Carol?”.
“Perché? Vuoi fartela presentare?”, salta su lei,
di nuovo stizzita. Poi, più conciliante: “Sì, purtroppo”.
Lui annuisce pensieroso, mentre raggiungono l’auto.
Tenendole aperta la portiera, le butta lì, con
studiata indifferenza: “Però, Elyon ha delle amiche ben strane”.
Cornelia, sedendo in macchina, annuisce. Poi, mentre
il ragazzo fa il giro per arrivare al posto di guida, lei aggiunge, tra
sé e sé: “Caro Peter, non puoi neanche immaginare quanto!”.
Heatherfield, Lincoln Avenue
Stringendosi nel loden, Elyon cammina di fretta mentre
il freddo della sera le punge il viso e le mani. Non ha neppure pensato
a portare i guanti… Forse dovrebbe materializzarseli addosso, ma tutto
sommato in queste sere anche il frizzare del gelo ha un suo valore emotivo.
A metà dicembre, le strade sono illuminate da
festoni natalizi luminosi e percorse da gente che osserva brevemente le
vetrine, per poi infilarsi rapidamente nei negozi e perdervisi come ipnotizzata
dal lucore di ciò che offrono.
Da bambina questa festa, con il suo contorno di regali
e di bigliettini, era la sua favorita; negli anni passati a Meridian
la ha ricordata con nostalgia, dall’alto del suo trono o dal profondo del
suo giardino lussureggiante.
Mentre passa, un uomo magro e triste vestito da Santa
Claus le porge un biglietto da un grosso blocchetto. ‘Toys world- tutto
per la gioia dei bambini’, recita il volantino patinato dal quale un altro
babbo natale florido e rubicondo le sorride entusiasta.
Elyon storce il viso: va beh che è bassina, va
beh le due treccine, ma essere presa ancora per una bambina… Il suo orgoglio
di adolescente non ne esce bene.
A Corny questo non succederebbe di certo, pensa. Alta,
elegante, con uno sguardo sicuro da donna adulta...
Perfino in questa sera di crisi invidia un po’ Cornelia:
in questo momento lei sarà tra le braccia del suo ragazzo, scaldata
dal suo amore, anche se le sarà impossibile confidarsi con lui su
moltissime cose importanti.
Il suo Caleb, invece, la evita imbarazzato, accampando
scuse ridicole.
La consola pensare che le sarà comunque possibile
chiarire la situazione, prima o poi. Se lui non si farà catturare
prima, ovviamente.
Scuote il viso dandosi della stupida, tra l’indifferenza
dei passanti assorti nei loro pensieri: se non fosse per quella loro vecchia
decisione goffa e avventata, avvolta da un fragile e incompleto manto di
oblio, ora lui sarebbe qui, al sicuro, allietando le sue giornate e, genitori
permettendo, anche la solitudine delle sue notti.
Prima che iniziasse questo colpo di stato, meno di due
mesi fa, le sue giornate da Luce di Meridian erano piene e coinvolgenti:
dopo aver svolto con un tentativo di coscienziosità i suoi doveri
di regina, divideva i suoi pochi sprazzi di tempo libero tra le vecchie
amiche di Heatherfield e le nuove di Midgale.
Quella volta avrebbe voluto un po’più di libertà
per le mille cose che le sarebbe piaciuto fare.
Ora invece, se non fosse per il tempo che le dedicano
Cornelia e, più raramente, le altre, si sentirebbe sola.
In qualche momento ha quasi considerato di reiscriversi
allo Sheffield Institute per poter nuovamente condividere i giorni ed i
pensieri con le sue amiche, ma dopo essere stata lontana per tre anni non
potrebbe essere rimessa in classe con loro, a meno di non inventarsi qualche
escamotage che certo non approverebbero.
Comunque, non che non abbia cose importanti da fare:
per esempio, ha ripreso in proprio le ricerche sull’invecchiamento cellulare
e sui modi di immaginarselo che aveva affidato a Vera. E’ un lavoro ambiziosissimo
al quale sua madre, la regina Adariel, aveva dato ogni priorità
vent’anni fa, prima di soccombere, sconfitta dal suo fallimento: infatti
lei era in grado di controllare, con le sue tecniche di visualizzazione,
sia il proprio aspetto che i sintomi delle malattie, ma non di fermare
o invertire l’invecchiamento cellulare.
E poi, si dice Elyon, perché non pensare ai suoi
rapidi ed emozionanti viaggi segreti in mezzo mondo, alla ricerca di tecnologie
utili per la sua città? Ha raccolto un vero tesoro: tonnellate e
tonnellate di macchine industriali dismesse e mezzi obsoleti che ha salvato
dalla demolizione. Li conserva smaterializzati, finché non sarà
il momento di…
Il suo motivetto preferito, ‘I want to change the world’,
interrompe il flusso dei suoi pensieri.
Estrae dalla tasca del loden il cellulare squillante.
‘Mamma’, lampeggia sul piccolo schermo a cristalli liquidi.
“Pronto, ma’? … No, Corny è rimasta con Peter.
Io sto tornando a casa. … Da sola? Si, perché? … Tranquilla, non
ci entro nei vicoli bui. … Sì, lo sento il freddo, eccome. … Certo,
ho chiuso bene il loden. … Uffa mamma, non sono nata ieri! … Sì,
ma’, ciao. Passo e chiudo”.
Mentre reinfila il telefonino e la mano intirizzita nel
relativo calduccio della tasca, Elyon torna a pensare a ciò che
Caleb le ha riferito: la presentazione pubblica di un personaggio importante.
Non riesce ad inquadrare ciò nella logica della
sua profezia: un anno di tirannia di una sorella di Phobos con il suo aspetto,
fiancheggiata da cinque guardiane con l’aspetto delle sue amiche W.I.T.C.H.
ed il cuore di Kandrakar sfavillante.
Qualcosa da dentro le ripete con insistenza che Vera
intende presentarsi alla città con la sua identità autentica.
Pessima idea: in questo modo, quando tutto sarà finito, su di lei
potrebbe restare una macchia indelebile. Così si candiderà
al poco invidiabile ruolo di capro espiatorio di un anno di tirannia. Perché
non rimanere nell’anonimato?
Comunque, è troppo rischioso tentare di metterla
in guardia ora, anche perché potrebbe benissimo essere una trappola
per attirare la stessa Elyon in città e catturarla.
Scuote il viso tra sé: meglio attenersi al piano
originale e restare in disparte per diciotto mesi, un anno di Meridian.
Mentre attende meccanicamente il verde al semaforo del
passaggio pedonale, Elyon non può fare a meno di chiedersi cosa
abbia inventato Vera per convincere le sue compagne a seguirla in questa
impresa ingrata.