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Autore: ilGhiro    01/02/2010    2 recensioni
Corpo e anima erano dolorosamente divisi, in me, da una parte c’era la vita in fondo a ciò che era stato il mio bosco, dall’altra ciò che ne era rimasto, dove i cacciatori avrebbero ucciso gli ultimi deboli sopravvissuti, già ombra di loro stessi, rassegnati agli spari che li avrebbero ammazzati con un sibilo feroce, avrebbero ucciso anche lei.
I suoi occhi vividi non volevano lasciarmi andare, però.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kitsune*

 

La punteggiatura insolita e ricca di virgole non è casuale, mi piaceva così; volevo rendere pensieri sconnessi e affannosi, e ho pensato che periodi lunghi ma spesso interrotti-talvolta poco chiari, persino- avrebbero descritto meglio le emozioni e lo stato d'animo espressi nel racconto.Buona lettura! 

 

 

Diceva, Corri, corri, va’ via, e io lo feci.
La terra bagnata, il suo odore fresco e pungente, i fiori in boccio scomparvero, correvo, proprio come mi aveva detto, e il cielo piangeva per me, io non ne avevo più il tempo.
Pensavo, 
Adesso torno indietro, mi fermo, prendo il respiro e torno dove ho lasciato il cuore, aspettami, non ti spezzare, ancora per un po’, e continuavo a correre.
La collina morbida in cui avevo tanto giocato era senza alberi, senza erba, soltanto fango e sassi e cenere ancora calda, il fuoco sarebbe tornato dopo la pioggia, insieme all’odore della benzina.
Perché volevano bruciare il bosco? Perchè volevano cancellare i fiori e i frutti dolciastri caduti a terra, i germogli del verde più tenero e il muschio sui sassi? Perchè volevano porre fine alla vita?
Correvo.
Ma dove correvo era il bosco, ancora, o non era più quello il suo nome?
Era il bosco, il mio amato bosco, quella distesa di ceppi e brace appena spentasi?
Capii che il mio cuore si era spezzato col primo albero caduto.
E non volevo che si spezzasse ancora.
Mi fermai in cima alla collina, osservando la desolazione che mi aspettava, se avessi continuato a correre.
Da lì avrei proseguito verso le montagne, verso la mia salvezza, in fondo al bosco annientato dall’incendio. 
E’ quello che lei vorrebbe, pensai, unica creatura viva in mezzo a quel fragore di morte.
Il desiderio di fuggire già mi ghermiva, il cuore era rimasto indietro ma il corpo stava già correndo verso la neve e gli abeti e l’aria gelida che mi aspettava in vetta.
Corpo e anima erano dolorosamente divisi, in me, da una parte c’era la vita in fondo a ciò che era stato il mio bosco, dall’altra ciò che ne era rimasto, dove i cacciatori avrebbero ucciso gli ultimi deboli sopravvissuti, già ombra di loro stessi, rassegnati agli spari che li avrebbero ammazzati con un sibilo feroce, avrebbero ucciso anche lei.
I suoi occhi vividi non volevano lasciarmi andare, però.
Era già spettro della mia vita passata, eppure sembrava così vera nella mia mente, così disperatamente viva…
Non potevo lasciare lei, non potevo lasciare il mio cuore…!
Scesi la collina e giù, verso gli odori familiari degli ultimi alberi, il giorno dopo, appena sorto il sole, avrebbero bruciato anche quelli, giù, verso il mio cuore, forse potevo ancora salvarla, forse…
Sentii lo sparo come se fosse lontano, io ero già altrove.
Il cacciatore aveva mirato con incredibile precisione, mi trascinai fino a lei, caddi senza un lamento.
Ci guardammo con dolcezza prima di morire, lei, piena di sangue, aveva cercato di liberarsi dalla trappola a lungo, per raggiungermi, io, il proiettile faceva male, sì, ma ero felice, i suoi occhi dicevano, 
Sei tornato.


A vincere il premio fotografico di quell’anno fu una giovane donna.
La sua foto, che fece il giro del mondo, ritraeva due splendide volpi stese sull’erba, in mezzo al sangue, uccise dalla fredda crudeltà di un cacciatore.
Grazie a quell’immagine di sconvolgente tristezza, l’intera area boschiva in cui la donna le aveva immortalate, che era già stata quasi del tutto rasa al suolo, divenne un parco protetto.
Il responsabile dell’accaduto fuggì all’estero; pochi mesi dopo scomparve all’interno di una riserva, durante una battuta di caccia illegale. Il suo corpo fu ritrovato in fondo a una scarpata.
Nessuno fu testimone dell’accaduto, e la colpa venne data al temporale, scoppiato improvvisamente, che probabilmente lo aveva fatto scivolare sulla terra bagnata dopo aver calpestato una trappola.
La polizia decise di non rendere noto che il fucile dell'uomo, insieme a tutta la sua attrezzatura, era scomparso nel nulla, nè che il suo volto, trasfigurato dal terrore, era rivolto al cielo.
Un caso, sì, era soltanto un caso, si ripeterono i membri della squadra di soccorso, rabbrividendo,quando ne ritrovarono il corpo.

 

* In Giappone kitsune significa volpe. Secondo la tradizione di questo Paese, le volpi sono demoni dal carattere vendicativo; si racconta che, qualora qualcuno dovesse recar loro un danno, la loro vendetta sarà implacabile.

   
 
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