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Autore: Soul Sister    01/02/2010    4 recensioni
Emmett e Jasper sono due dongiovanni. Rosalie detesta Emmett, lui non sopporta lei. Alice è innamorata persa di Jasper, Hale la considera la sua migliore amica. Senza contare che entrambi i ragazzi sono gli scapoli piu ambiti di Forks. Edward è un ragazzo chiuso, che non ha mai provato la sbornia dell'amore. Bella non ha mai avuto nemmeno l'occasione per sentirsi a casa, inseguita, braccata come un animale dagli uomini che hanno ucciso i suoi. I Cullen l'aiuteranno a rivendicare i genitori, e a ridarle la libertà e la felicità che in 17 anni non è riuscita a ottenere. Edward, in questo senso, è la persona chiave. In tutto questo casino, tra omicidi e strane capacità, sboccerà l'amore?
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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...Every time we touch

Corri. M’intimai, nonostante sapessi già di essere al limite delle possibilità a me consentite in pubblico. Provare a seminarli non era così difficile. Era riuscirci, che diventava un tantino più complesso.

Vidi un furgone fermo, e senza farmi vedere vi salii a bordo. L’autista richiuse le porte, e pochi istanti dopo sentii il rombo del motore.

Mi sentii quasi al sicuro, in quel poco tempo in cui viaggiai, nascosta nell’oscurità.

Ma non riuscii nemmeno a tirare un sospiro, che mezzo si fermò.

L’uomo aprì le porte, afferrò uno dei tanti scatoloni, e mentre lo scaricava, ne approfittai per sgattaiolare fuori dall’abitacolo.

Alzai lo sguardo, e rimasi pietrificata: quell’auto nera era lì, loro mi aspettavano appoggiati alla portiera della macchina, uno affianco all’altro, con un ghigno in volto.

No! Pensai, in panico.

Iniziai a correre sotto la pioggia più veloce di un qualsiasi essere umano, nella direzione opposta a loro. Volevo fuggire, volevo salvarmi.

Sentivo i loro passi ciabattare non troppo lontano da me. Accelerai, mandando a quel paese tutte le raccomandazioni fatte dalla mia istruttrice.

Allungai una mano in fronte a me, concentrandomi su un bidone della spazzatura, e all’improvviso esso cominciò a fluttuare, per poi scaraventarsi contro uno dei due individui. Meno uno.

Sapevo di averlo solo abbattuto momentaneamente, e che poi sarebbe tornato a rincorrermi, ma era meglio di nulla.

Scivolai, e cercando di non volare a terra, misi male il piede. Strinsi forte i denti, e proseguii.

- promettimi che riuscirai a scappare Bella. Promettimi che lotterai fino all’ultimo, e non ti arrenderai mai. So che sarà difficile, ma devi riuscirci. –

- sì, nonna. Te lo prometto: mai -

Ripresi a correre, ignorando il dolore alla caviglia, ignorando i miei polmoni che parevano avessero preso fuoco e ignorando il mio cuore che mi scalpitava furioso nel petto. Non mi dovevo arrendere.

Ma non era semplice, per una come me. Quei due mi stavano alle calcagna, non cedevano terreno. E questo mi metteva ancora più panico. E sotto pressione, io non combinavo mai nulla di buono. Mai. Non riuscivo ad essere razionale.

Vidi un boschetto, e m’inoltrai tra le piante. Qui avrebbero certamente rallentato. I ramoscelli sporgenti non m’infastidivano e non mi rallentavano assolutamente. Misi il campo di forza, una specie di barriera trasparente che niente poteva scalfire. La boscaglia era sempre più fitta, la luce veniva meno e gli alberi non aiutavano il passaggio dei raggi solari.

Inciampai in una radice, e caddi a terra. Come sempre, la mia goffaggine si faceva sentire nei momenti assolutamente meno opportuni. Sentii distintamente del calpestare di ramoscelli e foglie secche: mi avevano raggiunta. Ma a quel punto, pensai di mollare: che differenza avrebbe mai fatto?

Pov Edward

Ero stranamente agitato. Avevo uno strano presentimento, o meglio, una strana paura. Ed io raramente provavo quell’emozione così sgradevole. Forse perché sapevo che niente avrebbe mai potuto farmi realmente male, oppure perché avevo una fiducia cieca nelle mie capacità e nella protezione della mia famiglia.

Ma quel gelido giorno invernale, nella mia casa calda e riparata, nel mio minuscolo e poco popolare paesino, con tutti i miei familiari lì con me, avevo paura. E non sapevo assolutamente perché.

Avvertii i miei familiari che andavo a farmi una dormita, magari sarebbe servito a qualcosa. Mi sdraiai sul mio divano di pelle nera, con le braccia dietro alla testa, provando a rilassarmi. Cercai di allontanare i pensieri altrui dalla mia mente, e chiusi gli occhi.

Lei. Quella persona che ormai da dieci anni, occupava i miei sogni, e la maggior parte dei miei pensieri, ricomparve nei meandri dei miei sogni anche quella volta.

Chi era? Perché la sognavo? E perché sentivo l’assoluto bisogno di proteggere quella persona che nemmeno conoscevo? Eppure, mi sentivo molto legato a lei. Sarà che dopo tutto quel tempo, era difficile pensare ad un mio sogno in cui lei non ci fosse.

La cosa che vedevo chiaramente, erano i suoi occhi. Due bellissimi, profondi espressivi occhi color cioccolato. Il resto era avvolto da una leggera foschia, e mi era impossibile vedere il viso completo.

Quel giorno, erano spaventati, ansiosi, diversamente dal solito, tristi e spenti. Perché aveva paura,ora?

Benché non sapessi chi fosse, ero dipendente da quella persona, se sentivo che lei era felice lo ero anch’io. I nostri sentimenti, le nostre emozioni erano collegate, erano le stesse dell’uno e dell’altro.

Gli occhi svanirono, e tutto si fece buio.

Mi ero svegliato con il cuore scalpitante, il respiro accelerato, e l’ansia era cresciuta a vista d’occhio. Ora ero consapevole che ero preoccupato per lo sconosciuto, o la sconosciuta, dei miei sogni.

Mi misi una mano sul cuore come per fermarlo, poi passai l’altra nei capelli. Cosa le stava per accadere?

Una visione di Alice mi entrò prepotentemente nella testa.

Alberi. Sembravano quelli di Forks. C’era una figura che correva. Dei passi dietro di lei: stava scappando.

Cosa stava vedendo mia sorella, e soprattutto, perché?

La persona cadde a terra. I suoi occhi, si potevano distinguere chiaramente. Erano quegli occhi. E le persone che la inseguivano erano sempre più vicine.

Non riuscii a finire di guardare. Mi buttai giù dalla mia finestra, non avevo tempo di fare tutto correttamente, e iniziai a correre per il bosco. Pensai al luogo che aveva mostrato la visione. In poco tempo mi trovai lì.

Quella a terra era una ragazza, i cui lunghi capelli castani incorniciavano il viso dalla pelle diafana. Era la creatura più bella che avessi mai visto. Era qualcosa di strabiliante, nella sua imperfezione, nella sua fragilità. Ma non persi tempo a guardare il suo aspetto. Era lei, la ragazza dagli occhi castani.

E i due uomini che la seguivano, l’avevano raggiunta. Le puntavano contro delle pistole; uno di loro premette il grilletto, e nello stesso istante mi buttai su di lei per proteggerla.

Pov Bella

No, pensai.

Sentii qualcuno buttarsi accanto a me. Era un ragazzo, che aveva avuto la sventata idea di salvarmi. Ma non avrei permesso che quel ragazzo, che aveva messo addirittura a rischio la sua vita per proteggermi senza nemmeno conoscermi, venisse uccisa da quei due farabutti.

Alzai lo scudo, e la pallottola ci sbatté contro, per poi cadere a terra.

Il ragazzo alzò lo sguardo, e incontrò il mio.

Incredibile, aveva gli stessi…

Possibile che lui fosse l’angelo dei miei sogni, quello che con i suoi occhi mi aveva convinto ad andare avanti? Erano di un verde meraviglioso, smeraldino.

<< cosa sta succedendo? >> chiese una voce maschile, quasi angelica. Il ragazzo si scostò un po’ da me, e si voltò verso quell’uomo. E così, notai i capelli erano castano-ramati, spettinati, che incorniciavano le sue iridi.

<< calma, dobbiamo prendere solo la ragazza. Ragazzo, togliti è pericolosa! >> disse un tizio. Il ragazzo non si mosse.

<< Edward. >> fece l’uomo che aveva parlato prima. Biondo, austero, guardando il ragazzo accanto a me. Vicino a lui, c’era una donna dal viso dolcissimo incorniciato da dei capelli color caramello, e con degli occhi azzurri che in quel momento trasmettevano tutta la sua ansia e la paura. Dietro a lei, c’erano due bellissime ragazze. Una alta, statuaria, dal fisico mozzafiato. Bionda, e dagli occhi azzurro ghiaccio. L’altra era minuta, dai tratti delicati, e pareva un folletto. Aveva gli occhi azzurrissimi, stupendi, e dei capelli corvini, corti e tutti scompigliati. Accanto a loro, c’erano due ragazzi: uno alto e nerboruto, con i capelli neri e ricci, l’altro alto e muscoloso, meno dell’altro, biondo con gli occhi azzurri.

Che cosa mi mettevo a fare la radiografia, in un momento del genere?

<< ragazzo, davvero potrebbe farti del male. >> mentì l’altro.

<< io non sono pericolosa >> dissi piano. Il ragazzo si voltò ad osservarmi, << io non sono pericolosa! >> insistetti.

<< e perché, allora i tuoi genitori ti hanno abbandonata in quell’orfanatrofio?! >> fece quello di prima.

<< non mi hanno abbandonata! >> le lacrime mi annebbiarono la vista, << siete stati voi a ucciderli! Mi avete portato via le persone a cui volevo bene. Loro mi volevano proteggere! >> dissi, mentre singhiozzavo. La rabbia e il dolore facevano sentire con più chiarezza ogni fibra del mio corpo, ed anche un controllo maggiore sui miei poteri. << smettetela di farmi del male! >> Mi alzai, e il ragazzo si scansò di un po’. Ormai vedevo tutto rosso, ma comunque chiaramente, anche piangendo. Stringevo i pugni lungo i fianchi. Il ragazzo dai capelli ramati mi guardava stupito, meravigliato, e spaventato.

<< voi. Non dovete nemmeno nominare i miei genitori! >> urlai. Vedendo che iniziavo a tremare, segno che stavo per scoppiare, i due mi puntarono contro di nuovo le armi. Illusi, non potevano farmi niente.

<< santo cielo, Carl! >> esclamò la donna dal viso dolce, accanto a quello biondo con la voce meravigliosa. << non possiamo far niente.. >> sussurrò alla donna. Io ignoravo quegli scambi di battute. Strinsi maggiormente i pugni. Un masso lì vicino cominciò a fluttuare, incerto. Mi sentivo potente, volevo fargliela pagare per avermi portato via la mia famiglia.

Le persone lì presenti guardavano la scena attonite, ma non spaventate. All’improvviso uno dei due uomini cadde a terra stordito, mentre l’altro veniva come percosso da qualcosa d’invisibile. E io non centravo nulla. Anch’egli finì a terra, tramortito.

Le forze, intanto, cominciavano a venirmi meno.

Ero forte, ma non a tempo indeterminato. Mi stancavo molto velocemente.

Le energie si esaurirono del tutto, e mi lasciai andare, trascinata nell’oscurità.

  
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