...Every time we touch
Capitolo 2- No longer alone
Sentivo
la mia testa annebbiata, confusa. L’unica cosa chiara, in quel momento,
era il
dolore pulsante nelle tempie, e un fischio fastidioso nelle orecchie.
Pian
piano feci mente locale degli ultimi avvenimenti successi. Ricordavo
gli occhi
verdi, i due Men in black, la forza
scorrere nelle vene con l’adrenalina e poi... Be’, più nulla. Avevo
come un
vuoto, su quello che era stato in seguito.
Per
lo meno, ero ancora viva.
Dov’ero? Sicuramente
non nella foresta. Mi trovavo al caldo, su qualcosa di estremamente
comodo e
morbido. Potevano avermi presa, ma non mi avrebbero riservato un
trattamento
simile, non dopo tutto quello che avevo fatto loro.
Nonostante
il desiderio di scoprire dove fossi e cosa mi fosse successo, non
riuscivo ad
alzare le palpebre. Ero intorpidita, e solo ora cominciavo a prendere
sensibilità di braccia e gambe.
Sentii
dei rumori, e mi decisi ad aprire gli occhi. La luce mi accecò, e
dovetti
battere più volte le palpebre per abituarmi.
- Si è svegliata! - sentii
una voce
femminile acuta, ma non fastidiosa, urlare quelle parole. Girai il capo
appena, e potei vedere chi aveva parlato. Era la ragazza minuta che
avevo visto
nel bosco. Aveva un sorriso abbagliante stampato sul viso, e per un
momento mi
chiesi se quando avevo aperto gli occhi, non ero stata accecata da lei.
-
Ciao, ben svegliata! Io sono Alice, piacere. Sai hai dormito per due
giorni, ci
hai fatto preoccupare tantissimo! -, aveva parlato tutto d’un fiato.
Aveva una
strana somiglianza con la radio, quella ragazzina, un non so che di
logorroico.
Ma bene o male avevo capito.
Mi
schiarii la gola - Dove sono? -,
domandai, eludendo la presentazione. Cercai
di tirarmi su, ma un capogiro mi fece ricadere sdraiata.
-
Attenta, sei ancora debole... - disse l’uomo biondo, entrando nella
stanza con
un sorriso mozzafiato, e dall’aria calma e paziente.- Io sono Carlisle,
e sei a
casa nostra. Dopo che sei svenuta, ti abbiamo portato qui. Avevi la
febbre
molto alta, ora è scesa. - Spiegò a tono basso, capendo che la voce
troppo alta
mi dava fastidio. Quell’uomo mi trasmetteva fiducia, era sicuramente
una brava
persona, ne ero convinta.
- ecco
cara, penso tu abbia sete. –, la donna dal sorriso dolce mi porse un
bicchiere
d’acqua fresca, che bevvi tutto d’un sorso.
-
grazie mille -,
mormorai, imbarazzata da tutte queste premure.
- io
sono Esme. -, mi sorrise dolcemente. Cercai di ricambiare il gesto, a
modo mio,
e lei l’apprezzò. – stai bene, ora, piccola? – annuii piano.
-
come ti chiami? – chiese Carlisle, garbato. Dubitavo l’avrei mai visto
essere
maleducato. – Isabella. Isabella Marie Swan. – risposi, dicendo il mio
nome per
esteso. Sentivo che di loro mi potevo fidare. – ma... e gli uomini che
m’inseguivano? – le tre persone presenti nella stanza ridacchiarono,
alla mia
domanda tentennante.
-
Oh, Edward, mio figlio, li ha stesi. – Esme mi sorrise dolcemente - con
noi,
tesoro, sei al sicuro –
-
Grazie per le premure, ma io... Dovrei proprio andare. – mormorai,
scostando le
coperte di dosso. La donna appoggiò delicatamente le mani sulle mie
spalle, e
mi bloccò. Dato che non mi ero ancora ripresa, spiegò, sarei rimasta a
casa
loro. Almeno, fin quando la temperatura corporea non avesse raggiunto
un grado
decente.
In
quel momento, vidi la porta socchiudersi, e quattro ragazzi fecero il
loro
ingresso. C’erano: il biondo e fiero, il moro nerboruto, la bionda
mozzafiato,
e il ragazzo dagli occhi verdi. Il primo era sorridente come non mai,
il
secondo stava un po’ sulle sue, mentre la terza mi guardava con una
strana
espressione. Che fosse rammarico?
Il
rosso, invece, Edward, mi guardava attentamente.
- Ehi,
la bell’addormentata sì è svegliata! Buondì. – si schiarì la gola, con
fare
teatrale, e mi spuntò un sorriso divertito sulle labbra. Si avvicinò al
mio
letto, e afferrò la mia mano. – Bon jour, mademoiselle. Io sono Emmett, piacere. – alla fine, mi
fece
ridacchiare. – Bella -
- Io
sono Rosalie. - fece, con sufficienza, la
bionda mozzafiato. Non risposi, intimorita dalla sua magnificenza e
dalla sua
espressione da superiore.
- Io
sono Jasper – disse infine l’altro. Lui stava molto sulle sue,
nonostante non
avesse un’espressione contrariata dalla mia presenza, lì. Comunque, la
sua aria
fiera mi metteva in soggezione quanto lo sguardo sospettoso di Rosalie.
-
Edward, non ti presenti? - chiese Esme, voltandosi verso l’ultimo
figlio. Lo
stesso feci io, constatando che ora che l’osservavo meglio, era ancora
più
bello. I suoi occhi erano fissi nei miei, e non accennavano a spostare
l’attenzione su qualcosa d’altro.
Nella
stanza era calato il silenzio totale. La tensione era talmente densa
che si
poteva tagliare col coltello. Nessuno fiatava.
Ma era possibile che fosse
davvero il ragazzo dei miei
sogni?
Anche
lui pareva confuso quanto me. possibile che anche lui avesse sognato
me? Qualcuno
si schiarì la gola, ed entrambi spostammo lo sguardo. - io.. sono
Edward – fece
lui, mentre una leggera sfumatura rosea colorava le sue guance.
- Io
sono Bella. – ripetei, per l’ennesima volta.
Poi,
come se fosse la cosa più ovvia del mondo, mi chiesi perché mi avessero
salvata
e ospitata, non conoscendomi neppure. Sarei potuta davvero essere
pericolosa,
stando alle parole dei due tizi. Io sapevo che mentivano, ma queste
persone non
conoscevano la mia storia. Perché prendermi con loro, rischiando tanto?
Valeva
di più ciò che dicevano due adulti, o una ragazzina dal carattere molto
suscettibile, che si era mostrata un po’ troppo strana ai loro occhi?
- Mi chiedevo... –
tentennai, guardandomi le
mani che tormentavo – perché mi avete salvata? Insomma, quelle persone
avrebbero potuto avere ragione sul mio conto -.
- Avrebbero potuto,
ma noi non gli abbiamo
creduto. Sappiamo che sei pericolosa
quanto potremmo esserlo noi. – fece Carlisle.
Poi
prese la parola sua moglie: - E ovviamente, non avremmo mai potuto
lasciarti in
quelle condizioni. -
- Bella, sappiamo il tuo
segreto – fece
Alice con un sorriso – noi siamo come te. – Rimasi perplessa, davanti a
quest’affermazione. Insomma, credevo che fosse una maledizione caduta
solo
sugli Swan, invece mi sbagliavo. Non era così, c’erano altre persone
come me,
come i miei genitori e mia nonna. Non ero
più sola.
- io
riesco a capire poteri e a teletrasportarmi, per esempio. – fece
Carlisle,
facendomi rimanere a bocca aperta.
- Ed io sono davvero
molto forte, potrei
abbattere una casa soffiando solamente! – Si vantò Emmett. – un giorno
ti farò
vedere, se non mi credi – sorrise vittorioso.
– Io
prevedo il futuro! – sopraggiunse Alice, - e Rose ha una certa
influenza sulla
natura. – E io che credevo di essere speciale. Le loro doti andavano
ben oltre
le mie.
- Io
sono un empatico, percepisco e manipolo le emozioni – spiegò Jasper, -
mentre
Esme capisce chi mente, e trasmette fiducia; è molto simile al mio -
- Edward
legge il pensiero, sa diventare invisibile ed è molto veloce!
- elogiò
Alice. Edward leggeva il pensiero.
Arrossii
inevitabilmente.
- A parte il suo. - fece
lui,
evidentemente deluso da quella situazione. L’intera famiglia guardò
lui,
sorpresa, e poi me.
- Tu che dote
possiedi? – proruppe poi Emmett,
rompendo il silenzio con la sua curiosità. - Sono uno scudo, mentale e
fisico e
poi possiedo la telecinesi. >> dissi.
Vorrei mi facesse
sentire ciò che pensa,
è frustrante non sentirla! Il pensiero era di Edward, che a quanto
pareva, era piuttosto infastidito dal mio mutismo mentale.
- Mi
sto ancora esercitando ad alzarlo, quello psichico. E’ ancora difficile
per me. - Fammi indovinare: tu
leggi anche nel pensiero. Pensò il
rosso, e giustamente, annuii. Oh, è bello
sapere che non sarò il solo a essere tormentato dai pensieri altrui.
- non
credo per molto, io non posso rimanere qui troppo a lungo. Vi metterei
nei
guai. – feci, a capo chino.
- prego?-
chiese Emmett.
-
non c’entri tu – ribatté Edward al fratello.
- gne gne,
Edward, gne gne. -
-
uh, ho capito: leggi nel pensiero? – domandò Alice, esaltata – come
Eddy! -
- sì,
è molto fastidioso a volte. – ammisi.
E’ sempre molto fastidioso. Corresse Edward.
- a
volte può essere utile. - ribattei .
A volte, hai detto bene.
Però tu non vivi in una
famiglia dove tutti non sanno controllare ciò che pensano: non è bello
scoprire
certi particolari. Pensò
Edward,
infastidito.
-
non hai tutti i torti – concordai.
- la
smettete di estraniarci dalla vostra conversazione!? – esclamò Alice,
innervosita. Incrociò le braccia al petto, il suo piede scalpitava sul
parquet.
-
comunque, Bella, non vogliamo assolutamente che tu te ne vada. Forks è
un
luogo sicuro, poco abitato e praticamene fuori dal mondo. Non verranno
mai a
cercarti qui. Potresti stabilirti da noi per un po’. – propose
Carlisle.
-
Bellina, tu rimani qui! E poi, otto sono meglio di una, contro quei
bifolchi!
>> disse Emmett, gonfiando il petto.
-
saresti la benvenuta – insistette Esme, con sguardo accorato.
- E
poi, Emmett ha ragione. Ti potremmo aiutare – fece Alice, implorante,
congiungendo le mani, - ti prego, rimani! –
- Io
non vorrei crearvi qualche guaio; non c’entrate in questa storia, non
voglio
coinvolgervi in questa faccenda.. Si sono sacrificate già troppe
persone
innocenti – feci, cupa.
Siamo già coinvolti, ormai.
Resta, Bella.
Edward
mi guardò implorante, con quegli occhi verdi splendidi luminosi di
speranza.
Ti prego.
Fu
forse questa, la goccia che mi fece cedere.
-
EVVAI‼ - Alice cominciò a saltellare per la stanza, battendo le mani e
ridacchiando.
Ah, veggenti! Pensammo all’unisono io
e il rosso ricattatore.
-
quindi, deduco tu abbia deciso di rimanere. – Carlisle mi sorrise.
- SI’,SI’,SI’,SI’!
- urlò Alice in risposta, al mio posto, felice come non mai.
Diventeremo
grandi amiche, Bella. Alice era entusiasta.
Bellina
resta!So già che mi divertirò un mondo con lei. I pensieri di Emmett m’inquietarono. Aveva
in mente
già una serie di scherzi e battutine da farmi.
So
che non è pericolosa, spero solo che non ci crei davvero dei problemi. Questa era Rosalie, un po’ diffidente. Per
lo
meno, una persona con una reazione normale c’era.
E’ una brava persona,
dopotutto. Magari, riuscirò ad
esserle amico. Voglio provarci.
Grazie.
L’unica cosa che pensò
Edward. Provai
ad alzare lo scudo, ero ancora debole per permettermi di lasciarlo su
troppo a
lungo.
Pensai
solo una cosa: grazie a voi. E ricedette.
Lui
mi guardò sbalordito. ti ho sentita… Annuii, sorridendo.
Ricambiò il
sorriso, sincero. - Emmett, Soffoco! – esclamai, quando quel ragazzo mi
prese
tra le braccia, muscolose. Lui scoppiò in una fragorosa risata,
riadagiandomi
sul letto. Vidi cosa indossavo solo in quel momento. Rimasi allibita,
disgustata anche. Vestivo un pigiama rosa confetto, con merletti di qui
e di
là.
-
rosa cconfetto? – balbettai, schifata.
-
si! Non è carinissimo? – disse Alice, con gli occhi che le brillavano.
Rimasi a
fissare i pantaloni del mio pigiama, con occhi sgranati.
-
non è così brutto. – mentii – è solo
che… rosa? >> dissi, rossa per
l’imbarazzo. Non volevo offenderla. Edward, invece, sghignazzava, come
il resto
dei presenti, per altro. Per me ti
dona. Pensò Edward con nonchalance. Avvampai ancor più, dopo il
suo
commento.
Il
rosa non le piace… Bella, che colore vorresti che sia, quello, diciamo,
principale nel tuo guardaroba? Pensò
Alice.
Mi
indicai con l’indice, non avevo capito se si riferiva a me.
No,
guarda. A pinco pallino! Si, parlo, anzi, comunico con te! Scoppiò a ridere per il suo stesso
pensiero. Edward
era preoccupato per la sua sanità mentale quanto me. Anzi, tutti
la guardavano come se fosse pazza.
Beh, allora?
-
blu. – dissi, risoluta. Era sempre stato il mio colore preferito.
Sì,
ti dona quel colore. Molto più del rosa. Concordò Alice con un sorrisino.
Le
donano tutti i colori secondo me. Pensò Edward. Arrossii per il
complimento e lui avvampò a sua volta, capendo di aver fatto una gaffe.
Ehm…
potresti evitare di concentrarti sulla mia testa? Privacy, please!
Annuii,
cercando di non prestare attenzione alla sua mente.
-
Quindi, ora sei una Cullen a tutti gli effetti: benvenuta in famiglia,
Bella. –
fece Carlisle, con un sorriso. Quelle parole mi commossero.
- Cara,
cos’hai?! – Esme mi si avvicinò, preoccupata. Mi gettai tra le sue
braccia e la
strinsi forte. – grazie – dissi, mentre lei mi cullava con fare
materno.
- E
di cosa, bambina mia? – domandò, con un sorriso caloroso.
- mi
avete accolta, senza pretendere niente e io... Davvero, vi sono
riconoscente. –
balbettai sconnessamente.
- ragazzi,
però ora dovete andare a riposare, domani c’è scuola. Io la visiterò.
Se starà
meglio, provvederò ad avvisare il liceo del suo arrivo. Sempre se sei
d’accordo, Bella. –
- certo
– annuii, concorde con lui. Volevo integrarmi con la realtà di questa
famiglia,
dare loro problemi era l’ultima cosa nella lista dei miei desideri.
Dopo
che mi ebbero salutato, Esme e i ragazzi uscirono dalla stanza,
lasciandomi con
Carlisle. Mi visitò, e disse che mi stavo rimettendo in fretta. Una
bella dormita,
e sarei tornata come nuova. Mi chiese, però, di non agitarmi più così,
perché
il mio organismo non allenato ne avrebbe risentito. Raccontò che loro,
ormai da
tempo, per avere più controllo sulle loro doti, si esercitavano. Mi
propose di
partecipare agli allenamenti, e io acconsentii. Solo così, in caso di
necessità, avrei utilizzato al meglio e più coscienziosamente i miei
poteri,
senza che la salute ne rimettesse.
Esme,
poi, mi mostrò la casa. Essa era gigantesca, ben arredata. Quasi
fiabesca.
Infine, mi ricondusse nell’ala in cui eravamo partite, dicendomi che
sarebbe
stata la mia stanza, d’ora in poi. Mi promise che l’avrebbe sistemata,
perché
che secondo lei era piatta e insignificante, anche se, a parer mio, era
già
bellissima così.
Mi
diede un bacio sulla guancia, e si congedò, augurandomi un buon riposo.
Decisi
di farmi una doccia rilassante.
Erano
giorni che non tiravo un sospiro di sollievo, figurasi godere
dell’acqua calda.
Quando uscii dal bagno personale (comunicante con la mia stanza), vidi
dei
vestiti appoggiati al letto, e un biglietto. Lessi:
Ta dà!Ho previsto che ti saresti voluta
fare una doccia, e anche che non avresti avuto cambi. Per cui, mi sono
premurata di procurarti qualche straccio per la notte. Da sottolineare,
non
concordo su questo genere di vestiti, ma per questa volta, te
l’abbuono. Domani
mattina t’aiuto io con l’abbigliamento, sicuramente farai un disastro:
il primo
giorno di scuola devi fare colpo!
Buonanotte. Un bacio enorme, la tua
veggente.
Sorrisi:Alice era fantastica. Non era difficile volerle bene. Guardai cosa aveva preparato: fortunatamente nulla di rosa. C’erano una maglietta a mezze maniche molto larga, in cui ci stavo almeno tre volte, e dei pantaloncini azzurri. Comodo ed essenziale: ottimo lavoro Alice.