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Autore: bravesoul    01/02/2010    4 recensioni
Risorgere. Difficile. Ammettere di avere un problema, impossibile. Accettare che la donna che ami abbia un problema, è assurdo.
E quando non puoi rinascere e non puoi andare avanti, puoi solo sprofondare.
E mai più riemergere. Kakashi, Yugao e Kurenai.
fic classificata prima al contest "Mental" indetto da Globulo rosso e da Bimba_Chic_Aiko.
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Kakashi Hatake, Kurenai Yuhi
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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 Ecco, siamo arrivati al penultimo capitolo, spero vi possa piacere.

Questo è il mio capitolo preferito, anke xk alla fine ci sono le lyrics di uan cazone stupenda, " Bleed for you" del fil Daredevil,

Spero vi possa piacere^^

Capitolo 4:

Melody without meaning.

 

Andrea Yates, nata a Huston in Texas il 2 luglio 1964.

Soffre per diversi anni di psicosi di più o meno grave forma, interrata in manicomi ed ospedali per più anni. Solitamente casi di depressione estrema, legata anche alla nascita dei figli e alla patologia comunemente nota come “depressione post partum”.

Ha il quarto figlio, viene ricoverata quasi subito dopo, diagnosi: una psicosi talmente avanzata da renderla un pericolo per sé e per gli altri. Viene dimessa poco dopo, sotto indicazione di non lasciarla mai sola in casa con i figli e, soprattutto, di evitare la procreazione.

Divieto facilmente abolito. Dopo pochi mesi la donna rimane di nuovo incinta e partorirà il suo quinto figlio.

Ed è allora, che accade la tragedia.

Il 20 giugno 2001 la donna, lasciata da sola, presa da un attacco psicotico, annega tutti i cinque figli nella vasca da bagno.

Muoiono tutti…

 

Le mani, furiose, battono sul blocco degli appunti di Microsoft Word, quelle poche righe, lette e copiate da qualche sito internet a dir poco inaffidabile.

Dannazione, se la cosa mi ha distrutto.

Sono un medico, me ne dovevo accorgere…

E’ l’unico pensiero razionale che mi frulla in mentre, mentre compio la solita dolorosa ed inutile routine.  Cartelle da compilare, pazienti da visitare, mani da stringere, sorrisi falsi da mostrare al mondo.

E’ solo l’ennesimo giorno di routine lenta e straziante, una routine fatta di stenti e dolore.

Mentre precorro il corridoio che da sulla tua camera, donna che possiede la mia anima e la mia razionalità, la mente scivola, lasciandomi atono a ricordare quello che eravate una volta, te ed Asuma. E di come io mi sia, inutilmente, invischiato tra voi due.

Apro la porta di una camera sobria, un letto ad una piazza, le lenzuola di carta di colore verdastro, un piccolo televisore.

E poi tu.

Tu con gli occhi chiusi e corrucciati, le unghie laccate di rosso che artigliano le coperte, le braccia contratte, il tuo corpo da donna coperto da un pigiama rosso.

Mi fermo sull’uscio della porta, gli occhi languidi che corrono per il tuo corpo, nutrendosi di questa vista quanto mai dolorosa eppure soave. Quanto vorrei stringerti, quanto vorrei infrangere la barriera che ti soffoca, che ci soffoca.

Apri gli occhi, ghiacciandomi con uno sguardo che mi attraversa, quasi che io non esista neanche più per te.

Che male che fa.

Mi trafigge, eppure non mi fa crollare, mi lascia in piedi. Perché lo sai, vero?

Io non crollo, rimango in un angolo come uno straccio, troppo forte per crollare, troppo debole per vivere una vita davvero piena.

- Ciao.-

Un saluto vuoto, che non mi accusa apparentemente.  Ma nel profondo mi odi, mi odi perché io ti ho portato via il tuo bambino, perché tu sei venuta per  chiedere il mio aiuto e io ti ho strappato l’ultima cosa che ti rimaneva di lui. Pensi che non lo sappia?

Lentamente mi avvicino al tuo letto, mi stampo un sorriso vuoto in faccia, mi siedo sul materasso senza toccarti, non oserei mai. Le carezze… Sono come gli abbracci, troppo bruschi. Le parole… sono troppo fredde, soprattutto con te.

Non so fare che guardarti in attesa di qualcosa, con questo sorriso spento, col mondo che mi crolla nel vedere il tuo sguardo vuoto  e sedato.

Soffocano i tuoi impulsi, e hanno ragione.

Soffri di depressione… anzi no, psicosi post partum. Che è una specie di disturbo bipolare, null’altro che una malattia che riguarda i cambiamenti di umore talvolta troppo repentini e davvero pericolosi. Per te, per gli altri, per il bambino.

Fosse un qualcosa di più leggero, basterebbe parlare. Basterebbe un colloquio anche amichevole con uno psichiatra, ma non è qualcosa di piccolo, è qualcosa di tragicamente grave.

Uno sguardo triste alla boccetta vuota appoggiata sul tuo comodino: l’infermiera ti ha appena portato le medicine, i farmaci.

Quello che ti fanno assumere si chiama “ Risperidone”.  È un antipsicotico, ossia uno di quei farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale e hanno un’ azione prevalentemente antidelirante e antiallucinatoria, e non presentano caratteristiche proprie dei supersedativi, al contrario di quanto credono giornalisti poco informati e ferocemente lanciati alla ricerca di motivazioni per cui non li si dovrebbe usare.

Sono farmaci utili, ma rischiosi. Tra gli effetti collaterali c’è qualcosa come torpore, debolezza, alterazione del ciclo, tendenza all’ingrassamento, convulsioni epilettiche…

Passo una mano sul volto, quanto sono stanco…

Quanti effetti collaterali possibili, nevvero Kurenai? Ma serve che tu corra questo rischio, per quanto male faccia l’ammetterlo, persino a me stesso.

Il risperidone, venduto sotto il nome di Risperdal, ha come formula chimica C23H27FN4O2, il che significa che è costituito da ventitré molecole di carbonio, ventisette di idrogeno, una di fluoro, quattro di azoto e due di ossigeno. O, almeno, questa è la sua formula base.

Viene usato per trattare disturbi psicotici persino sugli adolescenti e sui bambini, ma questo non significa che sia blando, semplicemente il più sopportabile.

Si assume per via orale, tramite gocce o pastiglie,ed una scatola di queste pastiglie costa qualcosa come 90 euro.

Ha una metabolizzazione epatica, ossia il nostro corpo lo metabolizza, lo assimila, tramite il fegato, che quindi è l’organo più esposto agli effetti collaterali. Si espelle tramite le urine.

Come effetti collaterali ha atassia, ossia la perdita della ordinazione muscolare, bassa pressione sanguigna, può causare tumori benigni all’ipofisi, discinesia tardiva, ossia movimenti involontari e incontrollati, il diabete o ancora…

Ma tu, tu che mi guardi con questi occhi spenti  dalla rassegnazione, gli occhi di una persona che non vuole risorgere, tu che cosa ne puoi sapere?

Forse hai letto queste cose, senza capirne davvero il senso. Ma una cosa è leggere da profano della medicina, una cosa è essere pienamente conscio di cosa questo farmaco farà al tuo bel corpo, che credevi deturpato da una gravidanza solitaria.

Queste pasticche verdi e dall’aspetto innocente potrebbero trasformarti in una drogata, un essere senza controllo dei propri movimenti, un essere obeso oppure, ancora, costretto ad interventi al cervello, ad assumere insulina ogni pasto della tua vita.

Ma, soprattutto, potrebbero toglierti la possibilità di avere il tuo bimbo al seno.

E tu, tu, inconscia di questo dolore mi guardi come se a me non fregasse nulla di te, del tuo destino. Ma tu.. non puoi neanche immaginare come io possa immaginare e ricordare cosa comportino questi effetti collaterali.

Io sì.

E questa, fidati, è una tortura infame, più infame di questo sguardo spento che tenta di ridurre in polvere anche l’ultimo barlume di coscienza.

Giri la testa, mi nascondi la vista di queste finestre sulla tua anima soffocata.

Mi alzo, il mio tempo con te, per oggi, è finito.

Chiudo la porta.

Non stai migliorando, non stai migliorando per nulla.

Yugao parla con te ogni giorno, conduce il tuo corpo e la tua mente in luoghi dimenticati e tenta di liberarlo da questa oppressione invisibile.

Sarebbe più facile se tu avessi un proiettile in corpo, lo leverei io.

Un orgia di sangue che mi sarebbe più lieta di questa attesa snervante ed impotente.

Perché, amica mia, se questo mi fa male, non hai idea del dopo.

Perché se non migliori neanche così… dopo rimane solo l’elettroshock e… vedere il tuo cervello fino e logico, fritto tra due elettrodi non solo mi distruggerebbe, mi annichilirebbe del tutto.

Non vuoi risorgere.. ti conosco troppo bene per farmi illusioni in merito.

Tuo figlio non basta, è lui che ti ha indotta in questo stato, e con estrema freddezza capisco che probabilmente ti sarà passato pure per la mente di stringere il suo collo bianco e porre fine alla sofferenza.

Sofferenza che poi ti avrebbe trascinata tra manicomi e celle, funerali e luridi sensi di colpa.

Eppure, quando lo vedi, gli occhi ti brillano e il cuore si agita per un momento, prima che il cervello, infido bastardo, ti trascini di nuovo nell’apatia più totale, facendo spegnere anche quella scintilla.

Passo dopo passo vado a quel balconcino ormai unico confidente dei miei lugubri pensieri, della mia sconfitta sempre maggiore e di quel senso di colpa atroce.

Spingo la maniglia antipatico e l’aria fredda ed invernale mi investe, scivolando sotto i vestiti e ghiacciandomi l’anima.  Accendo una sigaretta, una delle tante,  la nicotina mi riempie i polmoni, le mani tremano, gli occhi guardano fissi un puntino all’orizzonte, la mente viaggia, riportandomi …

A quel dannato giorno.

Stride, il freno.

Con occhi calmi, Asuma, guarda la strada, schiva una macchina e passa oltre.

Il passeggero sorride alla perizia dell’amico, un adolescente mai cresciuto in cerca dell’adrenalina.

Asuma accende l’ennesima sigaretta, il passeggero fa lo stesso.

Battuta sporca, sorriso.

Risata goliardica, pacche sulle spalle.

Contachilometri che scende,quasi ad una velocità normale.

Sono spericolati, non stupidi.

80 km/h non sono una velocità troppo elevata.

E’ un lampo, una distrazione.

Lo schianto lì davanti, una macchina dell’altra corsia perde il controllo, vola nella corsia dei due.

Un attimo.

Ed è l’inferno.

Un camion tenta di evitare la macchina impazzita, sbanda, perde il controllo.

La macchina si schianta, in una palla di fuoco.

Le lamiere volano.

Asuma tenta di mantenere la macchina sotto controllo.

Ce la sta facendo.

Ma una lamiera rompe il vetro.

Le schegge volano, il passeggero sviene in un lago di sangue.

Asuma, incolume, si volta.

Ed un urlo gli esce dalla bocca.

Troppo tardi.

La macchina sgomma, si scontra sul camion, finisce giù per la scarpata.

E la morte, silenziosa, prende l’autista e risparmia il prigioniero.

Tornerà.

La mano destra artiglia la balaustra, la sinistra scivola dolcemente sull’occhio sinistro.

Se solo…

Fosse accaduto il contrario.

Se solo fossi morto io quel  giorno.

Il mondo scivola, danza sotto i miei occhi. Gira tutto, tutto, non riesco a tenere gli occhi aperti…

E tutto pare chiamarmi verso il marciapiede, verso quel salto nel vuoto che la mia mente si ostina ad impedirmi.  Ma il mio corpo… Non risponde.

- Merda…-

Dio, quanto mi sento debole.

Le gambe non reggono.

Un mano mi trascina lontano.

- Dannazione!-

Una voce non mia, un’immagine sfuocata di viola davanti ai miei occhi impazziti, la testa che fa un male allucinante.

L’impatto contro il pavimento del terrazzo.

E…

Il buio.

 

 Apro gli occhi con lentezza, un immagine appannata si forma davanti al mio occhio stanco e si riflette sulla retina. Yugao…

I capelli viola ti vanno sugli occhi, occhi viola che sembrano trafitti da un ansia tremenda, da un dolore appena scampato eppure così reale.

Le tue mani stringono freneticamente le mie braccia, le unghie affondano nella mia carne, eppure non oso spostarti, non oso far nulla, mentre la tua bocca di avvicina alla mia.

Il tuo fiato da un colore a questo mondo grigio.

L’occhio sinistro torna a vedere in un modo decente, le testa comincia a girare un po’ meno.

Sono steso a terra, tu sei a cavalcioni sul mio corpo… sei tu che mi hai trattenuto…

Le tue labbra si avvicinano ed, in un secondo, sembrano la cosa più concreta che ci sia a questo mondo. La panacea per questo dolore che mi attanaglia l’anima, il modo per scappare alle mie responsabilità, il modo per scappare al rimorso, per riprendere la vita da dove l’ho lasciata prima del maledetto incidente.

Eppure gli occhi rossi tornano, distogliendomi dalla pace, che io so a portata di mano, anzi di labbra.

Io non posso scappare dal mio inferno, io non posso rinascere e lasciarmi alle spalle tutto, io ho la colpa, io ne devo pagare le conseguenze.  Nel mio purgatorio non esiste venia, non esiste un paradiso.

Solo un inferno senza fine, una voragine infuocata senza fondo né pentimento.

Chiudo gli occhi, un gemito mi sfugge dalle labbra, rompe l’incantesimo e la potenza purificatrice di te, donna, che mi può salvare.

- Cosa è successo?- sussurro, mi sento terribilmente stanco.

- Dovresti dirmelo tu. Stavi cadendo …-

Come posso vedere quanto ti abbia fatto male, quanto ti abbia fatto male  pensare di potermi perdere.

Perché, Yugao, noi cosa siamo? Eravamo amanti, prima dell’incidente.

Siamo diventati amici, dopo.

E ora?

Che siamo tragici burattini capitati nelle mani dello sbagliato marionettista?

Tragiche anime che si sono incontrate nel posto sbagliato?

Non ti posso trascinare nella mia voragine.

- Non ho nemmeno capito cosa succedesse… mi girava la testa…-

Porto inconsciamente una mano all’occhio sinistro che fa un male allucinate, tanto da farmi gemere.

Mi prendi il mento con delicatezza e osservi l’occhio, scoprendolo  irritato a tal punto che una lacrima scende giù per la mia guancia.

L’asciughi con dolcezza, mentre si perde tra le tue dita sottili e dolci.

I tuoi occhi si incupiscono in un secondo, mentre capisci quale possa esserne mai stata la causa.

Mi passi un braccio dietro le spalle, eludendo la voglia  che ti ritrovi di appoggiare le tue labbra sulle mie, di scacciare i miei demoni.

Fai bene.

- Yugao, sto bene. Ce la faccio da solo.-

Uno sguardo, arrabbiato, furioso, insofferente, insoddisfatto.

- NO, tu non stai bene proprio per nulla! –

Quante cose si possono dire con uno sguardo? Quante frasi si possono evitare, quante parole inutili?

Basta questo sguardo, questo momento per capire che io e te siamo uguali, sotto sotto.

Abbiamo tutti e due qualcuno da fare rinascere.

 

If I could take your pain away
I would scream for you
And I'd bleed for you
So you’ll never feel this way again
When you’re in my arms, again
I would scream for you
I will bleed for you

 

E, mentre lo aiuta a trascinarsi da qualche parte, lo sa.

Ha capito.

Per far guarire quella velata tristezza dal suo sguardo farebbe di tutto.

Lo stringerebbe forte, e mentre è tra le sue braccia griderebbe per lui, strapperebbe quella spiacevole sensazione da quel corpo.

 Perché lui non si sentisse mai più così.

Ma, Yugao, lo sa.

Non sarà possibile, perché l’unico modo per strapparlo da quella solitudine… E’ strappare Kurenai alla psicosi.

E questo fa male.

Perché lei per lui… darebbe via anche la vita.

Le labbra sussurrano qualcosa al vento, qualcosa che si perde senza raggiungere il vero destinatario.

Put the weight on my shoulders
And the pain in my heart
Tie the knots in my stomach, let it tear me apart
So I could be everything you need 
So tear me apart...

A melody without sense.

 

Brave's notes:

Grazie ad Aiko e a Yama Nihal, care siete degli angeli a recensire. 

E voi altri, ditemi che ne pensate. ( anche perchè questo è il cap preferito XD)

  
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