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Autore: pinksidfloyd    03/02/2010    3 recensioni
negli anni le cose possono cambiare, ma anche restare completamente invariate, senza che noi ce ne rendiamo conto
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi è venuta fuori ieri sera, non so il perchè. La foga mi ha sovrastato e ho scritto fino a mezzanotte passata :D . A volte mi succede :DDD
Che ne dite la lascio a one shot? Comunque le parole storpiate della prof sono scritte apposta :D




“Ehi Chiara vieni alle cena di classe?”
Terza liceo scientifico, cena di classe delle medie, classe odiata dal profondo, a parte alcune persone.
“No, non posso sabato, è il compleanno di mia mamma e andiamo a mangiare fuori.” la voce scocciata mi viene naturale.
“Ma dai! Dì ai tuoi di venire a mangiare nel ristorante dove andiamo noi!” mi dice Vittoria, ragazza che conosco dall’asilo, elementari, medie, ma in classi diverse (per fortuna) al liceo.
“ No davvero, il prossimo anno, prometto” Naturalmente le dita incrociate sono d’obbligo. Mi spunta un accenno un sorriso di soddisfazione, ma lo noto solo io.
“ E va bene! Il prossimo anno allora.” esclama un po’ sconsolata.
Per fortuna se ne va... non potevo sopportarla un minuto di più. E’ da giorni che mi stressava con la cena di classe, ma io proprio non ci volevo andare, soprattutto per due motivi:
Non avevo nessuna voglia di vedere i miei compagni, anche perchè le mie amiche storiche non ci sarebbero andate per lo stesso motivo, o perchè avevano altri impegni.
Non avevo nessuna voglia di rivederlo, anche se in teoria non mi aveva fatto niente.
Per lui avevo sviluppato una sorte di odio/semi-attrazione che non sapevo ben definire.
La lontananza mi aveva fatto bene, infatti lui all’ultimo aveva scelto un’altra scuola; se l’avessi visto tutti i giorni sarebbe stata la mia fine e i miei 8 in pagella mi avrebbero fatto “ciao” come le caprette di Heidi.
Quando lo vedevo perdevo una buona parte della mia solida lucidità mentale.
Non avevo mai voluto cedere, non avevo mai capito se era interessato veramente a me. Ero sempre stata diffidente nei suoi confronti,soprattutto per il suo carattere, il tipico bastardo, molto bello naturalmente, che si divertiva ad andare con tutte, e queste ci stavano, rimanendoci “amiche” o forse qualcosa di più. Insomma le solite sgualdrine, come ce ne sono in tutte le classi; ma nella mia erano la maggioranza.
Almeno tutta la componente femminile per un periodo durante le medie, si era presa un cotta, chi più o meno intensa per lui.
Tranne me.
Fino alla metà della seconda media, nonostante la maggioranza di femmine nella mia classe, non mi ero mai interessata ai ragazzi, anzi me ne fregavo altamente. Poi mi ero “ svegliata”, e mi domandavo quale fosse stato l’imput.
Mi domandavo anche perchè molte in terza avevano già il “ragazzo” e io no, anzi, mi sembrava che nessuno si interessasse a me. Non ero bellissima (ma a detta delle mie amiche non ero “male”), non molto magra, anzi diciamo che una 44 piena c’era, poco seno, capelli neri, occhi neri, pelle scuretta, che d’estate assomigliava molto a quella di una cubana. Almeno non ero bassissima come molte delle mie compagne. Però non mi consideravo bella. (Adesso per fortuna sono dimagrita, ma le curve ci sono ancora, ma me ne vanto!)
Poi verso Aprile, la prof di italiano ebbe la brillante idea di cambiare i posti, e io mi ritrovai proprio davanti a lui. E non so come, svegliò qualcosa in me. Ancora oggi quando ci ripenso mi rivengono un po’ di brividi.
Una mattina, ero praticamente stesa sul banco ad ascoltare la noiosissima lezione di storia con una mano penzolante dal bordo, lui me la prese e incominciò ad accarezzarmi le dita. Io lo lasciai fare, probabilmente perchè non mi rendevo neanche conto di quello che stava facendo.
Giorno dopo giorno però continuavo a far pendere la mano nella speranza che lui lo rifacesse, e a volte accadeva. Il pomeriggio stesso mi interrogavo sul mio comportamento e mi rendevo conto che probabilmente per lui era solo un gioco, ma per me forse sarebbe potuta diventare qualcosa di più.
Così decisi di essere distaccata, anche perchè sapevo che la sua bellezza era direttamente proporzionale alla sua s******ggine. Erano il giudizio che mi avrebbero dato le mie di amiche ma soprattutto i suoi amici  che però mi intimorivano di più del suo carattere. Quella schiera di oche, quei maschi stupidi, certi giri che frequentava o che aveva iniziato a frequentare, insomma mi sentivo inquieta a pensare a un remoto futuro con lui. Qualche volta però uno sguardo mi scappava involontariamente sui suoi capelli marroncini chiari, quasi impercettibilmente mossi, oppure sulle sue mani, le quali erano una delle parti del suo corpo che mi piacevano di più, o sul suo fisico scolpito, magro e muscoloso come un vero giocatore di pallamano. Anche il suo viso era bello.
Le mie amiche, per mia scelta, non hanno mai saputo del mio conflitto interiore, ma credo che comunque l’avessero già capito da un po’.
Perciò lasciai perdere. Nonostante tutto. Non vedevo l’ora di finire le medie, per non vedere più quella classe tanto odiata, che era composta per di più da oche e da sgualdrine di prima qualità.

E poi mi venivano a chiedere se volevo andare a rincontrare quella gente? Neanche per sogno!
Nella mia classe mi trovo bene, inoltre ci sono un sacco di ragazzi molto belli; e sono amica con loro. Marco, in particolare lo conosco dall’asilo come Vittoria, eravamo in classe assieme. Simpaticissimo, non bellissimo, ma con degli occhi verdi spettacolari, ma molto tra le nuvole e un po’ opportunista, ma il mio migliore amico dalla prima superiore.
Giovanni, biondo occhi azzurri chiarissimi, fidanzato un pò tronista, bocciato in seconda,che però, se non mi sbaglio, è interessato un po’ a me. Ma io non voglio inimicarmi nessuno, perciò non ci sto. Anche se con lui scherzo e ci divertiamo.
Ma a 16 anni suonati non ho ancora baciato nessuno. Ma non sono l’unica.
Mettendo questi pensieri da parte ritorno in classe, la ricreazione è finita.
“Giusy chi c’è adesso?”
“ La Grande...” La prof di latino, considerata la più invornita e la più suscettibile, di tutto il corpo insegnanti della nostra sezione, vecchia e per di più sarda.
“Ragggazzi, la profssessa di italiano del brocca ha proposto uno spettacolo a teatro per prossimo martedì. Ci andiammo?”
Senza ombra di dubbio rispondiamo affermativamente, anche perchè il nostro corso fa veramente pochissime gite.
Lo spettacolo si chiama “I demoni”, balletto in chiave moderno, credo proprio che mi piacerà.
I giorni passano rapidamente e con loro la cena di classe a cui io ero stata miracolosamente risparmiata; dopo essere scampati, grazie a una giustificazione di massa, alla temutissima interrogazione di matematica, ci avviamo verso l’uscita del liceo.
In strada stiamo tutti in un grande gruppo, io abbracciata a Marco e a Giovanni, e di fianco a Marco, la mia migliore amica Sara, anche lei in classe con me alle medie.
“ Chissà che scuole ci saranno oggi a teatro” si chiede tra se e se Sara.
“ Mah, podarsi che ci sia il classico, i geometri e sicuramente altre sezioni del nostro liceo che arriveranno con la Graziosi.”
La camminata procede tra risate e musica attaccata, tanto i nostri prof. non la sentono e ci scherziamo su come matti.
Il teatro è alle porte e una volta entrati ci sistemano in platea, perchè siamo stati una delle prime classi a prenotare i posti, perciò abbiamo i migliori.
“Ehi guarda chi c’è nella fila  a destra della nostra ma un posto avanti a noi !” mi bisbiglia Sara all’orecchio, nella confusione del teatro.
Mi sento quasi svenire, ma mantengo l’autocontrollo a fatica. Forse sono appena sbiancata.
Appena due metri da me c’è lui, Francesco, quello che avevo cercato di ignorare. Non lo vedevo dal giorno dell’esame scritto di matematica delle medie, cioè quasi quattro anni. Alle medie le mie compagne fantasticavano su come sarebbe diventato bello quando sarebbe andato alle superiori in terza, a 16 anni e avevano pienamente ragione: era diventato ancora più bello, più alto, stessi capelli, stesse mani bellissime, stessi occhi verdi-marroni, ma con il viso più da adulto, più marcato. E il fisico non è cambiato affatto. Indossa un maglione di cotone grigio chiaro un po’ attillato, per evidenziargli i muscoli ( il solito gallo, non è cambiato) con sotto una maglia bianca senza collo e un paio di blue jeans.
Un bruciore istantaneo mi invade lo stomaco, era da tanto che non mi capitava e sapevo anche da quando.
Purtroppo ci vede e ci saluta, ma la conversazione è breve, giusto un come stai e buono spettacolo.
Quest’ultimo inizia dopo pochi minuti, la sfiga vuole io sia la penultima della fila quindi, lui, riesco ad osservarlo benissimo. Fortunatamente mi faccio prendere dalla musica e dal ballo, e il suo pensiero mi abbandona.
Un improvviso movimento alla mia destra mi attira. E’ la sua mano che si sistema i capelli. Il respiro si fa accelerato, ma ancora mi impongo l’autocontrollo e la concentrazione per godermi lo spettacolo.
“ Che hai?” mi chiede Marco, seduto tra me e Giovanni, e Sara alla mia destra.
“Niente, è un po’ freddo qui a teatro...” sto mentendo spudoratamente.
“ Vuoi la mia sciarpa?”
Che gentile! Fin da piccola mi sono chiesta chi avrei sposato e subito mi veniva in mente Marco, un tipo divertentissimo, e che molte volte la pensava come me, perfetto per la famiglia. Sarei stata bene con lui.
“ Si grazie” gli rispondo, anche se in realtà io mi sentivo piuttosto accaldata.
Lo spettacolo continua, senza intervallo e con ballerini bellissimi. Tra me e Sara c’è un continuo scambio di battutine.
Ogni tanto lo fisso, ripensando che potrei andare lì, parlarci,  forse le cose si evolverebbero ( puntualmente a questi pensieri corrisponde lo stomaco traballante) oppure andarmene come niente fosse e fregarmene altamente. Guardandolo riscopro ogni particolare del suo viso e delle sue mani che avevo dimenticato, ogni espressione, ogni movimento, tutti oscurati dal tempo. Spero intanto che la prof, ma soprattutto i miei amici non si accorgano che non sto proprio seguendo lo spettacolo assiduamente. Giovanni mi osserva con uno sguardo interrogativo, ma faccio spallucce e mi concentro sull’ultimo quarto d’ora del balletto.
Finalmente tutto termina, mi alzo e mi avvio verso l’uscita. Per fortuna lui è rimasto bloccato; non ho intenzione di vederlo per altri 2/3 anni se possibile, ma in una città piccola come la mia con tre scuole in croce è un’impresa abbastanza ardua, ma se c’ero riuscita così bene in quel lasso di tempo perchè non ci sarei potuta riuscire ancora?
Salutati con un bacio Giovanni, Marco e Sara e con la mano il resto della mia classe mi avvio a piedi verso la piazza sulla strada per tornare a casa, visto che lo spettacolo è durato fino alla fine dell’orario scolastico.
Prendo appositamente la via più lunga per schiarirmi le idee, tanto la cartella oggi non pesa molto.
Sono anche sicura che lui non mi seguirà, siccome abita in un paesino in periferia, che per raggiungerlo è obbligato a prendere un autobus, immagino insieme a un altro mio compagno delle medie, Alessio.
Decido di fermarmi in una pizzeria al taglio, così appena arrivata a casa non avrei dovuto far impazzire mia nonna a cucinare.
“ Un pezzo di pizza margherita per favore” chiedo
“Anche per me grazie.” Non credo alle mie orecchie, sta volta se non mi reggo al bancone rischio veramente di svenire dallo spavento. Quella voce la riconoscerei tra mille. Quella “erre” non moscia, un po’ “ catarrosa” come mi piace definirla, soprattutto non la confonderei mai. In pochi parlano così.
Mi giro, incapace di capire la mia espressione, probabilmente stupita.
Lui mi sorride. E io, incapace di sostenere il suo sguardo, mi giro di nuovo, pago la mia pizza ed esco senza degnarlo di uno sguardo.
Mi accorgo di camminare scossa per qualche metro, con la pizza in mano come un soprammobile.
Butto via la pizza, tanto la fame mi è passata.
Giro per una strada secondaria, che nelle giornate di sole e all’una della mattina non è frequentata da molti.
Mi appoggio al muro, per rinfrescarmi le idee, anche se siamo in pieno inverno, ai primi di Febbraio, e ci sono 0 gradi, anche all’una.
Chiudo gli occhi per riflettere, e per calmarmi. Mi chiedo come mai abbia reagito così. 
In fondo lo dovrei sapere, questo per lui è solo un altro dei suoi giochetti.
Mi calmo e riapro gli occhi.
Il suo viso è a pochi centimetri dal mio. Il mio viso probabilmente ha assunto un’espressione stupita, forse anche un po’ impaurita. ‘Se queste emozioni le avesse vissute un cinquantenne, gli sarebbe già venuto un infarto’ penso.
“Allora è questo il modo di trattare un vecchio amico?” La sua voce, più profonda di come la ricordavo è ancora più bella. Ma mi irrito.
“Tu non sei mio amico” gli rispondo con veemenza.
“Ah no? Meglio.” Sorride.
Si avvicina e mi bacia, un bacio prima appena accennato, per testare la mia reazione, poi dolce, di una dolcezza infinita. Io non riesco a resistere e cedo.
E il bacio diventa pieno di passione, un bacio sperato, un bacio aspettato, un bacio agognato, e il tempo si perde nel suo ciclo infinito lasciandoci fuori dal suo corso.
  
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