La sera era
sempre stato il momento più dolce della giornata, per me. I momenti migliori
della mia vita avevano sempre avuto un sottile legame con l’oscurità.
Come se la luce delle stelle la vita si animasse.
E nemmeno quella notte era differente. Le nuvole si
erano disperse, e larghe chiazze di cielo scuro lasciavano intravedere alcune
piccole, o grandi, o assolutamente insignificanti, stelle bianche. Le guardavo
incantata, mentre scompigliavo delicatamente i capelli sottili di Benjamin. Avevano un profumo. Aveva un profumo. Tornai ad
osservarlo, distogliendo lo sguardo dal cielo. Tenevo la sua testa in grembo,
teneva gli occhi chiusi,ed era talmente tranquillo e
silenzioso da sembrare quasi addormentato. Ascoltavamo un cd, a volume basso.
Non sapevo che ore erano, forse erano suppergiù le due. Non sapevo perché, ma
non avevo per niente sonno.
-Sai che io c’ero andato a una sue esibizione?- Si riferiva a Billie Holiday. Non avevamo
scoperto da molto che era una delle cantanti preferite
di entrambi. Ci piaceva quella strana malinconia che faceva voglia di
sorridere, ci piaceva davvero starcene in silenzio ad ascoltare un paio di
vecchie canzoni ruvide e scure.
-Davvero?-, risposi io,
stanca. Non aveva ancora aperto gli occhi, fino a quel momento. Mi guardò ancora
con quella strana espressione incuriosita sul volto, come se ancora avesse
dovuto capire bene chi fossi.
-New York, 1948. Era un genio. Era una delle prime volte
che tornavo in America-
-Un gran bel modo per
festeggiare il ritorno-
-Era dura stare con tutta
quella gente attorno, era proprio dura-
-Non sarà dura per sempre-
-Migliora-, mi rassicurò, scrollando le spalle. Improvvisamente,
però, qualcosa sembrò attirare la sua attenzione: indicò lo stereo, dalla parte
opposta della camera. –Ascolta la canzone-. Obbedii.
Si chiamava You showed me the way. Anche a me piaceva molto.
–Anche a me hai mostrato la strada-.
Doveva smetterla di essere
così maledettamente lirico, o un giorno o l’altro mi si sarebbe strappata un arteria. Mi si accelerò il respiro: non era una cosa
volontaria, se avessi potuto avrei preferito evitare tutta quella scena.
Proprio il mio corpo non voleva saperne di non reagire, di abituarsi a lui. Gli
presi il volto tra le mani e lo baciai. Sospirò.
-Sarebbe
proprio una bella sera per fare l’amore-, si lamentò. Non ci feci troppo caso, sapevo che lo faceva tanto per fare.
-Potrebbe fare irruzione con
un machete. Lasciagli il tempo di abituarsi alla
situazione, e poi vedrai che anche lui capirà-. Anche a me la cosa non piaceva,
perché in effetti era proprio una bella sera per fare
l’amore. Avevo la strana, più che certa impressione che mio padre fosse appostato sulla soglia della porta della camera.
-Mmm. Cercherò di adattarmi-, sospirò,
risistemando la testa sulla mia pancia. Sorrisi, avevo ripreso
possesso di me. Forse avrei potuto divertirmi un po’, in qualche modo.
-Allora, anche tu eri un cuore in cerca di felicità e io ti ho
mostrato la strada?-, gli chiesi, parafrasando la canzone che mi aveva
fatto ascoltare. Decisamente mi divertiva, metterlo in
imbarazzo, farlo stare zitto. Capì quale era il mio gioco, anche lui mi
sorrise, furbo.
-Forse non proprio la
felicità…m direi che mi hai comunque mostrato la
strada. Adesso lo scopo della mia vita è evitare che tu ti lasci assoggettare
da certe tue manie compulsive piuttosto idiote, o
dalla tua inguaribile tendenza al dramma-
-Non tendo
al dramma-, risposi seccata. Avrei voluto anche io essere fredda come
lui.
-No Nessie,
non tendi assolutamente al dramma. Hai solo cercato di suicidarti lentamente e
scenograficamente sperando di lasciare la scena in una fiammata di gloria. No,
non tendi assolutamente al dramma-. Scoppiò a ridere, incapace di trattenersi.
Era parte di lui, rallegrarsi delle debolezze altrui. Ad alcuni avrebbe potuto sembrare semplice cattiveria, a me sembrava
solo spassionata drammatizzazione di uno stato di cose. Era
stupido prendersela tanto per i propri difetti, ci si poteva anche
ridere un po’ su. Anche io risi.
-Ci devo un po’ lavorare, su
questa cosa-, ammisi alla fine. Sciolsi i capelli che
avevo raccolto in un alto chignon. Ma
si era scomposto, e lasciai che i capelli mi coprissero le spalle. Le punte
arrivavano a solleticare la punta del naso di Ben.
-Lascia
perdere, è meglio così. Di chi
riderò di qui alle prossime svariate centinaia di anni
se tu diventi l’essere super perfetto che la tua testolina confusa immagina?-.
Sembrava davvero dispiaciuto. Rimasi un po’ in silenzio, pensavo.
-Hai davvero intenzione di
vivere così a lungo?-
-Gesù, Nessie. Spero che la
pianterai un giorno o l’altro con questa ossessione
del tempo-, esclamò, un po’ nervoso. Si agitava sempre quando
andavo sull’argomento. Ovviamente perché anche lui se lo chiedeva, a cosa gli
sarebbe servito tanto tempo, era questo che lo rendeva speciale. Non voleva ammetterlo
davanti a me, credeva che avrei pensato che non mi amava abbastanza. Ma io lo amavo, sinceramente, oltre ogni ragionevole limite,
anche se non sembrava. Eppure continuavo a domandarmelo, a cosa ci sarebbe servito tanto tempo.
-A me capita di pensarci,
tutto qua-. Scrollai le spalle, cercando di sembrare indifferente. Aprì gli
occhi: spostò i miei capelli dietro le spalle e allungò la mano verso il
comodino, per prendere le sigarette. Gliele passai. Ne mise
una tra le labbra, gliela accesi.
-Ci pensi ancora spesso,
eh?-, chiese lui. Lasciva cadere la cenere nel posacenere che avevo messo sul letto, di fianco a lui.
-A che cosa?-
-Alla questione dell’essere
umana-
-Non tanto, adesso. Ma ci ho
pensato molto, lo sai-
-Sono contento che tu non ci
pensi più tanto-
-Perché?-
-Perché non
porta a niente. Credimi.-
-Purtroppo no-. Ritornai di
nuovo a guardare il cielo. le nuvole si stavano
muovendo: probabilmente non avremmo visto la luce del sole, il mattino dopo.
-Mi piace
tua madre-, disse, fissandomi con quello sguardo stranamente ironico.
-Mi vuoi già piantare?-. Feci
una smorfia,irritata. Insomma, quando eravamo partiti
lei lo odiava, e adesso se ne stavano qui, a farsi un sacco di moine l’uno con
l’altra.
-Dovresti essere contenta.
Adoro mia suocera-
Suocera. Che
ridere.
-Infondo, è una donna anche lei. L’avrai solamente conquistata-.
Mi strinsi nelle spalle, lo sentii ridere. Che voce del diavolo che aveva, avrebbe dovuto cantare.
-E’ sposata. Con le donne sposate non ci si può combinare niente-, asserì tranquillo.
-Per piacere, come se potesse
fare la differenza-
-Ammettilo: ti piace
immaginarmi così infame. E se anche non lo fossi per te sarebbe lo stesso,
perché saresti convinta che lo sono-
-Stasera parli troppo-
-Questa era
la mia battuta-, disse sottovoce. Prese la mia mano, ancora tra i suoi
capelli. La osservava attentamente.
-Raccontami di una donna con
cui sei stato-. Non mi raccontava mai le sue storie. Ovviamente ero gelosa,
spaventosamente piena di gelosia, se mi raccontava di una donna con cui era
stato, ma ovviamente provavo un certo piacere perverso nel sentirmi la
vincitrice, tra tutte quelle che ci avevano provato. In fin dei conti, ero
sempre stata molto competitiva. Ma non mi raccontava
quasi mai niente. Di solito lo faceva così, per darmi un po’ fastidio, quando
ero un po’ persa nei miei pensieri. Mi riportava a terra in un istante.
-Ancora? Gesù,
Nessie, stasera hai intenzione di andare a tirare in ballo tutti i discorsi più pesanti che tu possa
immaginare o è solo il tuo inconscio che lavora a un ritmo più frenetico del
solito?-, esclamò spazientito, improvvisamente all’erta.
-Avanti, alla fine piace
anche a te raccontarmi. Solo una!-
-Poi se te la racconto
diventi nervosa-. Si guardava attorno, in trappola. Pensavo che avrebbe aperto
la finestra e se la sarebbe data a gambe da un momento
all’altro.
-Mi passerà-
-Nes-, mi guardò
serio, sbuffò. –Nes, lo sai anche tu che ti passerà
solo se poi ti porterò a letto, ma visto che qualcuno
ha fatto voto di castità per stasera, preferirei evitare di assecondare le tue
domandine morbose-
-Non è un voto inderogabile.
Insomma, alla fine, nessuno ha accettato le condizioni di mio padre, no?-
-E la storia che sarebbe entrato facendo irruzione con un’ascia o qualcosa di
simile?-, inarcò le sopracciglia. Soppesava le proposte. Era
un gran furbo, ecco cos’era.
-Non credo che un machete
potrà veramente arrecarti qualche danno permanente, dopotutto-
Lo visi riconsiderare la
cosa, e anche io fui soddisfatta della piega che la situazione aveva preso. Forse
sarei riuscita a dormire, dopo essermi stancata un po’.
-Racconta!-. Schioccai la
lingua entusiasta.
-Che fatica. Vediamo, fammi pensare-
-Secondo me
preferivi le bionde!-
-Mah, era abbastanza uguale-
-A me piacciono i biondi!-
-Mmm, interessante-. Inarcò le
sopracciglia scure, rise. –Che diavolo hai
stasera?-
-Credo di essere abbastanza
felice. Non cambiare discorso, chi era la bionda fortunata?-
-Non ho detto
che mi piacciono le bionde-
-Scusa-, sussurrai. Giurai a me tessa
di stare zitta e di contenere la mia momentanea esuberanza per uno scopo
migliore.
-Ti racconterò di Dharma, visto che probabilmente accompagnerà Tatjana qui,
la prossima settimana-. Si mise a sedere di fianco a me, appoggiando la schiena
alla morbida testiera del mio letto. La luce smorta delle stelle illuminava il
suo profilo di una strana tonalità metallica, d’argento. Rimase in silenzio, a
guardarmi con una sfacciata espressione di sfida negli occhi. –Allora, non sei
gelosa?-
-Veramente ti ho chiesto io
di raccontarmi la storia, perché dovrei essere gelosa?-, tagliai
corto. Benjamin sbuffò divertito,
mi strinse a sé.
-Che palle. Non mi fai mai divertire. Comunque,
io e Dharma abbiamo avuto una storiella. Niente di
che-, mormorò suadente. Se fossi stata un po’ più
scema sarei rimasta solamente incantata ad ascoltarlo, senza farmi troppi
problemi.
-Esattamente un storiella di quanto?-
-Mah, una decina d’anni,
quindici forse, comunque è uguale. Sai,
è una un po’ strana. Tutta fissata sui chakra,
e sul karma, e su tutte quella roba da fachiri.
Proprio non era il mio tipo-
-L’hi lasciata tu?-. Mi guardavo le unghie che mi ero giusto fatta quella sera, mentre cercavo di capire se
era il caso di agitarsi o no. Una decina di anni,
quindici forse.
-Penso di sì-, fece una
smorfia, annoiato – Un giorno le ho detto che me ne
andavo senza di lei e lei ha detto che si poteva fare-
-Interessante. L’hai più
vista da allora?-
-Un paio di volte-
-Cosa centra con Tatjana?-. mi concentrai sul suo viso. Di lei non sapevo praticamente niente: sapevo che era la sua creatrice, sapevo
che già un volta aveva intercesso tra noi e i Volturi, quando avevo deciso di
lasciare la mia famiglia e di andarmene con Ben. Senza il suo appoggio non ci
avrebbero lasciato fare così facilmente. Qualcosa la legava
alla famiglia reale, era potente, a suo modo. Io non l’avevo mai vista,in ogni caso: e Benjamin non ne
parlava quasi mai e, se capitava, di solito il solo pensiero bastava a
irritarlo. Anche allora sembrò un po’ seccato dalla
domanda.
-Sono legate da una specie,
come posso dire…di patto. Entrambe sono profondamente egoiste, tutto quello che
fanno è ben calcolato perché vada a loro vantaggio tra loro. Evidentemente trovano che spalleggiarsi a vicenda sia un ottimo modo per
assicurarsi una vita più agiata e sicura-. Sembrava disgustato da quello che
aveva appena detto.
-In che
senso?-, chiesi piano. Seguii con
le dita i contorni delle piccole cicatrici sul suo collo, così, giusto per
tranquillizzarlo un po’. Ero molto curiosa di sapere, valeva
la pena di insistere un po’ a modo mio. Funzionava, socchiuse gli occhi.
-A tutte e due piace sentirsi
potenti, gli piace imporre il loro carattere. Sono due
stronze, Ness. E Dharma ce l’avrà con te, vedrai-.
Sospirò e mi strinse ancora un po’ a sé, mentre rimanevo a bocca aperta, entusiasta
della mia fortuna sfacciata. La rivale in amore. era
meraviglioso: già mi vedevo, vittoriosa, mollemente avvinghiata a Benjamin, pienamente ricambiata, mentre la rivale, in
silenzio e in disparte, oppressa da un’invidia insostenibile, lasciava la scena
accompagnata dalla triste melodia gracchiante di un violino. Cercai di non
lasciar trasparire l’entusiasmo, perché non pensasse che fossi pazza.
Ricominciai a sfiorare le tracce delle cicatrici, lui ricominciò a vuotare il sacco-
-Mi spiace che ce l’avrà con te. Sa essere insopportabile,e
cattiva-, disse scuotendo la testa. Rivolse a me lo sguardo - Quasi quanto te-.
Ci scambiammo un’occhiataccia.
-Guarda che non m’incanti. Io
lo so che ti piace-. Sciolsi l’abbraccio e mi distesi sul letto, a pancia in
giu.
-Cosa?-, chiese confuso.
-Il fatto che io sia seccante-, sussurrai, schioccando la lingua. Andavo molto fiera del mio pessimo carattere.
-Mmm. Confesso che mi aiuta. Non penso mai che nessuno
potrebbe provarci seriamente con te, per esempio-, rispose
lui, giusto per provocarmi. Come sempre ci riuscì, ringhiai.
E lui rise delle mie fusa sgraziate.
-Vuol dire
che non sei geloso?-, esclamai risentita, come se fosse un’accusa.
-E perché dovrei esserlo? Tu non lo sei,
no?-, fece lui calmo.
-Certo che lo sono!-, strillai
-Non pensavo
proprio, visto che farti raccontare le mie storie passate ti diverte-. Rimase in silenzio a
fissare il soffitto. Ero talmente concentrata sulla mia piccola offesa che non
mi ero resa conto che si era incazzato.
Rimasi per un po’stupita a fissarlo. Presi la sua mano, la baciai delicatamente.
-Ehi. Cosa
c’è?-. sussurrai piano, di nuovo posai le
labbra sul dorso della sua mano.
-Non fare così. Mi fai
sentire in colpa, cazzo-. Continuava a guardare il
suo soffitto, tutto concentrato. Era esattamente così che volevo farlo sentire,
ragionarci sarebbe stato più semplice.
-E per
cosa?-, strinsi la sua mano, senza starlo ad ascoltare. Sapevo bene cosa dovevo fare.
-Non dovrei fare così, non
sono un’idiota e so che non è giusto-
-Però?-,lo
incalzai inquieta.
Posò lo
sguardo su di me, il battito del mio cuore accelerò. Come diavolo facevano i
suoi occhi ad essere sempre così neri?
-Perché non
sei gelosa?-
-Certo che lo sono!-, giurai sicura. Avrei ucciso per
lui, lo sapevo bene.
-Non quanto me!-. Quasi urlò,
feci un salto. Mi guardava con
insistenza, desideroso di una risposta. Me ne stessi
un po’ zitta così, solo a guardarlo, per non perdermi lo spettacolo della sua
fronte corrugata e dei suoi occhi inquieti.
-Tu credi che io non sia
gelosa-
-Non è così semplice. Per me
è..-
-Importante?-, azzardai. Fece
una smorfia, poi alzò di nuovo gli occhi al soffitto e infine, guardandomi di
sbieco, fece cenno di sì. Improvvisamente mi sentii molto matura e ragionevole,
fu proprio una strana sensazione. Mi sfuggì una
risatina. –Sai che non ti facevo così permaloso?-, dissi,
rilassandomi un po’. Benjamin sorrise e si passò una
mano tra i capelli, ancora distratto. –E guarda che io
sono gelosa!-, aggiunsi, offesa dal suo mutismo.
-Ah sì?-. Alzò teatralmente
un sopracciglio, dubbioso.
-Certo che sì, razza di idiota!-, attaccai io, ma Ben mi interruppe prima che
potessi insultarlo ancora un po’.
-E allora perché non reagisci? Perché
non fai qualcosa di minimamente sospettoso!
Insomma sei qui tutta contenta e beata che non vedi l’ora di farti raccontare
con chi è che sono stato, e non reagisci nemmeno se ti dico
che la mia ex sarà qui la prossima settimana!-. scuoteva
la testa, frustrato.
-Ma io sono gelosa. È solo che mi piace conoscere le mie
rivali, solo per sentirmi più forte di loro, non lo avevi
capito?-, sbuffai –Di solito non ci metti molto a capire-. I suoi dubbi
erano totalmente assurdi.
Ero gelosa di lui da star male. Sembrò sorpreso quanto me di quella
considerazione così ovvia.
-Cosa scusa?-, chiese Benjamin, cercando di capire meglio.
-Mi piace pensare a me che
sto con te e a loro senza niente-, spiegai
velocemente. In effetti, era una cosa abbastanza ridicola, nel mio stile.
Subito Ben non disse niente, poi scoppiò in una risata
fragorosa. Anche io sorrisi: mi piaceva farlo ridere.
-Nessie, sei un mostro-, mi disse mettendomi a posto una
ciocca di capelli fuori posto.
-E tu sei un idiota-. Gli diedi una spinta,
lui si distese al mio fianco. Il suo viso era di fronte al
mio, sentii i miei nervi tendersi.
Era come se improvvisamente
il ritmo della notte fosse cambiato. Anche la musica
in sottofondo era cambiata.
-Uccideresti per me?-. Benjamin mi osservava, con quel suo sguardo stranamente
lucido, con quell’ espressione morbosa sul viso. Forse anche io avevo la
stessa faccia deformata dall’ emozione.
-Quanto tu per me-, risposi
senza esitazione.
-Non so perché te lo chiedo-
-Anche io lo penso a volte-
-E’ un aspetto interessante della relazione-
-Forse parliamo troppo-
Sfiorai la sua palpebra con
il mio indice. Sfiorò le mie labbra con il suo.
-Lo senti anche tu che potremmo morire?-, sussurrai incerta.
-Sì. Hai paura di morire?-
-Solo se penso che sarò sola.
Non se penso che dopo di me non ci sarà niente-
-Io ho paura del vuoto-
Posai il palmo della mia mano
sulla sua guancia. Toccò appena il mio mento.
-Benjamin, non dovremmo avere paura di morire. Non dovresti
preoccuparti del tempo-
-Gli esseri umani vivono e
non si accorgono del tempo. Noi consumiamo la nostra esistenza pensando di
sconfiggerlo. Non voglio sfidare il tempo Nes. Non voglio sfidare nessuno, mi basta vivere con te-. Chiuse gli occhi, io rimasi in silenzio a guardarlo. Era
innaturale. Per un istante, posai le mie labbra sulle sue, una linea dura e
tesa sul suo volto di pietra. Sentii il suo sapore, mi
allontanai.
-Se non lo
vuoi, non farlo. Non lottare con nessuno. Non potrei seguirti, non so come si fa-
-Lo so-
-Ma se volessi, potrei imparare a farlo-
-Non voglio-
Riaprì gli
occhi, non aspettavo altro. Era
confuso, come se avesse paura di qualcosa. D’un tratto mi sembrò un po’ meno
pazzesco, che avesse avuto paura che non fossi gelosa
di lui. Sentivo il bisogno di difenderlo.
-Non ci divideranno. Nessuno
di loro può fare la differenza per noi-
-Pensi ai
Volturi?-
-Esattamente-
Mi sorrise,
complice. Eravamo due bambini con un grosso segreto tra le mani, nella
mia cameretta da ragazzina con le pareti color malva e con il mio telefono
finto con le smarties nella cornetta trasparente.
Non avevo nemmeno troppa
paura di morire.
-Benjamin?-, sussurrai.
-Cosa?-
-Non ho nemmeno paura di
vivere-
-Come sei profonda,
ragazzina-
-E tu?-
-Nemmeno io ho paura-
-Prima o poi riusciremo a
mettere tutto a posto, vedrai-
-Ne sei sicura?-
-Cosa?-
-Credi davvero che i nostri
problemi siano Jacob e un paio di sadici maniaci?-
Ci pensai su un secondo.
-No-
-Non è così semplice-
-Proprio così-
-Per me va
bene- dissi
Mi sorrise, entusiasta.
-Io non me ne
andrò mai-
-Nemmeno io-
Dovevo proprio ammettere,
arrivata a quel punto, che ero stata molto fortunata,
più di quanto mi sarei davvero meritata. Infinitamente di più di qualsiasi
altra persona normale. Ci sono centinaia, migliaia, milioni di persone che
soffrono, per i motivi più diversi. Per la solitudine, per
l’abbandono, per l’incomprensione, per la rabbia, per l’odio, per
l’indifferenza. Ma sono molto pochi quelli a cui è
data la possibilità di ricominciare. Forse non di essere
felici, perché non tutti sanno essere felici. Ma
perlomeno di avere la possibilità di vivere davvero.
Tutte le grandi cose della
mia vita erano successe di notte, e così fu anche
allora.
Ciao
a tutti! Scusate per il ritardo, ma sono stata piuttosto presa dalla scuola e
dallo scambio con una classe di svedesi (ma siccome sono praticamente
tutte ragazze, con mio enorme disappunto, non sono poi così entusiasta. Vorrei
vedere voi, a girare con una vichinga super bionda e super tettona,
se mi passate il termine!). Il titolo l’ho copiato dalla famosa canzone che
penso conoscerete tutti e che mi ha molto aiutata
nella scrittura del finale, cioè Thoughts of a dying atheist dei Muse.
Grazie ancora a chi legge e a chi commenta J
LadyEl: Ciao!!
Be non credo che chi fa scuole come le nostre abbia di certo innato il dono della sintesi XD Ti capisco! Purtroppo
stasera vado di fretta (devo ripassare la mia parte della visita guidata della
città che faremo domani con le terribili svedesone)
quindi devo fare un sunto. Non sapevo che scrivessi! J appena
ho tempo darò un’occhiata alle tue storie, anche se di solito non leggo molte
fan fic…però mi hai incuriosita!Riguardo la playlist ho pensato di associare le canzoni a dei
particolari momenti: in effetti mi aiutano molto, come nel caso di questo capitolo,
e mi piacerebbe riuscire a trasmettere attraverso le parole quello che a me
dicono, però è complicato! Riguardo la fine della
storia invece, penso che ormai sia quasi tempo J alla fine, siamo giunti a
un punto fermo, no? E dove non c’è contrasto, non c’è
storia. Quindi credo che dovrò solo mettere a posto qualche
questione (vedi Jacob) e introdurre qualche altro
piccola modifica prima di finirla. Non credo che farò seguiti…non mi
piacciono! Le belle storie sono quelle che rimangono immobili nella nostra
memoria, quelle a cui non c’è bisogno di apportare cambiamenti, secondo me. Grazie
ancora per le bellissime recensioni e a presto! Un bacio
Sinead:
Ciao! Be niente “blocco della scrittrice” ma più che
altro “scuola assassina”, uffa! Be Edward padre anche a me affascina come figura…secondo me perché
Sily85: Ciao Ale!
J
ed ecco qua Ben super tenero che ascolta Jazz anni
trenta…me lo immagino un po’ così, ancora perso nel suo mondo. E’ lui il
cucciolo!! XD Be comunque non
ti preoccupare, c’è un futuro anche per Jake tra un’effusione
e l’altra dei due colombelli (ok,
non è esattamente la figura adatta ma non mi viene in mente altro :s ), che non
sarà poi così triste e tragica, solo un po’ disincantata. Grazie mille per i
complimenti, davvero, mi incoraggiano sempre a partire
per la tangente! XD Un
bacio, a presto!