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Autore: endif    08/02/2010    29 recensioni
“«Edward…» non mi accorgo neppure di avere sussurrato il suo nome, ma forse l’ho fatto perché lo vedo girarsi verso di me come a rallentatore. Il tempo si cristallizza qui, in questa stanza, in questo momento, restando sospeso a mezz’aria.
Sgrano gli occhi a dismisura quando capisco chi è tra le sue braccia.
No. Non può essere.”
Piccolo spoiler per questa nuova fic, il seguito di My New Moon. Ci saranno tante sorprese, nuove situazioni da affrontare per i nostri protagonisti. Un E/B passionale e coinvolgente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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CAP.29

BELLA

Lo sguardo di Edward non lo potrò mai dimenticare.
C’è un che di unico, di particolare che lo contraddistingue da tutti gli altri che conosco, siano umani o vampiri.
Solo i suoi occhi sono capaci di esprimere così tante emozioni diverse. Quando sorride, sono i suoi occhi a diventare caldi e poi il sorriso raggiunge le sue labbra solo in un secondo momento. Quando è irritato emanano scintille, brillano sinistramente. Quando è eccitato sono neri, neri come la pece.
Ho sempre percepito dai suoi occhi il suo reale stato d’animo.
Perciò appena ho pronunciato le mie prime parole dopo tutto il mio silenzio, dopo tutto il suo discorso, ho letto subito nel suo sguardo la sua reazione.
Terrore.
All’inizio mi ha guardata come se fossi impazzita. Ho retto il suo sguardo con coraggio senza abbassare il mio. E deve aver capito subito che non scherzavo, che ero più che decisa, perché dopo un istante alla sorpresa si è succeduto lo sconforto.
Ha affondato la testa nei miei capelli e le sue braccia si sono chiuse su di me. Mi ha tenuta stretta così per non so quanto tempo. Ad un certo punto sono scivolata nel sonno e non ricordo più nulla. Al mio risveglio, la prima cosa che ho visto sono stati ancora i suoi occhi, fissi su di me, il capo inclinato.
E una meravigliosa sensazione di benessere mi ha invaso.
E’ rimasto con me per tutto il tempo, senza lasciarmi nemmeno un solo istante. Mi ha aiutata e sorretta mentre mi rinfrescavo, restando in silenzio ma con una dolcezza e una delicatezza struggenti.
Senza dir nulla, percependo il mio lieve affaticamento, mi ha sollevata tra le sue braccia per riaccompagnarmi a letto. Qui, mi ha gentilmente disteso. Poi ha alzato leggermente una mia mano verso il suo viso, l’ha sfiorata con le labbra e si è voltato appena verso la porta, ma senza abbandonare completamente i miei occhi. Un attimo e un lieve bussare ha annunciato una visita.
Carlisle.

Osservo Carlisle, calmo e sorridente, entrare con passo silenzioso e sicuro. Appena è vicino al letto, il suo sorriso si fa più evidente, ma è serio e avvicina una sedia per accomodarsi al mio fianco.
Ci siamo, penso, arrivano i nostri …
«Sono contento di vedere che ti sei svegliata», dice e riconosco immediatamente il tono di chi la prende alla larga.
Non lo so se è già al corrente della mia decisione, ma ormai non ha importanza. Se non lo sa già, dovrò dirglielo io. Ed è bene essere chiari. Di Carlisle ho bisogno, come di nessun altro.
Solo lui può aiutarmi a far nascere il mio bambino.
Annuisco con il capo e lui accavalla le gambe appoggiandosi allo schienale con fare rilassato.
Edward siede dall’altro lato, sul letto con me e mi tiene la mano. Gioca con le mie dita e non accenna a voler andarsene.
Due contro uno, penso e so che quell’uno sono io.
Edward non ha più detto nulla. Mi sarei aspettata una supplica in piena regola, l’uso di tutto il suo fascino e del suo ascendente su di me pur di convincermi, ma niente di tutto ciò è accaduto.
Ma, di nuovo, i suoi occhi non mentono.
E c’è una strana luce che li anima da quando mi sono svegliata stamane. Non più sconforto, no. Ma determinazione. Mascherata dalla premura, dalla dolcezza dei gesti, dalle attenzioni.
E’ lo sguardo di chi è pronto a tutto.
Quello a cui la Bella di un tempo avrebbe ceduto immediatamente, e forse, anche adesso … Se non ci fosse in me la scintilla della vita, se non sapessi intimamente che forse era a questo che doveva portare il nostro amore e che è giusto così, che non c’è nulla che possano dire o fare per modificare il mio destino, il nostro destino.
«Se mi permetti Bella, avrei necessità di visitarti» dice e lo guardo esitante. Annuisco lentamente e lui procede cominciando dal labbro inferiore e parlando man mano con calma. Edward non molla la mia mano e, anche se non so più cosa siamo a questo punto l’una per l’altro, non la ritraggo dalla sua. Mi fa stare bene saperlo al mio fianco, ma è come se non riuscissi a lasciarmi andare completamente, come se affidarmi a lui non mi venisse più spontaneo come una volta.
E’ vero, mi ha spiegato il motivo del suo comportamento. Ed io non dubito delle sue parole, eppure … non sono sicura che tutto sia risolto fra noi. L’ho perdonato razionalmente, ma con il cuore … l’ho fatto anche con il cuore?
Sono certa che lui, questa titubanza, l'avverta chiaramente.
«I punti esterni si sono perfettamente saldati, quelli interni ti danno sensazione di fastidio?»
Punti? Lo guardo perplessa e scuoto il capo. Carlisle lancia un’occhiata ad Edward al mio fianco che fa un breve cenno di diniego.
Sospira e riprende la sua visita. Passa al torace e, quando, scopre la pancia sento Edward trattenere il fiato. Lo guardo e i suoi occhi sono fissi sul mio ventre. Pochi secondi, troppo pochi per un’umana come me, per riuscire a cogliere l’infinità di emozioni che si alternano sul suo viso. Sofferenza, rabbia, furia … e sento il rumore della sua mascella che si serra. Le sue dita stringono un po’ troppo la mia mano e involontariamente mi sfugge un lamento.
Ma non è per la presa, no. Tra tutte le emozioni che sono riuscita a cogliere, non c’è stata ombra dell’unica che avrei voluto vedere: gioia.
«Hai dolore?» Chiede Carlisle attento.
Scuoto la testa piano e sussurro con voce roca:«La mano» e guardo la mia mano intrecciata a quella di Edward. Immediatamente lui allenta la presa, si accovaccia al mio fianco e dopo aver deposto un lieve bacio su ognuna delle dita mormora dolce:«Scusa» e anche la sua voce è roca come la mia.
«Dunque, Bella. E’ stato necessario applicarti una sutura al labbro inferiore, ma ormai è completamente cicatrizzata e ti darà sempre meno fastidio. Con il tempo resterà solo una pallida linea» sorride «le tue costole si sono quasi risaldate, ma è fondamentale che tu non faccia sforzi, né movimenti affrettati. Una era rotta» e di nuovo, mi accorgo che Edward trattiene il fiato.
«Il … bambino …» sussurro e mi stupisco della scarsa forza con cui parlo «come sta il bambino?»
Lo schiocco secco che sento proviene da Edward, ma quando mi giro a guardarlo, mi sorride. Calmo. Troppo calmo. Ma la sua mascella è tesa, rigida, e … trema. Impercettibilmente, ma trema. E non per il freddo, evidentemente.
«Il … feto», dice Carlisle distogliendo lo sguardo dal mio per un attimo «per quanto ne sappiamo non è completamente umano, Bella» sorride di nuovo, ma non c’è calore sul suo viso. Continua nella sua palpazione dell'addome:«Ti sarai accorta che il suo sviluppo è accelerato rispetto ad una gravidanza fisiologica. E’ all’incirca il doppio. E’ come se adesso tu fossi al quinto mese di gravidanza, una gravidanza avanzata» e sottolinea l’ultima parola pronunciandola con lentezza.
Scambia un rapido sguardo con Edward, poi prosegue «Crediamo che sia dovuta a … lui la rottura della tua costola»
Il mio bambino … mi ha rotto una costola. Beh, è forte, su questo non si discute, penso e mi sento strana a provare quasi un sentimento di orgoglio nei suoi confronti.
«Mi sembra di averne sentito parlare … intendo casi di bambini troppo grandi per le pance delle proprie madri che potevano causare cose come questa …» dico, ma la voce mi muore in gola allo sguardo di Edward, allibito e furioso. Apre e chiude i pugni e prende delle grosse boccate d’aria, come se ne avesse davvero bisogno. Poi deglutisce e avvicina con calma sinistra la sua mano al bordo del mio pigiama:«Nessuno di loro fa questo» e con la punta di un dito traccia una lieve linea gelida sul mio ventre. Abbasso gli occhi e ne seguo la direzione.
Lividi. Alcuni grossi come il mio palmo aperto, altri più piccoli, violacei.
Quando me li sono fatti? Mi chiedo perplessa.
Poi capisco ciò che Edward sta tentando di dirmi e impallidisco. I segni sul mio corpo provengono dall’interno, non dall’esterno. Prendo un lieve respiro e lo trattengo riportando lo sguardo su di lui.
Si trattiene a malapena. E’ come se fosse in lotta con se stesso. Come se volesse dire qualcosa, ma si sforzasse in ogni modo di evitarlo.
Carlisle si schiarisce la voce e mi volto verso di lui.
«Bella, normalmente il corpo di una donna segue il normale sviluppo del feto» comincia a spiegare con calma «l’organismo si adatta al cambiamento, i tessuti sono abbastanza elastici … persino le ossa si spostano sospinte dalla crescita del bambino, ma … » e lancia uno sguardo fugace al mio corpo riabbassando la maglia del pigiama «in questo caso le circostanze sono un po’ diverse».
«Questo sviluppo non procede di pari passo con i cambiamenti del tuo corpo» dice ancora con calma, ma senza giraci intorno. Un altro sguardo veloce a suo figlio «e il tuo organismo ne sta risentendo».
Accuso il primo colpo con tranquillità. Sono abituata a considerare il mio corpo un qualcosa di fragile, inconsistente. Non mi stupiscono le parole di Carlisle. Alzo il mento e deglutisco. Non voglio mostrare indecisione, né paura. E’ normale che possa risentirne.
«Mi nutrirò di più» dico e le parole mi escono tremanti. Edward sposta lo sguardo da me alla finestra e la sua espressione è indecifrabile. Sembra distaccato, ma la rigidità della sua posizione non mi sfugge.
«Se lo riterrai opportuno, mi nutrirò per flebo» continuo ancora imperterrita rivolta a Carlisle.
«Questo non cambia le cose, Bella. E potrebbe non essere sufficiente». Sospira e appoggia i gomiti sulle ginocchia avvicinando il suo viso a me: «Bella, è mio dovere dirti che la … situazione … potrebbe non evolversi come speri». Punta gli occhi nei miei e con altrettanta tranquillità prosegue nel suo discorso:«Non abbiamo informazioni sul feto, nessuna. L’ecografia è inutile, non risultano immagini né si rileva battito fetale. Probabilmente la membrana che lo circonda è come la nostra pelle … è praticamente indistruttibile».  Lo sguardo saetta su Edward che resta fermo, immobile :«E’ improbabile che si riesca ad arrivare al termine della gravidanza, mentre è più che … probabile che tu non sopravviva».
Solo una leggera pressione sulla mia mano, credo del tutto involontaria, mi ricorda che Edward è al mio fianco e ascolta tutto come me.
Rischio di morire, penso frastornata. E mi stupisco che la cosa non mi spaventi affatto. Anche questo non mi è nuovo.
Mi volto un attimo verso Edward, ancora in piedi al mio fianco, apparentemente imperturbabile. Continua a tenermi la mano. Con il pollice ne accarezza il dorso delicatamente, sembra perso in chissà quali pensieri, in chissà quale dimensione.
Strano che non dica niente … che non tragga acqua al suo mulino, sfruttando le parole di suo padre, che non tenti di convincermi in ogni modo a desistere dai miei propositi …
«Potreste … trasformarmi se la situazione degenerasse» dico con la voce troppo esitante rispetto a come vorrei che fosse.
Carlisle sorride debolmente: «Ci abbiamo pensato, ma … il tuo cuore deve continuare a battere nella trasformazione».
«Ma Esme …» chiedo e forse parlo a me stessa «… Esme era in condizioni peggiori, l’avevano data per morta» dico come in una supplica.
Ma lui scuote il capo piano «No, Bella. Nel caso di Esme, le sue condizioni erano sì molto critiche, ma il suo fisico non era debilitato come il tuo al momento dell’ … incidente. Il suo cuore era forte».
Rabbrividisco.
Incidente. Esme si è lanciata nel vuoto perché non sopportava di aver perso il suo bambino. Carlisle l’ha salvata per un soffio.
«Potreste … si potrebbe cercare di far nascere prima il bambino. Solo qualche settimana, magari» e il mio tono è ancora più flebile.
«E’ impossibile prevedere quando nascerebbe. Le nostre sono solo supposizioni … sei il primo caso che io abbia mai visto» E nelle sue parole c’è quasi la mortificazione.
Vorrebbe aiutarmi. Lo vedo nel suo sguardo, nel suo modo di essere proteso verso di me, nelle sue parole calme ma accorate.
E mi dispiace. Perché so che nulla di ciò che dirà potrà farmi cambiare idea.
«Non mi importa», dico quasi con testardo infantilismo e questa volta mi aspetto davvero che Edward reagisca.
Eppure niente.
Nessuna reazione.
Ma nemmeno nessun appoggio. Non si pronuncia, e basta.
Carlisle si ritrae sulla sedia ed emette un breve sospiro. Si appoggia allo schienale come se la conversazione l’avesse sfinito e mi lancia un’altra occhiata:«Potresti sacrificarti inutilmente. Questo feto potrebbe essere inadatto alla vita. E quasi sicuramente il tuo corpo cederà, Bella. Non credo che riuscirai a superare più di un altro mese».
Il suo sguardo è fermo. Le sue parole sono chiare, sono delle lame che mi trapassano il cervello. I suoi occhi sono freddi. E’ come quando si annuncia ad un familiare la morte di un parente caro. Si sa di fare del male, ma non se ne può fare a meno.
E d’un tratto, del tutto inaspettatamente, una fitta al ventre mi blocca il respiro.
Spalanco gli occhi e automaticamente la mia presa sulle dita di Edward si fa convulsa.
Oddio, mi manca l’aria … penso e il dolore è tale da farmi venire le lacrime agli occhi. Annaspo come se stessi affogando e gli occhi di Edward entrano subito nel mio raggio visivo. E’ su di me, è terrorizzato.
«Bella! Bella che succede?!» e le sue mani si muovono febbrilmente sul mio corpo, sulla mia pancia, cercando di scostare con delicatezza, ma con  fermezza, la mia premuta forte sul ventre.
Altre mani pallide.
Carlisle si muove con sicurezza e con decisone tira via il mio palmo dall'addome.
Ma subito dopo, la morsa mi libera e di nuovo l’aria entra nel mio corpo.
Il respiro che prendo è talmente profondo da far rumore. Lo sento anche io, come un sibilo.
Le mani di Edward sul mio volto, mi tengono con fermezza. I suoi occhi mi scrutano ansiosi. Poi inspira piano e il suo sguardo si fa triste, avvilito. Abbassa il capo e lo sprofonda sulla coperta, giusto sulle mie gambe.
Carlisle mi osserva e contemporaneamente palpa la pancia in diversi punti.
«Credo si sia girato» sussurra a voce appena impercettibile.
«Sto … » deglutisco «… bene» dico e sento un gemito provenire da Edward.
Rialza la testa di scatto e mi fissa con gli occhi allucinati.
«Non stai bene, Bella. Non starai mai bene» sembra impazzito, sembra che tutta la maschera di compostezza sia improvvisamente crollata e che la sua collera stia per scoppiare da un momento all’altro. Punta lo sguardo sul mio ventre e leggo nei suoi occhi l’odio.
Vampiro, penso e tremo. Mai, mai l’ho visto in questo stato nei miei confronti.
C’è una tale furia mista a dolore nel suo viso che d’istinto mi ritraggo sul letto. Ma è un attimo e le sue mani si poggiano sul suo volto, coprendolo ai miei occhi.
Tremano visibilmente.
«Edward, perché non esci un secondo? Credo che Esme dovesse dirti qualcosa» dice Carlisle.
E senza spostare nemmeno un muscolo, come proveniente da un altro tempo, la sua voce sussurra solo: «Io non mi muovo da qui», le sue mani sempre a coprire il viso.
Carlisle lo fissa e dopo un attimo, mi sembra che Edward scuota la testa. Ma forse mi sbaglio.
Ancora silenzio.
«No. Posso farcela». Dice, probabilmente in risposta ad una domanda mentale di suo padre.
E allora mi perdo.
A cosa si riferisce? Alla sete, alla mia vista, alla vista del bambino?
La mano di Carlisle si posa leggera sulla mia fronte e mi accarezza: «Chiamami in qualunque momento» dice. Si alza ed esce dalla stanza.



EDWARD

Dorme.
Dopo che Carlisle è venuto a spiegarle la situazione e i rischi cui ha deciso di esporsi, dopo che quella cosa si è mossa dentro di lei, la stanchezza ha preso il sopravvento, e il suo corpo e la sua mente hanno reclamato l’incoscienza.
Respira.
Piano, con un leggero sibilo. E il suo cuore batte, lieve, ma regolare.
Se agissimo adesso, si salverebbe. Se non volesse più la trasformazione, potrebbe continuare a vivere. Avrebbe una scelta.
Fra un mese non ne avrà nessuna, perché il suo cuore cesserà di battere.
Chiudo gli occhi e poggio il capo vicino al suo, facendo attenzione a non disturbarne il sonno.
Morirà.
Bella è così. Ed io l’amo anche per questo, per la sua testardaggine. Perché la sua vita per lei è stata sempre qualcosa che avrebbe potuto sacrificare per gli altri senza rimpianto.
Bella è generosa. Il suo non è mai un sacrificio, ma un donarsi con amore.
E lei ama quella cosa che cresce nel suo corpo.
Non le leggo la mente, ma leggo nel suo cuore. E lì ho letto che non cambierà idea.
E morirà. Ed io non sarò riuscito a proteggerla.
Non la potrò trasformare, il suo cuore cederà da un momento all’altro.
Già adesso lo sento più affaticato.
Ho pensato di obbligarla contro la sua volontà. Di agire con Carlisle per toglierle quella cosa dal corpo.
Se non mi avesse aiutato, ero disposto a farlo da solo.
Ci ho pensato per tutto il tempo in cui Bella era incosciente. A come avrei fatto, a cosa sarebbe stato necessario. Avevo previsto tutto nei minimi dettagli. Ogni cosa.
Ma volevo il suo assenso e in una forma non troppo brutale gliel’ho chiesto al suo risveglio.
Ma nei suoi occhi ho letto che non si fidava più di me.
E questo mi ha annientato.
Ho giurato a me stesso che avrei fatto di tutto per recuperare la sua fiducia. Il fatto che lei resti qui, in casa nostra, con me, non ha alcuna importanza. Non significa nulla. Dove potrebbe andare? In queste condizioni?
Questo non basta per rassicurarmi del suo perdono.
I suoi occhi … i suoi occhi mi dicevano tutto quello che non pronunciavano le sue labbra.  
Dolore. Quanto ne ha provato!
Insicurezza. Di se stessa, ma soprattutto di me. Di me!
Paura. Per lei, per noi, per la … situazione
E sfiducia.
Perché quando ho visto questo, mi ha fatto più male di tutto?
Perché in Bella c’è sempre stata vita, speranza, coraggio. Io ho mortificato in lei tutto ciò. Lei credeva in me, si fidava di me.
E l’Edward che ero avrebbe voluto prendere il sopravvento. Lo sentivo premere dentro di me per uscire, per convincerla con le lusinghe, con la persuasione subdola.
Se avessi voluto davvero, forse ci sarei anche riuscito.
Ma poi?
Le avrei salvato la vita. E l’avrei persa per sempre.
Anche così la perderò, ma nei suoi occhi almeno rivedrò di nuovo la scintilla della speranza, della gioia ... dell'amore. Voglio che viva, non che sopravviva. Anche se dovesse essere solo per un altro mese.
E’ una scelta che ha preso con convinzione.
Lei lo sa cosa sta succedendo dentro di sè. Lo sa adesso che Carlisle le ha parlato. Ma credo che dentro di lei lo sapesse da tempo.
E’ Bella.
E ho sempre avuto l’esatta percezione di quanto nel suo animo ci fosse di più di quello che mostrava e diceva.

Corruga la fronte nel sonno. Con la punta del dito sfioro quel delizioso cipiglio e la sua pelle si distende immediatamente al contatto con il gelo della mia pelle. Sposta il capo e cerca inconsapevolmente la mia mano. Quando la trova, la sua guancia vi si appoggia e sulle sue labbra spunta l’ombra di un sorriso stanco.
E’ così delicata, così indifesa. Eppure nel suo sguardo mentre parlava con Carlisle c’era determinazione.
La perderò. Qualunque cosa faccia adesso, la perderò lo stesso. Se anche le salvassi la vita, le strappassi dal ventre ciò che la sta prosciugando, sono certo che questa volta Bella non supererebbe il trauma. Ed io la lezione l’ho imparata.
Io non la lascio sola.
A costo di morire con lei.

I pensieri di Jasper mi raggiungono con discrezione, ma non entra nella stanza, non vuole essere invadente.
Edward, è tranquilla in questo momento. Potrebbe essere la giusta occasione per andare a caccia. Che ne pensi? Non ci allontaneremo molto, restiamo nei paraggi … e tu hai bisogno di nutrirti, è troppo che non lo fai …
«Io non mi muovo» sussurro piano per non svegliare Bella, ma so che mio fratello mi sente anche così.
Ascoltami. Come credi di poter affrontare tutto ciò se non mantieni le forze? Sarai sicuramente di maggiore aiuto se non sarai assetato … già adesso hai meno lucidità …
«No» insisto caparbiamente.
Il sospiro di Jasper, è reale, lo sento con il mio udito.
Edward …
«No» ripeto secco.
Finalmente i suoi pensieri mi lasciano solo.
Ma il sollievo è di brevissima durata, poiché altri più pressanti, frustrati, arrabbiati, mi raggiungono con prepotenza.
Mi alzo ritraendo delicatamente via la mano dal viso di Bella, sentendo il palmo leggermente tiepido, e mi avvio alla porta.
La apro facendo il minimo rumore e abbasso gli occhi già sapendo di incontrare quelli spaventati e sofferenti di Alice.
Ha visto.
Mi guarda fisso, il labbro inferiore le trema. E’ immobile e rigida.
Tu non puoi farci questo … non puoi farlo a me. Pensa addolorata.
«Non posso fare nient’altro».
 Dietro di lei, lungo il corridoio, una porta si chiude silenziosamente e nella mente mi esplode il singhiozzo strozzato di mia madre.

Dopo circa tre ore dal momento in cui Bella si è addormentata, mio padre rientra nella nostra stanza. Non mi giro a guardarlo, non mi volto neppure. I miei occhi sono fissi sul suo viso. Carlisle si avvicina silenziosamente, mi poggia una mano sulla spalla e mi chiede con i suoi pensieri se si è agitata, o se ho notato qualcosa di insolito.
Scuoto il capo. Sento che annuisce.
Dobbiamo nutrirla, Edward … e mantenere il giusto livello di idratazione nel suo corpo. Le applicherò un catetere endovenoso a permanenza, da lì avremo libero accesso al suo organismo evitando di essere ripetutamente invasivi.
«D’accordo» mormoro assente. Nonostante la gratitudine che provo per mio padre che tenta di sollevare Bella da inutili fastidi, sappiamo entrambi che questo è solo il principio della sua sofferenza.
Come se già non ne avesse sopportata abbastanza …
Edward, dovresti andare da tua madre. Lei … è molto turbata. E poi dovresti andare anche a caccia. Voglio che tu sia in grado di assistermi a dovere. I suoi pensieri sono solo apparentemente distaccati e so che ha ragione. Sono al limite, attendere ancora potrebbe rivelarsi controproducente. Eppure, il pensiero di lasciare, anche per un lasso di tempo minimo, Bella mi è insopportabile.
Esito solo un attimo, titubante. E allora la presa di mio padre sulla mia spalla si rafforza. Vai figliolo, rimango io con lei e ho chiesto a Jasper di restare, nel caso si rendesse necessario il suo intervento, ma non credo che succederà. Ti accompagnerà Emmett.
Scendo a sfiorare con delicatezza la fronte di Bella con le labbra.
Le lancio un’ultima occhiata e mi alzo. Quando apro la porta della stanza, Alice è ancora lì. Seduta a terra, si tiene le ginocchia con le braccia e il capo è  inclinato su di esse.
Non si muove quando le passo di fianco, ma sento un lamento smorzato provenire dal suo corpo.
Scendo le scale, senza voltarmi indietro.




NOTA DELL'AUTRICE: Miei cari ^^, due parole prima di salutarvi. Purtroppo la signora Telecom non mi ha molto in simpatia e la mia connessione non fa che andare e venire... :( In questo preciso istante sono on-line, ma la paura che cada la linea mi suggerisce di postare alla svelta…non rispondo ad personam, ma ho letto e riletto tutte le vostre recensioni e vi ringrazio di cuore per il sostegno e l'affetto.
Gongolo compulsivamente fino al collasso :****
A qualcuno verrà un colpo, ma ho fatto un conto approssimativo di quanto manca alla fine: sei capitoli, compreso l'epilogo. Non credo che mi spingerò oltre, nè che scriverò più riguardo i Cullen in forma non umana. Credo.
Non apprezzo molto le neverendig stories, anche se sarà difficile chiudere questa fanfiction a cui mi sento particolarmente legata. Ma non smetterò di scrivere, nè di pubbilcare su efp.
Prossimamente arriverà il continuo di "Una sera, per caso ..."
Devo solo assestarmi con il rientro al lavoro dopo un lungo periodo di assenza per ragioni familiari.
E tutto.
Grazie ancora a tutti voi. Di cuore. *.*
M.Luisa











   
 
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