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Autore: Abby_da_Edoras    10/02/2010    1 recensioni
Autrice: Lady Arien. Trama: la mia storia segue le vicende del film "King Arthur" di Antoine Fuqua, ma nella mia versione i cavalieri non muoiono nella missione contro i Sassoni e restano uniti a creare un nuovo Paese, la Britannia. Ho introdotto anche un amore omosessuale (senza scene hard) fra Tristano e Galahad, che sono i miei personaggi preferiti. Spero che la ff vi piaccia.
Genere: Drammatico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Nel cuore della notte tutti dormivano, eccetto i cavalieri che dovevano montare di guardia e Galahad

Nel cuore della notte tutti dormivano, eccetto i cavalieri che dovevano montare la guardia e Galahad. Lui non era di turno, ma non riusciva a prendere sonno a causa dell’angoscia e della preoccupazione che provava per Tristano. Il guerriero aveva detto che sarebbe tornato presto, invece erano trascorse ore e lui non si vedeva. I tamburi dei sassoni erano sempre più incalzanti… Forse gli era accaduto qualcosa di brutto? In quel caso il giovane non avrebbe mai potuto perdonare Artù per averlo mandato in esplorazione da solo. In preda a pensieri spaventosi e terribili sulla sorte del suo compagno, Galahad si girò e rigirò per tutta la notte e solo alle prime luci dell’alba cadde in un sonno agitato. Questo, però, ebbe breve durata. Strepiti e grida, che sembravano provenire da ogni parte dell’accampamento improvvisato, lo destarono completamente e il ragazzo fu subito in piedi, temendo che le sue peggiori paure si fossero avverate.

In realtà la causa di tanto frastuono era Marius Honorius: il romano aveva corrotto alcuni dei suoi soldati, che adesso si stavano ribellando ad Artù e ai cavalieri. Lancillotto, Dagonet e Bors stavano già combattendo contro di loro e Artù aveva appena estratto Excalibur. I mercenari rimasero ben presto in pochi e, quando il comandante dei Sarmati ordinò loro di arrendersi, questi lasciarono cadere a terra le spade. Marius, però, non era soddisfatto e con una mossa fulminea, singolare in un grasso e goffo individuo come lui, afferrò il bambino che Dagonet aveva salvato e gli puntò un pugnale alla gola.

“Massacrateli tutti o io lo uccido!” esclamò.

Nessuno osò muoversi di fronte ad una minaccia tanto terribile, ma non ci fu bisogno di alcun intervento da parte degli uomini di Artù: una freccia trafisse il petto del crudele romano, che cadde all’indietro con gli occhi sbarrati, incredulo e stupefatto.

Tutti si voltarono verso il punto dal quale era partita la freccia e rimasero sorpresi e ammirati nel vedere Ginevra che teneva in mano l’arco preso a un mercenario caduto e che stava eretta, sicura e decisa, senza più il minimo segno delle torture e degli stenti patiti.

“E’ evidente che la tua mano è guarita perfettamente” commentò ironico Lancillotto.

La ragazza sorrise e annuì.

“Adesso potrete contare su un guerriero in più: io so combattere benissimo, nel mio popolo le donne si allenano e lottano esattamente come gli uomini” aggiunse poi con orgoglio. Ma non c’era bisogno di spiegazioni poiché tutti avevano potuto rendersi conto della forza e dell’abilità della giovane Woad.

“E voi cosa farete adesso?” domandò Artù, rivolto ai pochi mercenari rimasti in vita che si erano arresi.

“Siamo mercenari e combattiamo per chi ci paga” disse uno di loro. “Marius Honorius ci pagava e così obbedivamo a lui, ma se sarete voi a darci un salario combatteremo al vostro fianco, altrimenti ce ne andremo a cercare un altro padrone e vi abbandoneremo al vostro destino.”

“Potreste farlo certamente” ribatté calmo il comandante sarmata, “ma i Sassoni sono vicini e non so se voi, da soli, potreste sfuggirgli. Insieme saremmo senz’altro più forti.”

Il soldato scambiò alcuni sguardi interrogativi con i compagni, poi annuì e si rivolse nuovamente ad Artù, tendendogli la mano con un sorriso.

“Io e i miei compagni siamo d’accordo: resteremo con voi anche senza una paga” concluse.

I due uomini si strinsero la mano, ma un rumore che proveniva dalla foresta li interruppe. I cavalieri sarmati e i soldati romani brandirono le loro armi, pronti per un nuovo combattimento, ma dai cespugli sbucò Tristano a cavallo. Per la prima volta appariva veramente esausto.

“Quanti Sassoni hai fatto fuori?” gli chiese Bors.

“Quattro” rispose il guerriero stancamente. Anche la voce tradiva la fatica e lo sfinimento che provava. “Ci sono praticamente addosso, non abbiamo tempo da perdere: dobbiamo andarcene subito da qui!”

Galahad era rimasto talmente sbigottito da non trovare nemmeno il coraggio di avvicinarsi al compagno. Non lo aveva mai visto così! Solitamente Tristano era in grado di lottare contro più di un nemico con eleganza e scioltezza, lasciando sul campo di battaglia numerosi morti e allontanandosi senza nemmeno scomporsi. Che cosa era successo veramente durante quell’esplorazione? Il giovane lanciò di nuovo uno sguardo duro ad Artù, che aveva messo così gravemente in pericolo la vita del suo amico e pensò che non ci sarebbe stata una seconda volta: d’ora in poi, giurò a se stesso, sarebbe rimasto al fianco di Tristano qualunque cosa fosse accaduta.

Nel frattempo Fulcinia e Alessio, la moglie e il figlio di Honorius, aiutati da Dagonet e Gawain, avevano scavato una buca e vi avevano adagiato il corpo dell’uomo. Non potevano certo portarlo con loro durante un viaggio così insidioso, anche se Marius avrebbe senz’altro desiderato un funerale in grande stile, secondo l’usanza romana. Del resto lui non aveva mai fatto nulla per farsi amare dai propri familiari e non ci furono né lacrime né scene di dolore durante la sua sepoltura.

 

Il giorno seguente la carovana dei fuggiaschi dovette oltrepassare un sentiero fra le montagne, mentre la neve e il freddo si facevano sempre più terribili. La gente soffriva moltissimo e non c’era modo di dar loro sollievo, poiché tutti i villaggi che avevano trovato sul loro cammino erano stati completamente rasi al suolo dai Sassoni. Artù era sempre più preoccupato e cominciava a pensare che Lancillotto non avesse avuto tutti i torti a lamentarsi per quella spaventosa missione. Ne sarebbero mai usciti vivi? E le persone che li avevano seguiti, confidando nella loro protezione, che fine avrebbero fatto?

Al termine del sentiero i fuggiaschi e i cavalieri si trovarono di fronte all’enorme distesa ghiacciata di un lago. I tamburi dei Sassoni si facevano udire sempre più insistenti ed era chiaro che non vi era altra via d’uscita: la carovana avrebbe dovuto attraversare quella lastra di ghiaccio, con la speranza che sostenesse il peso di tanti uomini e animali.

Artù spronò il cavallo e lo condusse verso la superficie gelata; Ginevra, Lancillotto e Tristano lo seguirono, ma gli scricchiolii sotto gli zoccoli delle cavalcature si fecero sempre più sinistri.

“Sei sicuro che non ci sia un’altra via di fuga?” domandò il comandante a Tristano.

“Purtroppo sì” replicò il guerriero con espressione tesa e preoccupata. “Ho perlustrato ogni possibile passaggio, ma i Sassoni ci hanno tagliato la strada da ogni parte. Dobbiamo attraversarlo il più in fretta possibile.”

Artù si voltò e segnalò alla colonna che lo seguiva di avviarsi, ma avevano fatto solo pochi passi su quella superficie insidiosa quando i tamburi dei Sassoni divennero vicinissimi: erano in trappola e lo scontro con quei temibili nemici era ormai inevitabile.

Il comandante dei Sarmati prese una rapida decisione. Chiamò a sé Ganis, il giovane uomo che nella tenuta di Marius si era offerto di mettersi ai suoi ordini e che lo raggiunse, orgoglioso di poter essere di aiuto.

“Ascoltami bene, Ganis” gli disse, “ti sto per chiedere qualcosa di molto difficile e pericoloso, ma so di potermi fidare di te. I Sassoni ci sono addosso e per la gente della carovana sarà la fine. Tu, però, puoi aiutarmi: mentre noi resteremo qui a combattere contro di loro, tentando di fermarli in qualche modo, tu guiderai la colonna verso sud fino a che non raggiungerete il Vallo di Adriano.”

“Ma io so combattere, posso rimanere qui e unirmi a voi!” protestò il giovane, deluso.

“Lo so, ma quella gente ha bisogno di una guida e tu sei l’unico che possa farlo. Ti affido le loro vite. E voi” continuò, rivolgendosi ai fuggiaschi, “seguirete Ganis come avreste fatto con me: è lui ora il vostro comandante e dovrete obbedirgli come obbedireste a me.”

Fulcinia e Alessio annuirono a nome di tutti i componenti del gruppo. Ganis diede ordine di rimettersi in marcia e la colonna si avviò, ma una persona non si era mossa con loro. Ginevra scese da cavallo armata dell’arco col quale aveva ucciso Marius e con spavalderia si avvicinò ad Artù e ai suoi uomini.

“Un arciere abile come me vi farà comodo in questo frangente” dichiarò senza falsa modestia. Artù la guardò con ammirazione e annuì, poi non ci fu più il tempo di dire altro, poiché sulle rive opposte del lago ghiacciato apparve improvvisamente Cynric, il figlio del capo sassone, con i suoi soldati.         

“Bene” commentò Bors, “avevo proprio voglia di menare un po’ le mani!”

“A me non piace dovermi guardare continuamente le spalle” aggiunse Tristano. “Preferisco combattere.”

A un ordine di Artù i cavalieri e Ginevra si allinearono con gli archi puntati e le frecce incoccate, pronti a colpire, mentre Jols e Horton, sempre più terrorizzato e pentito di essersi lasciato coinvolgere in una simile pazzia, si ritirarono con i cavalli al centro del quadrato formato dai combattenti, in modo tale da rimanere protetti dai loro scudi, che costituivano una vera e propria barriera.

“State fermi fino al mio ordine” disse il comandante. “Forse il ghiaccio non reggerà sotto il peso di tanti soldati e noi non saremo costretti a combattere.”

Infatti, Cynric stava osservando nervosamente la distesa ghiacciata e decise di ordinare ad uno dei suoi di scagliare una freccia verso i cavalieri, per meglio valutarne la distanza. Il dardo partì, ma terminò la sua corsa assai prima di raggiungerli e slittò sul ghiaccio.

“Bors, Tristano, Galahad” esclamò Artù, “pensate di poter fare di meglio?”

I tre guerrieri scoccarono le loro frecce, che volarono rapide nel cielo e si conficcarono nel petto di tre soldati sassoni. Allora Cynric perse la pazienza e con un cenno ordinò ai suoi di marciare verso il nemico, ignorando i minacciosi scricchiolii che provenivano dal lago ghiacciato.

“Colpiteli ai fianchi e fate in modo che si serrino al centro, così il loro peso sarà maggiore!” gridò Artù ai suoi.

I dardi ripresero a sfrecciare, colpendo uno dopo l’altro i Sassoni alle estremità della fila, ma il loro capo non si fermò fino a quando non valutò di essere alla distanza giusta.

“Siamo a tiro, adesso!” esclamò. “Colpiteli senza pietà!”

Le frecce sassoni partirono, ma Artù, Ginevra e i cavalieri alzarono i loro scudi, formando una barriera impenetrabile. Le armi si abbatterono inutilmente sulla difesa organizzata dal comandante sarmata e ricaddero sul ghiaccio senza recar danno a nessuno.       

Quando la prima ondata di frecce fu terminata, i guerrieri sarmati e la giovane Woad ripresero a bersagliare i fianchi della fila dei Sassoni, uccidendone e ferendone molti; ogni volta che questi tentavano di colpirli con i propri dardi, invece, gli scudi proteggevano Artù e i suoi.

Cynric era sempre più infuriato.

“Avanti! Muovetevi, più svelti!” urlava per incitare i soldati che stavano per scoraggiarsi, intrappolati fra le frecce del nemico e una superficie sempre più scricchiolante e pericolosa. “Ucciderò chiunque proverà a ritirarsi, per me non fa differenza se morirete qui o là.”

Allora i Sassoni si gettarono all’attacco, cercando di ignorare i compagni falcidiati dai dardi nemici e il terribile rumore del ghiaccio che iniziava a cedere. Si facevano sempre più vicini e ben presto sarebbero piombati addosso ad Artù, Ginevra e gli altri uomini. Nessuno di loro aveva paura della morte imminente, ma Galahad guardò ansiosamente verso Tristano, rimpiangendo di non avergli parlato dopo che era tornato dalla perlustrazione e pensando con tristezza che non avrebbe più potuto sentire il conforto e il calore del suo abbraccio.

 

  

   
 
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