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Autore: Aching4perfection    11/02/2010    4 recensioni
Edward credeva, Edward sapeva che Bella è e sarebbe stata l'unica donna che avrebbe amato per l'eternità; invece, prima di lei c'era stata un'altra donna.
Una donna che aveva cancellato le proprie tracce a Forks, portando via con sè i ricordi dei Cullen e qualcosa di ancora più prezioso.
Dopo cinque anni, ella fa la sua ricomparsa, accompagnata dall'unica persona che sarà mai in grado di amare.
Ma perché voler tornare a Forks così all'improvviso se aveva giurato a sè stessa che non avrebbe mai cambiato idea?
Perché questa volta, c'era in gioco molto più del suo orgoglio e tornare era l'unica soluzione esistente.
Genere: Generale, Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Edward Cullen, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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L'unica fra tante... 2° parte

Io non leggo nel pensiero, mai fatto e non ci terrei a cominciare proprio ora. In quel momento, non ne avevo nemmeno bisogno, potevo perfettamente immaginare come si stesse sentendo, cosa stesse pensando. Me ne ero andata per cinque anni all'improvviso, senza dirgli niente, e presto lo avrei fatto di nuovo, ma stavolta per sempre e nemmeno io sapevo quando sarebbe giunto il momento esatto. Gli occhi sgranati, le pupille dilatate, il respiro accelerato, l'ansia, la paura, l'angoscia. Erano mille le cose che riuscivo a vedere nel suo volto, non avevo bisogno della lettura del pensiero. -Tumore del sangue. Sì, mi avevano dato ancora sei mesi da vivere ma se avessi fatto un trapianto di midollo osseo avrei potuto guarire. Ora che Daniel ha ucciso Gillian non ne ho più la possibilità.
-Non ne avevo idea...- come se fosse colpa sua. Aveva lo sguardo vuoto, come se mi stesse guardando attraverso.
-È da quando sono tornata che non ci avevo più pensato particolarmente. L'ho fatto apposta. Alex lo sa?
-No, certo che no. Non voglio metterlo in agitazione.
-Non è giusto, e tu lo sai.
-Se lo sapesse farebbe di tutto per convincermi a trasformarmi... e non voglio. Ho avuto una bella vita, corta ma bella, e mi basta. Mi va bene.
-… quanto, quanto tempo fa te lo hanno detto?- domandò scuotendo la testa, ancora non ci credeva. Sarebbe capace di chiedermi di tirare fuori i risultati degli esami del sangue e delle biopsie. Sarebbe rimasto deluso, li avevo bruciati.
-Due settimane fa.- deglutii, avevo un nodo in gola, il ricordo urticava ancora. Il medico che si toglieva gli occhiali, che sospirava, che mi prendeva per mano e che parlava lentamente per non agitarmi. Forse, avrei preferito non saperlo affatto e vivere quello che mi sarebbe rimasto nella totale inconsapevolezza. Ma cosa sarebbe successo? Alexander non avrebbe mai conosciuto suo padre, mia madre sarebbe ancora viva; ma quando sarebbe giunta anche la sua ora... Alex sarebbe rimasto da solo. Forse, è meglio così. Il minore dei due mali.
-Capisco.- mormorò nella più totale apatia che a stento rasentava la depressione.
-Edward, non sono tornata perché me lo aveva chiesto Alex, sono tornata per assicurarmi che non rimanesse solo quando non ci sarò più. Mamma non era immortale e in ogni caso portarlo da te era l'unica soluzione che avevo. Ti prego, non rovinare tutto. Promettimelo.- rimase zitto per un paio di secondi, era indeciso. No, non era quello.
-Nora. Mi dispiace, ma non posso.- lo vidi girare i tacchi e dirigersi verso la porta di servizio della cucina, se ne stava andando e io andai nel panico.
-No, ti prego Eward aspetta!- Non poteva farmi questo. Lo raggiunsi correndo sul parquet ruvido e gli afferrai il lembo della camicia inginocchiandomi e sbucciandomi leggermente il ginocchio sinistro. Non avevo mai fatto una cosa del genere, ero completamente in allarme e nel panico più totale e nefasto. Lui si voltò e per la prima volta mi guardò dall'alto verso il basso, come mi meritavo. Mi sentivo gli occhi lucidi per il magone.
-Ti prego, ti prego in nome di tutto quello che abbiamo avuto, ti prego promettimi che non gli dirai niente... promettimelo.- parlavo velocemente, quasi senza pensarci. Pregavo solamente che mi ascoltasse e che capisse le mie ragioni, lui non aveva il diritto di dire nulla. Era suo padre solo da poco più di una settimana, io ero stata sua madre per cinque anni, non c'era gara. Io lo avevo tenuto in grembo, lo avevo fatto nascere, lo avevo nutrito, cresciuto e gli avevo insegnato a vivere. Non c'è storia. Finché non avessi tirato le cuoia rimanevo sua madre, punto. Solo dopo sarebbe potuto subentrare lui.
-Nora...- voleva supplicarmi, voleva seriamente provare a convincermi. Noo, no non avrebbe funzionato nemmeno quella volta.
-Promettimelo!- seguì un altro silenzio, più pesante, più denso. Adesso era lui nel panico. Non riuscivo a capire, dovermi fare quella promessa gli costava davvero così tanto?
-D'accordo, non lo farò. Ma tu dovresti.- aveva capito.

*

Aprendo la finestra, notai come la luce argentata della luna fungesse da perfetto faro e mi illuminasse il viso. Il vento lieve che mi scostava i lembi della leggera camicia da notte, facendola ondulare leggermente; per un osservatore esterno poteva sembrare quasi poetico.
Era quasi l'alba, eppure non avevo voglia di andare a dormire. Volevo restare lì in piedi a crogiolarmi nei miei ricordi delle ore precedenti, ancora così vivi nella mia testa e nel mio corpo. Nella radura, sotto la fievole luce delle stelle e della luna, tra i boccioli chiusi dei fiori, a guardarci. Indescrivibile la sensazione del sentirsi così in sintonia con una persona. Sarei stata tutto per lui: amica, confidente, complice, compagna, amante... tutto. L'atmosfera era quasi magica e io non c'entravo nulla, ci travolse come un uragano dal quale decidemmo di non fuggire. Cominciò con semplici baci che si tramutarono poi in abbracci passionali e, da lì al partire col toglierci i vestiti a vicenda il passo fu brevissimo. Mi buttò a terra assalendomi la bocca e il collo, per poi passare a tutto il resto del mio corpo. Sentirmi dire quanto fossi unica per lui, che fra tutte le donne che aveva conosciuto aveva scelto proprio me che di speciale avevo solo la magia. Ero, e sono tutt'ora, testarda, vendicativa, nevrotica, lunatica e, se proprio vogliamo dirla tutta, una vera bastarda dentro.
Eppure lui voleva me, me e nessun'altra. Voleva assaggiarmi tutta, così diceva e sentivo un piccolo brivido caldo sulla pelle ovunque passasse le labbra. E quando arrivai al picco dell'eccitazione, lo spinsi prima di lato e poi sotto di me. Sapere che fossi l'unica a potergli fare una cosa del genere era un altro brivido che mi scombussolava dentro, aggiungendo corrente alla tempesta che infuriava nel mio corpo. Sentirlo sopra, sotto, dentro. Ovunque.
In quell'istante sentii una presa gelida circondarmi i fianchi, mi strinsi di più nelle spalle e cominciai ad accarezzargli un braccio, sorridendo più di prima. Lui passò il viso nel miei capelli sciolti, respirandone l'odore, e mi diede un bacio sulla nuca.
-Amore, non torni a letto? Se domani tua madre ti dovesse rimproverare mi sentirei in colpa perché ti ho tenuta sveglia tutta la notte.- lo sentii sorridere al pensiero. Non aveva tutti i torti, se l'indomani mia madre avesse notato le occhiaie che già mi si stavano formando sotto agli occhi, sarebbe stata capace di mettermi in punizione fino alla fine dei tempi. Annuii sospirando.
-...ok, arrivo subito. Dammi solo un secondo.- mormorai a mezza voce separandomi da quell'abbraccio.
-Ok.- Edward mi guardò teneramente e annuì a sua volta. Gli afferrai la mano, fermandolo.
-Ehi... ti amo.- così, dal nulla. Non era la prima volta che glielo dicevo, ma ora era diverso; ebbi un piccolo malessere, per un attimo mi sentii vuota e impaurita, avevo la sensazione che lo avrei potuto perdere da un momento all'altro. Lui mi raggiunse di nuovo e mi sigillò le labbra in un bacio per l'ennesima volta quella sera.
-Ti amo anch'io.- poi lo vidi tornare nel mio letto, ad aspettarmi pazientemente. Poi tornai a rilassarmi, eliminando le preoccupazioni e le paure dal mio stato d'animo. Non avrei mai saputo che quello era un segnale d'allarme che mi inviavano i miei poteri per avvisarmi di pericoli futuri.
Tornando a guardare un ultima volta il volto della luna, notai che le si era formato attorno un cerchio, segnale di guai in arrivo. Decisi di ignorarlo. Ero felice ed intendevo rimanerlo per molto altro tempo ancora.

*

-Grazie.-sussurrai con un filo di voce, ancora tremante per lo spavento che mi ero presa. Edward mi aiutò a rialzarmi e mi fece sedere sulla sedia più vicina.
-Ascolta, Esme vi ha invitati a casa nostra per pranzo, ti va di venire?- mi domandò inginocchiandosi di fronte a me per guardarmi in viso. Ero sul punto di scoppiare a piangere e non volevo farlo davanti a lui, così sollevai gli occhi cominciando a guardare il soffitto, sperando che le lacrime rientrassero nelle palpebre.
-Ma voi non mangiate, che senso avrebbe?
-Vero, infatti mi ha chiesto di portarti là un po' prima per fare qualche incantesimo dei tuoi alle portate come facevi una volta.- di sicuro se l'era inventato al momento, nella speranza di trovarmi qualcosa da fare per distrarmi un minimo. ­
-Ah, o-ok. Mi farebbe piacere. D-dammi solo cinque minuti.- risposi rialzandomi dalla sedia, vacillai per un secondo ma riuscii a restare in piedi.
-Ci rivediamo direttamente là, adesso dovrei tornare da Bella.
-C'hai ragione. A dopo allora.
-A dopo.- lo seguii con lo sguardo finché non si richiuse la porta alle spalle. A quel punto fui libera di sciogliermi in lacrime senza temere di dover sopportare della compassione da chiunque non fossi io. Avevo cinque minuti per restare da sola con il mio dolore. Mi sentii in diritto di farlo.
Troppo, troppo, era davvero troppo. In quale mondo perverso la sfiga si concentra tutta su una persona e in così poco tempo? Solo nel mio.
Entrai nella mia camera e aprii l'armadio. Con la vista ancora appannata e tirai fuori una gonna grigia che mi arrivava a metà ginocchio, la camicetta bianca e gli stivali alti color mogano chiaro con cintura dello stesso colore. La voglia di vestirmi e di uscire di casa era pari a zero e diminuiva esponenzialmente al pensiero di dover incontrare altre persone che non fossero il mio riflesso nello specchio. Per un attimo mi sfiorai l'idea di rimanere a casa, avvolta nella vestaglia ed infilata come un involtino nella trapunta e rimanervi per almeno un mese, ma di sicuro Edward avrà già informato tutta la famiglia della disgrazia e ora vorranno abbracciarmi e cercare di confortarmi con le solite parole di circostanza che mi sarebbero entrate in un orecchio e uscite dall'altro. Volevo affrontare il dolore a modo mio, che ci fossero stati gli altri o meno non avrebbe fatto alcuna differenza, non avrebbe aiutato me...forse avrebbe aiutato Alex anche se, da quel punto di vista, eravamo pressoché identici. Sarei andata là per solo per stare con lui, per passare insieme più tempo possibile, avevo le ore contate e non potevo permettermi di buttarle via rimanendo isolata nel mio letto. Anche se mi sarebbe piaciuto davvero tanto.
Finii controvoglia di vestirmi e spalancai la finestra arrampicandomi sul cornicione del balconcino. Rimasi in equilibrio per qualche secondo poi allungai la gamba destra avanti, la discesa fu un po' più veloce del solito, i miei poteri andavano di pari passo con il mio equilibrio emotivo. Piegando leggermente le ginocchia atterrai e non appena i miei piedi toccarono l'erba girai su me stessa catapultandomi di fronte alla casa dei Cullen. Alex mi aspettava seduto sugli ultimi gradini del portico, la testa nascosta tra i palmi delle mani. Quando mi sentì arrivare si rizzò in piedi e un attimo dopo ci stavamo abbracciando, lasciando che le lacrime scendessero sulla pelle. Alex mi stringeva forte e io nascondevo il viso tra i suoi capelli e tenevo gli occhi chiusi per paura di vedere ciò che ci circondava. Poi sentii un terzo braccio circondarmi le spalle e decisi di sollevare il viso. Rosalie era addolorata quasi quanto me, adorava mia madre. Alex si separò da me e permise a Rosalie di confortarmi a sua volta, più che altro ci confortavamo a vicenda.
-Mi dispiace Nora. Era una donna straordinaria.- mormorò con voce rotta.
-Grazie.
Poi fu il turno di Esme, a seguire Emmett, Carlisle, Alice e Jasper, Bella ci raggiunse per ultima con in braccio la figlia. Non lo avrei mai detto, eppure anche lei mi disse che ci era vicina. Edward, in disparte, osservava la scena, di sicuro aveva suggerito alla moglie quelle parole. Anche se non fosse stato così, in quel momento non mi importava. Avevo ben altro a cui pensare.
-Sarà una festa della mamma moolto particolare...- anche se era solo un sussurro, la voce di Alice era abbastanza acuta da permettermi di udirlo. Me ne ero completamente dimenticata, ecco un altro colpo di frisbee dritto dritto in faccia. Che giornata del cavolo.

*

Sei mesi dopo.
Una mattina mi svegliai sentendomi magnificamente riposata, il freddo polare di quell'inverno quasi non lo sentivo, anche se di fianco avevo una statua di ghiaccio che tutto faceva fuorché ripararmi dal gelo polare che si avvertiva fuori. E ghiaccio era la parola più appropriata, data la sua temperatura corporea parecchio al di sotto dello zero. Edward, sdraiato accanto a me, stava leggendo uno dei miei libri. Quando notò che avevo aperto gli occhi, si voltò verso di me e mi sorrise.
-Buongiorno.- sussurrò guardandomi negli occhi.
-Buongiorno.- io sorrisi a mia volta e mi allungai un poco verso il suo viso per baciarlo. Poi mi riaccucciai di nuovo accanto al suo corpo alla ricerca di un altro po' di fresco.
-Che leggi?
-Lettere d'amore di grandi uomini, volume 1. L'ho trovato nella tua libreria, ti dispiace?- domandò richiudendolo per un attimo.
-No, affatto. Quale stai leggendo?- domandai io. Lui annuì e tese il braccio sinistro lungo i cuscini per permettermi di poggiarci la testa. In quel momento il libro era aperto sulla lettera di Ludwig Van Beethoven, era una delle mie preferite. Sembrava che parlasse di noi.
-“Buon giorno 7 Luglio, a letto i miei pensieri sono già rivolti a te, mia amata immortale, ora lieti, ora di nuovo tristi, nell'attesa che il destino esaudisca i nostri desideri - posso vivere soltanto unito strettamente a te, non altrimenti, sì, ho deciso di errare lontano finché non potrò volare nelle tue braccia e sentirmi perfettamente a casa accanto a te e lasciando che la mia anima, circondata dal tuo essere, entri nel regno degli spiriti - purtroppo così deve essere - ti rassegnerai, tanto più conoscendo la mia fedeltà verso di te, nessuna altra donna potrà mai possedere il mio cuore, mai - mai - O Dio perché doversi allontanare dall'oggetto di tanto amore, la mia vita a V. è ora miserevole - il tuo amore ha fatto di me il più felice e nello stesso tempo il più infelice degli uomini - alla mia età avrei bisogno di vivere in modo uniforme senza scosse - ma è ciò possibile nella nostra situazione? - Angelo mio, mi dicono ora che la posta funziona tutti i giorni - quindi chiudo affinché tu possa ricevere la lettera al più presto - sii calma, solo contemplando con serenità la nostra esistenza potremo raggiungere il nostro scopo di vivere insieme - sii calma - amami - oggi - ieri - Quanta nostalgia, quanto rimpianto di te - di te - dite - mia vita - mio tutto - addio - ti prego continua ad amarmi - non smentire mai il cuore fedelissimo del tuo amato L. Eternamente tuo Eternamente mia Eternamente nostri” è una lettera molto intensa. - commentò richiudendo il libro e lasciandolo sul ripiano del comodino dietro di sé. Dopo si rigirò su un fianco nella mia direzione e, con la mano che prima reggeva il libro, cominciò ad accarezzarmi i fianchi coperti dal piumone straimbottito.
-Dormito bene?- mi domandò ad un centimetro dal viso.
-Mh, mh.- annuii io allungando le labbra in un sorriso e dandogli un altro bacio.
-Vuoi che ti prepari la colazione? Gillian è uscita presto stamattina. Che ne dici del caffè?- gli sfiorai la punta del naso con il mio, a quel punto ero abbastanza sveglia per intendere e volere.
-Lo sai che quando parli di cibo mi ecciti?- lui sobbalzò un poco, non si aspettava di sicuro una risposta del genere. Anche perché non avevo pensato prima di parlare, l'ho detto e basta. Edward colmò lentamente le distanze tra i nostri visi, intenzionato a fare in modo che io non possa capire più niente. Sapeva di riuscirci alla grande.
-Cialde, brioches, cioccolato...- mormorò prima di baciarmi con più impeto. Sentendo la sua lingua giocare con la mia, gli circondai il collo con entrambe le braccia e gli salii sul bacino. In risposta, lui mi strinse più forte tra le braccia, senza fermare il nostro bacio. Poi, all'improvviso, si staccò spostando la testa di lato ed io finii col baciargli il collo.
-Tesoro, vuoi davvero farlo qui, di nuovo?
-Sì, che c'è di strano?- domandai io staccandomi, avevo già un leggero fiatone per via delle fregole.
-Non ti andrebbe di andare a casa mia? Almeno lì se rompo qualcosa non mi sento in colpa.- mormorò accarezzandomi il braccio, io alzai un sopracciglio. Cioè, gli stavo praticamente saltando addosso dopo che mi aveva passato la notte di fianco guardandomi dormire... e voleva aspettare per portarmi a casa sua?!
-Guarda che non è mica un problema.- risposi io, non è che mi importasse molto se ogni tanto lasciava qualche segno nel muro oppure stracciasse le lenzuola. Dopo mesi così, ormai ci avevo fatto l'abitudine.
-Sì, invece. Insomma, guarda qui come ti ho conciato il letto. Ci sono tutti i segni delle unghiate sulla testiera di legno!- esclamò alzando l'indice della mano destra sopra di sé indicando dei solchi sul legno chiaro. Le guardai a mia volta, poi mi rivolsi a lui... un po' irritata.
-Amore, quelle sono mie.- commentai osservando attentamente i segni sul legno, se li avesse fatti lui non ci sarebbe nemmeno più, il legno.
-…
-Ahh, ho capito. Stai temporeggiando per convincermi a scendere e fare colazione.- alzai gli occhi al cielo. Cos'è, aveva il terrore che morissi di fame? Lui mi sorrise e ricominciò ad accarezzarmi i fianchi, lievemente sorpreso.
-Come l'hai capito?- sospirai e mi chinai per dargli un altro bacio. ­
-Amore, non mi serve essere telepatica per capire cosa ti frulla in testa. Ormai sei un libro aperto.
-Allora, scendiamo?- domandò speranzoso. Io lo scavalcai e scesi dal letto passandomi una mano tra i capelli, poi andai ad aprire le tende della stanza per far entrare un po' di luce. Come i primi raggi luminosi attraversarono il doppio vetro della finestra, la pelle di Edward cominciò ad illuminarsi in alcuni punti come se fosse uno specchio.
-Sì, continuare a girarci intorno ci fa solo perdere tempo. Il che vuol dire che prima scendo e mangio qualcosa, prima risaliamo e ti zittisco per un'oretta o due.- non volevo dirlo ad alta voce, volevo pensarlo e basta, anche se sarebbe comunque stata la stessa cosa. Risultato: la mia dolce metà si trasformò nel diciassettenne che è... altro che uomo d'altri tempi! Quando voleva, anche il mio controllatissimo e posatissimo uomo della notte si lasciava sopraffare dagli istinti; oppure lo faceva apposta, ma la differenza non la percepivo... non ci facevo caso. Non feci in tempo ad accorgermene che lui mi aveva presa in braccio e portata in cucina al piano di sotto, poi mi aveva fatta sedere sul lungo tavolo e in meno di dieci secondi aveva tirato fuori gli ingredienti per preparare gli waffles con salsa di ribes. Quando i primi profumi iniziarono ad aleggiare nell'aria, mi accorsi di avere davvero fame, il mio stomaco brontolava come se ne avessi tre. Edward, in sottofondo, rise.
-Ne vorresti due?
-Sìì, ti prego... anzi, tre!- stavo già per chiederglielo, avevo davvero fame. Balzai giù dal tavolo e lo abbracciai da dietro e gli schioccai un bacio sulla guancia marmorea, poi sbirciai da sopra la sua spalla l'aspetto degli waffles sul ferro sagomato.
-Vuoi fare colazione anche tu?- domandai ad un paio di millimetri dal suo orecchio, lo sentii tendersi un poco sotto di me. Ma non era una cosa negativa, anzi.
-Non sarebbe male, così domani non dovrò andare a caccia.- disse capovolgendo le pastelle metà cotte sulla piastra.
-Ok, una brocca di sangue... a temperatura corporea.- sussurrai con la voce più sensuale che mi riuscii.
-Lo sai che quando mi parli di sangue mi ecciti?- mormorò lui. Io all'inizio mi stupii, era raro che si lasciasse andare a frasi così spinte per i suoi standard, eppure mi divertivo.
-Cervo, orso, puma...- ed eccola, un'altra tempesta di testosterone in arrivo. In uno scatto, smise di darmi le spalle e mi afferrò per i fianchi sollevandomi e facendomi sedere nuovamente sul tavolo, con la differenza che ora mi stringeva in un abbraccio di ferro e mi baciava in un modo che avrebbe potuto farmi perdere la testa. Presa a mia volta dalle fregole, quindi anche io non del tutto innocente, gli levai la maglietta e cominciai a lasciargli una scia di baci lungo il collo e le clavicole fino a raggiungere di nuovo la bocca. Lui si limitò a stringermi ancora più forte; del resto, sotto alla camicia da notte verde acqua avevo ben poco da togliere... anzi, il toglibile me lo aveva fatto sparire la sera prima. Dopo qualche minuto, un odore di carbone mi colpì alle narici, costringendomi a separarmi da lui che cominciò a sua volta a baciarmi il collo e intorno al seno.
-Amore... le cialde...- riuscii a dire tra i sospiri. Nonostante il tocco delle sue labbra fredde sulla pelle, mi sentivo costantemente attraversare da brividi caldi.
-...cosa?
-Si stanno bruciando.- dissi spalancando gli occhi, com'era possibile che non se ne fosse accorto? Non si staccò nemmeno da me, si limitò ad annusare l'aria per poi corrucciare la fronte, confuso.
-No, non è vero.- rispose riprendendo a lambirmi piccole aree di pelle sul collo.
-Allora stanno per farlo.- dissi scostandolo definitivamente e raggiungendo il piano da lavoro sul quale stava il ferro sagomato. Dopo qualche secondo lo dovetti spegnere perché dei sottilissimi fili di fumo si stavano sprigionando dalla pastella; sollevando il coperchio, notai delle sottili ombre scure bruciacchiate in alcuni punti e le mostrai ad Edward che mi fissava confuso.
-Che ti dicevo!- esclamai sistemando le cialde su un piatto ed immergendole di stra zuccherata salsa al ribes e cominciando a mangiarle.
-Ma come... come te ne sei accorta? Avevi sentito l'odore di bruciato?
-Sì.- risposi con ovvietà e lui apparve ancora più confuso. Per evitare che si facesse delle paturnie finii di mangiare la prima cialda e raccolsi una sua mano e la racchiusi nelle mie.
-Amore, lascia stare. Magari non ci hai fatto caso e basta, dopotutto, la tua attenzione era focalizzata altrove.- dissi spostando lo sguardo sulla parte di tavolo dove, un paio di minuti prima, eravamo noi.
-Forse hai ragione. - mi rispose passandosi una mano tra i capelli e sedendosi di fianco a me.
Quando addentai l'ultima cialda, cominciai a sentire lo stomaco che gorgogliava soddisfatto all'arrivo di tutto quel cibo, poi ci fu un tremore. Divorai l'ultimo waffle come se fossi ad una gara di abbuffate, dopodiché abbandonai il piatto nel grande lavandino di ceramica smaltata e circondai i fianchi di Edward, il quale si era appena alzato dalla sedia, con entrambe le braccia. Lui fece lo stesso con me sfiorandomi lievemente la punta del naso con le labbra, più tranquillo. Un secondo dopo mi aveva presa di nuovo in braccio portandoci nella mia camera alla stessa velocità di una pulsazione.
-Ok, ora direi che possiamo riprendere da dove... agh.- non riuscii a terminare la frase, ancora quel tremore, solo che stavolta era diverso, era più forte e sembrava che mi avesse invaso tutto l'apparato digerente. Mi chinai in avanti, cominciando a praticare la respirazione Yoga in cinque tempi nella speranza che passasse. I crampi non erano una novità, soprattutto per me che riuscivo a prendere tutti i virus intestinali e non, un po' ci avevo fatto l'abitudine.
Era qualcosa di sbagliato.
Edward si accucciò davanti a me e mi poggiò una mano sulla fronte per misurarmi la febbre, possibile che mi fossi influenzata?
-Nora, che hai?- domandò già in ansia. In una qualsiasi situazione, sapere di non poter fare nulla di concreto lo disarmava, le influenze erano una di quelle situazioni. Allora, oltre che prendermi cura di me stessa, dovevo anche prendermi cura delle sue paranoie.
-Non lo so, ho sentito un altro tremore allo stomaco.- sentivo che c'era qualcosa di sbagliato in quella sensazione, che stesse per accadere qualcosa.
-Forse è meglio che aspettiamo un po', vai a sederti. Hai appena mangiato.
-Troppo tardi...- corsi in direzione del bagno giusto in tempo, i successivi tre conati di vomito mi provocarono degli spasmi abbastanza forti da impedirmi di riprendere fiato.
Era qualcosa di oscuro, e innaturale.

*******Spazio Autrice********
Buona sera a tutti!!!! Finalmente sono riuscita a postare il nuovo capitolo, era lì pronto da quasi tre giorni ma non trovavo mai il tempo di inserire l'HTML. È la parte più noiosa della pubblicazione.
Però sono davvero soddisfatta, è venuto fuori un capitolo bello lungo, spero di riuscire a farmi perdonare il ritardo! Per la serie non sono ruffiana...

Il prossimo capitolo vi dico già da ora che lo posterò entro sabato prossimo e che sarà il penultimo della fic. Quindi siamo praticamente alla fine!

Cooomunque ora passo alle recensioni, avevo promesso già nello scorso capitolo che avrei risposto ed ora ci siamo!

lovecoffee= tesoro...mi sarebbe piaciuto mettere qualche scena a rating rosso! Chissà cosa sarebbe saltato fuori... comunque no, lasciamo un pò di spazio alla fantasia... è incredibile, riesco a risultare falsa persino scrivendo!!! Allora, ti è piaciuto il primo incontro? Personalmente mi è piaciuta di più la scena del bacio... fammi sapere!

titti92= mettere un colpo di fulmine con dichiarazione di amore eterno al primo incontro mi è sembrato un pò troppo casca palle. ci stava bene qualcosa di un pò più...sentimentale, che non è il romantico; più inteso nel senso di realista, ecco! Mi fa davvero piacere che ti sia piaciuto! Fammi sapere per questo, kiss

Hinata_S_I_TT 4EVER= ecco il secondo atto!

Sara90= sìsì! Il titolo è proprio quello di Olli Vincent, infatti mi sono ispirata a quella canzone nella stesura del capitolo. Per questa invece mi sono lasciata trasportare dalle note di Alanis Morrisette in Crazy. La fantastica canzone de Il diavolo veste prada. Ti consiglio di ascoltarla mentre leggi il capitolo nel paragrafo del balcone notturno! Bacio

Saretta__Trilly__= l'ultima frase del capitolo mi è venuta in mente guardando il quarto episodio di Desperate Housewives della seconda stagione, non so se lo guardi. La dice quasi uguale Susan a Mike e mi sono piegata in due dal ridere! Spero che ti sia piaicuto anche questo capitolo! Baci

Ovviamente ringrazio anche coloro che hanno appena aggiunto la storia tra i preferiti e tra le seguite!

Ringrazio anche coloro che l'hanno appena letta e coloro che vorranno lasciare una recensione.

Kiss by Achin4perfection!

   
 
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