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Autore: kiku77    14/02/2010    13 recensioni
seguito di "ALLA RICERCA DELLA FELICITA'"
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Kumiko Sugimoto/Susie Spencer
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao..oggi mi sento un po’ triste…siamo arrivati: questo è il penultimo cap….

Ringrazio le persone che leggono questa ff, quelle che l’hanno messa fra i preferiti e i seguiti e, vorrei mandare un ringraziamento speciale a tutte coloro che hanno recensito: non immaginate quanto davvero abbia apprezzato i vostri commenti, le vostre analisi, il vostro modo di reagire alla storia…grazie di cuore.

Giusyna: ultimamente stai scrivendo delle recensioni così intense e precise, che non so cosa dire: ti leggo con attenzione e medito sulle tue considerazioni…ancora una volta Kumiko credo abbia mostrato le sue debolezze, il suo essere disperatamente umana. Io la sento così: tremendamente imperfetta, ma meravigliosa e vera. Grazie.

FlaR: sono io a non trovare le parole per ringraziarti per la tua rec: bellissima e “forte…”. Sono rimasta colpita dalla diagnosi che fai su Genzo e Kumiko ed io, che adoro le parole, sono rimasta lì ferma a ripetermi 2-3 volte l’aggettivo che hai usato, “speculare”….grazie. Credo che già da questo cap sentirai che la sensazione che kumi sia una copia di sanae, vada via. Sono due esseri distinti e unici e tu l’hai sottolineato perfettamente. E’ logico che nel cap di ieri c’erano delle corrispondenze fra di loro: il senso di smarrimento poi in Kumiko è ancora più forte perché lei, in Giappone, avendo un lavoro nel quale si identifica, lascia molto di sé. Volevo che questa “partenza” avesse molta risonanza perché secondo me lei ne sta soffrendo tantissimo e sa bene, in fondo lo sappiamo tutte, che non sarà così facile, ricominciare da capo in Spagna.

Sanae78: grazie per la rec. sì….per kumiko è veramente difficile andarsene “sul serio”…in fondo fino a quel momento, è proprio grazie alla pasticceria, al suo lavoro che è andata avanti….

Trottola: felicissima di leggerti….grazie per le osservazioni e per aver apprezzato la scelta sulle fedi…..

Miki87: in tre righe hai detto un sacco di cose….penso che nel cuore di Kumiko i pensieri affollino tutto lo spazio disponibile….dev’essere stato difficile scegliere…. E ogni volta che facciamo una scelta, scartiamo delle possibilità. Lei ha scelto l’amore..speriamo che abbia fatto la cosa giusta….grazie per aver scritto…

Makiolina:....stavo per mettere on line il cap e ho visto la tua rec..grazie grazie infinite per quello che scrivi, per analizzare sempre così lucidamente tutto. Non ti sfugge niente....

A presto..

__

 

Una volta giunti davanti alla porta di casa, Kumiko si fermò un secondo. Fu solo un attimo ma fu limpido ed intenso: si ricordò di quella sera, quando Genzo l’aveva trascinata lì e lei gli aveva detto di essere incinta. Era stato forse il momento più brutto della sua vita, se si escludeva la morte di suo padre, e tutto ciò che aveva provato, ora rifioriva alla memoria senza che lei si potesse difendere. Ebbe il desiderio di scappare, di sfuggire e di sparire. Invece Sanae le diede le chiavi e la invitò ad aprire.

Kumiko tremava.

“Lo so cosa stai pensando… ma adesso è tutto diverso….. forza….” la incitò Sanae.

La ragazza infilò la chiave e sentì il rumore della serratura che si schiudeva. Taro e i bambini corsero dentro impetuosi e Michiko lo invitò a salire.

“Vieni vieni Taro! C’è una sorpresa”.

Taro, con curiosità fece le scale e dopo qualche minuto gridò a sua madre di raggiungerlo.

Ma Kumiko era rimasta sulla soglia perché ogni passo dentro quella stanza era come tornare a quel momento: ricordava benissimo lo sguardo freddo di Genzo e i suoi gesti meccanici ed indifferenti.

“Mamma! Ma cosa aspetti!” gridò allora Taro impaziente.

Sanae le sorrise per tranquillizzarla e a quel punto Kumiko si fece coraggio e salì di sopra.

Ai suoi occhi si aprì una scena piena di luce: Genzo, al rientro da Miami,  aveva cominciato a  far preparare la cameretta per Taro ed era semplicemente stupenda. C’erano animali e fiori dipinti su ogni parete e i mobili erano dell’azzurro che piaceva tanto al bambino. Sembrava di entrare in un’altra dimensione, in un altro mondo.

Taro e Michiko si tenevano la mano mentre ascoltavano Ryo che raccontava loro di come nascono le farfalle e da dove vengono i gusci di lumaca (era un bambino intelligentissimo e un gran osservatore) , mentre si soffermavano su ogni singola illustrazione delle pareti.

Kumiko era rimasta di nuovo sulla soglia e non aveva parole; era tutto di una tale bellezza che le sembrava di fare un torto al mondo della fantasia, entrando in quell’universo speciale.

Sanae allora le diede una leggera spinta e lei si mosse.

“Taro….. il babbo ti ha fatto un regalo bellissimo, non credi?” chiese.

“Sì… io al babbo gli voglio proprio tanto bene….” rispose il bambino, con gli occhi pieni di felicità.

Kumiko entrò e si sedette per terra aprendo le braccia e aspettando che i bambini andassero verso di lei. A quel gesto, tutti e tre si precipitarono e si fecero coccolare ridendo.

Sanae indietreggiò per osservare meglio la scena e  il cuore le stava scoppiando dalla gioia.

 

 

Dopo un po’ le due ragazze scesero di sotto e Sanae cominciò a mostrarle per bene la casa: in fondo lei aveva visto solo la sala all’entrata.

Notò che i mobili erano cambiati: era tutto molto pulito e scarno.

“Sai com’è fatto Genzo….. tutto ridotto all’osso, all’ essenziale…” disse Sanae, notando lo sguardo perplesso di Kumiko.

“Si’… è tutto così….”

“…. freddo….” disse Sanae finendo la frase. “Ti ci vorrà un po’ per dar vita a questa casa…. Ma non credo che farai fatica…. Tu porti la vita ovunque vai,  solo a guardarti!” aggiunse sorridendole.

Kumiko arrossì e le corse vicino per tenerle la mano.

“Ti ho fatto un po’ di spesa… perché il frigo era vuoto…” disse ancora Sanae.

“Grazie…”

“Adesso se vuoi ti porto al mercato così puoi comprare quello che  manca e poi andiamo a prendere i bambini dall’allenamento.” propose Sanae “ … sempre se non siete troppo stanchi…”

“No… figurati….sono talmente agitata che ho il cuore che mi rimbomba in gola…”

Allora, chiamarono i bambini per tornare fuori.

Mentre in macchina (una otto posti…) attraversavano la città, Sanae indicava i monumenti importanti e i luoghi che avrebbe imparato a conoscere di più: la scuola internazionale che avrebbe frequentato Taro, i mercati, il piccolo palazzo dove davano lezioni di spagnolo e il Camp Nou.

Kumiko ascoltava e cercava di memorizzare i posti, gli orari e tutto il resto. Si sentiva frastornata e confusa, ma anche eccitata e felice. Il fatto di non essere sola, le dava forza e provò a lasciarsi alle spalle tutte le sensazioni negative che animavano il suo io.

Fecero la spesa e la giovane si preoccupò soprattutto di comprare tutto ciò che occorresse per poter fare dei dolci. Infine si fermarono in un chiosco di fiori e Kumiko comprò qualche piccolo bulbo di geranio e ciclamino da piantare in giardino.

Ottobre in Spagna era mite e già questo la confortava. Si immaginò di riempire la casa di fiori e vasi, così da profumare ogni stanza e al solo pensiero, si sentì un po’ più serena.

Di fronte al campo di allenamento dei bambini ebbe un sussulto quando vide i due gemelli che giocavano con disinvoltura in mezzo al prato verde. Si mise a piangere senza accorgersene, ricordando di quando li aveva visti la prima volta e li aveva fatti giocare con la farina insieme ad Ikeda.

Loro correvano ed inseguivano il pallone dando indicazioni e ricevendone dai compagni e sembravano così felici….

Dopo poco Daibu si girò sentendo la voce della sorella e appena riconobbe il volto di Kumiko le corse incontro.

Si aggrappò alla rete e lo stesso fece lei.

“Kumiko! Kumiko!” gridò Hayate che non perdeva mai di vista il fratello e lo aveva seguito mentre era andato verso di lei.

Raggiunse Daibu e restarono un attimo aggrappati alla rete e a fissarsi.

“ Come siete belli….” riuscì a dire lei tutta bagnata dalle lacrime in volto.

Anche Taro li raggiunse e li salutò con tanto affetto non nascondendo la sua eccitazione a vederli con la maglia del Barcellona. C’era stupore nei suoi occhi e sperò con tutto il cuore di poter giocare presto anche lui in quel campo con loro, come gli aveva detto suo padre.

Attesero con impazienza la fine dell’allenamento e dopo essersi abbracciati e stretti forte, salirono tutti in macchina e rientrarono a casa.

Kumiko posò la spesa e poi passò il resto del pomeriggio e della sera a casa di Sanae. Cucinò per i bambini, anche se Taro si era addormentato quasi subito: il fuso orario e tutto il resto lo avevano fatto letteralmente crollare.

Preparò il riso e le frittelle di verdure: agitava con disinvoltura la frusta per miscelare bene il composto e poi lo versava a piccole dosi sulla padella che friggeva. I bambini chiacchieravano rubandosi la parola per catturare l’attenzione di Kumiko: facevano a gara a chi dicesse qualcosa che potesse farla ridere e adesso lei era rilassata e divertita. Sanae guardava e soprattutto gustava le pietanze che la sua amica a mano a mano che erano pronte, posava sul tavolo: il cibo cucinato da Kumiko profumava in modo speciale e il sapore sulla lingua si scioglieva piano piano  così che lei poteva dividere gli ingredienti e riconoscerli uno ad uno.

“Kumiko! Kumiko! lo sai che le farfalle non hanno l’udito?” saltò fuori Ryo per fare colpo su di lei, dopo che Michiko aveva tenuto la parola per più di cinque minuti spiegandole di quanto la sua bambola fosse stata ammalata la settimana prima.

Kumiko lo fissò stupita.

“Ryo, ma come fai a sapere tutte queste cose? “

“L’ho letto nel mio libro sulle farfalle….lo vuoi vedere?”

“certo!” rispose lei…

Ryo scese veloce dalla sedia e fece per correre di sopra.

“Aspetta Ryo!”disse Kumiko tutta seria” .. ma se non hanno l’udito….come fanno ad ascoltare il vento?” chiese.

Il piccolo la guardò e alzò gli occhi al soffitto cercando la risposta.

“… non lo so….mi sa che questo non c’è scritto……” rispose.

“Avanti….” lo incitò Daibu “vai a prenderlo….così vediamo ….”

Allora Ryo riprese la corsa e mentre era di sopra, gli altri continuarono a parlare e a ridere.

Andarono avanti così anche per tutto il dessert che fu ovviamente improvvisato: Kumiko caramellò lo zucchero in un pentolino e poi ci riversò il latte fin quasi a sodarlo, per farlo diventare una crema. Infine cosparse le coppette con il cacao e le distribuì ai bambini.

L’atmosfera era calda e gioiosa e le risate risuonavano nell’aria.

 

Dopo un po’ i bambini si misero a giocare da soli e le due ragazze chiacchierarono a lungo mentre riordinavano. Kumiko le raccontò del matrimonio e le descrisse per filo e per segno il suo abito. Sanae aveva fatto mille domande e lei, come Genzo, aveva risposto con pazienza ed accuratezza ad ognuna.

Si confidarono dubbi e paure e Kumiko le raccontò, senza provare vergogna, della prima notte di nozze. Sanae aveva ascoltato curiosa e attenta e ogni tanto aveva sorriso arrossendo, probabilmente ricordando i suoi primi momenti privati con Tsubasa.

“Sono già le dieci… ma quando tornano?” chiese Kumiko, che cominciava ad avvertire la stanchezza.

“Quando hanno le riunioni tecniche possono rientrare a qualsiasi ora… però domani mattina sono liberi. Faranno allenamento al pomeriggio… ti ci vorrà un po’ ad ambientarti e ad abituarti agli orari. Ma una volta entrata nel “meccanismo” vedrai che ti sembrerà tutto normale….”

“certo…” disse Kumiko un po’ spiazzata.

Prese Taro su di sé e rientrò a casa dando la buonanotte ai bambini che il giorno dopo avevano la scuola e stavano morendo di sonno.

“Domani verso le dieci vengo da te così ti accompagno a scuola per iscrivere Taro, ok?”

“Sì…. grazie Sanae… notte”

“notte” rispose la moglie del capitano.

Attraversò svelta il viale e sentì l’odore delle foglie morte che erano cadute a terra. Quel genere di odore lei lo riconosceva a memoria: sapeva di terra umida e di carta bruciata dal sole.”Anche in Giappone è lo stesso….” si disse fra sé e sé.

Aprì la porta e salì in camera. Non mise il pigiama al bambino: poteva vedere che era veramente distrutto e lo lasciò con i suoi vestiti. Il giorno dopo lo avrebbe lavato e cambiato con calma.

Si diresse in camera sua e di Genzo e diede un’occhiata alla finestra. Era tutto buio ma poteva distintamente sentire quanto le mancasse il suo amato terrazzo dove tutti i suoi fiori ora stavano riposando.

Scosse la testa cercando di scrollarsi di dosso quell’alito di malinconia e si spogliò per fare il bagno.

Non riusciva a tenere il tempo: la differenza d’orario l’aveva scombussolata e sentiva una specie di adrenalina dentro che le impediva di rilassarsi completamente.

Si asciugò e si passò un latte profumato sul corpo. Poi tornò in camera e tirò fuori la camicia che avrebbe dovuto indossare la prima notte di nozze. Era bianca, di lana sottile, con i bordi  ricamati a mano e la scollatura molto ampia.

La indossò e scese di sotto per aspettare Genzo.

Curiosò nel frigo e osservò minuziosamente i frutti che Sanae aveva disposto in un bel cesto al centro del tavolo della cucina.

Attraversò la libreria e lesse in qua e in là i titoli dei dvd e di alcuni libri disposti con ordine e pulizia e poi si stese sul divano. Erano le undici e mezza ed ora sentiva che le palpebre volevano chiudersi, la vista si annebbiava e i pensieri si confondevano.

Avvilita e delusa decise di salire in camera e stendersi; non riusciva più ad aspettarlo sveglia.

Non passarono che alcuni minuti però e sentì il rumore della porta che si apriva.

Allora si alzò di colpo e scese di sotto.

Rimase un momento all’inizio delle scale vedendolo entrare, scuro esattamente come la notte, tutto serio e pensieroso in volto.

Genzo si tolse il berretto e appoggiò la borsa. Non si accorse di lei e si diresse in cucina per bere.

Allora Kumiko scese le scale e lo raggiunse.

“Dicevo che non arrivavi più…..” disse appoggiandosi alla porta.

Lui continuò a bere, incurante di lei, incurante di tutto.

A guardarlo pareva lontanissimo.

“Stai bene?” chiese lui, fissando la finestra accanto al lavandino.

“si’….. e tu? Com’è andata?” chiese con un filo di voce.

Fu allora che si voltò  e prese coscienza che lei era lì, ad un passo o quasi da lui.

Ecco che stava per ripetersi la solita scena. Lui che avanza e lei che indietreggia. Sempre uno in ritardo sull’altra, come un giradischi rotto che però riesce a far musica e non si sa come.

La stanza era finita e Kumiko si ritrovò alla parete. Lui l’aveva spinta fino a lì senza sfiorarla, ma semplicemente guardandola. A quel punto le si avvicinò appoggiandosi su di lei e con la mano la toccò in mezzo alle cosce. Premeva con forza e  a Kumiko venne spontaneo afferrare quel braccio per potersi difendere e allontanarlo anche se una parte di lei non voleva assolutamente che lui si fermasse.

Provò a spostarlo ma Genzo era più grande, più forte di lei; senza la sua collaborazione, sarebbe stato impossibile.

Allora lasciò la presa avvilita e felice allo stesso tempo. Intanto Genzo l’aveva già spogliata e si era aperto i pantaloni. La sollevò, come quella notte ad Amburgo, e cominciò a baciarla con confusione e fretta.

Proprio mentre le stava entrando dentro lei provò a dirlo.

“Genzo…..parliamo un po’?  Io….” e si dovette fermare perché già stava provando piacere…” io ho tante di quelle cose da dirti adesso…..”

Ma era troppo tardi ormai. Lui era già perso in lei e non capiva più le parole, come se la torre di Babele si fosse materializzata dentro il suo cervello.

Però anche a lui passò davanti il ricordo di quella notte disperata e non voleva darle l’impressione di essere tornato a quel punto; la desiderava allo stesso modo sì, con quella foga, quella fame che proprio non riusciva a controllare, ma era un desiderio mosso dall’amore, non dall’istinto, perciò sentì che doveva dire qualcosa.

Tante parole attraversarono la sua gola mentre la stringeva e si muoveva dentro di lei; era difficile catturarle e trattenerle per poi dar loro fiato affinche’ le corde vocali vibrassero. Gli sembrava un’impresa impossibile: a confronto, difendere la porta del Barcellona era un gioco da ragazzi.

Sapeva che sarebbe arrivato presto al piacere ma che di nuovo avrebbe continuato a volerla e a prenderla, nonostante il mal di testa e la stanchezza.

“Ti amo….” disse infine, senza riflettere più su come o cosa dire.

Lei si sentiva svenire e invece voleva restare vigile, voleva provare a rispondere….

“….lo sai….lo sai che le farfalle non possono ascoltare il vento?…..”

Genzo la fissò un secondo mentre la premeva contro il muro con ancora più forza, dalla paura che potesse sfuggirgli, proprio come la farfalla, posata sul fiore, che non appena vede incombere un’ombra vola via, veloce. Non si spiegava come lei riuscisse sempre a sorprenderlo, e a fargli sembrare tutto nuovo.

“…..non sono mai stata con nessun altro…..io…io ti ho sempre aspettato…..” disse ancora lei, con un accenno di voce.  

“…lo so…..” le sussurrò lui, chiudendole la bocca con la mano.

 

   
 
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