A cosa
pensavo?
A cosa
pensavo?
Chiaro,
come il tuo viso nella mia pupilla.
Vagavo tra
stelle, cieli, prati, pianeti.
Chiaro,
come il tuo viso al sole.
Chiaro,
sono faccia alla polvere.
Di nuovo
faccia a cento vocali sgretolate.
Frammenti
di A che lo sapevano, sarebbe finita così.
Sarebbe
finita che non l’avrei mai saputo.
Frammenti
di I denudano schifo e squallore nei miei gesti lenti
Troppo
misurati.
Spenti.
Squame di
E sdrammatizzano.
Che sarà
mai, no?
Hai forse
perso una stella? Ho perso una stella.
Se era
bella? Una cometa, che volete farci.
Non
capisci mai se muore o trionfa.
Se muore
dolorante in mare, o se danza esultante in cielo.
Voi
sdrammatizzate.
Io perdo
le ore con questi singulti.
Ecco,
squame di U non vogliono sconti di pena!
Scandalo
sotto i cieli mortali.
Scandalo
per occhi supini.
Per
guardare le stelle cadenti
-
suggerisce la didascalia-
serviranno
strumenti potenti.
Occhiali
spessi.
Tanta
fortuna.
Ah, e
ricorda anche che non avete il tempo.
Tornate al
lavoro, ok?
Provvidenziali
le scaglie di O.
Loro ci
avevano già pensato.
Ah, ma il
fax non funziona.
Ripassate,
tra pochi minuti il tecnico lo aggiusterà.
Pensate di
riuscire a cantarmi
Dal vostro
panciotto strozzato
La ben
rotonda verità?
Prima
però, andate a lezione di canto.
Di spettacoli
assurdi e pietosi ne abbiamo fin troppi tra i piedi
La vedete
la scaletta?
Dopo
questo tremendo racconto tocca al monologo delle Sue verità.
Ma noi ce
ne saremo già andati.
Parlatene
col direttore.
Ehi.
Alla fine
di questo spettacolo, per favore.
Avanti,
chi ne ha ancora?
Fate voi,
abbiamo ancora dieci minuti.
Poi, se
troppa gente se n’è tornata a casa
Andiamo a
dormire anche noi. Senza fretta.
Chiara la
lampada.
A
differenza del tuo viso, al sole lei non si brucia.
Zitto,
però. Lei si fulmina. Tu no.
Parti in
vantaggio.
Fai
sfigurare mille milioni di watts di fronte al tuo chiarore.
Se puoi,
s’intende.
Ah, poi.
La
picciola parata dell’infanzia tradita non te la risparmiano proprio mai.
E questo è
un peccato.
Orfani,
vedove di dieci anni, nonni a vent’anni, bisnonni a trenta, a quaranta?
Reality
show.
Eufemismo
mediatico in una notte che di inspiegabile
In fondo
Non ha
ancora un bel niente.
Eppure, il
dubbio permane e si insinua sotto la canotta sbiadita
Che usi
d’estate per dormire.
E non
sussurra, come vorrebbero taluni poeti:
quello
proprio urla!
Di
salutare, poi, non se ne parla.
Voi vi
lamentate, ma lui vive per restare a galla.
Fuga, o
anima lucente, ogni mio dubbio.
In bene o
in male.
Ma meglio
in bene.
Se poi è
male, però, nulla da obbiettare.
Ma meglio
in bene.
Se poi è
male… non credo ci sia poi molto da fare.
Ma meglio
in bene.
Se poi è
in male però…
Facciamo
una cosa.
Se poi è
in male, tu taci.
Ed io
bevo.
Dubbio,
dubbio iperbolico ( da uper + ballw)
non vai
mai in ferie?
Già. Il
sentore di verità non da’ le ferie proprio a nessuno.
Figurati a
me.
Oh,
bambini che canzonano questo povero giuovine di belle speranze!
“ Lui non
ti gnegne… Lui non ti gnegne..”
Non odio i
bambini.
Odio i
bambini stupidi.
Oplà,
Aristotele? Sillogizziamo!
Premessa
maggiore: Odio i bambini idioti.
Premessa
minore: tutti i bambini sono idioti.
Conclusione:
Odio tutti i bambini.
Vittoria
schiacciante della logica sulle nuove correnti anarcoiusgiuridemoscristiane
Il
presidente se ne rallegra.
Io un po’
meno.
Perché Lui…
Kare wa…
Oh.
Sì, non
temete, ci siamo quasi, ma prima di andare volevo farvi una domanda.
Così, in
confidenza.
È giusto
che Dio sia fumo e l’arrosto invece sia io?
È giusto
che lui non cerchi neppure se pensa di aver qualcosa trovato?
Ah,
signori miei, ditemi una volta
Senza
mentire
Se non vi
esalta la di cui sopra rivoluzione!
Niente.
Ve lo dico
io.
Puttane
galattiche sopra ogni male spazi infiniti da cavalcare
ma sempre
senza benzina miei cari.
Un prof
muore cento ne nascono.
Le azioni
della marmotta della cioccolata salgono vertiginosamente.
La mia
notte fuma e garrisce, signori, come un cavallo impazzito!
Sventra
strade e locali, travolge ombre e contorni!
Orlando è
furioso, io sono incazzato!
Provateci
a voi a sostenere l’assalto, forza.
Cammino correndo
parlo scrivendo recito male canto e cicale senz’occhi
Mi
guardano senza parlare
Fuggo
signori sigaretta e chitarra
Vivo
signori senz’ombra né corda.
In
montagna le frane, al mare tsunami,
foresta
tempesta, vulcano eruzione, Firenze io che
-piacere estetico
inutile-
sventro le
strade e la carta.
Ma la cosa
più bella, signori, è che voi ormai non morirete.
Non
stasera.
Tornate a
casa, adesso.