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Autore: Lales    17/02/2010    4 recensioni
Perché proprio mio fratello? Perché? Tra tutti gli uomini del pianeta Terra tu hai scelto quello scemo di Tom? Dimmelo amica mia perché probabilmente siamo ancora in tempo per salvarti dall'oblio, dalla disperazione, dalle tenebre dell'inferno e da tutto ciò che comporta innamorarsi di Tom Kaulitz.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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8.

“Ho deciso che andiamo tutti sulla neve questo week end, ti veniamo a prendere in studio domani pomeriggio alle 15 appena atterriamo da Parigi. Non ti portare troppe cose pesanti, ci sarà l'amore di mio fratello a scaldarti. Ahaha, era carina questa vero?! Ti sono mancato? Tu no. :D”

“Greis, Bill vuole andare a fare i pupazzi di neve a casa di Andreas in montagna, si è fissato e si è anche comprato la tuta quella per sciare, non la metterà mai! Domani alle 16 in studio, il tempo di arrivare dall'aeroporto e ripartiamo subito, così possiamo stare finalmente insieme. Ti sono mancato? Io no :D”


Greis aveva smesso di stupirsi delle improvvisate di Bill, tanto che aveva iniziato anche a farsele piacere; erano divertenti e quasi sempre sfociavano in qualcosa di pazzo e assolutamente fuori dall'ordinario. Come se non mancassero abbastanza cose straordinarie nella loro vita. Quella settimana era stata un po' pesante da far trascorrere, ma erano riusciti a resistere ai chilometri di distanza e alla voglia di vedersi. Skype li aveva aiutati, e Tom aveva dovuto ammettere di fronte a Georg che era uno strumento fondamentale per cercare di mantenere un minimo di sanità mentale all'interno del gruppo. Ogni volta che riusciva a sentirla si sentiva sollevato, e contava i giorni che mancavano al loro nuovo incontro. Greta dal canto suo tentava di mantenere la sua vita nella normalità con un sempre smagliante sorriso stampato sul viso. Aveva trascorso la settimana con una costante tachicardia, che aumentava ogni volta che sentiva Tom al telefono, e si sentiva felice come una ragazzina alla sua prima cotta. Durante quei giorni aveva potuto condividere la lontananza del proprio ragazzo anche con Michelle che comprendeva perfettamente la situazione.
Quando aveva ricevuto quei messaggi a poca distanza l'uno dall'altro, oltre ad aver sgranato gli occhi per la decisione presa da Bill, le era venuto il panico da vestito ma sopratutto l'ansia da orario. Aveva provato a chiedere ai due quale fosse quello giusto, ma le erano giunte solo risposte poco chiare e molto fantasiose, non facendosi caso più di tanto attribuendole al fatto che fossero troppo indaffarati per pensarci, decise di presentarsi in studio il prima possibile, con il suo trolley stracolmo degli indumenti più pesanti che era riuscita a ritrovare nell'armadio. Non era una grande fan della neve, le piaceva guardarla, e le piaceva quando scendeva silenziosa sulla città, ma andare in montagna per godersela non era la prima cosa che collegava a quella parola. Casa di Andreas però era famosa per i week end memorabili che avevano passato davanti al camino a giocare a carte ubriachi, e sicuramente anche quella volta si sarebbero divertiti tra palle di neve, pupazzi, e Tom che tentava di andare sullo snowboard risultando sempre poco credibile.
Era quasi mezz'ora che sedeva sul divano dello studio sfogliando una delle dimenticate riviste di moda di Bill, sentendo i tecnici che discutevano in cucina. Era veramente ansiosa di rivedere Tom e non sapeva esattamente come comportarsi, d'altronde era la prima volta che lo rivedeva dopo la loro reciproca dichiarazione e non aveva idea di come avrebbe potuto reagire lei stessa, ma era piuttosto curiosa di vedere come avrebbe reagito lui. In quei sette giorni era sembrato abbastanza ansioso di rivederla, ed anche alquanto insofferente alla distanza. Purtroppo avrebbero dovuto imparare a convivere con quella situazione se volevano continuare la loro relazione, e non sarebbe stato facile trovare un vero equilibrio.
Mentre leggeva l'articolo dedicato alla tendenza giusta del momento, udì il rumore di una macchina nel vialetto dello studio e sentendo il cuore che balzava in gola si alzò di scattò in piedi dal divano e corse verso la porta, sorridendo a trentadue denti e accompagnando la paresi facciale a dei saltelli che la facevano apparire molto poco normale, ma non le importava, voleva abbracciare il suo Split il prima possibile. Il mini van arrivo di fronte alle porte dello studio, e non poté vedere subito all'interno a causa dei vetri scuri, ma la persona che scese subito dopo la riconobbe subito: e non era Tom.
Ciao Bill – disse frettolosamente scansandolo e allungando il collo verso l'interno della macchina, ma si sentì subito prendere per le spalle e trasportare dentro lo studio mentre si rendeva conto che dentro era vuota.
- Greis, prendi le tue cose subito che è tardi! - le gridò Bill in un orecchio spingendola verso il suo trolley e girando su se stesso come una trottola impazzita. Sembrava in ansia.
- Dov'è tuo fratello? - chiese Greis improvvisamente seria prendendo il trolley come le era stato detto.
Bill sorrise imbarazzato – Eh eh, ottima domanda Greis... - la prese per un polso e la tirò leggermente non accorgendosi che in realtà l'amica era rimasta ferma al proprio posto.
Da felice, a perplessa, a incazzata. Era strano come l'umore potesse cambiare a seconda delle situazioni.
- Dimmi dov'è tuo fratello! - intimò seriamente Greta incenerendo Bill con lo sguardo. Non le piacevano quelle situazioni, significavano sempre che stavano escogitando qualcosa che non prometteva niente di buono.
- Io glie l'avevo detto a quel testardo... - rispose l'amico ad alta voce, più a se stesso che rivolto a Greis, che lo fissava serissima. Il problema non era Bill, il problema era che si era aspettata di vederlo subito, e invece doveva aspettare ancora, era così maledettamente difficile.
- Greis – disse Bill non facendosi sfuggire il controllo della situazione – Ti devi fidare di me! Ora sali in macchina e spero di riuscire a dare una spiegazione sensata a quello che sta succedendo! -
- Cosa sta succedendo? - chiese Greta alzando la voce con un tono tra il sarcastico e il preoccupato.
- Dio Greta, sali su quella cazzo di macchina prima che ti lasci qui! -
Bill aveva ottimi argomenti per persuadere la gente; dallo sguardo ammaliante, al labbro tremulo, agli occhi da cucciolo abbandonato in tangenziale, alle urla isteriche. Erano tutti degli ottimi metodi collaudati.
La ragazza sbuffò un paio di volte, dopodiché scansando l'amico con una spallata uscì dallo studio e trascinando il suo pesante trolley salì sul mini van sedendosi dal lato del finestrino.
Bill la seguì chiudendo lo sportello ed ordinando all'autista di “muoversi perché erano in ritardo in modo esponenziale”.
- Si può sapere dov'è Tom? - chiese Greta incrociando le braccia e girandosi funerea verso Bill che aveva preso a fissarla con lo sguardo da cucciolo, segno che continuava a non promettere niente di buono. Greis si chiedeva se fosse possibile avere una giornata normale in compagnia di quei due, o anche di uno solo andava bene lo stesso.
- Non mi fare domande – disse dolcemente e tentando di sembrare convincente – E ti prego, lascia che ti metta questa -
Greta guardo ciò che Bill aveva in mano e strabuzzò gli occhi scioccata  - Devo mettermi la bandana di Tom? E perché? -
Il moro alzò gli occhi al cielo – Certo che a livello cerebrale vi siete trovati voi due... sugli occhi cretina, per non vedere dove andiamo – rispose spazientito sbuffando un paio di volte.
- E perché non dovrei vedere dove andiamo? Non stiamo andando da Andreas? -
- Evidentemente no! -
- Cosa? E dove stiamo andando? -
- Se ti devo mettere una benda sugli occhi è perché forse non lo devi scoprire? - Bill alzò un sopracciglio, mentre una lampadina al neon si accendeva in testa alla ragazza.
Se Bill doveva bendarla, se non andavano a casa di Andreas, se Tom era mezzo scomparso e se lei non doveva vedere dove stavano andando, probabilmente il suo neo ragazzo aveva organizzato qualcosa per lei, per stupirla, come le aveva promesso. Sciolse le braccia e cambiò espressione, sciogliendosi in un dolce sorriso e mordendosi in contemporanea il labbro inferiore.
- Ohhh – sussurrò in un soffio – Capisco, ok, dammi qua -
Strappò dalle mani di un Bill sull'orlo del collasso la bandana nera di Tom e se la mise sugli occhi stringendola con un nodo dietro la nuca. Non vedeva assolutamente niente.
- Allora dove stiamo andando? - chiese dopo un po' rivolta al povero Bill che cercava in tutti i modi di non parlare, per non farsi sfuggire niente.
- Dove stai andando, io non vengo... -
- Come non vieni? Perché? -
- Perché è una cosa per voi due amabili piccioncini... -
- E dove stiamo andando? -
- Greis ti prego! - supplicò Bill.
- Dai dimmelo, ti prego, sto morendo di curiosità -
- No! -
- Ti prego cucciolo di foca! -
- Ho detto di no, ora siamo quasi arrivati, segui le mie istruzioni attentamente... -
Greis sentì la macchina che si fermava e Bill che mandava un sms con il suo cellulare, probabilmente al fratello. Non aveva la minima idea di dove fossero, ma sentiva un gran rumore di traffico fuori dai finestrini dell'auto. Non si pose ulteriori domande, era solo curiosa di vedere cosa Tom aveva riservato per lei.
- Ok Greis, dammi la mano e seguimi -
La ragazza fece come Bill le aveva ordinato e stringendo la sua mano così grande rispetto alla sua, lo seguì fedelmente. Si sentiva leggermente osservata, ma sperava fosse per la benda sugli occhi e non perché fosse mano nella mano con Bill Kaulitz. Mentre camminava tentava a seconda dei suoni di riuscire a collegare il luogo in cui si trovassero, ma l'unica cosa che sentiva era il vociare delle persone, doveva essere un luogo molto affollato, probabilmente una stazione o un supermercato.
- Bill porca troia dove stiamo andando? - chiese Greis spaventata mentre l'amico si fermava improvvisamente e le lasciava la mano.
- Bene, ci siamo. Ora ascoltami. - le disse serio – Apri la mano e prendi questo, sappi che questa cosa bellissima è stata un'idea di Tom, io l'ho solo aiutato a realizzarla, togliti la bandana quando me ne sarò andato, prima che qui mi assalgano tutti. Ti voglio bene, divertiti e ci vediamo quando tornate. - Greis sentì lo schiocco di un bacio sulla guancia e sentì la consistenza di un cartoncino non molto spesso nella mano destra.
- Torniamo da dove? - chiese nella più totale confusione, ma non ricevette risposta.
Si mise le mani sul viso speranzosa di trovare Tom di fronte a lei, ma una volta riacquistate le facoltà visive, mise a fuoco proprio il posto in cui aveva non capito di trovarsi; era in aeroporto davanti al Gate numero otto. Si guardò intorno cercando il viso di Bill, ma non lo vide. Si portò il cartoncino che le aveva dato davanti agli occhi e lo aprì piano, mentre la voce dell'altoparlante scandiva il suono del classico annuncio dell'apertura dei Gate.

I passeggeri del volo Lufthansa 2364 per Parigi delle 17.02 sono pregati di recarsi al Gate 8. Ripeto. I passeggeri del volo Lufthansa 2364 per Parigi delle 17.02 sono pregati di recarsi al Gate 8, grazie.

Greta sgranò gli occhi nell'esatto istante in cui collegò che il Gate, il volo, e la destinazione coincidevano. Tom la stava portando a Parigi.

____

Tom aprì piano la porta, sbucando con la testa come se non fosse sicuro di trovare la sua ragazza dietro lo stipite. Greta lo guardava sorridendo, felice, curiosa, piena di domande, ma con un irrefrenabile voglia di baciarlo. Il ragazzo sorrise a sua volta aprendo un po' di più la porta e facendole segno di entrare. Greis non se lo fece ripetere due volte e nel completo silenzio trascinò il trolley che l'inserviente le aveva portato davanti alla suite di Tom.
Ciao – disse lui imbarazzato, chiudendo la porta e mettendosi una mano dietro al collo.
- Hai un bel po' di cose da spiegarmi – Greis si tolse la sciarpa andando verso il divano del soggiorno e togliendosi anche il cappotto.
- Cosa ti devo spiegare? - chiese lui curioso, un po' incerto, tanto che era la prima persona che si sarebbe mai immaginato una reazione del genere nel rivederla. Non sapeva perché ma gli stava letteralmente balzando fuori il cuore dal petto.
- Perché siamo qui? - sussurrò Greta assottigliando lo sguardo, incrociando le braccia e avvicinandosi al ragazzo che distoglieva gli occhi mantenendo il suo classico sorrisino di circostanza.
- Ehm... non sei contenta? - si fece coraggio e la guardò in viso e si accorse che non era arrabbiata, in effetti non aveva nessun motivo per esserlo.
- Sono contenta di stare nella stessa stanza con te... – disse Greis – e smettila di fare il timidone -
Tom scoppiò a ridere e in un secondo la prese per i fianchi avvicinandola ai suoi, allargò le gambe cercando di abbassarsi per arrivare a guardarla fissa negli occhi, erano di un celeste tendente al grigio, probabilmente avrebbe piovuto.
- Greis Kerner non ti va mai bene niente – sentenziò passandosi la lingua sulle labbra mentre Greta apriva la bocca per sospirare e rimanere un istante incantata.
- Mi va bene tutto, solo che sono dovuta arrivare a Parigi per vederti – alzò un sopracciglio ironica mentre Tom rideva di nuovo.
- Visto che non ci eri mai stata, ho pensato di farti questo piccolo regalo -
- Sono stupita, lo ammetto -
- Te l'avevo detto... - rispose lui saccente.
Greis sorrise avvicinandosi di più alla sua bocca – Invece di vantarti perché non mi baci? - chiese in un sussurrò fissandogli le labbra.
- Speravo lo facessi tu – sussurrò lui di tutta risposta.
- Devo essere sempre io a farlo? -
- Se vuoi possiamo stare così fino a domani – disse ancora abbassando la voce ed avvicinandosi di un altro millimetro.
- Non ho niente da fare, tu? -
- Devo vedere la mia ragazza, non so se la conosci -
- E' più bella di me? -
- Mah sai... – rispose lui distogliendo gli occhi verso il soffitto – è la mia ragazza, quindi... - alzò le spalle e riportò il viso su di lei.
Greta sorrise abbassando per un attimo lo sguardo – Che cretino che sei... - sussurrò, prima di colmare le distanze e finire direttamente sulle labbra di Tom; se le sognava da una settimana, come minimo sarebbe rimasta in quella posizione fino al giorno dopo.
Gli mise le braccia intorno al collo prendendogli la testa con le mani e assaporando ogni istante di quel contatto così desiderato.
Tom fu il primo a staccarsi e la guardò contento posando la sua fronte contro la sua;
- Ora va meglio... -
- Già...- annuì Greis mentre si riavvicinava di nuovo, ma Tom si staccò andando verso il tavolino e prendendo il cellulare che aveva lasciato sopra al vetro.
- Dove vai? - chiese la ragazza, confusa.
- Scusami davvero – rispose lui aggrottando la fronte – Ma devo fare una telefonata urgente per lavoro -
- Adesso? - chiese Greis contrariata andandogli dietro mentre si avvicinava alla porta – E dove stai andando? -
- Sarà una cosa un po' lunga, riguarda il tour – rispose lui frettolosamente – Appena ho finito mi materializzo di nuovo qui e continuiamo da dove abbiamo lasciato -
Allungò il collo e le diede un altro bacio a fior di labbra – Ma Tom... - rispose Greta delusa facendo cadere le braccia lungo i fianchi.
Ma lui era già uscito dalla stanza e lei era già in crisi d'astinenza. Fissava il legno scuro della porta convinta che sarebbe rispuntato dicendo che stava scherzando, ma dopo cinque minuti non era ancora riapparso per cui decise di ispezionare la suite. Non ne aveva viste molte in vita sua, ma tutte quelle in cui i suoi amici l'aveva portata, le mettevano addosso una tristezza infinita. Erano così vecchie, piene di arrendamenti sfarzosi ed inutili, tappetti, sedie regali, mobili antichi. E poi costavano troppo, lei con quei soldi ci avrebbe pagato un mese di affitto, altro che una notte in albergo. Però, se loro potevano permetterselo con tanta tranquillità, non le vietava di godersela quanto bastava. Tom tutto sommato era abbastanza ordinato;  il vero caos regnava nelle sue valigie, erano sempre piene di cose ammassate, eccetto che per le magliette perfettamente stirate e pulite che doveva ancora indossare. Senza contare l'unica valigia piena di accessori inutili che si portava dietro. Bandane, cinte, cappelli, e una decina di paia di scarpe. Dieci! Alcune paia addirittura uguali. Non riusciva a capire, non ce la faceva proprio, neanche lei che era una donna si portava dieci paia di scarpe dietro. E quello riguardava Tom, se doveva fare un inventario delle valigie di Bill ci avrebbe messo delle ore. Tutte le volte che aveva assistito alla preparazione delle valigie dell'amico, era sempre rimasta perplessa. Anche se d'altronde quello era il loro lavoro, ed essere delle rockstars significava anche avere un guardaroba alquanto nutrito.
Decise che nel frattempo avrebbe potuto farsi una doccia calda per ripulirsi del viaggio e non ci mise molto prima di continuare a pensare a Tom sotto al getto dell'acqua.
Di solito amava stare le ore sotto alla doccia, solo e semplicemente a pensare, ma in quell'occasione fece abbastanza in fretta, sperando di trovarlo di nuovo in stanza una volta uscita.
Finì avvolgendosi in uno dei bianchi e morbidi asciugamani giganti che aveva trovato nel bagno ed andando a gocciolare un po' sulla moquette della suite, quando all'improvviso sentì bussare alla porta. Si era anche dimenticato la tessera, ovviamente.
- Certo che stai proprio dorm... - Greis aveva spalancato la porta in asciugamano convinta che fosse Tom, ma colui che la guardava accigliato con una scatola nera in mano, non gli assomigliava molto.
- Miss Kerner? - le chiese l'inserviente dell'hotel in un inglese francesizzato.
- Oddio – disse lei coprendosi il più possibile – Yes – rispose sgranando gli occhi.
- This is for you, from Monsieur Kaulitz -
Greta sgranò gli occhi ancora di più, scioccata – Ohh, thank you – biascicò non sapendo neanche cosa stava dicendo.
- You're welcome. Enjoy your room. -
Greta lo vide mentre si girava sbattendo i tacchi e scomparendo dietro l'angolo, mentre lei rimaneva con la bocca aperta, una mano a reggere la scatola gigante da sotto e l'altra a reggersi l'asciugamano.
Ok che la voleva stupire, ma la stava portando all'infarto! Cos'erano tutte quelle sorprese?
Chiuse di colpo la porta, correndo verso il letto con la scatola in mano; aveva un fiocco di seta bianco e notò subito il famoso marchio francese in cima alla confezione.
- Oddio, calma Greis – si disse per auto convincersi mentre scioglieva il fiocco e si rendeva conto che era quell'esatto marchio che lei adorava e che costava una marea di soldi.
- Oddio oddio oddio – continuò imperterrita mentre sollevava il coperchio e si portava una mano alla bocca.
Nella scatola era adagiato un vestito nero, che non aveva ancora visto, ma già sapeva che le sarebbe piaciuto da morire. Sopra la stoffa  un bigliettino, lo prese e lo aprì con impeto.

“Tra un'ora al ristorante all'ultimo piano.  

Tom.”

- Come sei criptico Split - esclamò Greta lanciando il biglietto sul letto e chiedendosi nel frattempo nella sua testa come sarebbe arrivata al ristorante sul tetto, ma soprattutto come avrebbe fatto a prepararsi in un ora! Prese i lembi del vestito e li alzò portandoli alle spalle; si alzò in piedi ed andò allo specchio, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati.
- Oh mio dio, si è completamente impazzito – sorrise e girò un paio di volte su se stessa per vedere le pieghe dell'abito, era perfetto. Nella scatola poco dopo trovò anche un paio di scarpe altissime e bellissime. Non era troppo certa che sarebbe riuscita a camminare a lungo con quei trampoli, ma non poteva certo andare a cena in infradito.
Si preparò con il turbo inserito, e subito prima di uscire dalla stanza si guardò un intenso minuto allo specchio. Non si riconosceva, per niente. La luce negli occhi era abbagliante, il vestito le calzava come un guanto ed i capelli biondi le ricadevano leggeri sulle spalle. Si sentiva bene, incredibilmente felice, e non sapeva neanche se se la meritasse a pieno tutta quella felicità. Cosa aveva fatto d'altronde per meritarsi Tom, quella stanza, quel vestito, Parigi...? Abbassò lo sguardo fino a fissarlo sulla moquette e sospirò; tutta quelle stupide domande erano dovute sicuramente al fatto che era nervosa, e la sua mente quando era nervosa viaggiava per mondi sconfinati, varcando a volte la soglia del ridicolo. Uscì dalla stanza leggermente più convinta, e si infilò nell'ascensore dorato che sperava l'avrebbe condotta al ristorante dell'ultimo piano, d'altronde era quello il compito degli ascensori, trasportare le persone.
Mentre i secondi erano scanditi dai dlin dell'ascensore continuava a pensare a come sarebbe stata una vera cena con Tom. Seduti al tavolo, uno di fronte all'altro, magari con una candela al centro. Sarebbe stato imbarazzante, ne era sicura.
Appena arrivò a destinazione, sospirò nuovamente e si apprestò verso l'ingresso del ristorante; non c'era nessuno, era deserto, e la cosa la fece agitare, se non che notò la figura alta e imponente di Tom dall'altro lato del vetro, fece il giro, ed entro nel ristorante guardando la sua penombra.


Tom la fissava. Gli occhi aperti, l'espressione persa mentre lei si avvicinava fissandolo seria. Leggermente imbarazzata, si sentiva fuori luogo, o forse era il luogo a non essere adatto a lei. Non ancora. Bellissima in quel vestito nero senza spalline, che lasciava scoperto il collo e le spalle, di un bianco candido e pulito. I capelli biondi sciolti, leggermente ondulati sulle punte che seguivano i suoi movimenti, il tutto condito dalla sua eleganza, anche se si sentiva molto goffa e molto poco a suo agio. Non che non indossasse mai i tacchi, però tutta quella situazione così particolare, le stava mettendo addosso un po' di ansia. Aveva paura di cadere per terra da un momento all'altro anche se c'era lo sguardo di Tom che la sosteneva in ogni passo, rimanendo incantato e con la bocca spalancata. Gli arrivò davanti e sorrise mentre lui abbassava gli occhi senza dire niente.
- Andiamo? - le prese una mano senza calcolarla minimamente e si girò iniziando a camminare.
Greis rimase un attimo perplessa, avrebbe voluto sentirsi dire qualcosa di più; magari un complimento, o una battuta, o un “sei ridicola vestita così” e non riusciva a capire come avrebbe dovuto comportarsi, e per la prima volta con lui, per davvero, i suoi timori divennero realtà: si sentiva in imbarazzo, timorosa della sua reazione.
Tom era nervoso, ansioso che qualcosa potesse andare storto, aveva pensato a tutto per quella sera, e non voleva assolutamente rovinare niente, anche se non aveva calcolato che vederla vestita in quel modo gli avrebbe tolto l'ultimo briciolo di sanità mentale che gli era rimasto nel cervello. Era così bella che non riusciva neanche a guardarla, era come se fosse stato messo di fianco della creatura più perfetta del mondo e non si sentisse di meritarlo. In verità si stava fissando i jeans sdruciti sulle tasche, e per quanto si ricordasse benissimo che erano fatti proprio così, si sentiva veramente molto poco consono a stare vicino a Greta.
Aveva preso a camminare ancora più in fretta verso il centro del ristorante, mentre Greis arrancava seguendolo.
- Puoi moderare le gambe di legno per favore? - chiese con il fiatone.
Tom si fermò di scatto e Greta gli andò a sbattere contro la spalla, lui si girò e la fissò negli occhi.
- Greis, io... - sospirò spostando lo sguardo per poi riportarlo sugli occhi di lei – E' che mi hai tolto il fiato – sorrise incerto spostando di nuovo lo sguardo. Greis non l'aveva mai visto così imbarazzato in vita sua. Tom, colui che aveva il coraggio di dire in faccia alle persone le peggio cose che gli passavano per la testa, ora con lei, era in imbarazzo. La situazione era sempre più strana, anche perché la stessa Greta si sentiva nell'identico modo.
Sgranò gli occhi sorpresa all'udire quelle parole, poi spostò la testa di lato sorridendo incerta. Le guance in fiamme ed una voglia assoluta di nascondersi da qualche parte. Si guardò un attimo in giro per fare una ricognizione dell'ambiente, e non si era neanche resa conto in che posto assolutamente meraviglioso si trovavano. La sala del ristorante era completamente vuota, ma ogni singolo tavolo era apparecchiato a regola d'arte, con dei candelabri bellissimi al centro di ognuno. Rimase con la bocca spalancata mentre girava il viso verso ciò a cui Tom dava le spalle; una vetrata lunga quanto tutta la lunghezza del ristorante mostrava una perfetta panoramica della Tour Eiffel e di Parigi illuminata dalle mille luci notturne. Greis non aveva mai visto niente di così bello, e non si sarebbe mai aspettata che Tom avrebbe fatto una cosa del genere per lei. Ora iniziava ad immaginarsi il motivo di tanto imbarazzo; capiva che ci aveva messo davvero tanto impegno per preparare quella serata, e ci teneva alla perfetta riuscita della cena.
Qual'è il nostro tavolo? - chiese nella confusione più totale, mentre sbatteva gli occhi per cercare di metabolizzare la sorpresa.
Tom continuò a camminare tenendola per mano ed avvicinandosi all'unico tavolo che aveva un rosa bianca poggiata sul piatto; tavolo attaccato alla vetrata da cui avrebbero potuto godere di una perfetta vista sulla città. Greta si fermò osservando la città e sospirando commossa mentre Tom si appoggiò alla sua schiena intrecciando le braccia sulla sua pancia, le posò il mento sulla spalla sussurrandole nell'orecchio.
- Ti piace? - chiese incerto mentre iniziava a lasciarle piccoli baci sul collo liscio. Profumava di vaniglia.
- Sei impazzito – rispose la ragazza trattenendo una lacrima. Una che si commuoveva anche per la pubblicità delle macchine, di fronte a quel gesto cosa avrebbe dovuto fare?
- Sei tu che hai tolto il fiato a me – continuò scuotendo la testa e posando le sue mani su quelle di Tom.
- Dovevi vedere Parigi, o meglio, era Parigi che doveva vedere te. Anche se più di così non posso fare... -
- E' tutto perfetto – lo interruppe Greis.
Tom esitò un attimo poi con la voce più bassa che potesse fare, perché solo lei avrebbe dovuto sentire quelle parole, le soffiò nell'orecchio:
- Se mi chiedessi di spostare le montagne, farei anche quello... -
Greis sospirò profondamente continuando a riflettersi nelle luci della città mentre Tom le respirava sulla pelle inebriandosi di lei.
Tom – si girò piano cingendogli le braccia intorno al collo – Guardami negli occhi – gli ordinò.
- Ti sto guardando – disse lui incerto.
- Perché a parole non so se il concetto si esprime abbastanza bene, per cui solo guardandomi dritto negli occhi, puoi capire quanto sia incondizionatamente e completamente, innamorata di te. Le parole sono superflue, volano via, si perdono nell'aria... solo se mi guardi, anche quando avrai dei dubbi, sarai assolutamente sicuro che per me esisti solo tu perché...- Greta si fermò un attimo, il castano intenso in cui si stava perdendo e il cuore che batteva impazzito le avevano fatto dimenticare anche come si chiamava – Perché... perché è così. -
- Mi sembra un'ottima spiegazione – rispose Tom ironico spostando la testa di lato.
Le  passò le mani sulla sua nuca, accarezzandole i capelli – Non ho nient'altro da dire vostro onore, solo che ha detto esattamente quello che volevo dire io -
Si guardarono per istanti infiniti, poi Greis sorrise.
Siamo troppo smielati – sentenziò staccandosi perplessa.
- Vero? - chiese Tom assumendo la stessa espressione, annuendo – Troppo dici? -
- Un po' troppo, davvero, se andiamo avanti così dovrò iniziare ad usare la dentiera dal mese prossimo -
- Siediti che ho una fame da lupi – rispose lui andando verso la sedia e buttandocisi sopra.
- Potevi dirmi di venire prima se avevi fame -
- Ma se ci metti tre ore per prepararti, non solo sono stato gentile -
- Io? - rispose Greta imitandolo e avvicinandosi da sola la sedia al tavolo.
- Tu -
- Ma cosa dici se sono sempre super veloce! -
Tom chiuse gli occhi in un sorriso – Così va meglio – si girò verso il cameriere e gli fece un cenno.
Cosa prevede il menù? - chiese Greis saltellando sulla sedia.
- Allora... - rispose lui tronfio – Cucina italiana -
- Cucina italiana in Francia? -
- Sì, la cucina francese mi fa venire l'acidità di stomaco -
- E cosa dovremmo mangiare? -
Tom rispose ma parlò così veloce che Greis aveva teso un orecchio nella sua direzione per cercare di capire bene, ma non ci era riuscita. A volte era frustrante.
- Split, io non sono Bill, non ti riesco a leggere le labbra, parla piano! -
- Che ho fatto? - chiese lui scocciato.
- Parli troppo veloce, sono lusingata del fatto che sono uno degli unici esseri umani che comprende i tuoi fonemi base senza troppi problemi, ma iniziati a porre delle domande serie! Hai pensato di andare da un logopedista? -
Tom si fermo accigliato a guardarla e riuscì solo a dire – Logo, che? – con l'espressione persa nel vuoto.
- Va bene, ho capito, lasciamo perdere – sentenziò Greis non dandogli corda - Quindi... è tutto a sorpresa? -
- Sì più o meno – rispose distratto mentre il cameriere arrivato al suo fianco gli mostrava la bottiglia di vino che probabilmente aveva già scelto in precedenza.
Tom annuì guardandolo mentre prendeva il cavatappi ed apriva la pregiata bottiglia; Greis guardava il suo ragazzo non sapendo se ridere o fare finta di niente, ma l'espressione di Tom era assolutamente da immortalare. Un misto tra perplessità, curiosità e tentativi vani di mostrare una certa sicurezza.
Il cameriere verso un po' di vino nel bicchiere di Tom, che lo prese e lo assaggiò sentenziando che non sapeva di tappo, e poteva essere bevuto.
Una volta che il cameriere ebbe finito di riempire i calici, Greis si lasciò andare in una risata spassionata.
Che c'è adesso? - chiese Tom offeso. -
- Da quando ti intendi di vino? -
- Da sempre... - rispose vacuo.
- Avevi un aria molto professionale effettivamente, di uno che ne sa a palate... - lo prese in giro Greis.
Tom le fece un cenno con la testa spostandola di lato.
- In realtà non capisco perché c'è tutta questa cerimonia prima del versamento del vino... cioè se è buono è buono, poi per quello che costa deve essere buono per forza -
Greis storse la bocca mentre lui alzava il bicchiere.
 - A cosa vuoi brindare? - chiese la ragazza.
- A me e alle mie bellissime idee, alla vista che ho da quassù – disse alzando le sopracciglia e fissando la scollatura di Greta, che lo riguardava ironica, pensando che si riferisse alla vista sulla città – stasera le tue tette sono particolarmente... pompose -
Grazie Split -
- Tu a cosa vuoi brindare? -
- Alle mie tette pompose -
- Benissimo – rispose trionfante alzando il calice.
Bevvero un po' di vino bianco e posarono il bicchiere l'uno di fronte all'altro
Il vestito è stata un'idea di Bill – sentenziò la ragazza sicura.
- Non ti si può nascondere niente eh... - rispose lui sogghignando.
- Ma no, è che tu a queste cose non ci pensi -
- Come non ci penso? Guarda dove ti ho portato! -
- Non pensi al minimo dettaglio – si corresse Greis – e comunque hai lui per i minimi dettagli, quindi avrai sempre il culo parato -
- Anche questo è vero! – disse annuendo con gli occhi al cielo – Però l'ho scelto io – rispose abbassando la voce e prendendo il bicchiere per svuotarlo dal vino.
- Davvero? -
- Si perché avevi dubbi? -
- Sì – rispose Greta sorridendo.
- Malfidente -
- Piuttosto direi che ti conosco come le mie tasche, e non avevi mai fatto una cosa del genere per nessuno -
- Possiamo non rigirare il coltello nella piaga?! Grazie! -
- Perché? Mi piace quando fai il timidone vergognoso... -
- Ah ah grazie Greis per sottolineare sempre tutto - rispose ironico.
- Io sottolineo, tu fai il timido -
- Comunque, cambiando discorso, com'è andato il viaggio? -
- Guardati, ci mancano solo le tue guanciotte di pongo che diventano rosse ed abbiamo fatto l'en-plein! -
- Oddio santo, mi sto pentendo di averti portata qui... -
- Ok, puoi andare e lasciarmi qui con il cameriere... -
Tom posò di scatto le mani sul tavolo e si girò di spalle per vedere dove fosse andato il tipo che gli aveva versato il vino, per poi rigirarsi verso Greta, che lo guardava ridendo. Non si scompose più di tanto, abbozzò un sorriso ed alzò un sopracciglio.
- Va bene, ciao Greis – si alzò lasciando il tovagliolo sul tavolo mentre Greta sgranava gli occhi e lo seguiva nei movimenti. Se ne stava andando veramente.
- Tom! - lo chiamò alzandosi – Torna subito qui! -
- C'è il cameriere, cena con lui – le rispose alzando un braccio in segno di saluto.
- Tom! Non fare il bambino! -
Greis sapeva esattamente quali tasti toccare con lui, e lo sapeva fare anche bene. A quelle parole il ragazzo si bloccò e si girò di scatto tornando indietro ed andando a risedersi al suo posto sempre con il suo sorrisino infame stampato sul viso.
- La passi liscia solo perché ho fame! - disse sicuro finendo il bicchiere di vino.
Greis gli dette un calcio sotto al tavolo, ma non ebbe gli effetti desiderati, sembrava non se ne fosse accorto.
- Sei così geloso che fai quasi tenerezza – disse la ragazza sorridendo beffarda verso di lui che manteneva il viso sorridente, sfidandola con gli occhi.
- Potrei non ammetterlo, ma questa volta non lo farò – rispose sicuro giocherellando con le posate.
- Perché ho ragione – annuì Greta alzando le spalle.
- No, perché ho passato così tanti anni ad aspettare tutto questo che non lascerò che le tue stupide battute su logononsochè, camerieri e guance mi scalfiscano -
- Cos'hai contro le tue guance? -
- Io niente, tu devi avere qualche problema e lo stai scaricando su di me... -
- Ma cosa stai dicendo? -
Mentre si continuavano a fissare negli occhi in un misto tra sfida e perplessità, il cameriere tanto citato tornò con i due piatti principali, augurando alla coppia buon appetito.
La ragazza si vide posare un enorme piatto stracolmo di rigatoni ricoperti di una densa salsa verde chiaro. Prese incerta la forchetta toccando il cibo con la punta come se dovesse prendere vita da un momento all'altro.
- Cos'è questa cosa verde? - chiese Greis fissando il piatto.
- Non ne ho idea – Tom era nella sua stessa identica situazione
- Che roba sarà?! -
- Non è colpa mia se i francesi quando parlano inglese non si capiscono! -
- E certo sta parlando il laureato ad Harvard -
- Greis, senti, non penso che moriremo, e poi ha un buon profumo... -
- Se mi sento male mi ci porti tu in ospedale -
- Sì sì – annuì Tom scocciato mettendosi i primi due rigatoni ricoperti di quella salsa verde in bocca. Greis lo guardava come se stesse mangiando una persona viva, tra il disgustato e il curioso.
- Com'è? - chiese impaziente.
Tom deglutì e sbarrò gli occhi.
- Tom che c'è? -
Il ragazzo cominciò a tossire facendo segno a Greis di versargli qualcosa nel bicchiere, la ragazza prese il vino e lo verso nel calice, passandolo a Tom preoccupata.
Ne bevve un sorso, e tornò perfettamente normale.
- Cosa è successo? -
- Niente. E' la cosa più buona che abbia mai mangiato – sentenziò con un sorriso.
- Cretino! - rispose lei scoppiando a ridere.
L'intera cena trascorse troppe velocemente. Spesso Greis si fermava a guardarlo mentre rideva, e    si continuava a chiedere se si meritasse davvero tutto quello che aveva davanti. Lui, i suoi occhi, quel tavolo e quel panorama. Cacciò via di nuovo quei pensieri. Il vino scendeva prima nei bicchieri e poi nelle loro gole, con altrettanta velocità, e non ci misero molto prima di ritrovarsi a ridere senza un motivo, ripercorrendo ancora una volta quello che era stato uno dei periodi più belli della loro vita. Anzi, il più bello. Sentiva tanta tristezza nelle parole di Tom, era cosciente del fatto che la loro adolescenza era durata così poco, che lei avrebbe tanto voluto regalargli qualcosa di normale e semplice, qualcosa da poter vivere con intensità per un attimo, insieme a lei.
Poi mentre Tom aveva la testa nel piatto del dolce si girò a fissare Parigi e le sue luci, si concentrò su un gruppo lontano di pallini gialli, tanto che cominciò a vederci doppio, forse a causa del vino, forse perché aveva sforzato la vista.
- Prima hai detto una cosa... - sorrise Greis poggiando il mento sulla mano.
- Ho detto tante cose prima, non puoi pretendere che me le ricordi tutte, anche perché ho le bollicine del vino e dello champagne anche nel naso... -
- Hai detto che sposteresti anche le montagne per me... - rispose sicura, alzandosi dalla sedia ed andandosi a sedere sulle gambe di Tom che la guardava perplesso accogliendola in grembo.
- Ho detto proprio così? - chiese curioso.
- Testuali parole -
- Forse avevo bevuto -
La ragazza gli dette un buffetto sulla spalla sorridendo – Era prima di cena -
- Va bene! Hai vinto... – rispose sospirando - L'ho detto, cosa vuoi che faccia? -
- Diciamo che è più un imposizione che però ti farà piacere – Greta scoppiò a ridere senza un motivo mentre Tom continuava ad essere sempre più perplesso.
- Io ho un piano da rispettare – disse Tom serio – dobbiamo andare in camera a studiare Anatomia -
- Che simpatico che sei – Greis scoppiò a ridere di nuovo scompigliandosi i capelli con una mano.
- Vuoi andare a giocare a Monopoli? - chiarì Tom –
- Split – lo interruppe Greis alzando lo sguardo verso il panorama ed indicando un punto indefinito della città, ma che probabilmente indicava la cosa più visibile:
- Voglio andare là – disse sicura.
- No – disse Tom serio – No! - scosse anche la testa per rafforzare il concetto. Inutilmente.
- Dai non ti far pregare, tanto lo sai che vinco io, quindi non fare storie -
- Ho detto di no! -
- Ok – rispose lei alzandosi e facendo qualche passetto verso l'uscita – vado a prendere la maglia -
- Greis ho detto di no! -
- Ci vediamo in camera! -
Tom prese la bottiglia e la svuotò nel bicchiere, bevendolo tutto d'un sorso – Ma ho detto di no... – sussurrò chiudendo gli occhi, quasi disperato, ma assolutamente curioso di sapere come sarebbe andata a finire. Era quello il bello di stare con Greis, i suoi piani se ne andavano sempre in fumo, e per quanto potesse essere perfezionista, ogni tanto gli piaceva vivere nell'incertezza.
      
____

Ed eccoci qua. Scusatemi per il ritardo, ma ho avuto svariate crisi mistiche. Crisi che includevano anche la scelta di abbandonare per un po' i TH. Beh, ci sto provando, ma non riesco a non scrivere. E' una grande contraddizione, lo so, però scrivere è la cosa che mi permette di liberarmi la testa, e se chiudo gli occhi vedo il continuo di questa storia, ed un'altra FF in progetto, sempre con loro protagonisti, e non so esattamente come gestire la cosa XD Vi tengo informate.
Vi ringrazio come sempre per i commenti e per le recensioni. ^^
Baci
Lale
  
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