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Autore: taisa    17/02/2010    11 recensioni
La vita d Bulma è perfetta, ma un arrogante militare sta per sconvolgergliela.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta, Yamcha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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LOVE IS A WAR

LOVE IS A WAR

*

Gli errori si pagano

*

Yamcha non aveva detto più nulla, dopo quel discorso. Era rientrato nell’abitazione, informando i presenti di avere un impegno imprevisto e di dover andare. Aveva salutato tutti con un cenno della mano e un sorriso, poi era entrato in macchina, al posto dell’autista, ed aveva atteso, richiudendosi in un mutismo che non era da lui. Quando Bulma lo aveva raggiunto non si era neanche disturbato ad osservarla, limitandosi a studiare la strada davanti a se e a tutto ciò che ne conseguiva.

Lei, invece, non era più riuscita a trattenere la sua angoscia e la sua preoccupazione. Aveva parlato ancora meno del fidanzato, accomodandosi sul sedile del passeggero ed abbracciando la sua borsa, in cerca di conforto. Per tutto il viaggio aveva fissato il paesaggio, senza neanche guardare il compagno. Pensando alla situazione, trattenendo il fiato per paura degli eventi. Era incredibile, più la vettura si avvicinava, più lei, di minuto in minuto, sentiva di essere sempre troppo lontana.

Quando l’auto svincolò nel parcheggio riservato ai civili, davanti alla caserma, Bulma non attese neanche di vederla fermarsi. Aprì il portellone della macchina, fiondandosi verso i cancelli che la separavano dall’aria militare.

Lui la vide svanire in un lampo, riservandole la prima occhiata da quando le aveva parlato. Non la fermò, non fece nulla. Si limitò, ancora in silenzio, a parcheggiare e spegnere la vettura, restando seduto con le mani ancora premute sul volante per secondi che parvero interminabili. Poi scese anche lui, dopo un sonoro sbuffo.

Era nervoso, preoccupato, e forse un po’ arrabbiato. Ma cercò di dimenticarsene, fingendo almeno con se stesso di essere la persona più tranquilla della Terra, in quel momento. Quando oltrepassò il confine si guardò attorno con flemma, osservando distrattamente le ambulanze, i soldati e la moderata agitazione che sembrava coinvolgere tutti i presenti. Strano, proprio lui che aveva una discreta quantità d’inquietudine che gli scorreva nelle vene sembrava la persona più pacata, confrontato a tutti gli altri.

Scorse Goku, al centro della piazzetta, intento ad impartire ordini e a gestire una situazione indubbiamente meno caotica del previsto. Era la prima volta che lo vedeva comportarsi come un vero militare. Un ufficiale. Sembrava quasi irriconoscibile con quei modi di perfetto Capitano che cercava di mantenere la circostanza sottocontrollo. Lo fissò per un attimo, poi scostò lo sguardo. Non era lui che stava cercando.

Si voltò ancora notando il gran capo seduto nel retro di un’ambulanza lasciata aperta. Osservò anche lui, per pochi secondi. Cercando di capacitarsene. Cos’aveva di così speciale quel tipo?

Purtroppo non gli era dato sapere e, a dire il vero, non era neanche tanto sicuro di voler ottenere una risposta alla sua domanda. Aggrottò le sopracciglia, in un moto di fastidio, avanzando verso di lui con passo tranquillo e felpato, senza troppa fretta.

“Ti avverto, vecchio, se osi avvicinarti a me sarai tu stesso a sdraiarti in quest’ambulanza, sono stato abbastanza chiaro?” Inveì Vegeta, afferrando il colletto dell’infermiere, sulla cinquantina, che stava disperatamente cercando di convincerlo a disinfettare una grossa lesione sul braccio destro. “Ma Signore, la sua ferita è grave, devo medicarla o c’è il riesco che s’infetti” Lo avvertì il poveretto, mostrando al rissoso Colonnello gli unguenti e le bende che, in teoria, doveva utilizzare. “Non m’interessa” Sbottò il paziente, mollando la presa del bavero e spintonando il medico, costretto a fare un passo indietro a causa dell’irruenza con la quale era stato colpito.

“Spero che tu sappia cosa stai facendo” Esordì improvvisamente una voce, costringendo sia Vegeta che il malcapitato paramedico a voltarsi. E se quest’ultimo non riconobbe il nuovo venuto, l’altro si sorprese, quando i suoi occhi scuri s’incrociarono con quelli dello stesso colore del barista.

Yamcha lo fissava dall’alto al basso, le mani strette a pugno e nascoste nelle tasche dei pantaloni. Lo sguardo serio ed inflessibile, cercando di nascondere quel nodo che stava otturando la sua gola. Vegeta sorrise, anzi, sogghignò quando riconobbe l’uomo. “Cosa sei venuto a fare qui, Perdente? Speri forse che essendo ferito non possa prenderti a pugni?” Attaccò briga il militare, senza mostrare il minimo timore nello sguardo. Forse aveva ragione, forse sarebbe stato in grado di lasciargli lividi con una mano sola, ma a Yamcha non importava, non in quel momento.

L’infermiere riconobbe quello come un dialogo pericoloso. Non fu così stupido, lasciando soli i due uomini a risolvere quella che pareva una faccenda privata. Appoggiò i medicamenti nell’ambulanza e si allontanò silenziosamente.

“A differenza di te conosco altri modi per risolvere la situazioni, oltre alla violenza” Replicò il civile, senza batter ciglio, avvicinandosi solo di un altro passo. Vegeta si alzò, senza scomporsi, fissando l’altro negli occhi, diventando improvvisamente serio. “Ma davvero?” Commentò sarcastico, avrebbe incrociato le braccia al petto, se solo riuscisse a muoverle entrambe. Yamcha trattenne il respiro, poi, improvvisamente, si avventò sul bavero insanguinato del soldato. “Tu non hai la minima idea di quanto lei sia speciale. Di quanto meriti di avere il meglio dalla vita” Esordì all’improvviso, lasciando finalmente trasparire la sua rabbia e il suo dolore anche dall’espressione facciale. Vegeta, di rimando, abbassò gli occhi sulle dita dell’altro uomo, poi alzò lo sguardo sul suo viso. Lentamente si aggrappò alla mano, costringendolo a lasciare la presa. “E dimmi, saresti tu, il meglio?” Non aveva bisogno di altre spiegazione, di dire esplicitamente quale fosse il soggetto in questione. Lo sapevano entrambi.

Yamcha digrignò i denti, fece un passo indietro e chinò il capo in avanti, rassegnato. “No, io… sono un uomo qualunque che commette degli errori. Come tutti” Confessò serrando una mano a pugno, rendendo pensieroso il rivale, che ora lo fissava improvvisamente senza capire. Sospirò pesantemente, prima di continuare. Raccogliendo le idee e cercando il modo migliore per esprimerle. “Negli ultimi mesi ho fatto l’errore più grosso della mia vita. Non mi sono guardato le spalle… da te” Ora le sue iridi lo stavano nuovamente fissando, traspirando un sentimento che poteva essere riconosciuto come tristezza o rammarico. “Sapevo che ti stavi avvicinando troppo a lei. E non sono riuscito ad impedirlo. Però pensavo, se Bulma dovrà scegliere sceglierà sicuramente me… mi sono sbagliato” C’era qualcosa, nel tono della sua voce, come se stesse per cedere, per crollare, per perdere il controllo che si era imposto fino a quel momento. Ma strinse i denti, cercando di non mostrare al suo rivale in amore la debolezza e la fragilità nella quale era precipitato. Vegeta, invece, restò a fissarlo, senza comprendere pienamente il significato di quelle parole. Senza sapere cosa rispondere a una confessione amara. Lui, troppo abituato ad affrontare di petto ogni genere di situazione.

“Oggi lei ha preso una decisione, ha deciso di venire da te. Ho perso. Ho perso la persona più importante della mia vita” Le parole gli erano uscite con amarezza, con risentimento, con la voglia di piangere che stava disperatamente combattendo. Ma almeno la battaglia con le lacrime riuscì a vincerla, ricacciando dentro tutto il suo dolore e scaraventandosi, per la seconda volta, contro l’altro uomo. Aveva ancora la stoffa della sua divisa stretta tra le proprie dita, avvicinandolo quanto più poteva e fissandolo con sguardo minatorio. “Però ti avverto. Non commettere lo stesso errore che ho fatto io. Guardati sempre le spalle perché, se mai la farai soffrire in qualche modo, io sarà lì. Pronto a riempirti di calci, se necessario” Terminò, lasciando bruscamente la presa e facendo un passo indietro. Vegeta non sembrava impressionato da quella performance, ma nel suo silenzio si annidava un impercettibile consenso. Un’affermazione positiva a quell’accordo tanto assurdo quanto necessario.

Poi, entrambi, si voltarono lateralmente, senza nessuna motivazione, per istinto. Perché silenziosamente avevano deciso così. E lì la videro. Lei, Bulma, aveva sentito tutto, o quasi. Era rimasta in silenzio e immobile, incapace di gettarsi tra i due per terminare quello che appariva come un duello in piena regola. Il vincitore, però, non fu decretato. Aveva gli occhi lucidi, ambedue i contendenti lo notarono; aveva capito, recepito il messaggio sottointeso di Yamcha e il consenso di Vegeta.

Incapace di dire qualcosa, qualunque cosa, si vide avvicinare dal suo fidanzato, no, ex-fidanzato. Senza che lui sprecasse parole per aggiungere altro. Quando la raggiunse, Yamcha la guardò negli occhi, cercando di nascondere dietro un sorriso l’espressione triste che rifletteva il suo stato d’animo. “Dovrei essere arrabbiato, ma la verità è che, con te, non riesco proprio ad esserlo” Glielo disse con dolcezza, senza rammarico. Ogni parola che aveva pronunciato era sincera.

Yamcha si abbassò leggermente, stringendo la donna in un abbraccio forte e deciso, mimetizzando il suo terrore nel doverla lasciare andare. “Va da lui adesso, e vedi di fare qualcosa per il suo caratteraccio” Le sussurrò appena in un orecchio, la voce incrinata. Bulma, un po’ titubante e spaventata a sua volta, rispose a quell’abbraccio, affondando per l’ultima volta il capo nella sua maglietta. “Yamcha, mi dispiace tanto” Farfugliò, riuscendo finalmente ad esprimere ciò che, per mesi, si era celato nei meandri della sua coscienza. Ma lui le sorrise, prima di separarsi. Compì un passo indietro e le carezzò delicatamente una guancia. “Vado a cercare Goku, ci vediamo più tardi” Annunciò allontanandosi, lasciando campo libero.

E Bulma lo vide andare via, e con lui una relazione che durava da tutta una vita. Quando tuttavia tornò a voltarsi, vide un militare dallo sguardo imbronciato, che dolorante, si tastava un braccio ferito. Con lui vedeva una relazione che era solo all’inizio.

Si avvicinò, quindi, accomodandosi sull’ambulanza e invitando l’uomo a fare altrettanto, tirandogli l’orlo della camicia. Vegeta ubbidì senza fiatare, senza guardarla. Bulma afferrò le garze lasciate dall’infermiere, poi costringendo il Colonnello a mostrarle il braccio. Con delicatezza iniziò a medicarlo, restando in silenzio. “Sei uno stupido” Esordì infine, tenendo il capo basso, affinché lui non riuscisse nemmeno a guardarla negli occhi, nonostante si fosse voltato a fissarla con stupore. “Mi hai fatto preoccupare, ho temuto il peggio e tu non mi hai neanche fatto sapere che stavi bene. Avresti potuto mandarmi un messaggio, farmi capire che non eri in pericolo” Parlava con voce bassa, quasi in un sussurro. Vegeta dovette tendere le orecchie per riuscire a distinguere le parole farfugliate. Indeciso stava per rispondere, ma prima di poterlo fare notò che le mani di lei avevano smesso di muoversi attorno al suo braccio. Una goccia calda sfiorò la sua pelle marmorea ed abbronzata. Ne seguì una seconda, che incolore lavò via una chiazza di sangue dalla sua ferita. Stava piangendo, lei. Imponendosi di non farlo o, quantomeno, di non farsi vedere. Le sue dita sottili abbandonarono il bendaggio, che ricadde scomposto sul suo ventre, mentre lei si gettò verso il militare. Gli strinse le braccia attorno al collo, poggiando il capo sui suoi pettorali, incurante del liquido cremisi che imbrattava la camicia semiaperta. “Avresti dovuto dirmi che stavi bene” Singhiozzò ancora, lasciando libero sfogo alle sue frustrazioni. E lui la guardò senza fare nulla. Osservando la nuca della donna e la cascata di capelli azzurri che gli solleticavano il torace. Infine, un può indeciso, le poggiò una mano sulla spalla, nel vago tentativo di consolarla. “Sto bene” Le sussurrò infine, addolcendo il tono della sua voce, appena percettibilmente.

*

“Yamcha! Che ci fai qui?!” Esclamò Goku, appena si vide avvicinare dall’amico che aveva salutato in tutta fretta appena un paio di ore prima. Lui fece spallucce con noncuranza. Come se si trovasse semplicemente lì per un caso fortuito. Sorrise, non troppo convincente. “Bulma doveva fare una scelta” Spiegò vago, mentre i suoi occhi si scostarono alle sue spalle, verso l’ambulanza dalla quale si era allontanato. Goku seguì il suo sguardo. Osservando la scena che si stava svolgendo. Impiegò un attimo, poi capì. Si rivolse all’amico, poggiandogli una mano sulla spalla. “Qui ho quasi finito. Ti va di andare a bere un caffè da qualche parte?” Gli suggerì in tono amichevole. Yamcha lo guardò per un secondo, era bello poter contare sugli amici.

Un detto recita in guerra e in amore tutto è lecito, questa guerra lui l’aveva decisamente persa, ma l’aveva fatto con grande dignità.

*

FINE

*

*

BulmaMiky: Il piccolo Gohan è molto maturo per la sua età, bisogna ammetterlo. Per quanto riguarda Yamcha, direi cha anche lui sa quando è il momento di farsi da parte. Spero che anche quest’ultimo capitolo sia stato di tuo gradimento. ^_*

*

giusiemo291: Non sottovaluterei il terrore che un Vegeta incazzato può incutere in tanti poveri innocenti XD. Comunque dai, è un po’ ammaccato, ma sta bene ^_*. Yamcha è stato liberato dal demone che lo aveva posseduto (grazie per l’esorcismo, è stato provvidenziale XDD). Mentre Bulma, beh, ormai non ha più segreti. Spero che l’aggiornamento sia stato sufficientemente tempestivo.

*

fashionelle09: Yamcha sa quando è ora di lasciare campo libero, non fa più parte della vita di Bulma come vorrebbe. Infondo ognuno ha le sue scelte da fare e lui ha fatto le sue. Dall’altra parte Bulma ha finalmente deciso con chi stare. ^_*

  
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