Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: Yuri_e_Momoka    19/02/2010    4 recensioni
Sfiorò i lineamenti di quel viso che mai aveva visto così da vicino, nemmeno durante le lunghe notti trascorse nello stesso letto, senza mia toccarsi, né parlarsi, con inconfessabili pensieri che volteggiavano sopra di loro, mai espressi.
Non poteva farlo soffrire per colpa di alcuni stupidi ricordi. Eppure tenne con sé quell’ultima foto, e la nascose nella giacca, prima di riporre la scatola e ritornare dall’altro…
“E se tu… te ne dovessi andare?”
C’erano tante, troppe cose per cui doveva essere perdonato, ma per nessuna di queste meritava l’assoluzione. Soprattutto per quello…
"Tu hai qualcuno che ami da proteggere, ed è ciò che ti infiamma l’anima e gli occhi, che mobilita ogni tuo gesto, che giustifica ogni tuo respiro."
“L’importante è anche riuscire a vivere fino a quel giorno.”
“Ti…voglio…bene.”
“Non andare.” Ripeté, mentre osservava il proprio sangue entrare nel corpo debole e sempre più pallido di Fay.
“Kurogane…” pregò piano, stava troppo male per gridare, ma sperava che qualcuno lo sentisse ugualmente.
"Non vado proprio da nessuna parte"
Il rapporto tra Kurogane e Fay sembra idilliaco, ma non tutto è semplice come appare. Tutte le complicazioni di una relazione, dalla A alla Z.
[vergognosamente KuroFay]
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ff-EC 17 The final countdown!! Ha inizio la definitiva discesa verso la fine, e Yuri ha già i lacrimoni... Ma non piangiamo troppo in anticipo e concentriamoci su questo capitoletto. Dopo avervi fatto soffrire ingiustamente (ma, dovete saperlo, è davvero troooooppo appagante dopo la fatica fatta per costruire una storia credibile... che comunque non lo è XD) in questo chap scoprirete finalmente cos'è accaduto a Fay, sia nel presente che nel passato. Ecco a voi il passato dei gemellini architettato durante una lezione all'insegna dei vapori tossici da laboratorio (e con questo ho detto tutto). Ho fatto del mio  melgio per renderlo verosimile e, allo stesso tempo, originale. Nono credo di aver raggiunto il mio scopo, ma diciamo che è un'alternativa alla storia originale che può stare in piedi, con qualche aiuto...
Intanto, buona lettura! ^___^

17. TEPORE:
“Lieve e piacevole calore; sentimento di affettuosa disponibilità verso il prossimo, generosità d'animo” (rif. Calore). [¹]

 
 
Provava dolore, un dolore insopportabile e desiderò con tutte le sue forze di tornare a dormire ma per qualche motivo non riusciva a capire se avesse gli occhi aperti o meno. Non vedeva nulla attorno a sé, c’erano solo tenebre impenetrabili e pesanti. Tutt’intorno rimbombava un suono, una specie di segnale, un bip, che si ripeteva di continuo come a scandire i secondi. Era angosciante.
Ma più di ogni altra cosa sentiva dolore. Gli pareva di avere la testa divisa in due e non riusciva più a sentire la gamba. Solo in quel nulla, immobilizzato dalla sofferenza, iniziò a farsi prendere dal panico.
Aveva un bisogno disperato di aiuto, qualcuno che lo sollevasse, che gli dicesse dove si trovava. Si sentiva sperduto, inerme come un bambino. Le lacrime presero a sgorgare incontrollate come le sue parole.
“Non c’è nessuno? Mi fa male...”
Non venne nessuno in suo soccorso. Non si udì nessuna voce di conforto. Solo quel fastidioso suono intermittente.
“Aiutatemi… mamma… papà. Fratellino…” Non sapeva perché li stesse invocando, era consapevole che se n’erano andati da tempo, ma in quel momento gli apparivano come l’unico appiglio possibile. “Venite ad aiutarmi… vi prego!”
Era steso a terra, in mezzo al buio. Sentiva freddo.
Freddo… Un freddo insopportabile.
“Fay? Lo zio ci ha abbandonato?”
Era la sua immagine riflessa in uno specchio a parlare: era Yuui.
L’albero contro cui si erano seduti i due bambini li proteggeva dalla neve che continuava a cadere senza sosta, silenziosa come la morte.
“No, Yuui. Si è solo dimenticato di venirci a prendere.”
“Come facciamo? È quasi buio, non riusciamo a uscire dal bosco…”
“Non avere paura, ci verranno a cercare.” Ma in verità, Fay temeva la notte imminente. Non amava il buio e sapeva che per il suo gemello era lo stesso.
I due fratelli si presero per mano, stretti in quei cappotti che non proteggevano a sufficienza dal gelo notturno.
Ad un tratto, gli occhi di Yuui si illuminarono. “Lo scialle della mamma!” Si frugò in tasca e ne estrasse una sciarpa di lana candida ben ripiegata. La portava sempre con sé, da quando la mamma non c’era più, e Fay era sollevato dal fatto che lei li avrebbe protetti e riscaldati durante quella notte solitaria.
“È troppo piccolo per tutti e due” osservò Yuui quando vide che, anche stringendosi, a entrambi restava fuori quasi metà del corpo. “Forse anche così andrà bene” propose il bambino intimidito, “è meglio di niente no?”
Fay però non era convinto. “In questo modo non ci riscalderemo abbastanza. Facciamo così, ci copriremo a turno. Fidati di me” lo rassicurò, notando i dubbi di Yuui. “Mettilo prima tu.”
“Ma così avrai troppo freddo!” protestò l’altro.
“A metà della notte faremo cambio, non ti preoccupare.”
Fu difficile resistere così a lungo, il freddo era davvero pungente, lo indeboliva, a furia di tremare sentiva male dappertutto. Quando fu il suo turno di indossare la sciarpa era talmente infreddolito che non si era reso conto di quanto la temperatura fosse calata. Se avesse saputo…
Si era stretto nello scialle che profumava ancora come la sua mamma, accogliendo nel cuore quel tepore.
“Yuui! È mattina. Ci stanno chiamando, lo senti? Sono venuti a cercarci. Yuui! Che fai, dormi ancora? Yuui… Yuui!”
Fay si portò le mani sulla testa, nel disperato gesto di acquietare il violento pulsare che gli impediva di pensare lucidamente. Non voleva stare lì. Quel luogo gli metteva paura. I ricordi di quella notte gli avevano invaso la mente senza lasciargli alcuna via di fuga, costringendolo a rivivere ogni istante, rinchiuso in quel buio dov’era caduto.
“E’ stata colpa mia… E’ sempre colpa mia!” Quella parola lo schiacciava. Erano anni che ci conviveva.
“Non riesco a muovermi…”
Ancora una volta nessuno rispose.
 “Fa male… aiutatemi. Qualcuno…”
Anche piangere gli procurava dolore. Ogni minimo movimento, ogni respiro rappresentavano per lui un’agonia.
“Mamma, papà… dove siete?”
Mancava qualcosa, in quel luogo. Qualcosa di estremamente importante che fino a un attimo prima sapeva di avere vicino.
“Kurogane…” pregò piano, stava troppo male per gridare, ma sperava che qualcuno lo sentisse ugualmente.
Solo il bip proseguiva nel suo conteggio, incurante delle sue sofferenze.
“Aiutami, Kurogane.”
Stando lì non avrebbe concluso niente. Aveva paura di quel luogo, si sentiva troppo esposto. Mosse lentamente un braccio per tentare di scoprire cosa si celasse attorno a lui. Non c’era niente, eccetto quella superficie liscia e fredda su cui giaceva.
Svegliati.
Trattenne il respiro. Si concentrò su ciò che aveva appena udito. Era una voce, parlava con lui.
Svegliati.
Era Kurogane!
“Sono qui!” gridò con uno sforzo sovrumano. “Aiutami!”
Svegliati.
“Sono già sveglio. Ti prego, vieni da me!”
Si accorse solo allora del fioco bagliore davanti a sé. Splendeva, debole e lontano, immobile come se lo stesse aspettando.
“Già, ci hanno tolto la luce. Kurogane non può vedermi, forse non mi sente nemmeno. Devo raggiungerlo io.”
Saggiò con circospezione le sue capacità motorie. La gamba destra non accennava a muoversi, ma la sinistra rispondeva ancora. Le sue braccia erano incolumi, ma il dolore alla testa rischiava di farlo impazzire. Doveva alzarsi. Doveva andare da Kurogane.
Diede fondo a tutte le sue forze per fare leva sulle braccia e tirarsi in piedi. La gamba protestò, ma lui non si arrese. La testa gli imponeva di sdraiarsi di nuovo e terminare lì la sua agonia, ma non le diede ascolto. Doveva andare da Kurogane.
Svegliati.
Il bip continuava imperterrito, accompagnandolo nei suoi passi incerti e zoppicanti. Più di una volta desiderò ardentemente lasciarsi cadere a terra,  ma continuò a trascinarsi verso la luce che, a poco a poco, si faceva più grande e più luminosa. Da lì proveniva un tenue calore e più si avvicinava, più sentiva il dolore diradarsi. Era lì che doveva andare. Kurogane lo chiamava.
Qualcosa iniziò a cambiare. Il suono si fece meno frequente, anche se l’intensità di quel rumore proseguiva angosciante. Il dolore diminuiva, il tepore aumentava.
Tentò di accelerare il passo ma non ci riuscì. Era difficile muoversi, gli pareva di galleggiare ed era  rallentato da una strana forza, come se stesse camminando in acqua.
Svegliati, ti prego.
“Sto arrivando, Kurogane. Riesci a sentirmi?”
L’intervallo tra un bip e l’altro si fece più lungo. Ormai era quasi giunto alla luce e iniziava a sentirsi leggero e sollevato, come se ad attenderlo ci fossero solo pace e tranquillità. Tuttavia avvertiva anche distintamente che qualcosa non andava. Quella luce non lo convinceva del tutto, gli incuteva un po’ di timore. Ma doveva andare da Kurogane, una volta giunto da lui si sarebbe fatto aiutare.
Eccola, la luce. Ormai ne era stato quasi avvolto. Che pace incredibile. Mentre allungava il braccio per addentrarsi definitivamente in lei, il bip, dapprima intermittente, divenne un unico, piatto, assordante suono. Era fastidioso, voleva liberarsene. Fece un altro passo.
Non andare.
Di nuovo la voce di Kurogane. Ma c’era qualcosa di sbagliato: questa volta proveniva distintamente da dietro le sue spalle.
“Perché non devo andare?” chiese Fay disperato, senza capire. “Dove sei?”
Non andartene.
“Kurogane… non capisco…” La voce rotta dai singhiozzi invocò un’altra volta quel nome agognato.
Non andare.
Se quella luce non era la risposta, allora dove avrebbe dovuto dirigersi? Si voltò, verso il nulla che aveva faticosamente abbandonato. Non voleva tornare lì, avrebbe sentito ancora quel dolore insopportabile, sarebbe stato di nuovo solo.
Svegliati.
Ora ne era sicuro. Kurogane lo chiamava attraverso il buio. Fay rimase immobile, incerto. Quella luce lo attirava con voce propria, lo invitava ad abbandonarsi a lei e al sollievo. Il corpo sofferente gli diceva di darle ascolto. Poi sentì… un’altra voce. Erano trascorso talmente tanto tempo, dall’ultima volta in cui l’aveva udita così distintamente che sussultò e a stento contenne le lacrime: era la voce di Yuui che gli parlava con infinita dolcezza.
Fay… nessuno crede che sia stata colpa tua… non venire qui… torna… da lui…
Dietro di sé c’erano solo il buio, il freddo, il dolore.
Ma c’era anche Kurogane.
 
Ora si trovava nel mondo reale. Lo capì immediatamente. Quel luogo non aveva nulla a che fare con il buio infinito in cui aveva giaciuto.
Lì non provava dolore, era come attutito. Si sentiva pesante, intontito. Si rese anche conto di non stare respirando. O meglio, non era lui a respirare. Era come se l’aria gli venisse iniettata direttamente nei polmoni, il suo petto si alzava e si abbassava senza che fosse lui a volerlo. Era molto sgradevole.
Lentamente, il suo corpo iniziò ad avvertire delle sensazioni. Sentiva freddo e gli sembrava di essere incatenato da qualcosa che lo avvolgeva. Era forse una coperta? C’era un’unica parte di lui che non congelava.
Abbassò lo sguardo sulla sua mano e fu più difficile del previsto perché, per qualche motivo, non riusciva a cogliere perfettamente le distanze: era stretta in quella di Kurogane, la sua testa corvina poggiava a pochi centimetri sul materasso.
Era lì con lui, era venuto ad aiutarlo! Doveva parlargli, doveva fargli sapere che era sveglio. Aveva bisogno di udire la sua voce rassicurante, le sue carezze sulla pelle.
Tentò di parlare ma non ci riuscì. La sua gola era bloccata da qualcosa. Se non poteva chiamarlo in quel modo, avrebbe almeno voluto stringergli la mano a sua volta. Ma non poté nemmeno quello.
Era completamente senza forze. Era come se avesse prosciugato tutte le sue energie per aprire gli occhi.
Ma non temeva più quel buio perché sapeva che lì, a pochi centimetri da lui, c’era Kurogane a vegliarlo.
Sarebbe tornato. Prima o poi si sarebbe svegliato di nuovo per lui.









[¹] Dizionario della lingua italiana Sabatini Coletti









Inizio subito spiegando la presenza dello "zio". Abbiamo letto che in molte AU il sovrano cattivo è il nonno, ma leggendo la versione italiana del manga (specifichiamo quella italiana dato che siamo tutti i conoscenza dell'abilità dei traduttori della Star Comics) il grado di parentela dell'imperatore con i gemelli è quella di zio, perciò abbiamo voluto mantenerla tale, anche se ci rendiamo benissimo conto che come nonno ci stava meglio.
Ci scusiamo per la qualità della definizione iniziale che fa davvero pena, ma trovarne una decente sul "tepore" era impossibile quindi abbiamo dovuto arrangiarci così.
Alcune di voi avranno poi notato qualche riferimento a un certo volume di xxxHolic e a un certo avvenimento che ha a che fare con Watanuki... ne siamo consce e io h o voluto riproporlo perchè ho trovato il momento molto toccante.
Siamo felicissime di aver conosciuto altre lettrici che per sgridarci si sono fatte vive con le recensioni! Grazie, continuate così! Per conoscervi tutte ci toccherà allungare la storia di una decina di capitoli all'insegna dell'angst!
Continuate a farci sapere cosa ne pensate, dato che siamo alla fine abbiamo bisogno più che mai dei vostri pareri... il finale, si sa, spesso è il punto dolente delle storie.......e ogni riferimento è puramente casuale!!!!
Noi ci vediamo alla V! Il prossimo appuntamento è con Momo-chan!!!!

Yuri
   
 
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